• Non ci sono risultati.

INFLUENZA Limitato Elevato

III.3 V ERSO S TATO C OLONIALE

IV.1.1 Violenza strutturale

La concatenazione esistente tra identità, memoria e patrimonio è sempre regolata dalle politiche culturali che assumono il ruolo di stabilire una sorta di ordine all’interno della struttura statale attraverso la creazione di piani d’azione a medio o lungo termine, tali da rafforzare l’ideologia nazionale. Per il caso mozambicano è evidente che chi detiene maggiore potere di influenza e coordina tutto il sistema in un regime, a mio avviso democratico solo su carta, è il Frelimo che dal 1975 ad oggi è sempre stato al timone del paese. Nel tempo cambiarono gli approcci, da controllo assoluto del paese con un regime a partito unico ci si è aperti al multipartitismo e con esso il progetto nazionale subì notevoli modifiche. Non sempre però le prospettive contenute nei documenti ufficiali rispecchiano la realtà. Durante il IV Congresso Internazionale di Pedagogia Sociale, tenutosi a São Paulo, venne presentato un testo sulla diffusione della cultura mozambicana e sulle rispettive politiche,121 in cui si evidenzia come nonostante esistano piani di sviluppo e piani strategici

quinquennali relativi al settore culturale, la causa primaria di una scarsa riuscita è nella disposizione assunta nei confronti della cultura stessa mai considerata al pari di altri settori più fruttuosi. ‘Con la cultura non si mangia’ era una frase che aleggiava in Italia qualche tempo fa e che a quanto pare non è una realtà solo nostra ma è qualcosa che riecheggia in ogni dove. Questo significa che nel momento in cui si debba scegliere a chi sottrarre finanziamenti in un periodo di crisi, ovviamente il primo settore colpito è quello culturale, o ad esempio quando scegliere i funzionari da impiegare, non debbano essere necessariamente preparati, poiché non si sente il bisogno di alte competenze (MARRENGULA, 2012) come magari è necessario un ingegnere per costruire un ponte, altrimenti vi è

un alto rischio che cada.

In Mozambico esistono gli strumenti legali che regolano le pratiche culturali, ma la loro organizzazione, strutturazione e implementazione non è coerente con le dinamiche socio-culturali mozambicane, dato che non esistono strumenti e strategie chiare per la loro divulgazione e implementazione, così come non esiste un’accessibilità da parte della maggior parte della popolazione mozambicana. (trad. mia, MARRENGULA, 2012)

121

Cfr. MARRENGULA, M. L. (2012). «Animação sociocultural e políticas culturais em Moçambique: revisitando a democracia e o processo de democratização cultural» in Atti del IV Congresso Internazionale di Pedagogia Sociale, São Paulo,

disponibile al link:

http://www.proceedings.scielo.br/scielo.php?script=sci_arttext&pid=MSC0000000092012000200012&lng=en&nrm=is o, consultato il 19.07.2018.

126

Lungo i dodici mesi di lavoro di ricerca in Mozambico, spesi principalmente a Maputo, si riconosce che quanto appena riportato non sia tanto differente dalla realtà, nonostante poi la musica, le danze e i canti tradizionali siano da considerarsi realmente una componente essenziale nella vita di un mozambicano, attraverso cui si mantengono vive le relazioni sociali. L’importanza delle attività culturali, viene conclamata in ogni discorso istituzionali, e come si legge sul portale del governo, durante il discorso di apertura del IX Festival Nazionale della Cultura, il presidente Nyusi afferma che è proprio l’arte la ricchezza materiale e immateriale della cultura mozambicana capace di rendere questo popolo immortale.122 Tutto ciò però non riesce a trovare totalmente rispecchio nella realtà

quotidiana, quando con piccoli gesti quotidiani il Governo dovrebbe applicare quanto afferma attraverso i propri funzionari e provare a tutelare le varie forme di aggregazione in cui le varie comunità patrimoniali esprimono la loro essenza e riaffermano costantemente se stessi.

Uno dei tentativi dell’antropologia è quello di comprendere attraverso la ricerca etnografica la percezione emica relativa ai temi trattati. Carpire la percezione della popolazione riguardo l’uso della cultura, nelle forme memoriali e patrimoniali, è da considerarsi il movente di questo lavoro etnografico. Gli esempi di Mafalala e Ilha de Moçambique, sono stati due punti di osservazione da cui si è provato ad avanzare una riflessione più ampia, ossia su quali siano le riconfigurazioni urbane ottenute attraverso la creazione di ‘cose patrimoniali’ che impongono un uso specifico degli spazi e che ricalca una determinata ideologia.

[…] uno studio antropologico dei patrimoni porta inevitabilmente a interrogarsi sugli stretti rapporti esistenti tra la costruzione di oggetti culturali e quella di soggetti, di identità collettive […] e sui più vasti ordini discorsivi (insieme fenomenologici, affettivi, simbolici, politici ed economici) all’interno dei quali simili rapporti prendono forma. (PALUMBO, 2003:28)

Grazie alle credenziali concessemi dal Dipartimento di Archeologia e Antropologia dell’Università Eduardo Mondlane, non mi è stato difficile accedere alle istituzioni e organizzare incontri con i funzionari istituzionali, assolutamente ben disposti a collaborare e a farmi comprendere le loro modalità di lavoro. Ad un certo punto del lavoro però mi sono resa conto che a quella iniziale apertura e spiegazione su quali fossero le linea guida che l’ente x avrebbe dovuto seguire relativamente alla gestione del patrimonio, non vi era molto di più. Il filtro imposto dai paradigmi frelimisti è qualcosa di assolutamente evidente, riscontrato in numerose occasioni. L’imbarazzo – forse anche la paura – che crea il dover rispondere a domande relative la gestione politica del paese e lo sforzo di fiducia che implica affermare con una donna di un’altra nazionalità, pur essendo in veste

122 Per leggere l’intero resoconto http://www.portaldogoverno.gov.mz/por/Imprensa/Noticias/Mocambique-e-uma-

127

di una ricercatrice, che esistano delle faglie nell’implementazione dei piani strategici nazionali e locali, non è un dato da sottovalutare.

Il trascorrere del tempo rende possibile la costruzione di relazioni di fiducia che, per così dire, fanno abbassare la guardia dei partecipanti, impegnati nel difendere la propria immagine dallo sguardo indiscreto del ricercatore. (CADARNO, 2011:95)

La costruzione di relazioni di fiducia che mi permettessero di comprendere in maniera meno forzata la realtà locale, ha dovuto oltrepassare le barriere del politically correct con un enorme dispendio di energie. L’enorme formalità che vige in Mozambico, impone l’elogio al governo, quindi al partito del Frelimo, specialmente durante gli incontri formali che non lasciano nessuna parola detta al caso, secondo un canovaccio che si ripete ad ogni livello della gerarchia sociale. Inizialmente pensavo che questo potesse essere considerato un ostacolo al lavoro che non mi avrebbe portato a risultati soddisfacenti e per questo motivo prima di riuscire a sentirmi libera di poter fare domande esplicite su questioni politiche ho dovuto ‘preparare il campo’. Ricordo infatti che dopo essere tornata da Ilha de Moçambique a Maputo, ad Ottobre 2017, tornai a casa di A., un abitante di Mafalala con cui abbiamo scambiato idee e opinioni molte volte e che conoscevo già da diverso tempo. Non avevo mai aperto la questione politica con lui ma avevo provato più che altro a comprendere le cose attraverso la partecipazione. Quel giorno presi coraggio e gli chiesi apertamente quale fosse la sua opinione relativamente agli schieramenti politici all’interno del bairro da Mafalala e notai una sorta di arresto.

R.: Pra ti quem tem mais poder na Mafalala?

A.: Epaaaaaah!!! Rosa! A politica è complicada.[…] Eu tambeém quando estava na Alemanha tentava perceber a questao politica do pais. Epah! Eu naquela epoca era miudo, eu nao me interessava muito, mas as pessoas lamentavam. Ma s quando eu voltei e eu recebi aquilo que também o Alemao recebeu, epah! Ai quando eu faço uma comparaçao... sò que pronto a parte alema tem condiçoes... Africa?!? Nao tem condiçoes! Agora desenvolver? Eu nao posso. Porque aì hà desenvolvemento.

R.: è muito dificil falar destas coisa…

A.: è muito dificil sim. Por exmplo hoje esta a se tratar hoje é colocaçao de governadores e administradores da Renamo em algum distritos e provincias. O parlamento està a analizar sobre este caso. Mas està tudo...? Silencio. Por isso… Epah! O campo da politica nao vale a pena.

R.: Ya mas falando de cultura è obvio que também tudo isso tem a ver com politica…

A.: Isso de ponta mesmo...ninguem pode deixar outro a perceber aquilo que ele percebe. Niguem! Ninguem! Por isso hoje hà esta diringencia. Aquele que jà sabe, sabe. Agora ele que jà nao tem nada na cabeça jà fica assim! Eh Rosa...123

123

Dall’incontro con A. del 20.11.2017. Trad. mia: A: Per te chi ha più potere a Mafalala? A.: Oddiooooo!!! Rosa! La politica è complicata. Anch'io, quando ero in Germania, ho cercato di capire la questione politica del paese. Ma allora ero un ragazzino, non mi importava molto, anche se ascoltavo la gente che si lamentava. Ma quando sono tornato e ho ricevuto ciò che anche il tedesco ha ricevuto, eh! Lì ho iniziato a fare paragoni... solo che in Germania ci sono condizioni che rendono possibile un miglioramento, in Africa invece?!? Nessuna condizione! Come si fa a svilupparsi? Io non posso

128

Come si nota il discorso non si sviluppò ulteriormente e notai un grande imbarazzo nell’uomo, lo stesso che lessi negli occhi di un’anziana donna di Ilha de Moçambique che rifiutò di parlarmi in portoghese nonostante mi fossi presentata con il nipote in casa e le avessimo spiegato che non c’era niente di aver paura, era solo una conversazione relativa ai suoi ricordi d’infanzia. In una delle poche interviste fatte con persone del posto, incontro la signora Agida Abacar, un’anziana signora nata nel 1932, nonna di Didy un giovanotto dell’isola, mio vicino di casa, figlio di Abdul Rahimo, uomo influente dell’isola.

A.: Ola yawale mekao inkahimera, ola ompela ossuwela sothene, nahaleiho ikhuo nahelinho, ehola sothene yari barato […]!

Se ela tivesse vindo sozinha eu não iria lhe falar nada [...]!124

A.: Mi inkimphela ohima ola ompela ossuwela sothene. Etempo yekotxu kihari itxu salama, mi inkimpela ohima sothene porque kinova mapolicia owa va okikuxa me, porque sothene issekhereto.

Eu não quero falar tudo que essa quer. No tempo de luta nada estava bom, eu não vou falar tudo porque tenho medo de falar e policia vir até aqui me levar, porque é tudo segredo.125

In entrambe le situazioni quindi esistono degli schemi che impediscono di ribellarsi ad un sistema che risulta essere opprimente. Tornando alla conversazione con A. provai a condurre la conversazione su altri contenuti, ma inevitabilmente si ricadde nel tranello. A quel punto provai di spiegare ancora una volta che non era mia intenzione ma che il lavoro d’indagine prova ad osservare qualunque forma di aggregazione sociale e di conseguenza comprendere i codici vigenti.

A.: Principalmente o seu trabalho é muito arriscante. Para pessoa que não compreendem, logo vai começar a pensa que é espião. Até aqui pessoas a dizer-me: ‘Aquela aí não é espião?’. ‘Ahhhhhh!’ disse ‘Você pah!’. Eu já respondi pra ti: ‘Ela está a fazer o trabalho dela, pah!’ e continuaram: ‘Ah mas você A. Tem coragem...!’. ‘Ehi!’ eu disse: ‘Eu estava na tropa! Eu estava na tropa! Conheço as coisas. Conheço! Ela não é como aquele que andam dizer isso, isso e isso. Ela é pessoa, como nos! Fala português! Ainda mais fala português! Então deixa assim.126

Il dover ricalibrare le modalità di azione in ogni situazione, lo scegliere attentamente le parole da usare, anche durante incontri informali, il comprendere che tipo di maschera indossare e come

perché qui non c'è sviluppo. R.: È molto difficile parlare di queste cose ... A.: È molto difficile, sì! Ad esempio, oggi stanno discutendo sulla possibilità di mettere di governatori e degli amministratori della Renamo in alcuni distretti e province. Il Parlamento sta esaminando questo. Ma tutto tace. Quindi... Il campo della politica non vale proprio la pena. R: Ma parlando di cultura, è ovvio che tutto questo abbia a che fare con la politica ... A.: Sì lo guarda da vicino...ma nessuno può far notare agli altri quello che ha capito. Nessuno! Per questo oggi c'è questa direzione. Chi conosce già come stanno le cose, lo sa. Colui che non ha niente in testa, rimarrà allo stesso stato! Eh, Rosa...

124 Dall’intervista a Agida Abacar del 26.09.2017. Trad. mia: Se lei fosse venuta da sola, non le avrei detto nulla.

125 Ibidem. Trad. mia: Non voglio dirle tutto ciò che lei vuole sapere. Durante il periodo della lotta armata niente andava

per il verso giusto. Io non parlerò di tutto perché ho paura di parlare e che la polizia mi venga a prendere, è tutto segreto.

126

Dall’incontro con A. del 20.11.2017. Trad. mia: Il tuo lavoro è molto rischioso. Una persona che non capisce, inizierà presto a pensare che sei una spia. Anche qui qualcuno mi ha detto: ‘Ma quella non è una spia?’. 'Ahhhhhh!' ho risposto già io per te: ‘Lei sta facendo il suo lavoro!’. Hanno continuato dicendo: ‘Ah, ma tu hai coraggio ...!’ 'Ehi!' ho risposto, 'io facevo parte dell’esercito! So come vanno le cose, quando arriva qualcuno e vuole sapere le cose. Lei è una persona come noi! Parla portoghese! Addirittura parla portoghese!’ Quindi non ti preoccupare.

129

articolare i mille sé che si mettono in gioco durante il fieldwork, sono anch’essi da considerare dati rilevanti. È da considerare che le difficoltà in cui mi trovai in quanto ricercatore, non fossero solo mie o solo di chi transita in questo paese per farvi ricerca, lavorarvi, fare cooperazione. Le difficoltà a confrontarsi con l’Altro e ancor di più di fidarsi di qualcuno e di conversare liberamente circa questioni anche meno importanti quali la politica, risulta abbastanza difficile. In un incontro tenutosi nell’agosto del 2016 alla Fundação Leite Couto di Maputo,127 si discuteva circa la costruzione

dell’identità nazionale e il ruolo della letteratura in questo processo. Chi è il mozambicano? Esiste la

moçambicanidade? Quello che maggiormente mi colpì in quell’occasione fu la grande partecipazione

alla discussione – a tratti accesa – e la schiettezza di qualche presente, che con dichiarazioni forti ammise di avere una forte preoccupazione che a volte si trasformava addirittura in senso di terrore, nel doversi rapportare a persone lontane dal suo mondo – ricco e borghese – e di incontrare grandi barriere culturali tra cittadini di uno stesso paese. ‘Ho paura di relazionarmi a chi non riesce a comunicare in portoghese, perché non li capisco!’ continuava a ripetere quella donna. Il dictat della rivoluzione culturale post-indipendenza e il taglio netto con il mondo tradizionale, ‘non civilizzato’, si manifesta oggi in una comunità nazionale che rimane unita solo sulla carta. Le contraddizioni interne e i pregiudizi tra membri appartenenti a gruppi etno-linguistici differenti ad esempio sono molto comuni, anche lì dove pare non vi siano problemi di convivenza, come ad esempio a Mafalala. Gli architetti della storia in Mozambico, prima orientati dal governo coloniale e poi da quello del Frelimo, sebbene abbiano agito secondo parametri differenti, hanno ugualmente distorto la realtà imponendone una visione egemonica, frutto di un’attenta scelta di ciò che dovesse essere ricordato o meno e del perché determinate vicende fossero più importanti di altre.

Con l’indipendenza si pensava, infine, che le varie identità acquisissero la cittadinanza e contribuissero, con la loro diversità, alla costruzione del tessuto identitario mozambicano. Ma questo non avvenne. Il governo dell’epoca, sotto l’egida degli eroi delle gesta nazionaliste, traslò il principio regnante nelle zone liberate di uccidere la tribù affinché si costruisse la nazione. Il III Congresso del Frelimo, si tenne due anni dopo l’indipendenza, nel 1977, legittimò l’uniformità culturale e ideologica come condizione unica per l’Unità Nazionale. Vennero così create le condizioni per una paralisi della memoria locale e delle identità che da molto tempo cercavano cittadinanza fuori dallo spazio etnico, data la crescente urbanizzazione del territorio. Oggi mi domando se è possibile valutare le conseguenze dell’aver silenziato ufficialmente le memorie identitarie che cercarono la luce dell’eternità con l’indipendenza del paese? Non avremo mai la risposta adeguata. (trad. mia, KHOSA, 2015:129)

È evidente che la violenza imposta per lungo tempo dalle numerosissime comunità che compongono il panorama culturale mozambicano, continui ad alimentarsi tuttora, sotto altre forme

127 L’incontro a cui faccio riferimento venne organizzato l’8 Novembre 2016 alla Fundação Fernando Leite Couto dal titolo

‘O desconhecimento mútuo entre culturas nacionais em Moçambique. A Literatura e a Cultura como Espaço de Construção’ a cura di Sara Jona.

130

e attraverso altre figure che magari vengono interpretate come se fosse la normalità e di conseguenza vengano accettate. La realtà è che questa violenza sia strutturale alle forme di socializzazione e addirittura è stata incorporata al punto da essere «esercitata in modo sistematico da chiunque appartenga a un certo ordine sociale» (FARMER, 2006:21). Voglio a questo proposito riportare un

episodio che mi diede la conferma di ciò che già avevo avuto modo di immaginare durante il periodo di lavoro sul campo ma mai avevo avuto l’occasione di poter essere una diretta testimone. In quel periodo mi trovavo ad Ilha de Moçambique e provavo ad impostare la mia osservazione secondo una postura che ancora nessuno aveva assunto – ambizione altissima dato che su Ilha hanno scritto in tantissimi. Mi imbattei in una delle figure storiche dell’isola, e conosciuto da tutti, Vovô Nacuti, un uomo di 90 anni che vive in uno bairros della città di macuti ed è considerato il re della danza

maulide.128

Martedì pomeriggio sono andata all’incontro programmato con il vecchietto della danza Moulyty con Mantinho. Non ricordavo bene la strada che avremmo dovuto fare e arrivando dal lato opposto della scorsa volta ero un po’ disorientata. Lo fui ancor di più quando seduti sul muretto della casa di vovô Nicute, vi erano due signori del dipartimento di educazione, fermi lì ad aspettare. Non sapevo più che cosa mi sarebbe aspettato con quell’incontro, perché dall’aver chiesto un semplice incontro con il signor Nacuti per una chiacchierata, mi sono ritrova funzionari del governo e tutti i giovani ragazzi pronti per poter fare lo spettacolo. Ovviamente non parlando Macua non sono riuscita a tenere il filo dei discorsi che si susseguivano ma Mantinho ha provato a tradurmi qualche dialogo e a ‘prestarmi le orecchie’. I due funzionari in pratica, stavano lì per assistere allo spettacolo e scattare delle foto da inviare al Ministero del Turismo. Ovviamente senza un’attrezzatura adeguata. Devo dire che sono rimasta abbastanza spiazzata dato che quell’incontro l’avevo organizzato io e non avevo fatto menzione della cosa a nessuno se non ai pochi con cui mi frequento abitudinariamente. […] È probabile che sia stata solo una coincidenza ma ho trovato molto strana la situazione e mi sono sentita ‘controllata’. […] Da un altro punto di vista però è stato importante vederli lì perché mi ha dato modo di capire come le istituzioni intessono le relazioni con i gruppi tradizionali […]. (dal diario di campo, 06.10.2017)

La situazione tesa era dipesa dal rifiuto del signor Nacuti di danzare per i funzionari che erano lì per testimoniare con fotografie e inviare i documenti al Ministero di Cultura e Turismo per inserirlo in qualche registro istituzionale. Di primo acchito pensai che questa sarebbe potuta essere una buona occasione per Nacuti di farsi pubblicità ed avere una speranza di ricevere qualche risorsa che gli permetta di sostenere anche solo le spese minime di manutenzione degli strumenti. Non mi ero mai trovata in uno scontro così palese tra un membro della popolazione civile e un funzionario del Governo. In tutte le altre occasioni che ho vissuto in Mozambico ho sempre assistito ad una riverenza estrema alla presenza delle autorità. Perché quindi quella tensione e perché un’esibizione non completa?

128 La trascrizione del nome della danza, incontra diverse versioni. Solitamente si trascrive appunto maulide che la

versione che ho adottato, ma segnalo che il giovane che era solito accompagnarmi negli incontri sull’isola e si era offerto come interprete trascrisse il nome della danza come molyty.

131 Nacuti si rifiutava di danzare e continuava a lamentarsi del fatto che l’ultima volta in cui

erano stati invitati […], non avessero ricevuto nessun tipo di ricompensa, ribadendo che questo atteggiamento fosse qualcosa di abituale, tutt’altro che occasionale. (dal diario di campo, 06.10.2017)

L’amarezza e la durezza dell’anziano signore in quell’evento sono state probabilmente la risposta ad