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L’autodeterminazione attraverso l’autonomia collettiva nel pensiero di Hugo Sinzheimer

2.1. L’alterità del contratto collettivo rispetto al regolamento interno e la funzione sociale del sindacato: Der korporative Arbeitsnormenvertrag

Se il pensiero di Hugo Sinzheimer, sul piano storico, ha influenzato la teorizzazione weimariana333, su quello teorico, esso ha rappresentato il superamento tanto della concezione giusnaturalistica del diritto privato lotmariana, quanto dell’interpretazione di tipo francese legata strettamente al concetto di mandato e di loi professionnelle334.

Pochi anni dopo Lotmar, il più giovane Hugo Sinzheimer non avrebbe più potuto accontentarsi di applicare il principio giuridico sotteso al regolamento interno ad una realtà che ormai viveva ben al di fuori dei confini aziendali. Nel 1912 il numero dei contratti collettivi e dei lavoratori coperti da contrattazione collettiva sarebbe raddoppiato rispetto alle cifre pubblicate nel 1907; soprattutto, il contratto collettivo mostrava di avere una crescente tendenza a trasformarsi da contratto aziendale (Firmentarifvertrag) a contratto collettivo concernente un ambito territoriale più ampio (Ortstarif-, Bezirkstarif-, Reichstarifvertrag)335.

I contratti collettivi, scriveva Sinzheimer, venivano ormai conclusi da organizzazioni di lavoratori indipendenti, vere e proprie Vereine (associazioni) stabili, dotate di un potere sociale certamente extra-aziendale: su cento stabilimenti, più della metà dei lavoratori a cui si applicava un contratto collettivo faceva riferimento ad un contratto applicato in almeno venti di essi336. Quella vocazione all’estensione territoriale del contratto collettivo, che per Lotmar era descrivibile in termini di possibilità che la pluralità soggettiva si diffondesse337 anche dal lato dei datori di lavoro era, in breve, sempre più una realtà concreta. Anzi, si potrebbe dire che essa era

333 Sulla Costituzione di Weimar si rinvia a q. Parte, q. Sezione, Capitolo 1., par. 2.1. La

Tarifvertragsordnung del 1918 fu profondamente segnata dall’elaborazione

Sinzheimeriana, specialmente con riferimento alla proposta di legge sul contratto collettivo, elaborata da Sinzheimer nel 1916. V. infra, par. successivo.

334 V. retro, in q. Sezione, Capitolo 2, par. 1.2, 1.3 e 1.4.

335 Si trattava di più di duecentomila imprese per un totale di quasi due milioni di lavoratori

(da circa centomila imprese e circa mille lavoratori). Sinzheimer H., Der Tarifgedanke in

Deutschland [1915], Kahn Freund O., Ramm T. (a cura di), Hugo Sinzheimer. Arbeitsrecht und Rechtssoziologie. Gesammelte Aufsätze und Reden, Europäische Verlananstalt,

Frankfurt-Köln, 1976, 150.

336 Sinzheimer H., op. ult. cit., 152.

337 Più esattamente, Lotmar riconosceva che alle origini del contratto collettivo c’erano i

fenomeni di negoziazione del singolo datore di lavoro e che però quello della contrattazione collettiva iniziava a diventare un obiettivo dei principali sindacati, sicuramente con prospettive di più ampio respiro sul piano professionale e geografico, così Lotmar P., op.

la realtà prevalente, e che sia affermava di pari passo con l’accrescersi del peso sociale e politico dei sindacati (v. supra, par. 2). Fu forse la percezione delle tendenze in atto che indusse nella ricostruzione sinzheimeriana – specialmente quando l’autore si pronunciò a favore dell’intervento legislativo in materia con il suo Ein Arbeitstarifgesetz (1916)338 – un’attenzione più articolata all’analisi delle associazioni stipulanti e al problema della discrepanza fra soggetti stipulanti e parti del contratto collettivo. Non è che la ricostruzione di Sinzheimer non muovesse, come quella di Lotmar, dal contratto aziendale339; come si spiegherà nelle pagine che seguono: quello che cambiava radicalmente era che la sua vincolatività non avrebbe trovato la ragione giustificativa nella regolamentazione interna del Betrieb, ma nel ruolo da garantire istituzionalmente ai sindacati. Come Lotmar, anch’egli individuava nel contratto collettivo una figura privatistica di tipo particolare, che tendeva all’uniformità di regole in azienda340. Il contratto collettivo, l’Arbeitsnormenvertrag341 avrebbe dovuto essere qualificato diversamente, ad esempio, dagli usi aziendali, poiché, diversamente da questi, la sua vincolatività non sarebbe dipesa dalla volontaria applicazione da parte dei singoli, perché esso sarebbe stato dotato di una Fernwirkung, una vincolatività eteronoma, sui rapporti individuali342. Tuttavia, la differenza d’impostazione teorica era profonda. Per Lotmar,

338 Sinzheimer H., Ein Arbeitstarifgesetz. Die Idee der soziale Selbstbestimmung im Recht,

Dunker & Humblot, Berlin, 1916, rist. 1977, 16 e 19. Anche in questa sede, Sinzheimer prende le mosse dai numeri. Nel 1913, scrive, erano in vigore 12.369 contratti collettivi conclusi da organizzazioni dei lavoratori; la tendenza sembrava quella di ricomprendere progressivamente tutti i lavoratori e tutti i settori produttivi. Lo studio del contratto collettivo e la relativa proposta di legge avrebbero dovuto riguardare solamente gli accordi conclusi fra associazioni rappresentative dei lavoratori e datori o associazioni dei datori di lavoro, poiché la natura del fenomeno era quella di scaturire da un percorso di affermazione della volontà dei gruppi organizzati; gli accordi come quello della corporazione tipografica del 1906 avrebbero invece dovuto essere esclusi dall’analisi, perché non esprimevano la contrapposizione sociale ed economica alla base della contrattazione collettiva stessa: la formazione di una soziale Willensbildung (formazione di volontà sociale) esterna rispetto alla politica. Del resto, anche durante il Deutshcher Juristentag del 1908, si domandava alla dottrina se fosse necessario predisporre una legislazione in materia di contratti collettivo conclusi fra datori di lavoro e associazioni datoriali, da un lato e associazioni di lavoratori, dall’altro, escludendo i fenomeni negoziali emersi in seno alle corporazioni di mestiere ancora esistenti (ad esempio, nella tipografia). Sinzheimer H., op. ult. cit., 16-18 e 181-198.

339 Sinzheimer scriveva, già nel 1907, che, principalmente, l’Arbeitsnorm si identificava

con quella regola che avrebbe imposto il proprio contenuto per tutti i dipendenti dell’impresa che avrebbero aderito alla stessa. Successivamente, il ragionamento veniva ampliato a tutti i dipendenti, non solo dell’azienda, ma anche del Bezirk o di un’intera città. Sinzheimer H., op. cit., 21, 23.

340 Sinzheimer H., op. cit., 22.

341 Letteralmente, il contratto di norme del lavoro. 342 Sinzheimer H., op. cit., 22.

come si è visto, l’eteronomia sarebbe dipesa dalla ratio stessa sottesa alla figura negoziale, simile a quella del regolamento interno.

Secondo Sinzheimer, occorreva invece un’attenzione maggiore al fenomeno associativo. La distanza fra i due maestri343 emerge in modo chiaro rispetto alla valutazione che Sinzheimer diede al fenomeno della contrattazione di stabilimento portata avanti dagli Arbeitnehmerausschüsse.

Nella nota monografia sul korporative Arbeitsnormenvertrag, nel 1907344, Sinzheimer partiva dalla considerazione che la legge regolamentasse, tramite il diritto privato, solamente i rapporti individuali, e non anche quelli “di solidarietà” (Solidarverhältnisse, si potrebbe forse tradurre, in modo meno letterale, con “legami collettivi”). Ogni interesse comune ad una collettività, come quella aziendale dei lavoratori, sarebbe stato estraneo al diritto dei contratti, che poteva occuparsi solamente dell’interesse manifestato dai singoli contraenti. Più esattamente, il diritto privato del tempo non avrebbe preso in considerazione la necessità di parificare l’asimmetria contrattuale fra le parti del rapporto di lavoro, risultato che avrebbe potuto essere raggiunto solo mediante l’attribuzione di rilevanza giuridica all’interesse collettivo espresso dalle associazioni dei lavoratori.

Le uniche forme di rappresentanza capaci di incidere sul rapporto di

lavoro secondo la legge, continuava Sinzheimer, gli

Arbeitnehmerausschüsse345, erano da attribuire al diritto pubblico. Questi consigli non svolgevano affatto la funzione di portare avanti gli interessi della classe lavoratrice – Solidarinteressen dell’Arbeitergesammtheit – secondo una logica privatistica, di autodeterminazione delle parti sociali346. Servivano, piuttosto, come eventuale strumento di dialogo istituzionale, neanche troppo incisivo, con un potere che rimaneva comunque unilaterale in azienda347. Poteva capitare che tali rappresentanze pubblicistiche

343 Per la storia dei rapporti interpersonali fra Lotmar e Sinzheimer, Kubo K., (Hrsg) Peter

Hanau, Hugo Sinzheimer – Vater des Deutschen Arbeitsrecht. Eine Bibliographie, , Frankfurt am Main, Bund Verlag, 1995.

344Sinzheimer H., Der korporative Arbeitsnormenvertrag. Eine privatrechtliche

Untersuchung, Erster Teil, Dunker & Humblot, Berlin, 1907, rist. 1977, 6. Non si può non

ricordare come tale monografia sia stata considerata da Otto Kahn Freund alla stregua del vero momento genetico della dottrina giussindacale, Kahn Freund O., Hugo Sinzheimer, Introduzione a Kahn-Freund O., Ramm T. (a cura di), Hugo Sinzheimer. Arbeitsrecht und

Rechtssoziologie, Frankfurt am Main u. Köln, 1976. Sinzheimer H., op. ult. cit., 6.

345 Facoltativi, tranne nelle imprese con oltre cento dipendenti nel settore minerario. 346 Sinzheimer definirà in modo più approfondito il concetto nell’opera successiva,

all’interno del capitolo dedicato alla soziale Selbstbestimmung, Sinzheimer H., Ein

Arbeitstarifgesetz, cit., 181 ss.

347 Si è visto che a partire da queste embrionali forme consiliari, si passò all’introduzione di

consigli d’azienda obbligatori, con il Betriebsrätegesetz del 1920. La complessità del periodo storico vedeva come possibile sbocco di queste figure collettive una progressiva socializzazione dei rapporti fra capitale e lavoro; tuttavia, ciò non accadde. I consigli

concludessero accordi con il datore di lavoro, ma questa non era la regola; inoltre, ciò non avrebbe comunque significato che tali soggetti fossero «strumenti dell’autodeterminazione privata per la maestranza»348. Di fatto le decisioni sulla disciplina del lavoro nello stabilimento dipendevano essenzialmente dalla disponibilità del datore a concedere o meno certe condizioni di lavoro, che le predisponesse con o senza accordo con questi soggetti.

In questo contesto, l’art. 134c, GewO rappresentava un passo in avanti, nella misura in cui obbligava il datore di lavoro, perlomeno, a predisporre e rispettare un Arbeitsordnung349. Per quanto stabilito solo raramente d’accordo con la collettività aziendale, il regolamento interno trasformava in ogni caso (anche nel caso dell’autolimitazione individuale) il lavoro negli stabilimenti, metaforicamente parlando, da sistema “dispotico” a sistema “monarchico costituzionale”; ma si trattava pur sempre di contrappesi di diritto pubblico350, con i quali la legge intendeva introdurre delle misure di protezione dei lavoratori e non di autodeterminaizone

privata dei loro interessi. La realtà era che, anche se si rendeva possibile la

conclusione di accordi fra costoro e il datore di lavoro, era pur sempre quest’ultimo ad avere, in via di principio, il diritto di stabilire le regole al rispetto delle quali il lavoratore si sarebbe sottomesso al momento dell’accettazione del contratto di lavoro; sull’organizzazione e sulle condizioni di lavoro non c’era che una Alleinbestimmung, una determinazione unilaterale del datore, in tutti gli spazi lasciati vuoti dalla legge o dal contratto351. L’estraneità di tali accordi al diritto privato si manifestava chiaramente, secondo Sinzheimer, osservando che, in fin dei conti, Lotmar, nella sua lettura dell’art. 134c, aveva finito per confondere la validità con l’efficacia352. L’art. 134c prevedeva che il regolamento interno fosse validamente sostituibile solo da un successivo regolamento interno, nel senso che il datore di lavoro si sarebbe vincolato a mantener fermo l’Arbeitsordung da lui stesso stabilito a meno di non modificarne la disciplina con uno nuovo. In questo senso, il rispetto delle regole adottate in via generale poteva sì rappresentare un principio assimilabile alla ragion d’essere del contratto collettivo, ma, secondo Sinzheimer, solo in apparenza, perché da nessuna parte nella legge si poteva trovare una previsione che attribuisse all’Arbeitsordnung una qualche forma di efficacia sui contratti aziendali diventarono più che altro assimilabili a quella che sarebbe stata un’evoluzione degli Arbeiterausschüsse. I Betriebsräte furono dotati di maggiori prerogative rispetto a questi, ma sicuramente non sfociarono nella prospettiva rivoluzionaria che pure era stata prospettata dai Betriebsräte Bewegungen appena prima degli anni venti.

348 Instrument privatrechtlicher Selbstbestimmung für die Arbeiterschaft, trad. mia. 349 Sinzheimer H., Der korporative Arbeitsnormenvertrag, Erster Teil, cit., 21. 350 Sinzheimer H., op. ult. cit., 21.

351 Sinzheimer H., op. cit., 6-22. 352 Sinzheimer H., op. cit., 84-92.

individuali. Siccome, invece, il contratto collettivo sarebbe stata una fonte di regolamentazione del contenuto del contratto individuale di lavoro, le sue disposizioni, anche in presenza di un regolamento unilaterale del datore, si sarebbero comunque applicate ai contratti individuali. E ciò senza che l’Arbeitsordnung fosse toccato nella sua validità: nel pieno rispetto dell’art. 134c, esso sarebbe rimasto valido, ma inefficace sulle questioni regolamentate per mezzo dell’Arbeitsnormenvertrag, perché non riguardava la disciplina contrattuale.

Abbandonato definitivamente il paragone con i regolamenti unilaterali, la chiave di volta della teoria sinzheimeriana partiva dall’osservazione che il contratto di lavoro353 avrebbe dovuto essere considerato non solamente un rapporto di scambio, come sosteneva Lotmar, bensì una relazione caratterizzata sia dallo scambio delle prestazioni, che dal coinvolgimento personale del lavoratore354 e dal rapporto di potere esercitato da una parte sull’altra355. In breve, se Lotmar aveva avuto il pregio di portare la questione lontano dalla logica feudale, riconducendo il fenomeno al diritto privato, seppur con qualche retaggio culturale giusnaturalistico e conservatore356, Sinzheimer tentava una ricostruzione del diritto privato che non tenesse conto solamente dell’interesse allo scambio economico357. Nessuna analogia poteva aversi, pertanto, fra contratti collettivi e regolamenti unilaterali, né con gli accordi stipulati dagli

353 A sua volta composto di Arbeitsnormen (regole di lavoro, divise in generali, particolari,

individuali e solidali) e Berufsnormen (norme sul mestiere, sociali o individuali).

354 Sinzheimer H., op.cit., 13. Con ciò, Sinzheimer intendeva porre attenzione al fatto che la

persona non fosse scindibile dalla prestazione. Per questo motivo, occorre annettere al contratto di lavoro obblighi di sicurezza e decenza delle condizioni di lavoro in capo all’utilizzatore della prestazione.

355 Sinzheimer si esprime nei termini di Über- e Unterordnung, letteralmente, sovra- e

subordinazione, con ciò intendendo sottolineare che, a prescindere dall’elemento dello scambio, vi fosse comunque tutta una sfera di poteri di direzione annessi all’esercizio della prestazione ai quali corrispondeva la sottomissione del lavoratore. Sinzheimer H., Sinzheimer H., op. cit., 12.

356 Il riferimento è alla già esaminata interpretazione conservatrice della giurisprudenza, che

assimilava contrattazione collettiva e accordi di stabilimento.

357 È stato osservato in proposito che, probabilmente, le teorie, per così dire, strettamente

privatistiche si erano sviluppate come tali perché in Germania, in quegli anni, la

contrattazione collettiva si occupava essenzialmente solo della tariffa, dello scambio economico fra prestazione personale ed economica. Mancando una più complessa articolazione del fenomeno, la stessa denominazione usata fu ben presto quella di

Tarifvertrag, ossia, appunto, contratto di tariffa, così Mayer-Maly T., cit. 153, che ricorda

come l’espressione usata nel diritto svizzero sia stata, significativamente,

Gesamtarbeitsvertrag (contratto complessivo dei lavoro), così come quella austriaca sia

stata Kollektivvertrag (contratto collettivo); similmente, Vardaro G., Contratti collettivi e

rapporto individuale di lavoro, cit., 51. L’autore sottolinea l’assenza di un’articolazione di

Arbeiterausschüsse358. Occorreva far spazio, all’interno del diritto privato,

ad una regolamentazione che attribuisse per legge strumenti giuridicamente vincolanti alle pluralità organizzate di lavoratori, le sole capaci, nel momento in cui contrattavano sul contenuto del contratto di lavoro, di limitare l’esercizio del potere datoriale e di far emergere il contrapposto diritto all’autodeterminazione individuale359. Il korporative

Arbeitsnormenvertrag sarebbe stato quel fenomeno sociale e negoziale in

cui un’organizzazione stabile, di soli lavoratori360, libera e di diritto privato sarebbe riuscita a scalfire una sfera decisionale tradizionalmente unilaterale361 (quella del datore, che tipicamente aveva il dominio assoluto sul contenuto del contratto individuale), per sostituirvi una disciplina, valida e vincolante per i lavoratori associati così come per il datore di lavoro, atta a regolare anche futuri ed indeterminati contratti di lavoro: una disciplina frutto dell’incontro di volontà veramente tali, quella espressa dal datore e quella scaturita gruppo organizzato di lavoratori.

Il contratto collettivo così concepito avrebbe potuto applicarsi a tutti i lavoratori di un’impresa, ma anche di più imprese, o financo di un intero territorio362: a seconda dell’iscrizione all’associazione stipulante. Fondamento giuridico del contratto collettivo non poteva essere la mera necessità di una disciplina uniforme in azienda, posta a tutela del contraente debole, quanto il bisogno di esprimere la volontà effettiva del singolo

358 Vero è anche che l’analogia sarebbe stata da escludere anche per un altro motivo, più

strutturale, che non compariva come discrimine, invece, nella ricostruzione di Lotmar: quello dei contenuti. Nella ricostruzione lotmariana, infatti, il contenuto del contratto collettivo tendeva ad essere identificato con l’elemento dello scambio contenuto anche contratto individuale; in altre parole, con la tariffa. Viceversa, il potere datoriale di tipo organizzativo sembrava fuoriuscirne e rientrare piuttosto nell’area di competenza dei regolamenti interni. Questo limite all’analogia, riconosciuto da Sinzheimer, trovava nella sua ricostruzione uno spazio limitato di operatività selettiva. Sinzheimer riconosceva al contratto collettivo tanto la capacità di regolare Arbeitsnormen quanto quella di prevedere disposizioni organizzative generali, ossia Berufsnormen. Sinzheimer H., op. cit., 33.

359 Sinzheimer H., op. cit., 63.

360 Sinzheimer individuava l’unico punto di contatto con le corporazioni nell’elemento

organizzativo, ossia nella circostanza che al variare dei membri non sarebbe venuta meno l’esistenza del gruppo organizzato; la differenza sarebbe stata rinvenibile nel fatto che, diversamente dalle corporazioni, le nuove associazioni miravano alla difesa di interessi di parte. Sinzheimer H., op. cit., 23.

361 Sinzheimer considerava poco meno di una finzione l’espressione di volontà presente nel

contratto di lavoro. Per l’autore si trattava di un contratto che veniva sì firmato da due parti, ma il cui contenuto era stabilito solamente dal datore di lavoro. Era tempo di passare da una tutela meramente formale della libertà contrattuale ad una sostanziale, capace di incidere veramente sul contenuto del contratto individuale. Sinzheimer H., op. cit., 21.

attraverso la forza del gruppo organizzato. Il distacco da Lotmar era piuttosto evidente363.

Un anno più tardi, nel redigere la seconda parte dell’opera, Sinzheimer scriveva che l’essenza del contratto collettivo stava nella capacità di incidere sul contratto individuale di lavoro in un modo tale da eliminare o limitare il potere assoluto del datore di lavoro con gli strumenti contrattuali appositamente predisposti dal diritto privato. Il compito della legge sarebbe stato quello di garantire che fossero sottoposti alla disciplina del contratto collettivo tutti e solo i soggetti che avessero deciso di ingrossare le fila del sindacato, ossia di aderire alle organizzazioni stipulanti364. Evidentemente, assumeva rilievo essenziale la questione dei soggetti, a partire dalla quale non per caso è stato necessario muovere i primi passi del ragionamento. Ad essa Sinzheimer, all’interno di una teoria che intendeva ricondurre volontà individuale e collettiva ad una coerenza sistematica complessiva, attribuiva un significato certamente preminente.

Il giurista tedesco sapeva che esistevano tre linee di pensiero. Secondo alcuni (fra cui Lotmar)365, il dilemma avrebbe potuto essere affrontato con gli strumenti dello schema rappresentativo; secondo altri, il rifermento avrebbe dovuto essere trovato nel diritto interno delle associazioni (par. 152, GewO del 1891); seguendo l’impostazione di altri ancora (primi fra tutti, Wölbling, Rundstein, Zimmermann)366, erano vere entrambe le cose, poiché, da un lato, l’associazione firmataria del contratto collettivo si componeva dei propri membri (Vertretungstheorie), dall’altro, si riconosceva che l’associazione contrattava, però, in proprio nome (Vebandstheorie). Per superare lo scarto fra individuo e Verein, si elaborava una Kombinierte Theorie: l’associazione avrebbe stipulato il contratto collettivo tanto in proprio nome, quanto in nome dei propri membri367.

363 Del resto, lo stesso Sinzheimer, in apertura alla seconda parte dell’opera, riteneva,

nell’introduzione, di omaggiare Lotmar, quale primo studioso del contratto collettivo, sulle cui orme (e su quelle di altri autori del tempo, Günther, Wölbling, Koeppe, Schulz, Rosenthal) proseguire, per così dire, un percorso tutto da definire. La domanda a cui intendeva rispondere, in ultima analisi, era quella posta dal 29. Giorno dei giuristi tedeschi, con cui si erano confrontati, più direttamente, il lavoro di Schulz e quello Rosenthal, ossia se fosse necessaria una legge che regolamentasse i contratti collettivi.

364 Sinzheimer H., op. cit., 285-297.

365 V. in particolare Lotmar P., Die Tarifverträge zwischen Arbeitgenern und

Arbeitnehmern, in Archiv für soziale Gesetzgebung und Statistik, 1900. L’influenza del

diritto francese induceva in alcuni autori una visione del rapporto associativo basata sulla tecnica della rappresentanza, così nei sostenitori della teoria della rappresentanza “pura”, così come in quelli che riconoscevano una sua valenza sistematica anche al profilo associativo, da affiancare al primo. V. Rundstein S., Die Tarifverträge im französischen

Privatrecht, Hirschfeld, Leipzig, 1905.

366 Per un ulteriore approfondimento, v. Ramm T., Die Parteien des Tarifvertrags, cit., 41-

42.

Tuttavia, secondo Sinzheimer, tanto quest’ultima impostazione, quanto la Vertretungstheorie, soffrivano dello stesso difetto, nel senso che, siccome rimettevano nelle mani dei singoli il rapporto contrattuale, finivano per neutralizzare, in questo modo, il ruolo negoziale delle organizzazioni dei lavoratori368. Naturalmente, ciò non avrebbe potuto funzionare rispetto all’intento di stabilire in anticipo le condizioni di lavoro, perché sarebbe stato illusorio pensare che il meccanismo non sarebbe andato a svantaggio del contraente più debole, il lavoratore, che avrebbe ben potuto essere sottoposto alla pressione della controparte durante la vigenza del rapporto ed essere indotto ad abbandonare l’associazione o comunque a modificare le condizioni del contratto. Con gli strumenti analitici della dogmatica