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Tolomeo IV Filopatore

Nel documento Polibio e i re ellenistici (pagine 52-65)

2. I “cattivi” re

2.4 Tolomeo IV Filopatore

L'altra figura di re presa di mira dalle arcigne critiche dello storico è Tolomeo IV Filopatore, sovrano del regno tolemaico dal 222 a.C. al 205 a.C ca92.

Figlio di Tolomeo III Evergete e di Berenice II, indirizzò la sua strategia politica al mantenimento dello

status quo, già ottenuto dal suo predecessore. Solo nel

221 a.C., fu costretto a difendere i suoi domini dalle mire espansionistiche di Antioco III, nei cui progetti vi era la riannessione della Celesiria al regno seleucidico. Fu l'inizio della così detta quarta guerra siriaca.

Nel 219 a.C., mentre dall'altra parte del mediterraneo Annibale dava inizio all'assedio di Sagunto, Antioco III sbaragliò le truppe tolemaiche e riuscì a impadronirsi dell'importante città portuale di Seleucia di Pieria un

enclave tolemaico nella Siria settentrionale. Caddero in

sua mano anche Tiro e Tolemaide (Akkon). Il periodo di ostilità, tuttavia, si concluse con un inaspettata vittoria egiziana nella battaglia di Rafia del 217 a.C. Nello stesso anno, Tolomeo sposò la sorella Arsinoe III e lasciò il governo dello stato nelle mani dei due ministri Agatocle e Sosibio, dedicandosi ad una vita regale inattiva e distante dal popolo e dai problemi reali del paese. Questa inerzia governativa, accompagnata dalla mala gestione dei consiglieri, portò l'Egitto al tracollo. Nel 208 a.C., a seguito di rivolte interne, si distaccò come indipendente il regno di Tebaide, governato da re nubiani. Alla crisi politica, si aggiunse il dissesto finanziario delle casse del regno, derivante da una forte crisi economica dei commerci, legata alla caduta di Cartagine e dei traffici del basso Mediterraneo. L'eredità che Tolomeo IV affidò a suo figlio (205 a.C.), ancora infante, Tolomeo V Epifane, fu così gravosa da indurre Filippo V e Antioco III a considerare possibile un'ingerenza del regno tolemaico nei loro piani di espansione.

Polibio ci restituisce un ritratto di Tolomeo IV come di un βασιλέυς degenerato.

Da uno scolio di un compilatore antico93, sappiamo che

Polibio scrisse ben 48 pagine di giudizio sull'operato del re egiziano, di cui purtroppo non conserviamo testimonianza, ma è possibile immaginare come quelle 48 pagine, costutuissero un'asprissima critica nei suoi

93 Scolio a XIV, 12, 3: “διεληλύθαμεν: ζήτει. Ἐνέλειπε γὰρ φύλλα μη ἐνοῖς

περὶ τοῦ πτολεμαίου ἐνεφέρετο καὶ περὶ ἀρσινόης”. Per un tentativo di ricostruzione del contenuto delle 48 pagine mancanti cfr. Walbank (1957) vol. II pp. 434- 37

confronti.

Nonostante questa preziosa lacuna del testo, non è difficile estrapolare le idee dello storico su Tolomeo IV. Scrive Polibio sul suo modo di regnare (XIV, 12, 1-6):

Ὡς γὰρ θᾶττον Πτολεμαῖος ὁ κληθεὶς Φιλοπάτωρ, μεταλλάξαντος τοῦ πατρός, ἐπανελόμενος τὸν ἀδελφὸν Μάγαν καὶ τοὺς τούτῳ συνεργοῦντας παρέλαβε τὴν τῆς Αἰγύπτου δυναστείαν, ωομίσας τῶν μὲν οἰκείων φόβων ἀπολελύσθαι δι᾽αὑτοῦ καὶ διὰ τῆς προειρημένης πράξεως, τῶν δ᾽ἐκτὸς κινδύνων ἀπηλλάχθαι διὰ τὴν τύχην, Ἀντιγόνου μὲν καὶ Σελεύκου μετηλλαχόντων, Ἀντιόχου δὲ καὶ Φιλίππου τῶν διαδεδεγμένων τὰς ἀρχὰς παντάπασι νέων καὶ μόνον οὐ παίδων ὑπαρχόντων, καταπιστεύσας διῆγε τὰ κατὰ τὴν ἀρχήν, ἀνεπίστατον μὲν κα῀δυσέντευκτον αὑτὸν παρασκευάζων τοῖς περὶ τῆν αὐλὴν καὶ τοῖς ἄλλοις τοῖς (τὰ) κατὰ τὴν Αἴγυπτον χειρἰζουσιν, ὀλίγωρον δὲ καὶ ῥᾴθυμον ὑποδεκνύων τοῖς ἐπὶ τῶν ἔξω πραγμάτων διατεταγμένοις, ὑπὲρ ὧν οἱ πρότερον οὐκ ἐλάττω, μείζω δ᾽ἐποιοῦντο σπουδὴν ἤ περὶ τῆς κατ᾽αὐτὴν τὴν Αἴγυπτον δυναστείας94.

Tolomeo detto Filopatore, non appena assunse il potere in Egitto dopo la morte del padre e dopo aver eliminato il fratello Maga e i collaboratori di quest'ultimo, convinto di aver allontanato le minacce interne da solo e grazie a quest'azione e di essersi liberato dei pericoli esterni alla fortuna (Antigono e Seleuco erano morti, mentre Antioco e Filippo, che ne avevano ereditato i poteri, erano giovanissimi, quasi fanciulli), pieno di fiducia nelle circostanze del momento trascorreva il suo regno in continue feste, rendendosi invisibile e inaccessibile a quelli della corte e agli altri che amministravano gli affari dell'Egitto e mostrandosi trascurato e negligente a quelli preposti agli affari

esteri, ai quali i re precedenti dedicavano un impegno non minore, anzi addirittura maggiore, di quello rivolto al governo dello stesso Egitto95.

Tolomeo VI, certo del fatto che i suoi diretti avversari politici fossero troppo piccoli e inesperti per poter costituire una minaccia96, dopo aver eliminato Maga e

gli altri pretendenti al trono, iniziò ad esercitare il suo potere con la presunta sicurezza di poterlo mantenere intatto senza grandi sforzi.

Nel passo si sottolineano i vizi e le mancanze del re che si sottrae ai suoi doveri a causa dell'indole “festaiola” (πανηγυρικώτερον), dimostrandosi inaccessibile ai membri della corte e dell'amministrazione e allo stesso tempo negligente nel governo degli affari e dei possedimenti esterni.

Questa negligenza e mollezza dei costumi è il leitmotiv del racconto di Polibio su Tolomeo IV. A proposito della decisione del re di concludere le trattative di pace con Antioco III, infatti, proprio dopo la sua vittoria a Rafia, Polibio scrive ancora in V, 87, 3:

95 La traduzione italiana è di Musti, Mari (2002)

96 Inizia qui la lunga serie di “imprecisioni storiche” di Polibio sulla figura

di Tolomeo IV di cui avremmo modo di parlare. L'insistenza sulla giovane età di Filippo e Antioco sembra presupporre la consapevolezza che Tolomeo IV fosse più grande. All'epoca della sua ascesa al trono (222 a.C.), effettivamente Filippo aveva circa 17 anni e Antioco 19; ma per quanto l'esatta collocazione della nascita di Tolomeo IV sia discussa, la critica è concorde nel ritenerlo non più anziano dei due re. In Plutarco (Cleom. XXXV 7) egli è addirittura identificato con l'appellativo μειράκιον “giovane”.

Πτολεμαῖος δὲ τούτων οὐδὲν συλλογιζόμενος, ἀλλ᾽ἀσμενίζων ἐπί τῷ γεγονότι προτερήματι διὰ τὸ παραδόξως, οὐκ ἀλλότριος ἦν τῆς ἡσυχίας, ἀλλ᾽ὑπὲρ τὸ δὲον οἰκεῖος, ἑλκόμενος ὑπὸ τῆς συνήθους ἐν τῷ βίῳ ῥᾳθυμίας καὶ καχεξίας97.

Tolomeo, senza considerare nulla di tutto ciò, ma anzi accogliendo con piacere il successo riportato per il suo carattere inatteso e, insomma, per essersi rimpossessato della Celesiria quando proprio non se lo aspettava, non era contrario alla pace, anzi era favorevole più di quanto avrebbe dovuto, strascinato dalle abitudini molli e dissolute della sua vita98.

E' proprio in questo passo, più che in altri, che è evidente un certo grado di preconcetta avversione da parte dello storico nei confronti di Tolomeo IV. Polibio legge la decisione del re di firmare la pace con Antioco III, esclusivamente come un atto di “inazione” (ἡσυχία), dovuto alla sua indole neghittosa. Questa giustificazione fornita da Polibio, tuttavia, sulla conclusione della quarta guerra siriaca, cozza in più punti con le notizie riportate dalle altre fonti contemporanee.

E' opportuno fare un confronto, nello specifico, con le testimonianze ufficiali del regno tolemaico dell'epoca. Sulla vittoria di Rafia, ci è giunta, in buone condizioni, l'attestazione epigrafica della stele trilingue di Pithom99. Si tratta di un decreto emanato il 15

novembre del 217 a.C. dal sinodo dei sacerdoti egiziani

97 Propongo il testo come stampato da Büttner-Wobst (1889). 98 La traduzione italiana è di Musti, Mari (2002)

riunito a Memfi e celebra la vittoria tolemaica di Rafia su Antico III.

Il documento redatto in geroglifico, demotico e greco può essere suddiviso in tre parti fondamentali: la prima contiene una breve cronistoria dello svolgimento della quarta guerra siriaca; la seconda narra le imprese del re che sconfigge Antioco III in battaglia e lo costringe a gettare il suo diadema e gli abbigliamenti reali (secondo il τόπος della sconfitta e della compromessa regalità); l'ultima parte narra delle imprese militari successive alla vittoria e all'armistizio, con la conquista di un ingente bottino di guerra e di numerose statue degli dei depredate dai Persiani e con una serie di incursioni da parte di Tolomeo IV nei territori seleucidici.

Non è necessario ribadire che forma, contenuto e contesto di questo documento, come molti altri redatti dall'apparato dirigenziale del regno, rientrano nel preciso scopo di celebrarne la grandezza.

Dunque, pur tenendo conto di questa dimensione poco obiettiva della testimonianza storica contenuta nella stele di Pithom, è interessante notare, tuttavia, il fatto che, dopo Rafia, Tolomeo IV continuò a compiere ancora operazioni militari nella Siria seleucidica100.

Qui scoviamo una prima sorpresa, dal momento che, questo dato, di per sé inconfutabile, non è presente in Polibio, il quale, come abbiamo letto conclude la cronaca degli eventi relativi alla guerra con la

100Per la ricostruzione degli eventi alla luce di tale documento cfr. Walbank

conclusione dei trattati di pace tra i due re.

A questa discrepanza oggettivamente esistente, si aggiunge poi il fatto che secondo Polibio Tolomeo, firmando la pace dopo una schiacciante vittoria, condannò il regno al disfacimento, perché non seppe trarre tutti i vantaggi che la vittoria gli avrebbe garantito. Anche questo è in contrasto con la testimonianza ufficiale che documenta un'oggettivo successo dei trattati di pace, sia territoriale che economico.

Si deve tener conto, infine, che, in altre occasioni, il racconto dello storico è straordinariamente vicino alle testimonianze ufficiali del regno, come nel caso dell'elogio funebre in onore di Attalo I re di Pergamo e della regina Apollonide101.

Come conciliare allora questa serie di discrepanze? La critica moderna si è interrogata a lungo su questo problema, orientando la discussione su una certa faziosità delle fonti che Polibio deve aver avuto sotto mano al momento della stesura delle sue Storie, soprattutto, come in questo caso, per fatti e luoghi con cui ebbe meno familiarità rispetto alla Grecia, nonostante avesse avuto contatti diretti102.

Sulle soluzioni al problema fornite dagli studiosi moderni, vale la pena seguire l'ottimo excursus di

101Per l'elogio ad Attalo I: XXVIII, 41; per la regina Apollonide: XXII, 20.

Analizzeremo il giudizio polibiano sugli Attalidi di Pergamo nel prossimo capitolo.

102Sull'esperienze familiari e personali di Polibio con la corte tolemaica e la

Marasco103. La questione fu affrontata per prima da

Préaux, la quale ha ritenuto di intravedere nel giudizio polibiano l'ombra di alcune fonti contemporanee contrarie al Filopatore, in particolare Tolemeo di Megalopoli ed Eratostene di Cirene, forse avversi alla politica interna del sovrano, che avrebbe favorito l'elemento indigeno del meltin' pot culturale del regno104.

Per avere maggiore cognizione di causa sulla tesi della Préaux, tentiamo di fornire un prospetto delle fonti citate. Di Tolemeo di Megalopoli, autore di un'opera dal titolo Περὶ τὸν Φιλοπάτορα ἱστορίαι, che sembra esser stata nota a Polibio105, non abbiamo sufficienti

testimonianze per poter considerare la sua composizione una fonte anti-tolemaica. Tolemeo di Megalopoli, per i frammenti in nostro possesso, sappiamo che forniva una lista di amanti di re ellenistici106 e faceva, inoltre, un cenno a Clino,

coppiera di Tolemeo IV, che è ricordata anche da Polibio107. Trattava, infine, dell'abitudine del re di

riunire da tutta la città di Alessandria compagni di bevute, detti γελοισταί108.

Di Eratostene di Cirene invece ci è rimasto un frammento che descrive una delle frequenti feste che il

103Marasco (1980) pp. 159-182

104Préaux (1965) pp. 364-375

105Cfr. V 82-86 106FGrHist 161 F 4

107FGrHist 161 F3 = Pol. XIV,11,2

108 FGrHist 161 F 2. Sul termine e sul suo legame con il culto dionisiaco cfr.

sovrano celebrava in onore di Dionisio109: in tale

occasione, Arsinoe III, moglie e sorella di Tolomeo, avrebbe pronunciato parole assai aspre verso l'abitudine del marito di accettare a corte persone d'ogni genere.

Basandosi su queste testimonianze, dunque, Préaux, giunge alla conclusione che Polibio si sia servito di queste fonti per ricavare il suo giudizio negativo su Tolomeo IV.

Non accettando questa tesi, Huss110 invece ha ritenuto

di poter individuare un'altra fonte, questa volta dichiaratamente avversa a Tolomeo, che con ogni probabilità ha potuto influenzare Polibio: Filarco. E' palese infatti la ripresa dell'ostilità greca per Tolomeo IV, il quale, diversamente da suo padre, non aveva sostenuto la politica della Lega Achea111. Chiariamo,

fin da subito, che la chiave di lettura che seguiremo sul problema è quella data da Huss.

Di Filarco, autore di Ἰστορίαι in 28 libri, dalla morte di Pirro (272 a.C.) a quella di Cleomene (219 a.C.), non possediamo sufficienti testimonianze dirette, ma possiamo ricostruirne la narrazione grazie a Plutarco che lo utilizza come principale fonte per il suo

Cleomene (XXXIII-XXXVII)112. Il racconto di Plutarco

109 FGrHist 241 F 16 110 Huss (1976) p. 269

111Tolomeo III Evergete aveva sovvenzionato la Lega contro Sparta (Plu.

Arat. XII, 1; XIII, 6; XLI, 5)

112Walbank (1957) vol. 1 pp. 565-66 osserva giustamente che non si può

escludere la possibilità che Plutarco abbia attinto le notizie su Cleomene dallo stesso Polibio oltre che da Filarco, possibilità che implica di per sé un certo grado di indipendenza della narrazione di Polibio da Filarco.

è estremamente critico nei confronti della condotta privata di Tolomeo, del quale sono messi in rilievo l'amore per il vino, per le donne e per le feste e la tendenza a lasciare tutte le cure dell'amministrazione del regno all'amante Agatocle e al ministro Sosibio113.

L'ostilità di Filarco, ripreso da Plutarco, era evidentemente dovuta, alla condotta di Tolomeo IV nei confronti di Cleomene. Per Filarco, in altre parole, che considerava gli eventi da un punto di vista partigianamente filo-cleomenico, il rifiuto opposto dal sovrano tolemaico alle richieste di Cleomene III di Sparta, comportava, in primo luogo, la fine delle residue speranze dello spartano114. Per questo storico,

poi, l'accordo fra Egitto e Macedonia, concluso poco prima della battaglia di Sellasia (222 a.C.) ai danni di Cleomene, doveva apparire contrastante con gli interessi egiziani, dal momento che il periodo storico da lui trattato era stato contraddistinto da una costante ostilità fra Antigonidi e Tolomei115.

Polibio, pur dimostrandosi distante dalle istanze filo- spartane di Filarco116, ne riprende in gran parte il

giudizio su Tolomeo IV. Tre le linee guida riprese: la condanna della τρυφή, il collegamento di essa con la

113Plutarco (Cleom. XXXIII,1-2 e 5)

114 Plutarco (Cleom. XXXIV 2). Cleomene puntò sulla atavica rivalida tra

Macedonia ed Egitto per cercare un'alleanza con Tolomeo IV.

115 FGrHist 81 F 1

116 Si noti in particolare la divergenza narrativa nel riferire l'episodio

dell'uccisione di Maga, fratello di Tolomeo, la cui responsabilità per Filarco è attribuita interamente a Sosibio (Plut. Cleom. XXXIII 3); per Polibio, invece, proprio Cleomene avrebbe incoraggiato Sosibio al delitto (V,36,3-6)

presunta inerzia in campo politico e la contrapposizione con la condotta dei predecessori. Possiamo ritenere sufficienti le analogie riscontrate tra Filarco e Polibio per intravedere una ripresa del giudizio negativo del primo da parte del secondo.

Ciò non basta tuttavia a risolvere il problema di veridicità storica che il giudizio di Polibio sul Filopatore pone, all'indomani della battaglia di Rafia. Il fatto che lo storico individui nell'indole “mal disposta” di Tolomeo il motivo della conclusione delle ostilità con Antioco III, è storicamente inaccettabile: si è già riferito, infatti, delle operazioni militari che il Filopatore portò avanti dopo Rafia (documentate nella stele di Pithom); si è accennato anche alla difficile situazione interna al regno, a cui Tolomeo dovette far fronte proprio all'indomani della vittoria di Rafia (che diede alla compagine egiziana dell'esercito, maggior fiducia del proprio peso militare e la portò a scatenare una grande ribellione interna); si è accennato, inoltre, alla grave crisi economica nella quale l'Egitto era sprofondato a causa dell'interruzione dei commerci con il mediterraneo occidentale, per le ostilità tra Cartagine e Roma allora in corso.

E' alquanto improbabile che Polibio non fosse venuto a conoscenza di queste circostanze.

E' strano, inoltre, che lo storico non faccia menzione di un episodio che, per l'aspetto morale, potrebbe essere avvicinato a quello di Tolomeo IV, che lui descrive in occasione della battaglia di Rafia. Intendo il comportamento tenuto dal suo predecessore Tolomeo

III, durante la guerra laodicea. Quest'ultimo, infatti, in una situazione ben più favorevole, dopo essersi spinto in profondità nei domini seleucidici, fu costretto a ritirarsi a causa di una ribellione interna117.

Come spiegare allora il giudizio, in questo caso, forzatamente negativo su Tolomeo IV?

Non credo si possa parlare di superficialità di Polibio nella lettura dell'evento. Questo è un punto cruciale del nostro ragionamento sui re ellenistici. L'interpretazione va ricercata ancora una volta nel fine che mosse l'ingegno di Polibio a scrivere di storia. Un fine profondamente radicato nella sua vicenda di uomo e di storico. Un fine che lo portò allo sviluppo di una progettualità, in nome della quale fu disposto addirittura a piegare le riflessioni sui singoli fatti. Polibio che aveva già formato il suo giudizio sulla corruzione di Tolomeo IV e sul suo disinteresse per lo stato, dev'essersi trovato in difficoltà dinanzi alla tradizione sulla guerra siriaca, che metteva in rilievo il valore e la decisione mostrati dal sovrano nella campagna di guerra118: questa forte indole era in

evidente contrasto, del resto, con l'esito della guerra, che non aveva comportato vantaggi decisivi per l'Egitto, ed è comprensibile che Polibio, influenzato dagli esempi di campagne ben più incisive nei loro risultati di conquista e di annientamento del nemico, da quelle di Alessandro a quelle di Antigono Dosone e dei

117 Sulla ribellione sotto il governo dell'Evergete: Giustino XXVII,1,9 e

Geronimo di Cardia (FGrHist 260 F 43)

Romani, non dovesse considerare sufficienti i motivi di prudenza e le difficoltà interne per spiegare il comportamento di Tolomeo dopo la vittoria di Rafia. Polibio è interessato a sottolineare il forte contrasto fra l'inizio del regno del Filopatore, che aveva visto l'Egitto respingere vittoriosamente la minaccia seleucidica e la pesante eredità che Tolomeo IV lasciò al figlio, sotto il cui regno la dinastia corse il grave rischio di perdere lo stesso Egitto.

Polibio attribuiva il fallimento della politica di Tolomeo IV alla corruzione personale e al disinteresse del re per l'amministrazione dello stato.

Basandosi sul proprio giudizio della personalità di Tolomeo, quindi, lo storico ne attribuiva la condotta a motivazione psicologiche119. Ecco come, quello che

sembrava essere un problema di fonti storiche diventa un problema di metodo storico.

Tolomeo IV è dunque un buon esempio per comprendere l'approccio storico di Polibio, il quale pone sullo stesso livello d'importanza grandi protagonisti e grandi fatti, a volte a discapito dei piccoli risvolti “inaspettati”.

119 Pédech (1964) p. 140: “l'étude psychologique prend le pas sur l'analyse

Nel documento Polibio e i re ellenistici (pagine 52-65)

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