Castel del Monte, 1240 d.C., Andria
La figura di chi andrà tessendo il dialogo piuttosto che partecipare allo scontro frontale di civiltà, affonda le sue ra- dici nella storia millenaria del piccolo mare: intersezione di tre continenti, generatore dell’eco delle imprese di Odisseo, alveo di civiltà antiche quanto le città di cui sono fondatri- ci, artefici, queste, delle vicende dei reciproci tentativi di di- struzione come delle irresistibili attrazioni che nella Trinacria, soglia tra ponente e levante, tra nord e sud, hanno trovato il baricentro in cui convivere.2 La ricchezza del piccolo mare è frutto quell’addensarsi eteroclito di civiltà che sorgono lungo le coste bagnate dalle sue acque, l’essere luogo degli scambi decisivi per l’umanità.
Il nome è portatore di ciò che ha fatto la sua fortuna: ῥέω, scorrere, indica il fluire di frammenti di conoscenze e costumi che navigano sulle sue acque, in cui ognuno prende e lascia il proprio contributo senza eccezione alcuna. Nel confronto e nello scontro di queste civiltà, il mare prende nome proprio di persona. Θάλασσα, Mare Nostrum, Mediterraneo, identifica-
no esclusivamente quel mare, quelle coste, quegli orizzonti, a differenza di Πέλαγος, che rappresenta la distesa infinita dell’ignoto al di là delle colonne d’Ercole.4
Fernand Braudel ci aiuta a ricostruire il senso di una com- plessità che è propria del Mediterraneo non solo da un punto di vista socio-culturale, ma anche dal punto di vista morfo- logico e naturale. La regione è composta, non frammentata, da una molteplicità di luoghi accomunati dall’intensa luce che dipinge ombre di densità assoluta, definendo i contorni di pa- esaggi aspri e tanto avari al punto da essere considerati “ossa
senza carne”: i frutti del mare così come quelli della campagna sono il risultato di un incessante lavoro che non è addolcito dal clima mite.3 E vale la pena di ricordare che “tutto il mondo attuale è molto più unito nelle sue diverse parti di quanto lo fosse il Mediterraneo ai tempi di Pericle”.5
L’impero di Federico si bagna in queste acque, è immerso in queste dinamiche e la sua necessità di abitare è certamen- te frutto di un’esigenza di difesa del territorio sia da attacchi esterni che interni, ma la costruzione dei castelli è inscritta all’interno del programma culturale dell’imperatore e rispon- de ad una ferma volontà del sovrano di imporre attraverso la fortificazione il segno della sua presenza nel territorio, cari- cando la costruzione di significati che vanno oltre le funzione divenendo simbolo e, quindi, rappresentazione.6
Castel del Monte, che certamente fa parte di questa rete difensiva, sebbene diversi studiosi ipotizzino il contrario,7 si rivolge alla natura aspra e brulla delle Murge, alla vocazione del Mediterraneo di essere luogo perché praticato.
Feconda la pietra calcarea – che lascia spazio solo a poche lame di terra da coltivare – costruendo sulla fonte che sgorga alla sommità del colle, domina la piana di Andria fidelis; affida
all’esattezza del disegno geometrico la costruzione della for- ma che accomuna le diverse culture del mediterraneo; utilizza tutti i mezzi delle civiltà che si bagnano in esso, siano queste le maestranze cistercensi, le influenze del gotico francese o quel- le della cultura araba. Gli studiosi che hanno indagato sull’ori- gine delle forme del castello o sui metodi costruttivi utilizzati,
cercano di far emergere un aspetto egemone sugli altri, nella ricerca di un esegesi univoca delle ragioni della forma e della costruzione.8 Quello che risulta evidente, però, è che Federico ha condensato nella scultura pugliese le culture appartenenti ai mondi che animavano il suo impero.
Il maniero è una priorità intellettuale di Federico, del cui cantiere vuole essere costantemente informato, di cui ha cura sin dalla fondazione. Nel 1240 a Gubbio l’imperatore scrive di proprio pugno a Riccardo da Montefuscolo, giustiziere di Capitanata,9 “Poiché per il castello che secondo noi deve sor- gere a Santa Maria del Monte, per mezzo Tuo, anche se non si trova nel tuo territorio di giurisdizione, vorremmo far subito costruire l’actractus; Ti incarichiamo di preoccuparti affinché
l’actractus venga realizzato in pietra, calce e tutti i materiali
adatti al caso, e Tu ci indicherai che cosa riterrai più idoneo per eseguire questo incarico”.10
Probabilmente il castello sorge nelle vicinanze di una pre- cedente fortezza normanna, Castromonte, che i benedettini di una vicina abbazia avevano occupato rinominando l’intero complesso Santa Maria del Monte Balneolo.11 I lavori dovet- tero procedere piuttosto velocemente se nel 1246, pure se è lecito supporre che sia stato realizzato solo parzialmente, il castello ospita le nozze della figlia dell’imperatore.12
Non vi sono documenti che attestino la presenza di Fe- derico nel castello, ma questo non implica necessariamente che non fu mai vissuto dall’imperatore. Quello di cui si è certi è che il destino ha riservato al maniero un lungo periodo di
misura #1_sezione
Le proporzioni disegnate sembrano avvalorare la tesi che le torri fossero più alte di circa 5 metri rispetto alla quota attuale. Il quadrato tornerebbe a governare così la costruzione anche in elevazione.
(Rilievo tratto da Castel del Monte,
I monumenti Italiani, rilievi raccolti a cura della Reale Accademia d’Italia, Fascicolo Primo, La libreria dello Stato, Roma, 1934)
abbandono. Dopo sedici anni dalla morte di Federico, “tra- sformato in prigione, accoglieva i tre figli di Manfredi e, nel 1277, Corrado conte di Caserta. Successivamente fu feudo di Nicola Acciaiuoli, poi Del Balzo duchi di Andria e quindi di Consalvo di Cordova, il quale lo vendette nel 1552 a Fabrizio Colonna. Abbandonato dai suoi proprietari, per tre secoli ser- vì di rifugio a briganti e a pastori, finché venne acquistato, nel 1876, dal Governo Italiano”.13
Depredato di tutte le sue ricchezze e segnato dalle ingiurie del tempo, i restauri sono cominciati nel 1879, ripresi nel 1928 e nel 1975 per le difficili condizioni climatiche che impongo- no tutt’ora una costante manutenzione.
Le operazioni di sostituzione dei conci e ricostruzione di volte e solai hanno restituito solo lo scheletro di una struttura che, per il marmo, utilizzato come materiale di rivestimento di tutti gli interni, l’accuratissima esecuzione di ogni lavorazione, la dotazione di servizi igenici tra i più avanzati per quel tem- po di cui possiamo avere memoria e la posizione dominante, doveva essere una importante sede di rappresentanza adibi- ta certamente ad uso residenziale e che utilizzava numerose strutture accessorie di cui permane traccia nei documenti del passato, eliminando così la possibilità che quello che visitiamo oggi sia stato un edificio del tutto autosufficiente.14 Del resto la numerosa corte Federiciana e la posizione del maniero an- che all’interno del sistema castellare, non sembrano lasciare dubbi sul fatto che, oltre le valenze simboliche, questa archi- tettura serviva a soddisfare le esigenze di controllo del territo- rio e di abitare della corte itinerante dell’imperatore.
geometria #1_disposizione geometria #2_rotazione geometria #3_moltiplicazione geometria #4_traslazione-intersezione
Ipotesi della costruzione:
data una griglia misurata con il modulo scelto, si decidono i limiti e gli spessori delle mura tramite quadrati sulla griglia. Ribaltando le diagonali si trovano gli spigoli dell’ottagono nelle intersezioni con i lati dei quadrati individuati in precedenza. Rispetto alla torre di Enna il programma è più complesso perché la traslazione implica l’intersezione tra torri e mura perimetrali esterne, a loro volta scavate per alloggiare scale e ambienti di servizio.