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EMERGENTI NEL PANORAMA VENEZIANO

2.6 La vicenda de La Vida: una storia

Quella de la Vida può essere raccontata come una storia nel senso più autentico del termine: si ha un incipit, un “antagonista”, uno svolgimento e un finale, per quanto ancora aperto. E’ in primis la storia di una città e di una parte di cittadinanza che non si rassegnata a vivere nel parco divertimenti che Venezia sta diventando, ed in questo senso è una storia partigiana, di parte.

Palazzo La Vida è un palazzo risalente al XVII secolo, nato come sede di studio dell’anatomia umana, come università di medicina nota a livello internazionale (qui si tennero i primi corsi in

ostetricia aperti anche alle donne) e come sede della comunità scientifica di Venezia. Il nome “La Vida” viene da una delle tante funzioni che questo palazzo ha assunto nella sua storia plurisecolare:

nell’osteria al pianterreno, chiusa tra gli anni Settanta e Ottanta, ci si poteva rinfrescare e “bere un’ombra” di vino riparati dalle foglie di una vite. Un ricordo, oggi, vivo solo nella mente dei più anziani, come Chicco, uno dei più assidui frequentatori delle assemblee pubbliche che, nonostante i suoi più di ottanta anni, non ha mai mancato un appuntamento in campo per ricordare e ricordarmi com’era e cos’era Venezia poco più di quarant’anni fa.

Conclusa l’esperienza dell’osteria, il Palazzo ha avuto sorti alterne, come sede di varie associazioni e del dopolavoro dei dipendenti della Regione Veneto, divenutane proprietaria alla fine degli anni Ottanta, sotto la tutela dell’OCRAD, l’Organismo Culturale-ricreativo dei Dipendenti Regionali. All’incirca attorno al 2015, tre associazioni culturali veneziane, About, Omnia e Il Caicio, hanno proposto che questo immobile, catalogato come tipologia SU (Unità edilizia speciale preottocentesca a struttura unitaria) venisse valorizzato in un contesto di tipo archivistico-museale-culturale come indicato dal vigente piano regolatore della Città di Venezia. In particolare tale progetto proponeva la creazione di un Centro di documentazione della storia e delle tradizioni popolari veneziane e venete, la costruzione di una rete di promozione degli ottanta musei etnografici presenti in regione, la ricostruzione tramite supporti audiovisivi dell’Antico Teatro Anatomico, nonché eventi atti a promuovere il territorio veneto in collaborazione con la Regione stessa. Tale proposta, inizialmente recepita dalle istituzioni, è stata poi accantonata per procedere ad una vendita a trattativa diretta che avrebbe portato alla trasformazione dello stabile in una attività a fine commerciale. A Venezia sono poche le strutture catalogate come SU: chiese, scuole grandi e piccole, in genere strutture con caratteristiche specifiche e funzioni pubbliche. Tali edifici possono pertanto essere destinati solo a precisi usi tra i quali non rientra quello commerciale.

Pochi anni fa lo stabile finisce nel piano delle alienazioni, ovvero di quei beni non più funzionali e strategici e quindi vendibili. La vendita di questi immobili nella maggior parte dei casi finisce a privati che li trasformano in strutture alberghiere o di ristorazione.

riportare all’uso pubblico; dall’altro si produce uno spostamento dei lavoratori del settore a quello dell’indotto, economico e sociale, che il pubblico non produce. E’ il caso anche di molte sedi

universitarie ormai accentrate nel sestiere di Dorsoduro e di numerosi uffici amministrativi trasferiti in terraferma.

A seguito della notizia dell’imminente vendita, alcune associazioni e singoli cittadini si mobilitano affinché questa non passi sotto silenzio: vengono organizzati incontri e tavoli di dibattito sul tema, chiedendo alla Regione un ripensamento e una marcia indietro. Nonostante le numerose iniziative, dopo una prima asta andata deserta, l’immobile viene venduto all’imprenditore Bastianello, patron del gruppo Pam, per 911.000 euro, una cifra ritenuta dai più non in linea con quelli che sono i costi di un immobile simile a Venezia. La vendita viene perfezionata il 21 settembre.

Il 28 settembre il piano terreno de La Vida viene occupato o, come si è preferito dire, “riaperto al quartiere”. L’interesse dei cittadini ma anche di coloro che solo lavorano a Venezia è immediato e lo spazio diventa luogo di idee, proposte, incontri, persone che si organizzano per presidiare e rendere quelle stanze più accoglienti.

Si è creata in pochissimo tempo la consapevolezza di lottare per qualcosa che è già oltre un solo immobile in vendita: è una battaglia che assume il valore simbolico di una speranza e una possibile soluzione per invertire la rotta.

Allo scadere dei due mesi di prelazione, in pieno novembre, la Regione taglia l’allaccio alla corrente lasciando la Vida al buio ma ciò non scoraggia la riapertura che prosegue al lume di candela e di faretti di fortuna. Nello stesso periodo, Bastianello afferma di non voler entrare in possesso della struttura, lasciando quindi la vendita in una fase di stallo in cui la Regione decide di citare in giudizio civile sei degli occupanti ritenuti presenti al momento della riapertura. Una strategia, a detta della comunità, volta a fare in modo di trovare un responsabile che paghi per tutti e che permetta di porre fine alla querelle.

Quello che non viene tenuto in conto è però che l’esperienza portata avanti non si esauriva in quei sei soggetti ma investiva ormai l’intera comunità, “un magma umano”.

Il 6 marzo La Vida viene sgomberata con l’ausilio delle forze dell’ordine. Viene immediatamente convocata una assemblea per il pomeriggio mentre gli arredi, i giochi e tutto quello che vi era stato portato viene messo al sicuro sotto un gazebo di fortuna allestito davanti all’ingresso. Da qui inizia la costruzione di quello che è stata “La Vida Accanto”: un tentativo estremo di continuare le proprie attività all’aperto, indipendentemente dalla riacquisizione del Palazzo, per tenere viva l’attenzione e continuare un percorso che ormai investe più di una realtà veneziana, essendo venuti in contatto con numerosi fenomeni simili sparsi in giro per l’Italia.

Il gazebo, da semplice tendone, diventa un punto stabile, una presenza fisica più forte forse anche della stessa iniziale riapertura: chiunque passi dal campo non può non notarlo e non chiedersi perchè stia lì.

Quella de La Vida è un’organizzazione locale, che lotta per un singolo spazio ma che assume valore

paradigmatico, all’interno di Venezia ma non solo. Come descritto in precedenza, azioni simili sono portate avanti da anni all’interno della Laguna, sia nel centro storico che nelle isole (Palazzo da Mula, Poveglia) e l’interconnessione, lo scambio di idee ed approcci a una questione comune tra queste realtà ha portato alla costruzione di un senso comune di identità, meno legato alla città-souvenir e più alla città-quartiere.

Figura 7: Manifesto riassuntivo delle vicende affisso dai Vidani ad una delle vetrate del Palazzo

Capitolo 3

IL FENOMENO DELL’ASSOCIAZIONISMO