Le funzioni che la legge n. 3 del 2012 riconosce al liquidatore sono rintracciabili negli artt. 14-novies e 14-decies, tra queste si colloca l’elaborazione di un programma di liquidazione. Tale programma viene in considerazione come atto del solo liquidatore e non va soggetto a forme di condivisione coi creditori né col giudice.
Entro trenta giorni dalla formazione dell’inventario (termine ordinatorio), il liquidatore elabora un programma di liquidazione che deve comunicare ai creditori e al debitore e deposita in cancelleria (art. 14- novies, primo comma).
Allo stesso modo l’art. 104-ter l. fall. statuisce che entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore deve predisporre tale programma da sottoporre all’approvazione del comitato dei creditori.
Nelle due procedure a confronto risultano diversi i termini di redazione del programma, tuttavia il dies a quo è il medesimo per entrambe e decorre dal deposito in cancelleria dell’inventario dei beni oggetto del patrimonio da liquidare.
Il programma di liquidazione altro non è che un documento di pianificazione e di indirizzo delle attività necessarie per la realizzazione dell’attivo, che ha un contenuto più ristretto rispetto al corrispettivo fallimentare, presenta infatti la sola indicazione delle modalità di vendita dei singoli cespiti e delle azioni da intraprendere per conseguire la disponibilità dei beni o il recupero dei crediti soggetti alla liquidazione150.
150 A. CECCARINI, L’attività del liquidatore e i controlli del giudice, in F. DI MARZIO, F. MACARIO e G. TERRANOVA (a cura di), La <<nuova>> procedura di
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Nella determinazione del contenuto il liquidatore deve rispettare quanto previsto dal primo comma dell’art. 14-novies, cioè la redazione del programma deve garantire la “ragionevole durata del procedimento”: non è chiaro che cosa il legislatore intenda con “ragionevole”, in merito inevitabile è il riferimento agli artt. 14-quinquies, comma 4 e 14-novies, comma 5 che statuiscono in quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione la durata massima della procedura, stabilendo la cessione di quei crediti di cui non è probabile la riscossione in questo arco temporale. Inoltre i beni sopravvenuti al patrimonio nei quattro anni devono essere integrati nel programma di liquidazione, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi (art. 14-undecies).
La liquidazione della legge n. 3 del 2012 è molto più libera ed elastica di quella fallimentare, tuttavia al fine di garantire il buon esito della procedura nei termini previsti deve necessariamente contenere le indicazioni dei tempi e delle modalità di liquidazione dei beni, in analogia con quanto richiesto dall’art. 104-ter, comma 2, lett. c) l. fall., tra cui sembra corretto far risultare anche le azioni risarcitorie, recuperatorie e revocatorie.
In sintesi, il programma di liquidazione deve contenere: la strategia di dismissione del patrimonio, le opportune iniziative giudiziarie correlate (art. 14-decies), la relativa tempistica, e una forma di piano di riparto del ricavato sebbene non prevista dal legislatore.
A differenza della procedura fallimentare, il programma di liquidazione non deve ottenere il placet dei creditori.
Il programma di liquidazione ex art. 14-novies è un atto di indirizzo, per cui si deve ritenere che durante il corso della procedura il liquidatore possa, anche su sollecitazione di uno o più creditori, apportare modifiche: può modificare ad esempio le modalità di vendita, le forme di pubblicità o la formazione di eventuali lotti.
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Nonostante l’atto non sia subordinato all’approvazione dei creditori la dottrina sostiene che sia comunque sottoposto al controllo giudiziario sotto il profilo della legittimità e della sua conformità ai principi di ragionevole durata della procedura, nonché di trasparenza, imparzialità ed efficacia degli atti di liquidazione previsti151. Il potere di controllo del tribunale si potrebbe evincere sia dalla previsione del deposito in cancelleria del programma di liquidazione, sia dalla soggezione degli atti di liquidazione al potere sospensivo del giudice nella fase attuativa del programma, non potendo escludere l’inibizione da parte del giudice nell’ipotesi di manifesta illegittimità dell’atto programmatico nella sua interezza. Il tribunale operando il controllo di legalità sul programma valuterebbe più in generale l’azione del liquidatore che potrebbe anche revocare se risultassero carenze particolarmente gravi.
In merito alle operazioni di liquidazione è contemplata la cessione dei crediti, anche oggetto di contestazioni, dei quali non è probabile l’incasso nei quattro anni successivi al deposito della domanda. Tale previsione risponde all’esigenza di contenimento della durata della procedura e deve intendersi avente valore programmatico e non cogente, rimettendo infatti alla discrezionalità del legislatore tale scelta.
Circa le modalità delle vendite, l’art. 14-novies, secondo comma, terzo periodo, detta una disciplina unitaria per le vendite e per gli altri atti di liquidazione, prescindendo dal tipo di bene da alienare: “le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione sono effettuati dal liquidatore tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati”.
La disposizione in commento è identica a quella prevista in materia fallimentare dall’art. 107 l. fall., sostituendo chiaramente la figura
151 A. CECCARINI, op. loc. ult. cit.
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del liquidatore con quella del curatore, e delinea un procedimento che si articola nel seguente modo: stima da parte di operatori esperti dei beni costituenti il patrimonio liquidabile; adozione delle procedure competitive ed eventuale utilizzo di soggetti specializzati; utilizzo e forme di pubblicità adeguati alla natura e al valore dei beni da vendere.
Il richiamo alle procedure competitive non determina la necessaria effettuazione di una gara, essendo sufficiente l’uso di modalità in grado di coinvolgere la più ampia pluralità di partecipanti. Potrà procedere con trattative private o con licitazioni o aste. Il liquidatore ha la più ampia autonomia nell’indicare le modalità di vendita purché garantiscano proprio la massima informazione e partecipazione degli interessati.
Le stime per la liquidazione dei crediti, beni mobili e immobili, salvo quelli di modesto valore, devono essere eseguite da operatori esperti aventi i requisiti di onorabilità e professionalità previsti dal regolamento del Ministero della giustizia di cui all’art. 107, comma 7, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
Prima del completamento delle operazioni di vendita il liquidatore deve dare notizia degli esiti della procedura al debitore, a tutti i creditori e al giudice, il quale esercita un controllo di legalità potendo sospendere le operazioni di liquidazione quando ricorrano gravi e giustificati motivi. L’art. 107, comma 3, l. fall. stabilisce che debba essere data informazione, attraverso notificazione ad opera del curatore, ai soli creditori muniti di privilegio e a ciascun creditore ipotecario in merito ai beni immobili e agli altri beni iscritti nei pubblici registri, prima del completamento delle operazioni di vendita. La stessa disciplina fallimentare prevede che debba essere informato degli esiti delle procedure il giudice delegato e il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.
L’art. 108, comma 1, legge fallimentare prevede che il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, su istanza del comitato stesso o di altro interessato, quando ricorrono gravi e
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giustificati motivi, può sospendere le operazioni di vendita con decreto motivato ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito, può impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato.
Nella procedura di liquidazione ex art. 14-novies, comma 2, invece, il liquidatore può sospendere gli atti di esecuzione del programma di liquidazione solo per giustificati e gravi motivi attraverso decreto motivato. I motivi in questione possono riguardare sia la regolarità della procedura di vendita sia l’ammontare del prezzo offerto. Il potere sospensivo del giudice non è condizionato all’istanza di parte, tuttavia si considera ovvio che tali soggetti possano quantomeno dare impulso al provvedimento del giudice.
Diversamente dal curatore fallimentare, il liquidatore non può sospendere il perfezionamento della vendita come previsto dall’art. 108 l. fall., né sospendere la vendita quando riceva un’offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo non inferiore al 10% del prezzo offerto. Tuttavia si deve riconoscere al giudice della liquidazione, nell’ambito del controllo di legittimità sullo svolgimento della procedura, il potere di inibire la stipula di atti di vendita a prezzo vile che possano frustrare l’interesse dei creditori e le stesse finalità della procedura152.
Il giudice, sentito il liquidatore e verificata la conformità degli atti dispositivi al programma di liquidazione, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento e delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché di ogni altro vincolo compresa anche la trascrizione del decreto ex art. 14-quinquies, comma 1, e dichiara la cessazione di ogni altra forma di pubblicità disposta (art. 14-novies, comma 3).
La procedura di liquidazione necessita di un provvedimento di chiusura emesso con decreto dal giudice non prima di quattro anni dal
152 A. CECCARINI, op. ult. cit., p. 80.
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deposito della domanda e solo a seguito della completa esecuzione del programma. È possibile anticipare che solo entro un anno dalla data del decreto decorre il termine per la proposizione del ricorso per esdebitazione. Dalla pronuncia del decreto riprende il corso degli interessi sui crediti chirografari non soddisfatti. Dallo stesso momento il debitore recupera la titolarità e l’esercizio dei poteri di amministrazione e disposizione del suo intero patrimonio.
La legge attribuisce al liquidatore poteri-doveri che, nello specifico, sottrae al debitore: il potere di amministrare i beni che compongono il patrimonio da liquidare; il potere di esercitare le azioni volte al recupero dei crediti compresi nel patrimonio da liquidare ex art. 14-decies; il potere di acquisire i beni e i crediti sopravvenuti nei quattro anni successivi al deposito della domanda di liquidazione, al netto delle passività ex art. 14-undecies.
Deriva in capo al liquidatore un potere particolarmente ampio, funzionale alla liquidazione, il liquidatore può compiere tutte le azioni recuperatorie, di rilascio, ripristino o liberazione dei beni, nonché quelle volte all’incremento del patrimonio attraverso l’acquisizione di beni spettanti al debitore.
Il liquidatore in luogo dell’art. 14-decies ha la legittimazione attiva nelle azioni finalizzate a conseguire la disponibilità dei beni da liquidare, purché correlate alla funzione di amministrazione del patrimonio da liquidare e può esercitare altresì le azioni volte al recupero dei crediti compresi nella liquidazione.
Tale legittimazione è esclusiva e va a sostituire quella del debitore, tuttavia si ritiene che la legittimazione sussiste in riferimento alle cause ex novo, mentre rispetto a quelle in corso la legittimazione spetta al debitore, mancando l’effetto interruttivo del processo di cui all’art. 43 l. fall153.
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La norma contempla la sola legittimazione attiva, ma si deve ritenere che la norma attribuisca implicitamente anche la legittimazione passiva al liquidatore.
Per le sole esecuzioni in corso, probabilmente a carico del debitore, l’art. 14-novies, comma 2, prevede che il liquidatore subentri: non è chiaro se tale possibilità debba essere autorizzata dal giudice o rappresenti piuttosto un’opzione del liquidatore.
Un’analoga disciplina è dettata anche dall’art. 107, comma 6 l. fall. e in merito al dubbio relativo alla natura di tale sostituzione parte della dottrina richiama gli orientamenti giurisprudenziali per evidenziare la natura non obbligatoria, né automatica di tale sostituzione, confermata dal fatto che nel caso in cui il curatore non si sostituisca al debitore l’improcedibilità dell’esecuzione potrà essere dichiarata giudizialmente solo a seguito dell’istanza del solo curatore.154 Se il curatore non rileva l’improcedibilità, la disciplina fallimentare non impedisce al creditore di portare a termine l’esecuzione, e il curatore potrà comunque convenire in giudizio il creditore per accertare l’inefficacia nei confronti della massa creditoria del pagamento coattivo.
Tra le azioni che il liquidatore potrà esercitare si colloca chiaramente la revocatoria ordinaria ex art. 2901, si rimanda al Paragrafo 3.4. l’individuazione delle caratteristiche dell’esercizio della suddetta azione nell’ambito della procedura di liquidazione di cui alla l. n. 3/2012.