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INFLUENZA Limitato Elevato

III.3 V ERSO S TATO C OLONIALE

III.3.1 L’assoggettamento dell’Africa Orientale

Dal 1703 il Portogallo era considerato una sorta di colonia dell’Inghilterra, a seguito di un accordo commerciale in cui si stabiliva che l’Inghilterra avrebbe importato tessuti indiani per il Portogallo in cambio di vini (CALCHI NOVATI,VALSECCHI,2005;NEWITT,1995;RIBEIRO,VECCHI,

RUSSO,2008;SERRA,2010). I termini dell’accordo risultarono molto più favorevoli per l’Inghilterra

che per il Portogallo e provocarono un rallentamento della crescita del paese che si protrasse fino al 1870 quando ebbero luogo i primi tentativi di ‘liberazione’. Nonostante ciò il Portogallo non si tirò

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indietro dalla corsa imperialista e instaurò una serie di alleanze tattiche capaci di favorirla in quanto potenza minore, assumendo un ruolo intermedio tra quello della potenza imperialista a caccia di un

surplus per la patria e quello della potenza che lucra e fa lucrare le colonie considerandole parte dello

stesso impero e base di risorse umane e naturali a cui attingere.78 La creazione di colonie di

sfruttamento intensivo determinò l’avvio del colonialismo, che diventa spesso sinonimo di imperialismo coloniale africano e che inizia orientativamente nel 1880, ufficializzandosi poi con la Conferenza di Berlino (1884-85) a seguito della ‘spartizione dell’Africa’ tra le maggiori potenze europee. I territori dell’Angola, del Mozambico, della Guinea-Bissau, le isole di Capo Verde e quelle di São Tomé e Príncipe, furono assegnate al Portogallo e si ritenne necessario imporsi in maniera più radicale di quella fatta precedentemente, usando qualunque mezzo possibile, pur di non soccombere.

Il XIX secolo per cui, fu per il Mozambico un periodo di grandi cambiamenti, sia interni con la nascita di nuovi stati, che esterni con il passaggio da una presenza portoghese legata al commercio e all'economia della tratta degli schiavi ad un politica di tipo imperialista, conseguenza di un inserimento degli affari africani all’interno del grande movimento di sviluppo capitalista che direzionava il cammino intrapreso dalle forze del mondo occidentale. Le forme che assunse qui lo sfruttamento capitalista furono cinque: «1) esportazione di manodopera, 2) produzione di materie prime agricole in piantagioni a processo industriale elementare; 3) imposizione di imposte di lavoro, pagabili sia in danaro che con schiavi; 4) utilizzo di manodopera stagionale; 5) salvaguardia della piccola produzione familiare» (SERRA, 2000:144). Agli inizi del XX secolo i portoghesi impiantarono

un nuovo sistema amministrativo sulla base dell’idea che il Mozambico, come il resto del continente, era un’area abitata da individui di razza inferiore, produttori di materie prime, al soldo delle razze superiori. La figura di spicco del periodo fu Antonio Enes, commissario regionale dal 1894 al 1895, che insieme ad un gruppo di militari, nonché volti letterari, decise di reagire con un rigurgito nazionalista alle continue umiliazioni inflitte dalle altre potenze coloniali. La proposta risolutiva per il ritardo allo sviluppo della metropoli, fu una rivoluzione borghese e un uso delle colonie come mezzo di lucro e prestigio della madrepatria (CABAÇO, 2009; MONDLANE, 1975). È proprio in

quest’ottica che venne giustificata la guerra iniziata nel 1895 contro l’Impero di Gaza, ultimo impero

78 Ciò che si dice rispetto a questo paese nell’ambito degli studi sull’imperialismo, resta uno dei fenomeni più difficili da

spiegare e comprendere poiché l’unica potenza non imperialista che riuscì ad essere nonostante le difficoltà una potenza coloniale (SERRA, 2000). Ci sono diverse interpretazioni a riguardo. Probabilmente furono i prestiti delle altre potenze capitaliste a permettere il mantenimento di un tale apparato; forse le colonie furono una sorta di facciata necessaria affinché il paese non perdesse totalmente agli occhi degli altri paesi europei il suo antico prestigio; forse la borghesia portoghese necessitava di nuovi territori da sfruttare e generare così maggiori ricchezze che non riusciva ad ottenere in patria. Non c’è una lettura che prevale sulle altre perché potrebbero essere a loro modo tutte verosimili. Quello che è certo è che il capitalismo portoghese cambiò forma nel 1850, quando passò dalla formale sottomissione del lavoro al capitale ad un modo di produzione totalmente capitalista (SERRA, 2000), che comportò un aumento di produzione di capitale pur rimanendo ancorati a tecnologie arcaiche o ‘tradizionali’. Nella seconda metà del XIX secolo quando le colonie divennero per il Portogallo una componente di produzione capitalista fondamentale, i creditori provarono ad approfittarne.

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‘tradizionale’ con a capo Ngungunhane, il quale venne catturato e deportato in Portogallo. Le radici di tale scontro devono invece essere lette in un’ottica di storia globale in cui il Mozambico era inserito: l’élite portoghese già affetta da un senso di inferiorità nei confronti di altre potenze europee per via della sua condizione finanziaria disastrosa, si sentì ulteriormente minacciata quando furono scoperte nel Transvaal delle nervature aurifere e di diamanti che crearono conseguentemente una crescita della domanda di manodopera nelle regioni circostanti. Il Mozambico era visto inoltre come il ponte di collegamento tra il continente africano e l’India che da sempre costituiva la meta di diverse potenze coloniale, in special modo della corona inglese che avrebbe voluto acquisire il monopolio di accesso all’Oceano Indiano e approvvigionarsi delle materie prime provenienti dalle miniere. Ngungunhane provò ad instaurare nuove relazioni economiche e sociali che avrebbero potuto dare seguito a una profonda trasformazione socio-economica della zona sud del paese, inviando nel 1891 degli emissari a Londra. Nel frattempo il porto di Lourenço Marques, a sud del paese, era già nel XVII secolo, area di contesa tra portoghesi, olandesi, austriaci e ovviamente dagli inglesi che avrebbero voluto annetterla alla colonia del Sudafrica così da poter controllare tutte le vie di comunicazione disposte lungo il fiume Maputo: era proprio su questo tratto che fino al 1878 avevano luogo i traffici di armi tra i regni tradizionali dell’area mozambicana e il re Zulu sudafricano (SERRA, 2000). Le forze diplomatiche inglesi provarono a mantenere rapporti pacifici sia con

l’Impero di Gaza, ricevendo gli emissari, che con l’amministrazione portoghese di cui aveva riconosciuto la supremazia sulla baia di Lourenço Marques in cambio dell’accesso al mare senza pagamento di tasse. La paura di vedere il controllo degli inglesi estendersi su tutti i porti posti a sud del continente, rischiando di ottenere il monopolio, chiamò in causa la mediazione francese che si schierò a favore dei portoghesi. La conseguente vittoria diplomatica aiutò il Portogallo ad acquisire una maggiore consapevolezza sull’importanza dei territori africani ad essa sottoposti e a decidere di fondare la Sociedade de Geografia de Lisboa, con l’obiettivo di elaborare una strategia d’azione mirata per la fortificazione dei domini in Africa (CABAÇO, 2009). È proprio in questo periodo che

probabilmente si rigenerò il sogno di riscatto, mai del tutto soppiantato, del piccolo paese che un tempo era stato capace di dominare i mari e aprire la strada verso l’India.

Con il supporto di Germania e Francia, l’impero portoghese si costruì contrastato dal governo inglese che continuava a dipingere il Portogallo come ‘una vergogna per la razza bianca’, incapace di imporsi sulle popolazioni africane ‘biologicamente inferiori’ come loro erano in grado di fare e giustificandosi e sottolineando la necessità di un loro affiancamento (o magari di una loro sostituzione) nell’amministrazione dei territori (CABAÇO, 2009). Il moto di rivalsa nazionalista

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invece portò la ‘Generazione del ’95’,79 a portare avanti la propria lotta e a mettere a punto il sistema

amministrativo coloniale, emanato nel 1907, in cui era chiara ancora una volta la concezione che si aveva delle colonie, ossia territori da sfruttare per il bene del Portogallo. Il governador-geral era la base su cui appoggiava tutta la struttura amministrativa, il quale esercitava il potere vivendo nella Capitale dell’Impero Ultramarino, inizialmente a Nord del paese, a Ilha de Moçambique, spostata nel 1807 nella città di Lourenço Marques con l’apertura della ferrovia e la conseguente fortificazione del commercio portuale. Nella piramide sociale ideata dal governo portoghese dopo il governatore- generale venivano i governatori provinciali e i sovrintendenti di distretto che avrebbero dovuto coordinare il lavoro dei chefes de posto, a contatto diretto con la popolazione. Dato il gran numero di persone su cui governare e data la difficoltà di interfacciarsi a piccole comunità rurali per nulla abituate alle dinamiche delle città più occidentalizzate, vennero ristabilite delle figure di potere tradizionali, che già esistevano nella gerarchizzazione sociale interna degli imperi africani e le aree vennero ulteriormente ripartite in distretti con a capo il regulo, il quale, scrive Cabaço «rappresentava contemporaneamente, l’ultimo gradino dell’apparecchio amministrativo e il primo della società indigena» (trad. mia, 2009:80). Questi insieme allo chefe de posto, costituiva l’anello di congiunzione tra il mondo coloniale e quello indigeno.

Durante la prima fase di trasformazione del Mozambico in colonia di produzione, la situazione non decollò poiché il Portogallo non aveva mezzi adeguati per gestire un’area tanto vasta e la missione di esplorazione e sfruttamento dei territori venne per cui delegata a tre compagnie straniere conosciute come quella di Moçambique, quella di Niassa e quella della Zambesia, le quali acquisirono un forte controllo e diritto di azione sull’uso delle risorse locali poiché il capitale investito era solo in parte portoghese. Si preoccuparono per cui, più dello sfruttamento che dello sviluppo del territorio e le grandi difficoltà di comunicazione con i capi dei distretti, lasciarono il tutto sotto una sorta di regime autarchico che si era già visto con i prazos e che pregiudicò ancora di più la popolazione locale. La legislazione del lavoro in terra mozambicana venne approvata dal governo portoghese nel 1907 e ricalcava essenzialmente tre aspetti:80 innanzitutto

l’istituzionalizzazione del lavoro forzato, poi la creazione di un sistema di controllo rigoroso della forza lavoro e l’imposizione del divieto di assunzione per servizi fuori dal territorio. In realtà

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La Generazione del ’95 era formata da personaggi importanti nella politica coloniale portoghese tra cui ricordiamo Mouzinho de Albuquerque, ossia colui che catturò Ngungunhane, nominato poi Commissario regionale e Governatore Generale del Mozambico in successione ad Antonio Enes e Eduardo Costa, il quale più tardi coprirà anch’egli la carica di Governatore Generale del Mozambico e poi dell’Angola, nonché altre figure di spicco.

80 Come riporta il manuale di storia mozambicano História de Moçambique, l’entrata in vigore della legislazione per il

lavoro previde l’implementazione del Regolamento Generale del Lavoro degli Indigeni nel territorio della Compagnia del Mozambico, il Regolamento per la Fornitura di Indigeni nel territorio di Manica e Sofala e il regolamento per l’impiego di Indigeni di Manica e Sofala.

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l’applicazione di queste misure comportò un peggioramento dello sfruttamento della manodopera, tale da indurre molti a fuggire verso paesi vicini adottando falsa identità (SERRA, 2000).