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Gli attalidi di Pergamo

Nel documento Polibio e i re ellenistici (pagine 79-106)

3. I “buoni” re

3.1 Gli attalidi di Pergamo

Analizzare il giudizio di Polibio sugli Attalidi di Pergamo porta con sé il rischio di porre il nostro studio alle soglie di un bivio interpretativo: da un lato potrebbe sovvertire la struttura argomentativa dell'indagine appena svolta, dal momento che il tenore dei verdetti di Polibio sulla dinastia pergamena è decisamente positiva rispetto a quello dei giudizi sugli altri re; dall'altro lato, leggere il giudizio di Polibio su Pergamo, potrebbe, invece, confermare quelli studiati nei precedenti capitoli e fornire una chiave interpretativa della riflessione dello storico sui regni ellenistici e quindi una chiave di lettura al nostro studio. E' indubbio che si tenterà di imboccare questa seconda strada, analizzando fatti e opinioni citati da Polibio aldilà della vicinanza personale dello storico agli Attalidi, ma tentando di fornire motivazioni oggettive a questa positività morale.

Vediamo prima, in un rapido excursus, la storia del regno di Pergamo. Iniziatore della dinastia fu un ufficiale del

diadoco Lisimaco, Filetero140, il quale, sfruttando il

collasso dell'impero del diadoco, nel 282 a.C. si impossessò della città di Pergamo. Dopo la morte di Lisimaco a Corupedio (281 a.C.), passò dalla parte di Seleuco. Quando anche questi morì (280 a.C.), rimase fedele al figlio di Seleuco, Antioco I ed ottenne dunque una notevole autonomia nell’amministrazione del territorio di Pergamo. A Filetero successe Eumene I141,

che rafforzò ulteriormente il regno contro le mire espansionistiche dei sovrani seleucidici.

Con Attalo I142 (241-197 a.C.) la città esercitò la sua

egemonia su gran parte dell’Asia Minore. Il sovrano rifiutò di pagare il tributo ai Galati, tribù celtica stanziatasi nell'area dell'Asia Minore che aveva fondato il regno di Galazia, alleati di Antioco III. Questi mossero guerra ai Pergameni, ma furono sconfitti nel 240 a.C. presso le fonti del Caico assieme alle truppe di Antioco. Pergamo riuscì quindi ad annettere molti territori seleucidi dell’Asia Minore al suo dominio. Seguirono altre guerre con i seleucidi, con alterne fortune. Venne stipulata una alleanza tra Attalo I e i romani, di cui il regno di Pergamo rimase alleato. Eumene II (197-159 a.C.) successe ad Attalo I e sotto di lui il regno ebbe un’ulteriore espansione. Il re protesse le arti e la cultura, fondando la biblioteca di Pergamo ed erigendo il famoso altare di Zeus143, capolavoro dell'architettura e della

scultura ellenistica. Eumene II, nonostante si dimostrò

140 Immagine tav. VII fig. 1 pag. 99 141Immagine tav. VII fig. 2 pag. 99 142Immagine tav. VII fig. 3 pag. 99 143Immagine tav. VII fig. 5 e fig. 6 pag. 99

attivo sostenitore dei romani nella guerra contro Antioco III, quando nel 167 a.C. si recò a Roma, dopo la vittoria romana a Pidna contro Perseo, non fu ricevuto, poiché si sospettava fosse favorevole all'antico regno macedonico e avesse stretto piani segreti di alleanza con Perseo. Con la morte di Eumene II, salì al trono il fratello Attalo II (159-138 a.C.), tutore di Attalo III144 (il figlio minorenne

di Attalo I), ma di fatto re di Pergamo. Egli, recatosi a Roma nel 159 a.C., riuscì a ingraziarsi la benevolenza del senato romano che lo colmò di onori e doni. Pochi anni più tardi, nel 156 a.C. Attalo II fu costretto a difendersi da un attacco di Prusia II, re di Bitinia, che riuscì ad avvicinarsi alla stessa Pergamo. I Romani decisero quindi di aiutare Attalo II contro Prusia II, dopo l'invasione di quest'ultimo ai danni del regno attalide, inviando presso i due re i due legati Lucio Apuleio e Gaio Petronio (155 a.C.). La ragione fu riconosciuta ad Attalo e Roma diede l'ordine a Prusia II di sospendere definitivamente le ostilità (nel 154 a.C.). L'ultimo sovrano di Pergamo fu Attalo III, nipote di Attalo I, che nel 133 a.C. lasciò in eredità i suoi possedimenti alla Repubblica romana.

Come abbiamo anticipato, Polibio ci lascia un'immagine del regno di Pergamo molto positiva; non semplicemente attraverso il dispiegamento di giudizi morali, ma anche attraverso la descrizione di scene di grande successo e onore, come per esempio quella dell'accoglienza pubblica riservata dalla città di Atene ad Attalo I nella primavera del 200 a.C. Come aveva già fatto per Demetrio Poliorcete, Atene sentitasi difesa dalla minaccia di

Filippo V e degli Acarnani, offrì ad Attalo I una straordinaria cerimonia pubblica di accoglienza (ἀπάντησις), decretandogli “onori smisurati”. Scrive infatti Polibio (XVI, 25-26):

Ὅτι ὁ τῶν Ἀθηναίων δῆμος ἐξέπεμπε πρεσβευτὰς πρὸς Ἄτταλον τὸν βασιλέα τοὺς ἅμα μὲν εὐχαριστήσοντας ἐπὶ τοῖς γεγονόσιν, ἅμα δὲ παρακαλέσοντας αὐτὸν ἐλθεῖν Αθήναζε χάριν τοῦ συνδιαλαβεῖν περὶ τῶν ἐνεστώτων. Ὁ δὲ βασιλεὺς μετά τινας ἡμέρας πυθόμενος καταπεπλευκέναι Ῥωμαίων πρεσβευτὰς εἶς τὸν Πειραιᾶ, καὶ νομίζων ἀναγκαῖον εἶναι τὸ συμμῖξαι τούτοις , ἀνήχθη κατὰ σπουδήν. Ὁ δὲ τῶν Ἀθηναίων δῆμος γνοὺς τὴν παρουσίαν αὐτοῦ μεγαλομερῶς ἐψηφίσατο περὶ τῆς ἀπαντήσεως καὶ τῆς ὅλης ἀποδοχῆς τοῦ βασιλέως. Ἄτταλος δὲ καταπλεύσας εἰς τὸν Πειραιᾶ τὴν μὲν ρπώντην ἠμέραν ἐχρημάτισε τοῖς ἐκ τῆς Ῥώμης πρεσβευταῖς, θεωρῶν δ᾽αὐτοὺς καὶ τῆς προγεγενημένης κοινοπραγίας μνημονε´θοντας καὶ πρὸς τὸν κατὰ τοῦ Φιλίππου πόλεμον ἑτόιμους ὄντας περιχαρὴς ἦν145.

Il popolo degli Ateniesi inviava ambasciatori al re Attalo, e per ringraziarlo per quanto era avvenuto e, allo stesso tempo, esortarlo a venire ad Atene per esaminare insieme a loro la situazione. Dopo alcuni giorni il re, informato del fatto che ambasciatori romani erano approdati al Pireo e ritenendo necessario incontrarli, si affrettò a salpare. Il popolo degli Ateniesi, quando seppe del suo arrivo, decretò misure magnifiche per l'incontro con il re e per la sua accoglienza in generale. Attalo, approdato al Pireo, il primo giorno trattò con gli ambasciatori venuti da Roma, ed era lietissimo nel costatare che essi ricordavano la passata collaborazione ed erano pronti alla guerra contro Filippo. Il giorno dopo, insieme ai romani e agli arconti degli Ateniesi, salì in città in gran pompa: non solo i detentori delle magistrature con i cavalieri, infatti, ma

tutti i cittadini con i figli e le mogli venivano loro incontro146.

Un'altra cerimonia di ἀπάντησις viene ricordata da Polibio nel passo del così detto elogio funebre in onore della regina Apollonide, moglie di Attalo I (XXII, 20). Straordinariamente in linea con le testimonianze ufficiali dei culti cittadini in onore della regina147, il racconto di

Polibio sottolinea le esemplari virtù femminili della donna: la sua devozione verso gli dei, la sua venerazione verso i genitori, il rispetto e l'amore per il marito, la sua costante presenza in famiglia come punto di rifermento e guida per i figli e infine il suo partecipe affetto verso la nuora Stratonice, moglie del figlio Eumene II.

Polibio, in tale elogio, non manca di ricordare che le doti della regina vennero giustamente celebrate anche dalla natìa Cizico, città che le dedicò, da viva, una pomposa accoglienza pubblica e i massimi onori. In tale circostanza, la regina apparve in corteo accompagnata e sostenuta dai figli tanto da suscitare l'ammirazione dei presenti e il confronto con l'episodio di Cleobi e Bitone (XXII, 20, 4-8).

Il giudizio, tuttavia, più significativo sul regno di Pergamo dato da Polibio, ai fini del nostro studio, è l'epitaffio scritto in occasione della morte di Attalo I (morto nel 197 a.C. a Tebe mentre era al fianco di Roma e degli Achei contro Filippo V). Anche questo molto simile ad un medaglione ufficiale, si concentra tuttavia

146La traduzione italiana è di Musti, Mari (2002)

147 Decreto di Teos sul culto della regina Apollonide - post 175, ante 168

a.C. (doc. tav. I pag. 89) e Decreto di Hierapolis in onore della regina Apollonide defunta - post. 175, ante 168 a.C. (doc. tav. II pag. 91)

non solo e non tanto sulle doti etiche del re, come ci si aspetterebbe da una fonte ufficiale, ma su quelle pratiche che caratterizzano, attraverso i fatti, il personaggio.

Scrive infatti Polibio (XXVIII, 41):

Ὅτι φησὶν ὁ Πολύβιος ἐν τῷ ιή λόγῳ. Ὅτι Ἄτταλος ἐτελεύτησε τὸ βίον· ὑπὲρ οὗ δίκαιόν ἐστι, καθάπερ περὶ τῶν ἄλλων εἰθίσμεθα ποιεῖν, καὶ περὶ τούτου νῦν ἐπιφθέγξασθαι τὸν ἁρμόζοντα λόγον. Ἐκείνῳ γὰρ ἐξ ἀρχῆς ἄλλο μὲν οὐδὲν ἐφόδιον ὑπῆρξε πρὸς βασιλείαν τῶν ἐκτός, πλοῦτος δὲ μόνον, ὅς μετὰ νοῦ μὲν προειρημένων τοῖς πλείστοις κακῶν παραίτιος πέφυκε γίνεσθαι καὶ συλλήβδην ἀπωλείας. Καὶ γὰρ φθόνους γεννᾷ καὶ ἐπιβουλὰς καὶ πρὸς διαφθορὰν σώματος καὶ ψθχῆς μεγίστας ἔχει ῥοπάς. Ὀλίγαι δέ τινές εἰσι ψυχαὶ παντάπασιν αἱ ταῦτα δυνάμεναι διωθεῖσθαι τῇ τοῦ πλούτου δυνάμει148.

Dice Polibio nel XVIII libro: Attalo morì, anche su di lui è giusto, come siamo soliti fare per gli altri, aggiungere ora parole adeguate. Egli inizialmente non ebbe nessu'altra risorsa dall'esterno, per stabilire il regno, se non la ricchezza che, gestita con senno e audacia, è davvero di grande utilità in ogni impresa, ma che, senza queste qualità, si risolve in una concausa della maggior parte dei mali e, in definitiva, di rovina. Essa infatti genera invidie e macchinazioni, e ha una grandissima influenza nella rovina del corpo e dell'anima. Sono davvero pochi gli animi che riescono a respingere queste cose con la forza della ricchezza149.

148Propongo il testo come stampato da Büttner-Wobst (1889). 149La traduzione italiana è di Musti, Mari (2002)

Qui Polibio esprime certamente tutto il consenso per le scelte politiche e la morigeratezza dei costumi del re pergameno (XXVIII, 41). Ma sottolinea, in particolare, l'uso che Attalo I fece della ricchezza al solo scopo di conquistare e preservare il regno150, un pregio che da solo

basta a definire la cifra distintiva dell'etica attalide. Spesso infatti la ricchezza è mal impiegata o mal concentrata all'interno della cerchia del re151 ed è, insieme

ad altri, uno dei problemi più grandi della gestione di un regno. Attalo sfrutta invece una risorsa pratica per un fine virtuoso e lo fa, servendosi dell'intelligenza. E questo non è tutto. Egli, infatti, fu anche rispettoso delle alleanze, leale con i suoi sudditi e con la famiglia; valoroso nella morte, che lo colse nel tentativo di salvare la sua popolazione e infine fu giusto nell'affidamento del regno, che lasciò ai suoi quattro figli senza pendenze ereditarie. Anche di Eumene II, Polibio ci lascia una testimonianza positiva (XXIX,5-9 e 8,2). Pur non mancando di riferire i sospetti di una sua presunta alleanza con Perseo in chiave anti-romana e della sua grande avidità di denaro (φιλαργυρία), Polibio si duole della umiliazione inflitta dai Romani a Eumene II, già sbarcato a Brindisi, ma costretto a fermarsi senza poter proseguire a Roma, per divieto del Senato. Nel suo necrologio poi, Polibio lo presenta come fisicamente debole ma dotato di “vigore dell'animo” e di grandi capacità e cultura.

E' proprio il giudizio su Eumene II che ci rende sicuri di

150 Cfr Walbank (1957) vol. II p. 602

151Abbiamo visto, in occasione della ribellione dei soldati ad Apamea, il

imboccare la strada giusta davanti al bivio a cui si accennava all'inizio di questo capitolo.

Il giudizio positivo sul regno di Pergamo che Polibio ci lascia non è assolutamente in contrasto con la quasi totale disfatta politica e morale nella quale Polibio fa piombare, nel suo resoconto, tutti gli altri regni ellenistici. Il giudizio positivo ha una sua precisa motivazione. E non è una semplice vicinanza di destini tra la sorte personale di Polibio e quella del regno pergameno, entrambi ostaggi e, al tempo stesso, alleati di Roma a partire dal 168 a.C. C'è qualcosa di più profondo che afferisce ad un comune senso di appartenenza ad una matrice cultura e politica greca. Polibio ha conosciuto sulla sua pelle l'inarrestabile forza di Roma e nelle sue Storie ne analizza a fondo i punti di forza. Allo stesso tempo, raccontando le lotte tra Greci e Greci prima del 202 a.C. (fine della II Guerra punica) e tra Roma e Greci dopo il 202 a.C., annovera i limiti e le mancanze di questi ultimi, che comparteciparono della loro disfatta e del successo romano. In questo articolato resoconto, Polibio si dimostra lucidamente legato al suo orgoglio greco e lo dimostra elogiando e attribuendo onori pragmatici a quei pochi Greci che senza opportunismi e voltafaccia ebbero l'intelligenza di riconoscere, prima, e sostenere, poi, i futuri vincitori e padroni del mondo.

Conclusioni

Attraverso il lungo viaggio all'interno delle storie di Polibio, è stato possibile portare a termine il nostro proposito iniziale, quello di comprendere gli eventi che nei 53 anni intercorsi dalla fine della II guerra punica alla battaglia di Pidna, portarono Roma all'egemonia del mondo mediterraneo tra il III e il II sec. a.C.

Di questi eventi ci interessava comprendere non tanto le cause, quanto le conseguenze del giudizio storico, in particolare del giudizio storico di un greco, sconfitto, che ammette e giustifica la supremazia politica e sociale di Roma, ma, al tempo stesso, tiene orgogliosamente alta la bandiera della cultura greca, della cui supremazia è invece convinto difensore.

Abbiamo approfondito l'approccio alla storia, pragmatico e allo stesso tempo ecumenico, di Polibio. Egli, facendosi portavoce della necessità di osservare l'intreccio e l'accostamento dei fatti (συμπλοκὴ καὶ παράθεσις) per ricavarne il quadro generale, pone in essere un nuovo tipo di fare storia che avrà tanta fortuna tra gli storiografi romani: la storia “psicologica”.

Proprio quest'ultimo aspetto del metodo storiografico polibiano, unito alle sue finalità, vale a dire spiegare ai romani e ai greci le loro vittorie e le loro sconfitte, ci ha spinto a prendere in considerazione i suoi giudizi.

Oltre ai ben conosciuti giudizi su Roma e sulla Lega Achea, era interessante recuperare un'altra pietra di paragone dell'universo politico vissuto e raccontato da

Polibio: quello dei regni ellenistici. Essi, guidati dai re, sono per Polibio tutto ciò che non dovevano essere; sono la reificazione degli errori politici e delle bassezze morali dei loro reggitori che, insieme con i pregi romani, sancirono l'inarrestabile avanzata della nuova potenza. Se, nel VI libro, Polibio teorizza la grandezza dello stato misto romano, nel V libro racconta la mediocrità dei re ellenistici.

Il nostro compito è stato quello di valutare, esaminando in particolare le figure di Tolomeo V di Macedonia, Tolomeo IV Filopatore e Antioco III il Grande, le cause che secondo Polibio sono state alla base di questa mediocrità.

Pur tenendo conto delle differenze, si è evinto che la valutazione dei re ellenistici, resta ancorata a tre elementi fondamentali:

1) l'importanza della figura dei consiglieri di corte e della scelta del re, spesso infausta, di affidare a loro incarichi decisionali;

2) l'importanza dell'aspetto istituzionale, della morigeratezza dei costumi, delle abitudini e di tutto ciò che concerne la forma regale, legata ad una tradizione di regalità, ormai vuota, attraverso la quale si deduce il grado di moralità del βασιλεὺς;

3) l'importanza dei patti e la scelta, sempre cruciale delle alleanze e dei nemici.

Nella riflessione di Polibio che inserisce nel racconto politico-militare, i suoi giudizi morali, questi tre aspetti accomunano le figure di quasi tutti i re ellenistici. E quasi

tutti, contravvenendo alle aspettative dello storico, si trasformano in tiranni, contro i quali, come in uno specchio, si riflette l'azione ineluttabile e stabilizzatrice della τύχη.

Gli unici re ellenistici dei quali Polibio ci lascia un'immagine positiva sono gli Attalidi di Pergamo che, attraverso l'unione familiare, l'alleanza con Roma, la gloria militare e la ricchezza seppero mantenere non solo l'indipendenza, ma anche la dignità.

L'individuazione dunque di questi tre aspetti che costituiscono il metro di giudizio di Polibio, ci ha indotto a concludere che Polibio, oltre a essere stato uno storiografo politico-militare, è stato anche un critico storico. La veridicità dei suoi giudizi poggia sulla posteriorità delle formulazioni: egli, infatti, con buone probabilità scrisse Le Storie dopo il 168 a.C. e quindi, al tempo in cui Roma aveva già vinto.

Il motivo per cui Polibio, a volte, come nel caso dei regni ellenistici, introduce il giudizio a conferma dei fatti storici, si può ricondurre alla formazione e al background educativo dello storico. Egli infatti, figlio dell'elite culturale di Megalopoli, ricevette un'educazione improntata alla virtù e al buon governo che forgiarono non solo la sua sensibilità politica, ma anche il suo giudizio morale.

Da questo punto di vista, lo studio dei giudizi sui re ellenistici, non è stato utile soltanto a comprendere gli errori del mondo greco e l'ascesa romana, ma è stato importante anche per capire Polibio, come autore e come uomo.

TAVOLA I

Decreto di Teos sul culto della regina Apollonide (post 175-ante 168 a.C.)

OGIS 309; il testo qui riportato è quello complessivamente ricostruito da L. Robert,

Etudes Anatoliennes (1937), pp. 9-20 (H. Kotsidu, Τιμὴ καὶ δόξα [2000], n. 240 [E]

pp. 355-356), sulla base della revisione della copia di Hamilton e del calco di Le Bas), integrato con P. Herrmann, Antiochos der Grosse und Teos (1965), p.62, per le Il. 2-4. La traduzione italiana è di B. Virgilio, Lancia, diadema e porpora (1999), pp. 243- 244

Linea 1: resti di lettere

_ _ _ _ _ _ IA τὴν ἡμέραν· συνεῖναι δὲ καὶ τὰς συναρχίας [καὶ _ _ _ _ τὰς] [ἐργασίας πάσασ] τὰς ἐν τῆι πόλει καὶ τῆι χώραι, καὶ εἶναι ἐχεχειρίας πᾶσ[ι πρὸς] [πάντ]α[ς ἐν τῆι ἡμέρα<ι τ>αύτηι· τῶν δὲ θυσιῶν ἐπιμεληθῆναι τὸν ἱερέα τ[ῆς] 5 [Ἀφρο]δίτης καὶ θεᾶς Ἀπολλωνίδος Εὐσεβοῦς καὶ τὴν ἱέρειαν αὐτῆς κα[ὶ] [βα]σιλίσσης Στρατονίκης καὶ τὸν πρὺτανιν καὶ τοὺς ἱεροποιοὺς καὶ τὰς [ἄ]λλας συναρχίας· καὶ μετὰ τὸ συντελεσθῆναι τὰς κατευχὰς καὶ τὰς [σ]πονδὰς καὶ τὰς θυσίας, ἆισαι τοὺς ἐλευθέρους παῖδας παραβώμιον, [χορ]εῦσαι δὲ καὶ τὰς παρθένους τὰς ἐπιλεγείσας ὑπὸ τοῦ παιδονόμου, 10 [καὶ] ἆισαι ὕμνον· ἵνα δὲ καὶ εἰς τὸν λοιὸν χρόνον ὑπὸ μὲν τῶν παίδων ἄι- [δητ]αι τὸ παραβώμιον, ὁ δὲ ὕμνος ὑπὸ τῶν παρθένων, συντελῆται δὲ καὶ ἡ χο[ρεία - - ]μ.ως, πρ[ο]νοεῖσθαι καθ᾽ἕκαστον ἕτος τοὺς τιμούχους καὶ τοὺς σ[τρα]- [τ]η[γο]ύς· πρ[ός] δ[ὲ] ταῖς ἄλλαις τιμαῖς ταῖς ἐψηφισμέναις θεᾶι Ἀπολ- λωνίδ[ι καθι] - [δρύσ]ασθαι [βωμὸν] θεᾶς Ἀπολλωνίδος Εὐσεβοῦς Ἀποβατηρίας ἐ[ν τῆι ἀγορᾶι ?] 15 [ἐν τῶι] ἐπιφα[νεσ]τάτωι καὶ συντελεῖσθαι ἐπ᾽αὐτοῦ [θ]υσ[ίαν - - - ]

(Linee 2-7) ...il giorno; (al banchetto comune) partecipino l'insieme dei magistrati e

sospendano tutte le occupazioni nella città e nella chora e vi siano tregue giudizi<ri generali a favore di tutti in quel giorno. Dei sacrifici si prendano cura il sacerdote di Afrodite e della dea Apollonide Eusebes e la sacerdotessa di lei e della regina

Stratonice, e il pritane e gli hieropoioi e le altre magistrature; (linee 7-10) e dopo che siano state compiute le supplice le libagioni e i sacrifici, i fanciulli liberi cantino l'inno presso l'altare, e le fanciulle scelte dal paidonos danzino e cantino un inno. (Linee 10-15) Perché anche per il restante tempo dai fanciulli sia cantato l'inno presso l'altare e l'inno da parte delle fanciulle, e anche la danza sia eseguita, vi provvedano ogni anno i timuchi e gli strateghi. Oltre agli altri onori decretati alla dea Apollonide, sia innalzato un altare della dea Afrodite Eusebes Apobateria nell'agorà nel luogo più eminente, e si compia su esso un sacrificio.

TAVOLA II

Decreto di Hierapolis in onore della regina Apollonide defunta

(post 175-ante 168 a.C.)

Copia della stele di Hierapolis (Frigia) (Berlino, Staaliche Museen - Antikensammlung)

OGIS 308 ( H. Kotsidu, Τιμὴ καὶ δόξα [2000], n. 362 [E] pp. 479-480). La traduzione italiana è di B. Virgilio, Lancia, diadema e porpora (1999), pp. 241-243

Γνώμη στρατηγῶν Ἀπολλωνίου τοῦ Μάτρωνος, Ἀπολλω<ι>νίο[υ] [τ]οῦ Ἑρμογένου, Ἀπολλωνίδου τοῦ Φαλαγγίτου· ἐπεὶ βασίλισσα [Ἀπ]ολλωνὶς Εὐσεβής, γυνὴ μὲν θεοῦ βασιλέως Ἀττάλου, μήτη[ρ] δὲ βασιλέως Εὐμένου Σωτῆρος, μεθέστηκεν εἰς θεοὺς ἔνδο[ξον] 5 [κ]αὶ πρέπουσαν ἐν ἀνθρώποις ἀποδειξιν τῆς ἰδίας ἀρετ[ῆ]ς, π[ε]- [π]οιημένη διὰ τὸ κεχρῆ[σθ]αι καὶ [θε]οῖς εὐσεβῶς καὶ γονεῦσιν ὁσίω[ς], [ὡ]ς καὶ πρὸς τὸν ἴδιον ἄνδραν συνβεβιωκέναι μεγαλοπρεπῶς, προσ- ενενηνέχθαι δὲ καὶ τοῖς τέκνοις μετὰ πάσης ὁμονοίας γνησίως [κ]αλλιτεκνὴσασὰ τε μεγάλους ἐπαίνους πρὸς εὐδοξίαν ὑπελ[ί] - 10 [π]ετο τὰς παρὰ τῶν τέκνων ἐπιφανεῖς ἐκομισαμένη χάριτ[ας]· διὸ καὶ πᾶσι[ν] ἐν τῶι βίωι κεχρημέν<η τ>οῖς π[ρὸ]ς τ[ιμ]ὴν καὶ δόξα[ν] [ἀ]νήκουσιν καλὴν καὶ πρέποθσαν πεποίηται τὴν διαγω[γὴν] τοῦ βίου, θρέψασα τέκνα σὺν τύχη<ι> καὶ συπεριενεχθεῖσα γνησ[ί] - ως βασιλεῖ τε Εὐμένει Σωτῆρι [κ]αὶ Ἀττάλωι Φιλαδέλφωι καὶ Φιλ[ε] - 15 ταίρωι καὶ Ἀθηναίωι, καὶ τῆ<ς> πρὸς θεοὺς εὐσεβείας ἔ[ργ]ωι καλλί[σ] - [τω]ι οὐ μεινρὸν δοκιμεῖον ἀπέλιπεν, καὶ τῆς ἰδίας καλοκαγα - [θίας] τῆι πρὸς <α> ? τὰ τέκνα συνπερ[ιφ]ορᾶι καὶ ὁμονοίαι κάλλοστον [τεκμέριον] π[ρ]ὸς ἔπαινον ὑπελίπετο, τῆι δὲ τοῦ βασιλέω[ς Ε]ὐμένου [Σωτῆρος γυναικὶ] βασιλίσσηι Στρατονίκηι ἐν ἅμασιν μ[ετ᾽] εὐνοίας 20 [ἀεὶ προσεφέρετο. τ]ὴν γενομένην κονωνὸν τέκ[νου] τῆς ἰδί - [ας φιλοστοργίας κοιν]ωνὸν νομίσασα· διὸ καὶ στοιχοῦσα να - [ - - - ]νη τιμῆς ἀθανάτου τέτευχεν ἐ[ν] [ - - - -]ένη πᾶσίν τε τοῖς Ἕλλησιν [καὶ πρὸ πάντων ? Βασιλεῖ τε Εὐ]μένηι Σωτῆρι καὶ τοῖς 25 [ἄλλοις τέκνοις ? - - - ] - - - TIA MEN - - - τοις ΠΡ - - - - - - - - - ΕΙΣ

(Linee 1-10) Parere degli strateghi Apollonio figlio di Matron, Apollonio figlio di

Ermogene, Apollonide figlio di Falaggita. Poiché la regina Apollonide Eusebes, moglie del dio re Attalo, madre del re Eumene Soter, trapassò fra gli dei rinomata e distinta fra gli uomini prova della propria virtù, essendosela procurata per avere usato devozione verso gli dei e venerazione verso i genitori, come pure nei confronti del proprio marito per avere (con lui) convissuto con magnificenza, per essersi comportata anche con i figli con ogni concordia, ella che avendo legittimamente generato splendidi figli ha tralasciato grandi elogi a (sua) gloria ricevendo splendidi onori dai figli; (linee 11-18)e perciò avendo avuto consuetudine con tutti questi

elevatisi a noore e fam, si è reso bello e distinto il corso della vita, avendo allevato fligli con buona sorte ed essendosi insiek e noblimente comportata con re Eumene Soter, con Attalo Filadelfo, con filetero e con Ateneo, anche lasciò non piccola prova con opera bellissima della devozione verso gli dei, e della proppri anobiltà e generosità verso i figli con comune atteggiamento e concordia lasciò nobilissima testimonianza a sua lode; (linee 18-25) con la moglie del re Eumene soter, la regina Stratonice, si comportò sempre con benevolenza in ogni circostnza, avendola considerata, in quanto consorte del figlio, partecipe del proprio affetto; e percò andando in fila (seguendo?) … ottenne onore immortale fra tutti gli uomini... per tutti gli Elleni e prima di tutti (?) per Eumene Soter e per gli altri figli (?).

TAVOLA III

Filippo V di Macedonia (238 – 179 a.C.)

Busto di Filippo V di Macedonia

Copia romana in marmo di originale ellenistico (II sec. d.C.)

Museo nazionale romano di Palazzo Massimo Roma

Tetradracma in argento con profilo di Filippo V di Macedonia con diadema Originale ellenistico (fine III sec. a.C.) British Museum Londra

TAVOLA IV

Tomoleo IV Filopatore (244 – 205 a.C. ca)

Octodracma in oro con profilo di Tolomeo IV Filopatore con diadema Originale ellenistico (seconda metà III sec. a.C.) British Museum Londra

Busto di Tolomeo IV Filopatore Originale ellenistico

(III sec. a.C.)

Museum of Fine of Arts Boston

TAVOLA V

Antioco III il Grande (242 – 187 a.C.)

Busto di Antioco III

Originale ellenistico con base romana in marmo nero (III sec. a.C.)

Musée de Louvre Parigi

Moneta in argento Fronte: profilo di Antioco III con diadema Retro: Apollo seduto su un onfalo, con iscrizione greca: ΒΑΣΙΛΕΩΣ ΑΝΤΙΟΧΟΥ, Originale ellenistico (III sec. a.C.) dall'edizione “Principal Coins of the Ancient” 1889

TAVOLA VI

I re successori

Moneta in argento

con profilo di Perseo di Macedonia Originale Ellenistico (metà II sec. a.C.) Collezione privata

Moneta in argento

con profilo di Antioco IV Epifane Originale Ellenistico (metà II sec. a.C.) Collezione privata

Moneta in argento con profilo di Tolomeo VI Filometore Originale Ellenistico (metà II sec. a.C.) Classical Numismatic Group Paphos

TAVOLA VII

Gli Attalidi di Pergamo

Fig. 1 = tetradracma in argento con profilo di Filetero con diadema Orginale ellenistico (III sec. a.C.) British Museum, Londra Fig. 2 = busto in marmo di Attalo I Originale ellenistico (III sec. a.C.) Pergamonmuseum, Berlino Fig. 3 = tetradracma in argento Con profilo di Eumene I Originale ellenistico (II sec. a.C.) Cabinet des Mèdailles, Parigi

Fig. 1 Fig. 3

Fig. 2

Fig. 6 Fig. 4

Fig. 5

Fig. 4 = testa in marmo attribuita ad Attalo II o ad Attalo III

Originale ellenistico (II sec. a.C.) Collezione privata Fig. 5 = planimetria città di Pergamo

Fig. 6 = plastico ricostruttivo dell'altare di Pergamo

Ringraziamenti

Ringrazio di cuore il professor Biagio Virgilio per la sua enorme disponibilità e per la grande attenzione con la quale ha seguito lo sviluppo del mio lavoro.

Le sue lezioni e la sua umanità mi hanno fatto crescere intellettualmente e spiritualmente.

Ringrazio la mia famiglia, mia madre Caterina, mio padre Donato e i miei fratelli Giulia ed Alessandro, mia nonna Giovanna e tutti i miei parenti che sono sempre stati al mio fianco ad incoraggiarmi e a sostenermi.

Ringrazio Raffaele per quella sua prima telefonata quando arrivai a Pisa e per tutto il resto.

Ringrazio Domenico per l'onestà d'animo e le stupende

Nel documento Polibio e i re ellenistici (pagine 79-106)

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