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Pervenuta al tribunale competente la domanda di liquidazione, il giudice in camera di consiglio procede alla verifica dei requisiti di cui all’art. 14-ter.

Perché si dia luogo alla dichiarazione di ammissibilità alla procedura devono necessariamente sussistere i presupposti oggettivi e soggettivi e deve essere regolare e completa la documentazione allegata.

Il giudice deve procedere inoltre alla verifica dell’assenza di atti in frode dei creditori compiuti negli ultimi cinque anni.

Come già accennato nel Paragrafo precedente, la verifica di questa condizione ostativa sembra in contraddizione con la previsione della conversione della procedura di composizione in liquidazione nel caso in cui si verifichi l’ipotesi di cui all’art. 11, comma 5, secondo periodo.

Il tribunale in composizione monocratica pronuncia con decreto reclamabile di fronte al collegio di cui non fa parte il giudice che ha emesso il provvedimento.

Il legislatore non identifica i soggetti che possono presentare reclamo, ma è comprensibile che questi siano, oltre al debitore, anche, in linea con l’art. 18 l. fall.122, tutti quei soggetti colpiti dagli effetti del decreto che vogliono ottenere l’accertamento dell’insussistenza delle condizioni di ammissibilità della domanda di liquidazione.

Il reclamo ha natura costitutiva e porta a una decisione che sostituisce la precedente. Il tribunale in sede collegiale non è vincolato né ai vizi dedotti né alle doglianze proposte dalle parti, poiché ha gli stessi poteri del giudice monocratico.

In merito alla possibilità di ritenere ammissibile un ricorso straordinario in cassazione si deve distinguere tra i vari esiti a cui il tribunale può giungere nel dichiarare ammissibile o meno la domanda di liquidazione.

122 Cfr. art. 18, comma 1, l. fall. “Contro la sentenza che dichiara fallimento può essere proposto reclamo dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi nella cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni”.

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In caso di esito positivo potrebbero sorgere dubbi sulla decisorietà del decreto in quanto non ha ad oggetto diritti soggettivi, piuttosto potrebbe essere ravvisabile una decisorietà c.d. “per incisione”, cioè in senso lato, per il solo fatto di produrre nei confronti dei creditori effetti inibitori delle azioni esecutive e cautelari123.

In caso di rigetto della domanda, è necessario capire se sia questa riproponibile o meno, ovvero se il decreto di non ammissibilità integri l’ipotesi dell’art. 7, comma 2, lett. b), che esclude la riproponibilità della domanda quando nei cinque anni precedenti si sia fatto già ricorso ad una delle procedure di composizione della crisi.

La dottrina sembra non accordare tale effetto alla declaratoria d’inammissibilità e perciò si esclude di conseguenza anche la ricorribilità in cassazione124.

Con il decreto di ammissibilità alla procedura il giudice nomina un liquidatore, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 l. fall. La nomina non è necessaria se nella procedura di composizione della crisi poi convertita in liquidazione è stato già designato un liquidatore125.

Nella procedura di liquidazione ex l. n. 3/2012, a differenza di quanto avviene nel fallimento, non si verifica lo sdoppiamento delle funzioni attribuite all’organo tra tribunale fallimentare e giudice delegato.

Al giudice non sono attribuite specifiche funzioni esterne alla procedura, non opera la vis attractiva concursus di cui all’art. 24 l. fall. (in base alla quale invece “il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore”).

123 R. DONZELLI, Il procedimento di liquidazione del patrimonio. La fase di apertura e la fase di accertamento del passivo, in F. DI MARZIO, F. MACARIO e G.

TERRANOVA (a cura di), La <<nuova>> procedura di composizione della crisi da

sovraindebitamento, cit., p. 72. 124 R. DONZELLI, op. loc. ult. cit.

125 Parte della dottrina sostiene che tale previsione opera nei soli casi di apertura d’ufficio della liquidazione. Cfr. L. PANZANI, op. cit., p. 23.

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Le funzioni interne sono svolte dal giudice, tra queste si colloca la nomina del liquidatore. Nonostante il silenzio del legislatore, in virtù dei principi generali, si ritiene che il giudice possa per giusta causa revocare o sostituire il liquidatore in ogni tempo con provvedimento motivato126.

Il giudice con il decreto di apertura può stabilire che le funzioni di liquidatore siano svolte dall’Organismo di composizione della crisi (art. 15, comma 8), rendendo eventuale la nomina di tale organo. In merito a questa ipotesi sorge il dubbio se le funzioni da liquidatore debbano essere svolte dall’OCC in composizione collegiale o sia sufficiente avocare al componente responsabile della procedura127.

Contestualmente alla nomina del liquidatore, il giudice ordina al debitore la consegna dei beni, salvo che, in presenza di gravi e specifiche ragioni, quest’ultimo sia autorizzato a rimanere nella disponibilità della cosa.

Il liquidatore si occupa dell’amministrazione dei beni e delle azioni previste dall’art. 14-decies.

Il provvedimento è titolo esecutivo ed è posto in esecuzione a cura del liquidatore.

Il decreto però non determina soltanto l’indisponibilità materiale dei beni del debitore, ma incide anche sulla disponibilità giuridica: infatti l’art. 14-quinquies, comma 3, dispone che “il decreto…deve intendersi equiparato all’atto di pignoramento”.

Questa equiparazione lascia perplessi, poiché non può riguardare gli atti, ma il tenore dei loro effetti; piuttosto il legislatore ha come obiettivo quello di assimilare l’efficacia del decreto a quella che dirompe con l’art. 44 l. fall., che consiste nell’indisponibilità relativa ex art. 2913 c.c., sebbene con riferimento a tutto il patrimonio128.

126 D. VATTERMOLI, op. cit., p. 778.

127 Per un giudizio favorevole alla designazione del componente responsabile della procedura v. VATTERMOLI, op. ult. cit., p. 781.

128A tal proposito v. R. DONZELLI, Prime riflessioni sui profili processuali delle nuove procedure concorsuali in materia di sovraindebitamento, cit., p. 627. Cfr. art. 44 l. fall.

“Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di

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L’art. 14-quinquies, secondo comma, lett. c) dispone che col decreto sia disposta l’idonea forma di pubblicità della domanda e del decreto stesso e, nel caso in cui il debitore svolga attività d’impresa, anche l’annotazione nel registro delle imprese. Il decreto deve essere trascritto dal liquidatore laddove il patrimonio comprenda beni mobili registrati o beni immobili.

Sul piano applicativo si apre però il problema di comprendere quale sia il referente temporale per risolvere gli eventuali conflitti fra creditori concorsuali ed aventi causa dal debitore, o più in generale quale sia il momento a partire dal quale il decreto produce effetti nei confronti dei terzi.

Una parte della dottrina ha sostenuto di poter distinguere quattro opzioni: a) dalla data di pubblicazione del decreto; b) dal momento dell’esecuzione della pubblicità; c) dal momento dell’annotazione del decreto nel registro delle imprese; d) dal momento della trascrizione129. La soluzione viene individuata partendo dall’assunto che i criteri più adeguati per fare chiarezza in merito sono quello della priorità cronologica, quello della soggettività e quello della natura del bene. Nello specifico, i più convincenti appaiono essere gli ultimi due se si tiene di conto della seguente articolazione: si potrebbe ritenere rilevante sul piano generale la pubblicità del decreto disposta dal giudice, salva l’ipotesi in cui il debitore sia imprenditore, se così fosse avrebbe la priorità la data di trascrizione nel registro delle imprese; in ogni caso se l’oggetto dell’atto è un bene mobile registrato o un bene immobile opererebbe la data della trascrizione nei relativi registri.

L’art. 14-quinquies, secondo comma, lett. b) dispone che, sino al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive

ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. Fermo quanto previsto dall’articolo 42, secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma”.

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o cautelari, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi causa o titolo anteriore.

La disposizione in commento presenta due evidenti errori: il primo ha ad oggetto il richiamo ad un decreto di omologazione che nella procedura di liquidazione manca; il secondo riguarda il fatto che il legislatore probabilmente voleva riferirsi piuttosto che al decreto di omologa al decreto di apertura del procedimento, ma anche riferendosi a quest’ultimo la norma non sarebbe in grado di escludere l’aggressione esecutiva individuale dei beni del debitore da parte dei creditori per tutta la durata della procedura di liquidazione, che deve avere una durata non superiore ai quattro anni, durante i quali i beni sopravvenuti vanno a confluire nel patrimonio “espropriato”130.

In merito al richiamo operato dalla norma al decreto di omologazione, la giurisprudenza di merito ha manifestato un’opinione diversa rispetto a quella appena considerata per cui il legislatore farebbe riferimento in realtà non al decreto di apertura, ma al decreto di chiusura della procedura di cui all’art. 14-nonies, comma cinque: questa assimilazione permetterebbe di superare il problema sopra evidenziato131.

A stabilire la durata del procedimento è l’ultimo comma dell’art. 14-quinquies, per cui la procedura rimane aperta sino alla completa esecuzione del programma di liquidazione e, in ogni caso, ai fini di cui all’art. 14-undecies, per i quattro anni successivi al deposito della domanda.

130 R. DONZELLI, Il procedimento di liquidazione del patrimonio. La fase di apertura e la fase di accertamento del passivo, in F. DI MARZIO, F. MACARIO e G.

TERRANOVA (a cura di), La <<nuova>> procedura di composizione della crisi da

sovraindebitamento, cit., p. 73.

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3.4. Il decreto di apertura ex art. 14-quinquies a confronto con la