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ASSE III - INCLUSIONE SOCIALE

Nel documento PROGRAMMA OPERATIVO REGIONE CALABRIA (pagine 120-135)

4. PRIORITÀ DI INTERVENTO

4.3. ASSE III - INCLUSIONE SOCIALE

Obiettivi Specifici Comuni Obiettivi Operativi Categoria

di Spesa

G.1

Sviluppare l'inserimento lavorativo delle categorie in condizioni di svantaggio occupazionale e di marginalità sociale, rafforzando la cultura delle pari opportunità per prevenire e combattere ogni forma di discriminazione nei posti di lavoro.

71

G.2

Rafforzare i diritti dei minori e valorizzare la condivisione delle responsabilità familiari e costruire nuove opportunità di crescita, sviluppo e realizzazione per i giovani.

71

G.3

Sostenere la centralità della famiglia nella cura e nell’assistenza ai diversamente abili e favorire la domiciliarietà dei diversamente abili che vivono autonomamente al di fuori del nucleo familiare.

71

G.4 Contrastare la povertà e migliorare la qualità della vita

dei “senza fissa dimora”. 71

G.5 Prevenire e contrastare la dipendenza dalle droghe con

priorità alle nuove generazioni. 71

G.6 Prevenire e contrastare la violenza intra ed

extrafamiliare. 71

G.7

Sostenere gli interventi di formazione per gli operatori e i volontari che operano nelle imprese sociali e nelle organizzazioni di volontariato.

Contrastare e ridurre i livelli di insicurezza e di illegalità nella regione anche attraverso la crescita del capitale sociale della comunità calabrese.

71

4.3.2. Contenuti

Le politiche sociali in Calabria, con l’approvazione della Legge Regionale n. 23 del 5 Dicembre 2003, hanno acquisito oggi il ruolo di politiche universali, non più rivolte esclusivamente ai cittadini in stato di povertà o disagio, ma alla generalità degli individui senza nessun vincolo di appartenenza a speciali categorie.

Il progetto di una nuova politica sociale che la Regione Calabria si propone di realizzare è quello di generare un nuovo sistema sociale incentrato sulla prevenzione e sulla promozione dell’inclusione sociale, capace quindi di “accompagnare” individui e famiglie attraverso i percorsi della vita e capaci di costruire territori sociali e comunità locali accoglienti, centrate su politiche di integrazione delle differenze, orientate ai temi della salute, della casa, del lavoro con una particolare attenzione alle persone vulnerabili e che vedano al centro l’attività delle istituzioni pubbliche, dei servizi territoriali, degli enti privati, specie quelli del privato sociale.

La Regione promuove lo sviluppo di un “welfare delle responsabilità” ovvero di un sistema sociale plurale e pluralistico basato e sorretto da responsabilità condivise, finalizzate alla costruzione dell’autonomia dei cittadini-utenti, della coesione sociale e dei diritti della persona. Si intende dare piena attuazione ai principi di “Sussidiarietà Verticale”, facendo incombere di preferenza l’esercizio delle responsabilità pubbliche sulle autorità più vicine ai cittadini, ma soprattutto di “Sussidiarietà Orizzontale”, valorizzando e potenziando, laddove possibile, l’impegno della società civile, mantenendo

per l’istituzione pubblica l’ufficio prevalente delle funzioni di promozione, coordinamento e garanzia su qualità e accessibilità della risposta.

A partire dall’impostazione fornita dal Piano Nazionale la Regione Calabria ha elaborato il Piano Regionale degli Interventi e dei Servizi Sociali e gli Indirizzi per la Definizione dei Piani di Zona (Triennio 2007 – 2009). Il Piano, che costituisce il riferimento strategico ed operativo dell’Asse III del POR Calabria FSE 2007 – 2013 e del POR Calabria FESR 2007 - 2013, assegna un ruolo fondamentale all’accoglienza, alla famiglia, alla relazione ed al lavoro.

A seguito dell’approvazione del Piano Regionale degli Interventi e dei Servizi Sociali saranno definiti i Piani di Zona65. I Comuni associati nell’ambito zonale devono concordemente approvare il Piano di Zona che definisce obiettivi, priorità, strumenti e mezzi della gestione dei servizi nel territorio66.

Un ulteriore elemento strategico per l’attuazione delle politiche sociali in Calabria è costituto dal rapporto tra Enti Pubblici e Terzo Settore. La legge di riforma introduce rilevanti novità in questo campo riconoscendo, espressamente, al privato sociale un ruolo in termini di co-progettazione dei servizi e di realizzazione concertata degli stessi. Le forme di aggiudicazione cui gli Enti Pubblici devono ricorrere per l’affidamento dei servizi devono essere tali da garantire, come espressamente definito dall’articolo 5 della Legge 328/2000 e dall’articolo 27 della Legge Regionale 23/2003, ai soggetti del Terzo Settore di

“esprimere la propria progettualità”67.

La strategia di intervento regionale è articolata nei seguenti Obiettivi Operativi:

- Sviluppare l'inserimento lavorativo delle categorie in condizioni di svantaggio occupazionale e di marginalità sociale, rafforzando la cultura delle pari opportunità per prevenire e combattere ogni forma di discriminazione nei posti di lavoro.

Le politiche e le strategie per l’inserimento/reinserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati saranno attuate attraverso:

- la realizzazione di azioni di sistema finalizzate a: i) migliorare la conoscenza delle situazioni di svantaggio; ii) progettare e utilizzare modelli e strumenti per l’erogazione dei servizi di orientamento; iii) definire efficaci percorsi integrati di orientamento, formazione e transizione al lavoro; iv) monitorare e valutare i risultati e gli impatti delle politiche e delle strategie adottate;

- la realizzazione di percorsi integrati, anche individuali, di orientamento, formazione e riqualificazione, accompagnamento all’inserimento lavorativo per le specifiche categorie di soggetti svantaggiati, anche attraverso l’adozione di strumenti innovativi (contratti di servizio, doti ai lavoratori e ai disoccupati);

- la realizzazione di percorsi integrati di orientamento, formazione e avvio di micro iniziative imprenditoriali, anche in forma di lavoro autonomo, attraverso l’erogazione di microcrediti e piccoli sussidi;

- l’erogazione di incentivi alle imprese, nelle forme previste dalla normativa nazionale e regionale, per favorire l’attivazione di nuovi percorsi di inserimento lavorativo68 dei soggetti svantaggiati e di forme organizzative specifiche per l’accesso e la permanenza nel mondo del lavoro dei soggetti disabili.

- Rafforzare i diritti dei minori e valorizzare la condivisione delle responsabilità familiari e costruire nuove opportunità di crescita, sviluppo e realizzazione per i giovani.

65 La Legge 328/2000 introduce il concetto di Zona come ambito territoriale elementare del sistema sociale.

66 Attraverso il Piano di Zona devono in particolare essere definite nel dettaglio le modalità con cui i Comuni che costituiscono la Zona intendono garantire l’erogazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali.

67 La Regione Calabria, chiamata dalla legge a definire le modalità di ricorso alle procedure d’appalto, individua, in accordo con le indicazioni del Piano Nazionale, nell’appalto-concorso lo strumento che più di ogni altro consente l’espressione della progettualità dei partecipanti e la possibilità di valutare la qualità delle prestazioni offerte.

L’obiettivo è superare il concetto di politiche per l’infanzia rivolte unicamente al recupero di situazioni di disagio o di pericolo per il minore, per introdurre il concetto di politiche pubbliche di territorio, organiche e di comunità che si pongano l’obiettivo di accompagnare il minore verso un sano e corretto sviluppo evolutivo. Gli interventi per l’adolescenza e l’infanzia vanno quindi inquadrati in una logica di totale esigibilità dei diritti da parte del minore e di costruzione di opportunità di crescita, sviluppo e realizzazione. La Legge 285/97 ha individuato come strumento strategico per la costruzione di adeguate politiche per l’infanzia i “Piani Territoriali per l’Infanzia e l’Adolescenza”.

In parallelo, per valorizzare il ruolo della famiglia, condividere le responsabilità genitoriali e sostenere la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, dovranno essere attivate adeguate politiche sociali per conciliare lavoro e responsabilità familiari.

- Sostenere la centralità della famiglia nella cura e nell’assistenza ai diversamente abili e favorire la domiciliarietà dei diversamente abili che vivono autonomamente al di fuori del nucleo familiare.

La problematica dei diversamente abili deve essere affrontata tenendo conto dei differenti livelli della disabilità e dei conseguenti livelli di autosufficienza del diversamente abile. In particolare, per la tutela dei diversamente abili e per il sostegno alle loro famiglie, è necessario prevedere le seguenti tipologie di azioni:

- azioni per individuare e realizzare soluzioni abitative adeguate alle condizioni di disabilità;

- azioni per organizzare servizi di assistenza nelle funzioni di base per soggetti diversamente abili parzialmente autosufficienti che optino per rimanere nel proprio domicilio (aiuto domestico, disbrigo commissioni, igiene casa, sostegno psicologico, assistenza personale, trasporto urbano e prestazioni infermieristiche);

- azioni per organizzare interventi di “sollievo” per le famiglie che si occupano dei propri familiari diversamente abili fornendo assistenza temporanea sostitutiva per brevi periodi nell’arco dell’anno o per poche ore nell’arco della giornata;

- azioni per sostenere con misure economiche o finanziarie le famiglie che si impegnano a mantenere in casa i familiari con disabilità;

- azioni per sviluppare un piano di sostegno per la famiglia e il soggetto diversamente abile non autosufficiente per preparare al “dopo di noi”, momento del distacco dalla famiglia;

- azioni per sviluppare misure di sostegno all’inserimento scolastico e lavorativo per i soggetti diversamente abili in grado di impegnarsi in una qualche attività attraverso servizi finalizzati ad attivare funzioni autonome e sviluppare al massimo le loro capacità;

- azioni per sviluppare la massima autonomia dei soggetti diversamente abili attraverso programmi riabilitativi finalizzati a ottimizzarne le capacità autonome.

- Contrastare la povertà e migliorare la qualità della vita dei “senza fissa dimora”.

Una attenzione specifica per le “povertà tradizionali69” deve essere riservata in Calabria alle seguenti tipologie di Soggetti:

- le popolazioni nomadi le cui diversità possono talvolta costituire fattore di disagio ed emarginazione anche in relazione alle difficili situazioni di vita nei campi;

- le persone sottoposte a limitazioni della libertà personale, sia all’esterno che all’interno delle carceri. I dati sulla popolazione detenuta evidenziano che la stragrande maggioranza appartiene a fasce di disagio sociale più o meno estremo: per un terzo sono tossicodipendenti, per quasi la metà immigrati, e per il resto “casi sociali” o addirittura psichiatrici (con quote che variano secondo varie ricerche europee), adolescenti e minori.

69 Le “povertà tradizionali” costituite dai portatori di bisogni più tradizionali, persone in condizioni di disagio grave e conclamato e quasi sempre multidimensionale: persone in stato di povertà estrema e senza un domicilio, tossicodipendenti o alcooldipendenti,

Gli interventi a contrasto delle “nuove povertà70” non possono limitarsi a mere forme di sostegno economico come spesso accaduto fino ad adesso, ma devono prevedere una forte sinergia tra le politiche attive del lavoro e di sviluppo locale e le politiche formative. Deve essere inoltre promossa un’integrazione con le politiche di conciliazione tra la partecipazione al mercato del lavoro e le responsabilità familiari, con specifiche forme di sostegno legate alla numerosità del nucleo familiare o alle problematicità presenti in esso (anziani o diversamente abili non autosufficienti).

Ad integrazione del reddito minimo di inserimento si dovranno realizzare, all’interno dei Piani di Zona, azioni concrete a contrasto della povertà, attraverso la promozione della partecipazione al lavoro e dell’accesso alle risorse, ai beni e ai diritti disponibili. A tal fine è necessario:

- realizzare, ampliare e innovare i servizi di pronta accoglienza e di accompagnamento per il reinserimento sociale delle persone che versano in situazioni di povertà estrema e senza fissa dimora;

- realizzare iniziative, anche con modalità innovative, per dare risposta alle esigenze primarie di sopravvivenza delle persone in situazione di grave marginalità, in particolare attraverso il reperimento e/o la fornitura di viveri e beni di prima necessità;

- sostenere la realizzazione di progetti personalizzati per le famiglie e le persone in temporanea situazione di fragilità (in particolare nuclei monogenitoriali o donne sole con figli) ed accompagnarle verso una situazione di autonomia;

- sviluppare interventi integrati per l'inserimento o il reinserimento sociale di persone in situazione di esclusione, con particolare riferimento alla popolazione nomade;

- realizzare iniziative rivolte alle persone sottoposte a limitazioni della libertà personale (persone nell’area dell’esecuzione penale o da essa provenienti) per sostenere il miglioramento della qualità della vita in carcere e la mediazione culturale per detenuti stranieri ed italiani;

- realizzare iniziative di avvicinamento ad attività responsabilizzanti, anche attraverso la partecipazione a laboratori artigianali e ad iniziative socializzanti;

- sviluppare interventi formativi e seminariali, rivolti agli operatori del settore sociale, per la condivisione delle esperienze nell'ambito della povertà e dell'esclusione, anche la promozione e la diffusione di "buone pratiche";

- realizzare progetti per l’analisi, il monitoraggio e la valutazione della povertà in tutte le sue dimensioni e dell’impatto delle politiche di contrasto attivate;

Inoltre saranno favoriti e sostenuti interventi rivolti ad elevare la qualità della vita dei “senza fissa dimora” in un circuito progettuale promosso dall’integrazione tra Enti pubblici e Associazioni no-profit; l’obiettivo è quello di un reinserimento dei “senza tetto” nel contesto sociale affrontando innanzitutto le problematiche di sopravvivenza e accompagnando poi il Soggetto attraverso un recupero delle capacità relazionali. Inoltre sarà dedicata particolare attenzione anche alle vittime del delitto ed agli ex ristetti.

- Prevenire e contrastare la dipendenza dalle droghe con priorità alle nuove generazioni.

L’impegno contro le tossicodipendenze deve indirizzarsi maggiormente verso una attività preventiva rispetto a quella attualmente prevalente di recupero del soggetto e reinserimento nella società. La prevenzione in questo ambito coincide con l’informazione, l’educazione e la formazione di un tessuto sociale positivo che fornisca al giovane stimoli positivi allontanandolo dall’utilizzo di stupefacenti.

In questa direzione, all’interno dei Piani di Zona dovranno essere previsti:

- forme di sostegno alla famiglia per favorire il procedere del giovane negli studi;

70Le ‘nuove povertà” che sono in forte crescita e sono caratterizzate da situazioni di sofferenza (spesso di natura economica) che, se non affrontate, possono aggravarsi. Si tratta di Soggetti, che spesso si rifiutano di riconoscersi come ‘utenti’ dei servizi sociali e che a volte oppongono resistenza ad interventi che vadano oltre l’erogazione di contributi. Rientrano in questo gruppo: i nuclei familiari monoreddito e i nuclei monogenitoriali a basso reddito (spesso madri sole con figli), a volte anche privi di reti di sostegno e spesso immigrati (dall’estero e da altre zone d’Italia), i lavoratori con basse retribuzioni, pensionati, gli adulti 40-50enni senza lavoro, i lavoratori precari e le famiglie che accumulano situazioni di debito. La crescita di queste nuove forme di povertà è legata alle

- forme di assistenza a livello scolastico con la promozione di specifiche attività formative sul tema:

- monitoraggio dell’utilizzo delle droghe sintetiche, che costituiscono la reale porta d’ingresso a tutte le dipendenze oltre a rappresentare di per sé una grave minaccia. Questo deve essere ottenuto attraverso una sinergia tra enti istituzionali sociali e forze di polizia.

Anche se la strategia da priorità alla politica preventiva, l’attenzione dell’intero sistema sociale verso il recupero dei soggetti tossicodipendenti e il loro reinserimento nella società rimane rilevante, anche perché questa rimane comunque l’attività di impegno quantitativamente prioritaria per il sistema. In questo contesto dovrà essere impreso un nuovo slancio all’attività delle comunità di accoglienza e recupero dei tossicodipendenti.

- Prevenire e contrastare la violenza intra ed extra familiare.

La violenza sulle donne non è solo un problema delle donne, poiché è la negazione della libertà, della cittadinanza, del progresso. Il fenomeno, trasversale per tempi, luoghi, culture, sta assumendo dimensioni sempre più estese e rilevanti, poiché colpisce tutte le categorie e le classi sociali. Le vittime subiscono danni fisici, psicologici, sociali e conseguenze a tutti i livelli: casa, salute, comportamento, relazioni sociali, educazione, libertà di vivere la propria vita. La violenza domestica si manifesta in diverse forme, quali l’aggressione fisica, l’abuso, la violenza sessuale, le minacce, l’intimidazione.

E’ necessario pertanto contrastare con maggiore efficacia la gravità di quella che ormai costituisce una vera e propria emergenza sociale. La violenza di genere come fenomeno ascrivibile alla tipologia del disagio sociale, alla tipologia delle donne che vivono, lavorano, hanno una famiglia in un determinato territorio, non viene intercettata dai servizi sociali e pare avulsa dal contesto sociale, diversamente dalla povertà, dalla disoccupazione, dalla tossicodipendenza o dall’emarginazione.

Pertanto, essa richiede la definizione e l’attuazione di adeguate politiche per prevenirla e dare assistenza alle vittime, attraverso azioni sinergiche, che al contempo operino un mutamento culturale e sociale attraverso l’educazione, la sensibilizzazione, la cura, l’integrazione sociale, la collaborazione delle strutture e delle Istituzioni del territorio.

- Sostenere gli interventi di formazione per gli operatori e i volontari che operano nelle imprese sociali e nelle organizzazioni di volontariato.

Le politiche e le strategie per la qualificazione degli operatori e dei volontari che operano nelle imprese sociali e nelle organizzazioni di volontariato saranno attuate attraverso:

- l’erogazione di incentivi alle imprese sociali per l’acquisizione di servizi di assistenza per: i) l’adozione di modelli organizzativi innovativi; ii) la definizione dei Piani di Formazione Aziendali per i Responsabili e gli Operatori;

- la realizzazione di Piani di Formazione Aziendali (Formazione in Impresa, Formazione Interaziendale a “Catalogo”, Formazione Individuale Continua attraverso l’utilizzo di “Voucher Formativi” per i Responsabili e gli Operatori).

- Contrastare e ridurre i livelli di insicurezza e di illegalità nella regione anche attraverso la crescita del capitale sociale della comunità calabrese.

La Regione Calabria71 considera la sicurezza e la legalità come beni pubblici in quanto elementi indispensabili che devono essere presenti sul territorio per consentire la realizzazione di qualsiasi processo di sviluppo sociale ed economico. La sicurezza e lo sviluppo quindi come risorse per la coesione e la competitività dei territori, come capitale sociale delle comunità, come fattori di produzione dei sistemi produttivi. E’ un approccio nuovo che supera l’attuale modello di considerare

71 Gli obiettivi e le strategie della Regione Calabria in materia di sicurezza e legalità sono state definite dal Consiglio Regionale con l’approvazione delle seguenti Leggi:

- Legge Regionale 10 gennaio 2007, N. 5 - Promozione del Sistema Integrato di Sicurezza71.

- Articolo 7 della Legge Regionale 11 gennaio 2006, N. 1, che istituisce il Fondo Regionale per la Prevenzione dei Fenomeni dell’Usura e del Racket.

- Regolamento Regionale 28 dicembre 2006, N. 3 - Attuazione dell’Art. 7 della Legge Regionale 11 gennaio 2006, N.. 1,

la sicurezza e la legalità come risorse e condizioni da garantire per l’attuazione delle politiche di sviluppo.

La strategia regionale - che sarà attuata in maniera integrata utilizzando le risorse del POR Calabria FSE 2007 – 2013, del POR Calabria FESR 2007 – 2013, e del PON Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2007 – 2013 - è finalizzata a ridurre i livelli di insicurezza pubblica e di illegalità sul territorio regionale, con priorità alle aree territoriali e per le aree tematiche nelle quali i costi derivanti costituiscono ostacoli rilevanti alle politiche per la coesione e la competitività dei territori. In particolare la strategia regionale adotta le seguenti priorità di contenuti e di metodi:

- intervenire sui fattori (cause) che sono alla base dell’insicurezza pubblica e dell’illegalità adottando prioritariamente un approccio preventivo;

- intervenire sugli effetti dell’insicurezza pubblica e dell’illegalità per mitigarne e ridurre gli impatti immediati nelle more di eliminazione delle cause;

- adottare un approccio integrato e il più possibile territorializzato per ridurre le cause dell’insicurezza pubblica e dell’illegalità intervenendo su tutte le fasi che ne caratterizzano i processi;

- mobilitare le nuove generazioni e richiedere il loro impegno per la costruzione di una Calabria migliore più solidale, più equa, più coesa, più cosciente delle proprie possibilità di crescita e quindi più sicura e civile;

- ricostruire i rapporti di fiducia tra istituzioni e cittadini attraverso il recupero di trasparenza, efficienza ed efficacia dell’azione della Pubblica Amministrazione regionale e locale che dovrà dimostrare di saper assumere tutte le responsabilità e le funzioni che i nuovi ordinamenti le assegnano;

- comunicare positivamente alle comunità locali le strategie di intervento, le azioni messe in atto e i risultati ottenuti (in termini concreti di “ricavi” reali per i cittadini) per ridurre i livelli di insicurezza pubblica e di illegalità;

- lavorare per progetti, realizzare analisi ex ante ed ex post su singoli fattori della sicurezza su cui si intende intervenire, sviluppare e trasferire buone pratiche, prevedere il coinvolgimento, sin dalle fasi di impostazione, di tutti i Soggetti interessati.

- migliorare l’individuazione delle priorità territoriali e tematiche nelle quali integrare il profilo della sicurezza e della legalità e sulle quali costruire moduli di intervento dedicati, anche attraverso l’impiego di strumenti di analisi dei fenomeni criminali e delle loro interazioni con le dinamiche economico – sociali;

- rafforzare gli strumenti di cooperazione interistituzionale quale reale sede di informazione, confronto e codecisione strategica.

Il Piano Regionale degli Interventi e dei Servizi Sociali sarà attuato in stretto coordinamento con il Piano Regionale per l’Occupazione e il Lavoro..

Nell’attuazione del Piano saranno definiti i criteri generali per garantire la corretta distribuzione territoriale delle risorse finanziarie disponibili (comunitarie, nazionali e regionali) tra le Province calabresi con l’obiettivo di garantire la coesione e l’equilibrata crescita di tutte le aree della regione.

4.3.3. Attività

A titolo solo indicativo e in coerenza con quanto indicato nel Regolamento (CE) n. 1081/2006 e con le Categorie di Spesa stabilite dal Regolamento (CE) n. 1083/2006, si riportano le azioni primarie relative all’Asse III, articolate in funzione degli Obiettivi Specifici e Operativi.

Obiettivo Specifico G

Sviluppare percorsi d'integrazione e migliorare il (re)inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro.

L’Obiettivo Specifico di sviluppare percorsi di integrazione e migliorare il (re) inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro sarà

L’Obiettivo Specifico di sviluppare percorsi di integrazione e migliorare il (re) inserimento lavorativo dei soggetti svantaggiati per combattere ogni forma di discriminazione nel mercato del lavoro sarà

Nel documento PROGRAMMA OPERATIVO REGIONE CALABRIA (pagine 120-135)