geometria #1_griglia mantovana geometria #2_griglia mantovana misura #1_livello al suolo misura #2_livello primo
(Scala metrica in braccia mantovane)
(rilievo eseguito da Marco Lui- tprandi, in Ab Olympo la dimora del Mantegna, Cd Rom multimediale,
Provincia di Mantova, Mantova, 2006)
che sembra aderire perfettamente a quello che il Mantegna realizza per sé. Il pittore di corte non solo desiderava apparire un intellettuale degno della stirpe affiliata alle Artes Liberales,
ma voleva appartenere a quella nobiltà che lo aveva voluto presso la propria corte al punto da concedergli l’uso dei colori di famiglia per realizzare il suo stemma, cui campeggia il me- desimo motto “Par un desir”.1
Per chi ribadiva la sua appartenenza ad una categoria di uomini e intellettuali le cui radici affondano nei valori della classicità che vanno riscrivendo, è d’obbligo passare per il rito della fondazione, definire l’angolo con un cippo scolpito al pari dei romani, costruire a futura memoria.
Tutto il teorema è basato sul braccio mantovano,46.68 cm la misura della griglia cartesiana che ricopre tutta la superficie necessaria all’edificazione.2 Il piano del prato pianeggiante è controllato, ogni punto è determinato rispetto agli altri per mezzo delle relazioni costruite sull’unità di misura; le stanze sono concatenate tra loro sul modulo base che prevede due parti di larghezza per tre di lunghezza, con il quale sono nor- mati tre lati del quadrato ad eccezione del lato delle stanze sulla strada che eccedono di un ottavo in larghezza; prbabil- mente, per accentuare la prospettiva del vestibolo d’ingresso, inizio di un’esprienza che non si limita alla soglia.
I precetti dei trattati sembrano essere stati rispettati; per Vitruvio, infatti, la misura era la chiave di volta affinché le co- struzioni terrene potessero rispecchiare le relazioni dell’ordi- ne cosmico attraverso armonia, simmetria e proporzione: non un rigido paradigma formale, ma una condizione che potrem-
mo definire esistenziale per la costruzione affinché l’edificio potesse raggiungere lo stato di equilibrio, garante dei crite- ri di solidità, comodità e bellezza. Firmitas, Utilitas e Venustas
sono riconducibili al principio di mimesi: anche l’architettura attraverso la commensurabilità garantita dalla simmetria – per Vitruvio commodularità, e cioè possibilità di commisura- re secondo un modulo fisso al fine di perseguire l’equilibrio compositivo – deve rispettare l’armonia tra le parti per essere comprensibile, funzionale e quindi bella. Su questo punto il romano riprende le teorie dei pitagorici che attraverso la sco- perta delle misure del mondo (misura intesa non come nume- ro, bensì come rapporto, quindi legge naturale razionalmente comprensibile e di cui l’uomo può appropriarsi) introduco- no con l’armonia il concetto di ordine e proporzione quale corrispondente di utilità e bellezza opposti al disordine e alla mancanza di proporzione come sinonimo di brutto e inutilità.
Il De Re Aedificatoria dell’Alberti ribadisce i concetti vitruviani
ponendo lo scompartimento al centro del processo progettuale: bisogna concentrare tutta la propria attenzione creativa e tutto il sapere tecnico a disposizione nella progettazione della cellula perché ogni parte dell’edificio e questi nel suo insieme, tutti i suoi aspetti tecnici e architettonici, dipenderanno da questa scel- ta.3 L’architettura è il risultato di una concatenazione di stanze basata sulla regola proporzionale per assicurare all’impianto il giusto equilibrio. L’astratto modulo della griglia, figlio della fon- dazione di Mileto, diventa misura dell’unità ideale da cui partire per fare spazio, mettere ordine, prendere possesso imponendo una gerarchia matematica per aprirsi la possibilità di abitarlo.
A ragione di questo ossessivo controllo dello spazio, la perfetta aderenza dello spessore delle murature alla griglia di- segnata sul braccio mantovano che forse testimonia la bontà del lavoro di restauro compiuto dal Niccoli quando nel 1940 decide senza dubbio alcuno di ripristinare l’impianto originale disegnato dal nostro, eliminando superfetazioni settecente- sche e decidendo di recidere il legame fisico che la fusione con i fabbricati vicini aveva portato alla realizzazione di un unico fronte urbano. Prima residenza dei Gonzaga fino al 1607, poi della famiglia Cassoni; nel 1695 i marchesi Paleotti Lanzoni decideranno per la fusione con un edificio attiguo compien- do la prima importante trasformazione, che la salverà di fatto dalla distruzione.4 La casa sarà trasformata nel tempo da un ulteriore corpo laterale e in seguito, accogliendo l’istituto tec- nico Pientino, camuffata sino a lasciare quale testimonianza del Mantegna il solo atrio circolare.5
Il dialogo mai provato con chi di fronte costruiva il San Sebastiano secondo i medesimi dettami, sembra avere qua- le terreno comune la scelta del tipo e la prassi compositiva: pianta centrale a due assi di simmetria e lavoro di sottrazione a partire da un’unica massa; l’armonia fondata sui rapporti
di diatessaron, diapente e diapason, che garantiscono allo spazio
costruito le assonanze con tutte le stanze della composizione, è invece una precisa scelta dell’artista.6
Mantegna pur non essendo architetto si cimenta nel campo della progettazione,7 ma è soprattutto un intellettuale con una chiara visione spaziale, con un senso plastico e materico “pie- troso” per dirla alla maniera di Saramago, che esprime nella
Raffaello Niccoli, Assonometria, 1941, Casa Mantegna, Mantova
logica compositiva della sua casa: appare riduttivo interpretare tutto il suo progetto alla stregua di un teorema matematico; la sua mente non trova l’estasi nell’asciutta astrazione come Pie- ro della Francesca, non è alla ossessiva ricerca della corrispon- denza tra numero e realtà. I suoi quadri vibrano di un’energia vitale che racconta la passione umana, non la ragione.
Quali sono i reali motivi per cui scelga una composizione paratattica dove cerchio e quadrato, cubo e cilindro, inscri- zione e sovrapposizione dei solidi geometrici generatori della forma non sono elementi subordinati gli uni agli altri e as- sumono tutti insieme la stessa importanza; ancora, cosa lega oltre la misura il susseguirsi delle stanze, perché l’edificio non si manifesta con la facciata, quale il rapporto con l’esterno.
Il modulo consente semplicemente di assicurare il control- lo degli elementi, non è il fine dell’architettura, ma il mezzo.
Il messaggio di Mantegna non consiste nella rivelazione di proporzioni auto evidenti tramandate dalla tradizione musi- cale,8 eco della ricerca pitagorica che vede il filosofo suonare flauti e campane assieme a Filolao per dimostrare l’esistenza del che lega la misura della materia alla scala armonica.
La casa non rivela una narrazione astratta, è costruita per suonare altre melodie.
diagramma #1_logica compositiva