• Non ci sono risultati.

IL FENOMENO DELL’ASSOCIAZIONISMO NEL CONTESTO EUROPEO, ITALIANO E

3.1 L’associazionismo nel contesto europeo

Il fenomeno dell’associazionismo si inserisce in quello che viene comunemente definito Terzo Settore, ovverosia l’insieme delle esperienze private di attività no-profit organizzate dai cittadini, democraticamente, attraverso promozione sociale, volontariato, ONG etc. Si tratta di un fenomeno che al di là delle diverse forme giuridiche che può assumere ha registrato una notevole crescita negli ultimi decenni sia in Europa che nella stessa Italia. Tale

consapevolezza comune a livello della società civile, dovuta a fattori che impattano

direttamente sulla vita dei cittadini quali l’aumento delle temperature ed eventuali carestie o inondazioni, l’aumento dei prezzi dei carburante, la progressiva privatizzazione di spazi un tempo pubblici per far fronte a necessità economiche delle casse stati, la crisi dei mercati finanziari e quella migratoria, solo per fare alcuni esempi, sembra non aver però ancora dato avvio a una seria strategia globale. L’impegno della società civile attraverso le numerose associazioni oggi in campo ha come primo obiettivo quello di porre tali questioni

all’attenzione di un pubblico più ampio possibile e alle istituzioni di modo che esse possano prendere scelte politiche sul lungo periodo per avviare un processo di sostenibilità e migliori condizioni di vita generalizzate.

La crisi economica del 2007, partita dalla bolla speculativa dei mutui sub-prime negli Stati Uniti e ripercossasi con particolare violenza sul nostro continente, ha provocato, oltre a danni economici ingenti (perdita di posti di lavoro, maggiore precarizzazione, perdita di

investimenti e capitali…) una generale consapevolezza di una crisi ai più alti livelli, di una forbice che esiste e si allarga sempre più tra i pochi più ricchi e i molti più poveri. E’ in questa situazione di crisi che si sono sviluppate e diffuse numerose forme di associazionismo e solidarietà che, paradossalmente, si scontrano contro uno dei capisaldi del capitalismo di fine XX e inizio XXI secolo, ovverosia quello dell’individualismo più sfrenato, sulla convinzione che la propria felicità possa essere raggiunta a prescindere da quella degli altri.

Le sfide globali del Terzo Millennio hanno aumentato sensibilmente l’interdipendenza a livello internazionale tra associazioni: la salvaguardia dell’ambiente, la pace, le fonte di energia rinnovabili, lo sviluppo economico e sociale, le migrazioni sono temi che non possono essere affrontati senza tenere conto di tutti i popoli del mondo (o quanto meno dell’Europa e dei suoi vicini più prossimi come Africa Mediterranea, Medio Oriente e area balcanica) e senza tener conto dell’interdipendenza che li lega.

Negli ultimi anni, tra le varie forme in cui si articola il Terzo settore, quella che ha

maggiormente ricevuto attenzione da parte delle istituzioni europee è quella del volontariato, culminata nel 2011, anno europeo delle attività di volontariato, atto a promuovere una maggiore cittadinanza attiva e un nuovo “Anno Europeo” nel prossimo 2021.

Il Consiglio Europeo ha espresso che

“Il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee”8

Questa Decisione del Consiglio si innesta direttamente sul precedente Trattato di Lisbona del 2007 ed entrato in vigore nel 2009, il quale riconosce e individua la cittadinanza attiva come elemento principale per il processo di integrazione europea. Pertanto, il volontariato si dimostra essere una attività fondamentale per la partecipazione attiva dei cittadini nella costruzione di un’Europa più democratica, solidale, inclusiva.

Nonostante ci sia un sostanziale interesse da parte delle istituzioni europee sul tema del volontariato, questo è soggetto a definizioni e interpretazioni e tradizioni diverse da stato a stato ma tutte volte a consideralo come espressione fondamentale della cittadinanza attiva, mezzo essenziale attraverso cui i cittadini selezionano, individuano e rispondono a bisogni della società in cui vivono e operano.

Circa 100 milioni di cittadini europei sarebbero coinvolti in attività di volontariato9. Il

grande pregio di queste attività è quello di essere trasversali, di andare a toccare differenti segmenti della popolazione per età, sesso e livello di istruzione, e di rispondere ai più diversi bisogni, dall’istruzione allo sport, dalla salute all’ambiente.

Emblematico è il caso di “Refugees Welcome”, associazione nata in Germania a seguito delle sempre più stringenti politiche dei singoli stati UE in fatto di gestione dei flussi migratorio. Nato come slogan, soprattutto in seguito alle decisioni della cancelliera Angela Merkel di regolare gli ingressi di immigrati dalla Siria, ormai in conflitto da circa 7 anni, la

8 Fonte: Decisione del Consiglio Europeo del 27 novembre 2009 relativa all’Anno europeo

delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) (2010/37/CE), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 22 gennaio 2010

rete di Refugees Welcome da Berlino, nel giro di soli 4 anni, tra il 2014 e il 2018, si è estesa su 14 paesi europei e anche a Canada e Australia.

Fondata da tre giovani studenti e studentesse tedeschi, il progetto è volto creare un network internazionale di associazioni di modo da supplire alle mancanze a cui i sistemi di accoglienza nazionali ed europei sembrano non arrivare, promuovendo un sistema di ospitalità temporanea in famiglia di un rifugiato per un periodo di tempo fino a 5 o 6 mesi. Questo progetto mette in contatto famiglie che hanno disponibilità di spazi e ragazzi e ragazze che, già in possesso dello status di rifugiato, ottengono così accoglienza e supporto, nell’apprendimento della lingua, nella ricerca di un lavoro, nella formazione scolastica per poi poter avviare un proprio progetto di vita in autonomia. L’obiettivo è infatti quello di fare in modo che l’ospitato possa rimettersi quanto prima in gioco, creandosi una propria rete di rapporti sociali, investendo sulla propria formazione. Secondo i rappresentanti di Refugees Welcome vivere per un periodo abbastanza lungo di tempo con persone del luogo è il modo migliore per entrare a far parte attivamente di una comunità, soprattutto per chi, fuggendo da persecuzioni, guerre, carestie, ha dovuto sopportare sofferenze fisiche e psicologiche di cui raramente possiamo rendere direttamente conto. Arrivata in Italia alla fine del 2015, Refugees Welcome è ad oggi attiva in 9 regioni italiana, dal Piemonte alla Sicilia, con vari team territoriali10