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FARE IL PATRIMONIO NEI LUOGHI DELLA MEMORIA

V.1.2 Tra le case di macut

Nonostante continuino ad esistere enormi differenze e vi siano delle enormi diatribe famigliari e all’interno delle confraternite musulmane presenti sull’isola, l’elemento religioso appare la chiave di lettura dell’uso degli spazi dell’isola – specialmente nella zona di macuti – e l’elemento di comprensione della realtà culturale.162 La vita nei bairros è scandita dai tempi delle moschee, che già

alle cinque del mattino chiamano i fedeli alla preghiera, poi alle dodici e alle cinque del pomeriggio. Affermare però che la costruzione della struttura sociale dell’isola risulti esclusivamente da quelle imposte dalla religione musulmana sarebbe un errore. Come si è ribadito sin da principio, Ilha de Moçambique è un incrocio di popoli e culture differenti che durante secoli hanno creato una società dai patrimonio culturali sovrapposti, non sempre ben omogeneizzati. Di conseguenza le strutture familiari matrilineari, tipiche della società makhuwa (MARTINEZ, 1989), hanno subito dei

cambiamenti a causa della sovrapposizione delle strutture patrilineari tipiche delle comunità islamiche. Ma c’è di più. I tentativi intrapresi durante l’indagine per la ricostruzione di alcune strutture familiari, non hanno portato a risultati concreti, per due fattori: il primo per una poca chiarezza dell’uso di denominazioni quali madre, padre, sorella o cugino che non fanno esattamente riferimento al grado di consanguineità;163 il secondo relativo alla possibilità di uomo di avere più

documenti. Tutto veniva scritto in lingua emakhuwa, utilizzando lettere arabe. Ritornando al discorso delle classi quindi, queste non vivevano da quel lato della città. Noi avevamo ad esempio una casa da quel lato ma pian piano ci siamo spostati sul lato meridionale dell'isola, per questioni sociali: lì era occupata da portoghesi. L'amministrazione portoghese ha fatto di tutto per occupare quella zona, mentre in quest'altra area era occupata maggiormente da indiani e arabi: da quella parte, portoghesi, tedeschi, francesi mentre qui islamizzati che venivano qui per cercare lavoro o schiavi che fossero rimasti sull'isola.

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Pare infatti che inizialmente le moschee dell’isola fossero solo tre e che riuscissero ad organizzare i fedeli più di ora che ve ne sono otto e che questo mutamento sia dovuto, secondo quanto riferito dallo xeque della confraternita sufi Qadiriyya Bagdad, Hafiz Jamù in uno dei nostri incontri, che molti hanno messo in discussione il suo rango, ereditato per discendenza patrilineare, a causa del suo non aver effettuato studi in Arabia Saudita, come molti altri leader spirituali fanno. Questo a suo avviso ha generato conflitti che a loro volta hanno determinato delle divisioni interne e alla fondazione di altre confraternite.

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Il termine mamma – mãe, ad esempio, è un titolo che non si attribuisce solo alla madre biologica ma in generale a tutte le donne che superano circa i trent’anni o che hanno almeno un figlio. Un bambino affidato alle cure della sorella maggiore, o della cugina, o di una parente che vive in casa, definirà costei come mana che secondo una traduzione letterale significa sorella ma indica in questo caso un legame affettivo particolare. Nel crescere poi il bambino diventato adulto tenderà a definire costei come mãe. Provare ad individuare chi fosse la madre di chi, sono state riscontrate molte

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mogli e di un’applicazione delle leggi del corano alla realtà lasciata un po’ all’interpretazione del singolo. Si riporta di seguito lo stralcio di una nota di campo, in cui attraverso la storia di un giovane dell’isola e della sua famiglia, emergono aspetti intimi di queste realtà, difficili da leggere ed interpretare.

Gli uomini di religione musulmana, secondo quanto mi raccontava stasera M., sono mossi dal desiderio di avere quante più donne possibili, influenzati dalla legge coranica che permette di avere fino a sette mogli. Dove arrivano i problemi però? Nel corano si legge che ogni moglie, e ogni figlio, dovranno avere lo stesso tenore di vita, per questo motivo prima di sposare e mettere al mondo altri figli, si dovrebbe essere sicuri di poter dare ad ognuno equi spazi, eque condizioni di vita. A questo però subentra un altro costume, tipico delle comunità povere e rurali dove i figli sono considerati come risorse per il futuro: Più figli significano più braccia al lavoro, quindi più produzione e più introiti. Ma un tale discorso poteva essere valido in una machamba, in cui i ritmi sono scanditi dalla natura e dal lavoro nei campi. In un mondo in continuo moto accelerato, specialmente da parte di chi ha la possibilità di accedere ad una connessione internet e un social network, il sogno di ricevere un’educazione e la possibilità di andare lontano è grande e questo cambia la prospettiva di avere figli. Più figli adesso significa necessità di enormi risorse per permettere loro almeno l’educazione elementare. M. mi ha raccontato un po’ della sua situazione familiare e di quello che significa vivere con 7 fratelli di 4 padri diversi. La madre infatti si sposò e ebbe il primo figlio a 17anni, che oggi ha 24anni, dal primo marito. Successivamente lasciò questi e si sposò con un altro da cui nacque M. Il padre era un sarto e cercò di trasmettere al figlio le arti del mestiere ma perse la vita lasciando di nuovo la donna sola. Questa si sposò di nuovo e dal terzo marito ebbe 4 figli, raggiungendo la quota di ben 6 figli da sfamare. Pare che questo marito fosse una persona benestante, che avesse un’impresa, probabilmente commerciale ma che allo stesso tempo avesse 7 mogli e ogni famiglia non avesse lo stesso tenore di vita. Secondo quanto riportatomi, quando una donna sposa un uomo e questi non riesce a soddisfare le sue necessità materiali fa del suo corpo una risorsa. Questo significa concedersi ad altri uomini (ovviamente con il rischio di rimanere incinte anche di questi), pur di ottenere qualcosa in cambio. Tutto ciò crea una poca chiarezza nelle strutture di parentela, perché spesso le omissioni e il regime di menzogna sta alla base delle dichiarazioni. L’impressione quindi è quella di un concetto di ‘famiglia-diffusa’. (dal diario di campo del 03.10.2017)

Passeggiare da una parte all’altra dell’isola rappresenta un’autentica esperienza culturale. Ricordo che una mattina durante uno dei sopralluoghi mattutini, alla ricerca di nuovi interlocutori con cui scambiare opinioni, mi fermò un uomo forse sulla sessantina, alto, dai tratti mediorientali, vestito con maleia e cofió e iniziò a parlarmi in arabo. Ovviamente non compresi nulla e in portoghese mi disse che avrebbe preferito parlare con me in arabo o al massimo in emakhuwa, perché si sentiva più a suo agio. Ad Ilha de Moçambique sono presenti anche numerosi discendenti di famiglie indiane e ancora è presente un tempio indù, con una piccola comunità di praticanti. A volte infatti ci si sente molto disorientati perché all’interno di una stessa famiglia risulta faticoso riconoscerne i membri, data l’enorme varietà dei tratti somatici: mediorientali, con colore della pelle olivastra e occhi leggermente allungati; indiani, con pelle chiara, capelli lisci e neri e tratti del viso marcati; africani, dal naso più grande e pelle scura; e così via. Spesso si è cercato di intraprendere un esercizio

difficoltà, dato che le risposte ricevute erano sempre poco chiare. Lo stesso vale con la parola cugino – primo. Specialmente tra i giovani, la parola viene usata continuamente anche solo per chiamarsi tra amici, a prescindere dal legame di sangue esistente o meno.

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autoriflessivo con membri della società locale, che avesse come obiettivo quello di provare a far emergere una sorta definizione identitaria condivisa dai più. Non sempre ha portato ai risultati sperati ma di seguito riporto una parte di un ragionamento che è emerso in seguito ad una serie di incontri, su cui si affrontava la questione dell’identità a Ilha de Moçambique. Generalmente si afferma che la comunità makhuwa che vive ad Ilha de Moçambique è un sotto gruppo etno- linguistico detto nahara. I makhuwa si estendono orientativamente su tutta la provincia di Nampula, oltrepassandola (MARTINEZ, 1989; MEDEIROS,2007). Al suo interno esistono delle varianti, non solo

di tipo linguistico, per via delle differenti forme dialettali presenti, ma anche per grandi differenze di tipo culturale. La prima volta che lessi la parola nahara fu su un catalogo inedito del 2010 risultato di un’indagine congiunta di ARPAC e GACIM, sul patrimonio culturale dell’isola e da questo lavoro

d’indagine, risulta che furono i contatti con le comunità musulmane a dare vita al ceppo dell’isola che prende poi questo nome.164 Dato che in molti definiscono gli ilheus come tali, l’indagine ha

provato ad approfondire questo aspetto. Non esiste sicuramente una unica e condivisa da tutti, ma volendo provare a tracciare una definizione, l’essere nahara ha sicuramente a che fare con l’incontro della comunità makhuwa con altre popolazioni che determinarono un cambiamento con quello che da alcuni viene definito come il ‘puro’, ossia colui che vive nell’entroterra che parla esclusivamente la lingua emakhuwa e usa delle forme arcaiche che ad Ilha già non si usano più e non verrebbero neanche comprese.

S.: É uma mistura com português. Nosso makhuwa tem mistura com português, com suaíli... por exemplo o makhuwa puro do interior é muito diferente com o daqui. Não muito diferente, mais algumas palavras não são iguais, por exemplo: nós em makhuwa dizemos escola e é português, murrowe o xicola é o nosso makhuwa, mas makwa próprio é wussomane - ir estudar, camisa nós dizemos camisa, nosso makhuwa nahara, mas o makhuwa puro não é camisa. ‘Hemphe’. Estás a ver a diferença? Então o nosso makhuwa é mistura porque os portugueses estavam aqui, os árabes estavam aqui então houve uma mistura.165

Sono molti quelli che attribuiscono la causa della nascita di questo particolare ceppo, tipico di Ilha de Moçambique alla fusione di tratti tipici della cultura di origine bantu con quelli della tradizione portoghese, araba, swahili.

H.: Makhuwa é daqui! É banto. Então o que acontece é que esta miscigenação, esta componente toda que foi se criando por causa desta interação ao longo de muitos anos, foi se aqui na costa só de Moçambique

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Il lavoro di ricerca effettuato dall’ARPAC pare abbia fatto principale riferimento alle informazioni reperite da Hafiz Jamu che anche in questa occasione ha fatto da informatore per l’equipe, organizzando e accompagnando la ricerca e gli incontri. Le informazioni che possono leggersi sul catalogo sono più o meno le stesse che il signor Hafiz ha riferito anche a me.

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Dall’incontro con Saide Abdurramane Amur Gimba del 07.09.2017. Trad mia: È frutto dell’unione dei nostri makhuwa con i portoghesi o con lo swahili... Ad esempio il makhuwa puro dell'entroterra è molto diverso da quello di qui. Non tantissimo ma ci sono parole che non sono uguali, ad esempio, noi makhuwa diciamo scuola come murrowe- xicola in makhuwa, ma il makhuwa puro dice wussomane - che significa 'vai a studiare'; per dire camicia utilizziamo lo stesso termine 'camicia', ma il makhuwa puro dice 'Hemphe'. Vedi la differenza? Quindi il nostro makhuwa è misto perché i portoghesi hanno vissuto qui, come gli arabi.

159 desde Ibo, Ilha de Moçambique, Angoche, oeste de Madagáscar, Comores, Quiloa, Mombaça,

Zanzibar ficam com este negócio que existia aqui no índico. Criou-se uma cultura chamada suaíli no norte de Moçambique. Na costa desde Ilha do Ibo, Ilha de Moçambique, Angoche ficou-se com um tipo de reinado chamado Sultanato, tem o sultanato de Angoche, o sultanato de Sanculo aqui na Ilha de Moçambique e o sultanato de Quissangi lá um pouco mais acima, então esses sultanatos começaram a muitas das vezes casaram com os bantos que viviam aqui. Criou-se uma nova geração uma miscigenação com uma cultura típica meio árabe e meio banto, essa cultura é um espectro vai até pouco mais até Monapo que é a área considerada costa, o sultanato de Angoche também, vai até quase Mogovolas e Nampula. A partir de Muecate já começa a zona do interior. Essas zonas são makhuwas mais são makhuwas genuínos são bantos genuínos. Já não tem mistura com os árabes. O facto de estes serem makhuwas genuínos chamaram esses makhuwas da costa que se misturaram com os árabes de makhuwas naharas. Os outros passaram a ter outros nomes,makhuwa lomwes, outros Makhuwa do sultanato de Angoche que são os Makhuwa de kotis, então só dos Makhuwa várias variantes. [...] Então o Makhuwa nahara é aquele que tem mistura com outra raça que não seja Makhuwa local. [...] Suponhamos que um português tenha chegado aqui e casou com uma mulher moçambicana, nasceu uma criança. Esta criança normalmente fala makhuwa por causa da mãe, mas ele... makhuwa dele mistura com algumas palavras do português por causa do pai. Então esta criança é makhuwa nahara. São makhuwas da costa daqui, da Ilha de Moçambique, mas sobretudo quando têm miscigenação árabe. Esses são os makhuwas árabes, têm suas maneiras de ser: cânticos, tradições normalmente misturadas com árabes, dançam tufo, molide, fazem cerimônias religiosas porque tem influência de miscigenação os seus casamentos incluem detalhes imperceptíveis para quem não tiver atenção: aspetos indianos por causa dos indianos terem vindo aqui também em negócio, pessoas que vinham da Índia para fazer negócios, então aqui na Ilha de Moçambique viviam pessoas incluindo pessoas Basmat que é um tipo de comunidade que adora fogo.166

Per altri invece essere Nahara è qualcosa che indica più che altro una postura dell’essere, una particolare maniera di stare al mondo.

F.: Ser nahara é quando uma pessoa tem o seu próprio orgulho interno: ‘Eu sou fulano’, você se respeita para você ser respeitado, esse é o primeiro aspeto de ser nahara. Um nahara tem o seu orgulho: este sou eu, nasci aqui e tenho que defender essa terra. [...] depois tem o problema na comida, a comida dos makhuwas não é feito de qualquer maneira, a partir dos ingredientes também selecionado e bem proporcionado; a maneira de vestir também tem essa! E depois com quem falar: o próprio makhuwa não fala com uma pessoa que não conhece, fala com a pessoa que acha que: ‘este dá para falar e estou aqui a conversar com ele’. Isso é ser makhuwa. Depois também a maneira de estar no lugar, também tem que estar num lugar limpo, são características de um makhuwa nahara. Não gosta de sujidade! Se você vê numa casa

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Dall’incontro con Hafiz Jamú, Cassimo Abdur Remane e Fefé Andigg Loy il 30.08.2018. Trad. mia: Il Makhuwa discende dal Bantu, quindi quello che succede qui è una mescolanza, questa componente che creò a causa dell'interazione avuta nel corso degli anni sulla costa e ricordiamo solo quella del Mozambico che da Ibo, Ilha de Moçambique, Angoche, l'ovest del Madagascar, le Comore, Quiloa, Mombasa, Zanzibar, furono coinvolte nel mercato che esisteva nell'Oceano Indiano. Si creò una cultura chiamata Swahili nel nord del Mozambico. Sulla costa che va dall'isola di Ibo, a Ilha de Moçambique, fino ad Angoche dove si crearono dei sultanati, quello di Angoche, quello di Sanculo qui nell'Isola Mozambico e il Sultanato di Quissangi c'è un po' più sopra. Questi sultani spesso si sposarono con i Bantu che vivevano qui. Si creò una nuova generazione, un incrocio tra una tipica cultura mezza araba e mezzo bantu, che si incontra fino a Monapo che è considerata zona della costa, comprende il Sultanato di Angoche e si estende quasi fino a Mogovolas e Nampula. Da Muecate in poi inizia la zona dell'entroterra. In queste zone vi sono i makhuwa che però ritengo genuini e non sono mischiati agli arabi. Lì non c'è mescolanza con gli arabi. Il fatto che questi fossero makhuwas autentici li portò a chiamare makhuwa al largo della costa che si mescolavano con gli arabi, makhuwas naharas. Gli altri ebbero altri nomi, makhuwas lomwes, i makhuwa del Sultanato di Angoche che sono makhuwa kotis. In sostanza i makhuwa hanno diversi varianti. Quindi il Makhuwa nahara è uno che si mescola con una razza diversa dal makhuwa locale. Supponiamo che un portoghese fosse venuto qui e avesse sposato una donna mozambicana e fosse nato un bambino. Questo bambino parlebbe makhuwa a causa di sua madre, ma lui mischia il makhuwa con alcune parole di portoghese a causa di suo padre. Quindi questo bambino è un makhuwa nahara. Questi che sono i makhuwas arabi hanno un loro modo di essere: canzoni, le tradizioni, danze di tufo, molide, fare cerimonie religiose, che subisce l'influenza della mescolanza. Nei loro matrimoni ci sono dei dettagli impercettibili per coloro che non ripongono la giusta attenzione: ci sono aspetti indiani a causa degli indiani che sono venuti qui per affari, persone che sono venute dall'India e dalla Cina per fare affari. Allora qui ad Ilha de Moçambique vivevano tante persone tra cui i Basmat, una che adora il fuoco.

160 onde não se lava o chão, onde não se limpa, não é makhuwa nahara! Mesmo você chegar a casa deles, você

há-de notar que este é o próprio nahara! Então tem essa preservação, tem essa identidade, defende a cultura a identidade o seu próprio bem-estar.167

Si sono raccolte numerose testimonianze durante la permanenza in loco, secondo cui i makhuwas in generale, vengono visti come una cultura con quel qualcosa in più, in particolare quelli di Ilha de Moçambique, i nahara. Per gli isolani però non sempre questo è motivo di vanto. Nemane Habibo ad esempio, un uomo di poco più di cinquant’anni, ex guida del museo dell’isola, dai tratti somatici indiani molto marcati afferma:

N.: O meu pai dizia: ‘Eu não sou nahara!’, o pai dele veio da Índia, fez ele e ele fez-me a mim e a minha mãe também é outra família, mas também não foram pessoas destas, os pais vieram e fizeram ela. R.: e como te define?

N.: Eu defino-me que não sou nahara. Eu da parte minha eu sou da Ilha de Moçambique, mas não sou nahara, sou descendente da parte de Ásia, de origem indiana. Porque a Ilha de Moçambique no 1500 quando Vasco da Gama foi pra Índia ele trouxe muitos indianos aqui. O meu avô vivia na Índia portuguesa, mas era muçulmano não era indo. Depois da independência da Índia houve uma divisão entre Paquistão e Índia e o meu avô era da Índia não de Pakistan. É por isso que digo que sou de origem indiana, porque mesmo os meus tios e a minha tia, irma da minha mãe, eles foram estudar na Índia, mas nasceram aqui. O meu avô que tinha comércio tinha possibilidade de mandar os filhos pra lá. A minha tia quando ficou grávida foi pra Índia e depois voltou. Irmã do meu pai.

R.: Então os teus filhos são o que?

N.: Meus filhos já têm uma mistura. Porque aí são a parte da mãe, há alguns que eu não sei como é que é. Mas sei que vieram de outros sítios, não são da Ilha. Quer dizer que a mãe destes gajos nasceu em Nacala Porto. Agora na parte da avó dela, eu digo que são chefes da zona de Memba e o pai dela era de outra zona...uma mistura! Então os meus filhos são mistura total.168

167 Dall’intervista a Fefé Andigg Loy del 22.08.2018. Trad. mia: Essere nahara è quando una persona manifesta l'orgoglio

che ha in sé: ‘Io sono così e così’, tu rispetti te stesso per poter essere rispettato, questo è il primo aspetto dell'essere nahara. Un nahara ha il suo orgoglio: questo sono io, sono nato qui e devo difendere questa terra. [...]. Poi ci sono i fattori alimentari: il cibo dei makhuwa viene preparato con una certa cura, a partire dagli ingredienti anch'essi selezionati e proporzionati. Anche il modo di vestire ha questa cura! E poi altro fattore è la scelta con chi si può avere un dialogo: il makhuwa in persona non parla con una persona che non conosce, parla con la persona con cui pensa: ‘Con questo posso parlare e sono qui per parlare con lui’. Questo è essere makhuwa. Inoltre anche il modo di stare in un posto è caratteristico di un nahara. Non ci piace lo sporco! Se entri in una casa dove non lavano il pavimento, dove non è pulito,