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Il doppio canale di rappresentanza alle origini del modello tedesco

2.1. L’affermazione del fenomeno collettivo durante il periodo imperiale

Le prime associazioni dei lavoratori comparvero in Germania già nel Medio Evo, sotto forma di confraternite che si proponevano di ottenere migliori condizioni di lavoro per i propri membri. Diversamente dalle corporazioni artigiane, di cui furono un’evoluzione, le confraternite non comprendevano sia maestri che lavoranti, ma solo questi ultimi. Nel settore dell’industria mineraria, emergevano le prime associazioni di mutua assistenza, che, fra le varie funzioni, come il collocamento e l’assistenza sociale, avevano anche quella di trattare sulle condizioni di lavoro dei minatori76.

Nonostante questi sviluppi, dal sedicesimo secolo, il legislatore imperiale iniziò ad affermare il proprio potere centrale rispetto all’autonomia delle (ormai declinanti) città ed a vietare ogni tipo di azione

74 In sua rappresentanza, similmente a quella politica, da intendere come Räpresentation,

rappresentazione, e non Vereinbarung, unione.

75 Cass. Chambres réunies, 13 aprile 1913, Sirey, 1920, nota Mestre A., citata in questo

senso da Yannakourou S., op. cit., 94.

76 Boldt G., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali nella Repubblica

Federale Tedesca, in AA.VV., La rappresentanza dei lavoratori sul piano dell’impresa nel diritto dei paesi membri della C.E.C.A, Lussemburgo, Servizio Pubblicazioni delle

volta alla difesa delle condizioni di lavoro77. A loro volta, anche i singoli

Länder osteggiarono fortemente l’associazionismo operaio e si impegnarono

a reprimere tutte le associazioni non autorizzate. Le confraternite, a poco a poco, sparirono78. Ispirandosi all’avversione per i corpi intermedi emersa dalla rivoluzione francese79, l’Allgemeines Landrecht für die Preussischen

Staaten (ossia “legge generale per gli Stati prussiani”, il primo codice civile

tedesco) del 5 febbraio 1794, poi ripreso dall’Allgemeine Gewerbordnung (regolamento generale delle professioni) del 17 gennaio 1845, continuava a vietare la costituzione di associazioni (sia di parte lavoratrice che datoriale).

Nel frattempo, già prima della costituzione della Confederazione germanica del 1815, il Preußisches Gesetz über die Gewerbefreiheit del 7 settembre 181180, nello stabilire la libertà contrattuale in materia di durata, retribuzioni e condizioni di lavoro, presupponeva l’equiparazione giuridica degli agenti negoziali: ne conseguiva il divieto di costituire associazioni che si frapponessero al libero incontro delle singole volontà individuali81. In questa fase storica, proprietà privata e diritto civile svolgevano una «funzione autoritativa»82 all’interno del rapporto di lavoro: il «libero contratto di lavoro» aveva sì «sciolto i legami del lavoratore nei confronti del padrone singolo, ma non [aveva] sciolto anche il legame sociale del lavoratore nei confronti della proprietà in generale»83. Il contratto di lavoro era ancora concepito nella sua forma astratta di contratto di scambio, senza che il coinvolgimento della persona del lavoratore comportasse l’esigenza di un “diritto collettivo” a fianco di quello individuale, in funzione di riequilibrio della disparità di poteri fra capitale e lavoro.

77 Il Reichspolizeiordnung di Carlo V del 1530 vietava ai maestri e ai lavoratori ogni tipo di

azione volta ad influire sulle condizioni di lavoro. In una diversa fase storica, nei vari Stati tedeschi esistevano divieti di coalizione variamente regolamentati; nel 1731 un regolamento imperiale vietò in via generale la lotta sindacale e la costituzione di associazioni di lavoranti, a meno che non fossero espressamente autorizzate dallo Stato, che le sottoponeva, a tal fine ad una stretta sorveglianza. Le corporazioni non potevano assumere nuovi lavoranti in assenza di un certificato di buona condotta, che assicurasse appunto l’assenza di finalità sindacale nell’organizzazione. Per questo motivo, le confraternite, nate dalle corporazioni, iniziarono a scomparire. Rimasero solamente alcune casse di mutuo soccorso, sebbene nel settore dell’artigianato anche queste ultime vennero poi vietate nel 1840 dalla Confederazione germanica.

78 Boldt G., op. cit., 97.

79 Il riferimento è alla loi le Chapellier del 14 giugno 1791.

80 Per una ricostruzione della storia del diritto del lavoro tedesco, sintetica ma completa,

Kittner M., Zwanziger B. (a cura di), Abeitsrecht, Bund-Verlag, Frankfurt, 2015, 1-53.

81 Richardi R., Bayreuther F., Kollektives Arbeitsrecht, Vahlen Verlag, München, 2016, 2. 82 Neumann F., Sindacalismo, democrazia, dittatura [1934], in Neumann F., Il diritto del

lavoro fra democrazia e dittatura, Il Mulino, Bologna, 1983, 287.

83 Sinzheimer H, La democratizzazione del rapporto di lavoro [1928], in Arrigo G.,

Tuttavia, l’evoluzione dalla manifattura artigiana all’industria di massa (ben presto, bellica) portò alla nascita in Germania di rivendicazioni sociali ed economiche da parte degli operai delle imprese di maggiori dimensioni. Questi ultimi, da un lato, erano impiegati in condizioni di sfruttamento, specialmente all’interno delle fabbriche dell’industria mineraria e metallurgica della Slesia, della Germania centrale, della Renania e Vestfalia (più in particolare, della Ruhr); dall’altro, perlomeno con riferimento agli operai qualificati, sin da fine ottocento venivano attratti dall’orbita di azione e organizzazione collettiva promossa dal partito socialista e dalle sue associazioni culturali, particolarmente vicine al sindacato di ispirazione socialista84.

Un momento di svolta si ebbe durante i moti rivoluzionari del 1848, quando i lavoratori tedeschi (specialmente, gli operai qualificati) si trovarono in prima linea nella rivoluzione della classe media urbana progressista. Dopo il 1848 si ebbero i primi sindacati di tipo moderno, costituiti in associazioni locali di operai, riunite fra loro in associazioni generali85; verso il 1860, dopo una decina d’anni di forte repressione conseguente ai moti rivoluzionari, «i progressi dell’industrializzazione finirono per imporre (…) la creazione di associazioni delle quali i sindacati odierni possono dirsi le dirette filiazioni»86.

L’eliminazione dei vincoli feudali, formalmente avvenuta nel 1861, seguita dal codice industriale del 1869, che garantiva la libertà

84 Per un’attenta ricostruzione delle varie fasi attraversate dall’operaismo tedesco,

qualificato e non, v. Roth K.H., L’altro movimento operaio. Storia della repressione

capitalistica in Germania dal 1880 a oggi, Feltrinelli, Milano, 1977 (titolo originale: Die “andere” Arbeiterbewegung und die Entwicklung der kapitalistichen Repression von 1880 bis zur Gegenwart, 1974. Prima ed. italiana, maggio 1976), 28 ss.

85 Durante il congresso di Berlino (23 agosto- 3 settembre 1948) fu istituita un’associazione

generale di operai a partire da associazioni locali guidate da Stefan Born; nello stesso anno nacquero associazioni nazionali di operai impiegati nel settore della tipografia (luglio 1848, come “costola” staccatasi da un’associazione che ricomprendeva inizialmente anche i datori di lavoro) e della manifattura del tabacco (agosto 1848). Dopo il fallimento della rivoluzione del 1848 queste associazioni furono vietate. Nel 1854 la Confederazione impose addirittura ai singoli Stati di sciogliere tutte la coalizioni operaie esistenti. V. Boldt G., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali, cit., 97.

86 Boldt. G., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali, ivi, 99. I più importanti

dei quali per gli sviluppi successivi furono il sindacato liberale realizzato da Max Hirsch e Franz Dunker, su ispirazione del tradeunionismo inglese, il sindacato dei tipografi, quello dei commessi di negozio, quello degli operai dell’industria del sigaro. In risposta, nasceva anche la prima associazione datoriale, nel settore della tipografia, seguito da quello della panetteria e della sartoria. Successivamente, dalla associazione degli operai tedeschi fondata da Lassalle (Deutscher Arbeitsverein), nasceva il sindacato generale degli operai tedeschi, organizzato per mestiere. Contemporaneamente alla fondazione del partito operaio socialdemocratico (Sozialdemokratische Arbeitspartei) veniva istituito, dagli stessi fondatori del partito, la Zentralisierte Gewerksgenossenschaften, una organizzazione centrale dei sindacati operai di ispirazione socialista.

professionale, non aveva, però, portato con sé la cancellazione del dispotismo, il quale continuava a manifestarsi in forme intense di sfruttamento e controllo delle persone impiegate nelle fabbriche: la “polizia di miniera”, le liste nere (“di collocamento”) di lavoratori sindacalizzati, la diffusione dei sindacati gialli, veri e propri «rimasugli del rapporto feudale servo-padrone»87, erano tutte manifestazioni dell’ostilità al passaggio ad un sistema economico e sociale in cui i lavoratori cominciavano a contare come gruppi organizzati, sia sul piano sindacale che su quello politico.

Il passaggio, però non poteva tardare. Verso la fine dell’ottocento, «l’operaio professionale era (…) la colonna portante e il moderatore del riformismo operaio dell’epoca Guglielmina»88. Per la sua posizione all’interno delle nuove fabbriche metallurgiche, in espansione (gli stabilimenti contavano in media 2000 dipendenti) e in corso di evoluzione tecnologica, l’operaio qualificato era sia rilevante per lo stesso processo di innovazione che parte di quell’élite, formata ideologicamente dal partito socialista e in grado di “trascinare” con sé il resto dei lavoratori dipendenti (spesso, provenienti dalla Polonia, dalla Rutenia e dalla Galizia), incapaci di organizzarsi in modo spontaneo, ma esasperati dalle durissime (e repressive) condizioni di lavoro.

Dopo la repressione che seguì al fallimento dei moti rivoluzionari, la

Gewerbordnung für den Norddeutschen Bund (regolamento delle

professioni per la Confederazione della Germania del nord) del 27 luglio 1869, che fu presto adottata in tutto il territorio tedesco89, segnò una prima apertura nei confronti della libertà sindacale, eliminando i divieti di associazione in alcuni settori90. Gli effetti di questa liberalizzazione furono però limitati, non solamente perché non riguardavano tutti i settori, bensì

87 Roth. K.H., Roth K.H., L’altro movimento operaio. Storia della repressione capitalistica

in Germania dal 1880 a oggi, Feltrinelli, Milano, 1977 (Die “andere” Arbeiterbewegung und die Entwicklung der kapitalistichen Repression von 1880 bis zur Gegenwart, 1974. Prima ed. italiana, maggio 1976), 33.

88 Roth K.H., op. cit., 29.

89 Il primo Stato a concedere (limitatamente ad alcuni settori) la libertà sindacale fu il

Granducato di Sassonia-Weimar-Eisenach (1861). Seguirono altri Stati, finché, con il tempo tutti gli Stati finirono per aderire alla regolamentazione del 1869; l’ultimo, lì Alsazia-Lorena, vi aderì nel 1872.

90 In effetti, i divieti di coalizione permanevano nel settore agricolo e venivano eliminati per

quelli indicati dalla legge (industria, artigianato e commercio);negli altri settori le associazioni sindacali erano meramente tollerate. Altre restrizioni riguardavano la mancata possibilità per i sindacati di agire in giudizio, i limiti derivanti dal mancato ottenimento della personalità giuridica (che poteva essere attribuita solo dallo Stato; per evitare i controlli, molti sindacati preferivano rinunciarvi), i divieti di violazione della libertà sindacale negativa. V. Boldt G., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali, cit., 100.

solamente quelli indicati91. Il principale limite era costituito dal fatto che l’art. 152 della Gewerbeordnung consentiva la costituzione di organizzazioni, ma ne considerava i contratti costitutivi alla stregua di fonti di obbligazioni naturali, non azionabili in giudizio. A maggior ragione, l’articolo successivo sanzionava chi tentasse di costringere altri alla sindacalizzazione o gli impedisse di recedere dal patto associativo; dal suo canto, il codice penale (art. 253) considerava un ricatto punibile per legge qualunque azione di tipo conflittuale volta a spingere la controparte a stipulare un contratto: in pratica, ogni azione sindacale.

Dopo le concessioni della Gewerbeordnung, comunque, il numero dei sindacati crebbe a dismisura, specialmente di quelli di ispirazione socialista, e raccolse aderenti fra il crescente numero di operai specializzati delle industrie tedesche92. Il sindacalismo tedesco si sviluppava, tendenzialmente a livello regionale o nazionale93. Soprattutto, esso doveva la sua diffusione alla connessione con il partito di ideologia socialista94, sebbene formalmente sindacato95 e partito avessero direzioni distinte. Non a caso la legge antisocialista del 21 ottobre 1878, abrogata due anni dopo, avrà come principale obiettivo lo scioglimento delle associazioni sindacali nazionali96. Subito dopo la sua abrogazione, peraltro, i sindacati socialisti si fusero in una confederazione centrale, la Geneleralkommission der

Gewerkschaften Deutschlands, inizialmente presieduta da Carl Leigen. La

confederazione si decise per un’organizzazione sindacale centralizzata, nazionale, articolata in base alle professioni.

I sindacati tedeschi nascevano quindi come associazioni nazionali di tendenza, inizialmente ad ispirazione socialista. Progressivamente, nacquero

91 Che facevano parte normalmente dell’industria, del commercio e dell’artigianato, pur

senza ricomprendere per intero tali settori produttivi; l’agricoltura ne era esclusa del tutto.

92 Che raggiungevano la trentina e a cui erano iscritti circa 50000 lavoratori, 42000 dei

quali facevano capo ai sindacati Hirsch-Dunker, ormai non più un sindacato neutrale sul piano politico. Nel frattempo, anche gli impiegati cominciavano a considerarsi separati dalla proprietà e a dar luogo alle prime coalizioni.

93 Gli unici sindacati “localisti”, ossia che rifiutavano l’organizzazione centrale, furono

fondati nel 1897 da una costola del sindacalismo socialista, con tendenze rivoluzionarie. Si trattava della Vereinigung deutscher Gewerkschaften, che poi cambiò nome in Freie

Arbeiter’union Deutschlands. v. Boldt, G., Il regime giuridico delle organizzazioni professionali, cit., 104.

94 Richardi R., Bayreuther F., Kollektives Arbeitsrecht, cit., 3. Sulla distanza fra il sindacato

di tipo socialista-internazionalista (elitario, esterno alla fabbrica, intellettuale, con poche centinaia di iscritti) e la realtà dei lavoratori (e delle loro contestazioni a livello aziendale), v. Burgio A., Modernità del conflitto. Saggio sulla critica marxiana del socialismo, Derive Approdi, 1999, 24 ss.

95 I due movimenti operai del tempo erano l’Allgemeiner Deutscher Arbeitsverein e il

Sozialdemokratische Arbeitspartei, fusi nel 1875 e da distinguere al sia pur vicinissimo Sozialdemokratisches Partei Deutschlands.

anche sindacati di ispirazione liberale e cattolica97. E’ vero che successivamente alla repressione anti-socialdemocratica (1878-1890) i sindacati (specialmente, quello socialista e quello liberale), dapprima elitari, diventarono organizzazioni di massa, non senza una certa «presa di distanza (…) dalle rivendicazioni politiche estremistiche e la sempre maggiore propensione per lo strumento pattizio rappresentato dal contratto collettivo»98; tuttavia, non sarebbe vero sostenere che ciò implicò una diminuzione dei conflitti sindacali nei settori più combattivi e rilevanti sul piano economico, come quello metalmeccanico99. Prova ne sia che sul versante datoriale si assisteva, proprio in risposta alla formazione di sindacati politicizzati ed organizzati a livello nazionale, alla creazione delle prime associazioni, la cui prima confederazione si costituì nel 1913 (con la denominazione di Vereinigung Deutscher Arbeitgeberverbände).

A questo punto, «anche gli imprenditori capitalisti [erano] passati nel loro stesso interesse ad applicare a se stessi il principio della “coalizione”, che è l’opposto dei principi di “libertà” del primo capitalismo»100.

A livello aziendale, si diffondeva fra i datori la tendenza a fornire sostegno a particolari unioni dei lavoratori: Werkvereine appartenenti o alle così dette “associazioni per la pace economica” (Wirtschaftsfiriedlichen

97 Le tre principali confederazioni erano quella vicina al partito socialdemocratico, quella

dei liberali e quella cristiano-centrista. Quella più numerosa era quella socialdemocratica, con circa 49000 iscritti nel 1977, dato riportato da Ramm T., Per una storia della

costituzione del lavoro tedesca, Milano, Giuffrè, 1989, 56. I sindacati socialisti, fra cui

spiccava per importanza quello del settore metallurgico, nel 1982 formarono una confederazione dotata di un organo centrale, la Generalkommission der Gewerkschaften

Deutschland); si consideri che nel 1975 il movimento dei lavoratori di ispirazione socialista

(Allgemeiner Deutscher Arbeitsverein) e il partito ad esso più vicino (Sozialdemokratische

Partei Deutschland), come si è accennato, si erano fusi nel congresso tenutosi a Gotha,

avendo però cura di mantenere separate le proprie direzioni. Nel 1901 si fusero a Magonza i principali sindacati di ispirazione cattolica, nella Gesamtverband der christlichenn

Gewerkschaften Deutschlands. Le associazioni datoriali di livello nazionale iniziarono a

comparire nel 1889 e si fusero in una confederazione unica soltanto nel 1913 (Vereinigung

deutscher Arbeitgeberverbände). Il sindacato di ispirazione della sinistra liberale era stato

fondato già nel 1868, con la denominazione Hirsch-Dunckersche Gewerkvereine, dal nome dei fondatori. Verso il 1890 iniziarono a riunirsi anche in associazioni gli impiegati, in modo distinto dagli operai. V. Boldt G., op. cit., 102-104.

98 T. Ramm, op. cit., 57.

99 Si ricorda una fase di scioperi piuttosto acuta fra il 1903 e il 1912, in cui furono

processate 10536 persone per violazione dell’art. 153 del GewO del 1869, che formalmente puniva coloro che tentassero di costringere altri con la forza a far parte di un accordo. Weber P., Geschieterte Sozialpartnerschaft – Gefährderte Politik? Industrielle

Beziehungen, Arbeitskämpfe und der Sozialstaat. Deutschland und Frankreich im Vergleich, München, R. Oldenbourg Verlag, 2010, 32.

100 Korsch K., Sulla capacità dei sindacati rivoluzionari di concludere contratti collettivi

[1928], in Arrigo G., Vardaro G. (a cura di), Laboratorio Weimar, Lavoro, Roma, 1982, 267.

Werkvereine, nate nel 1905)101 o alle “associazioni patriottiche di lavoratori” (Bund Vaterländischer Arbeitervereine, fondata nel 1908). Apertamente contrari allo sciopero, alle prospettive di politica sindacale nazionale e ai movimenti dei lavoratori socialisti (se patriottici, opponevano anzi l’ideologia nazionalista a quella internazionalista socialista), i

Werkvereine erano nientemeno che “sindacati gialli”, istituiti negli

stabilimenti ad iniziativa o con il sostegno del datore, essenzialmente allo scopo di negoziare con il personale le condizioni di lavoro in assenza di conflitto102. A pochi anni dalla futura Costituzione di Weimar, il

Vereingesetz del 1908 introdusse una iniziale – debolissima –

liberalizzazione: i sindacati non dovevano più essere di per sé considerati organizzazioni politiche, soggette al controllo dell’autorità, sebbene potessero comunque essere dichiarate tali. Sui sindacati che volessero ottenere personalità giuridica incombeva un onere di registrazione subordinato al superamento dei controlli di polizia operati dallo Stato centrale103.

Il disfavore dello stato imperiale per lo sviluppo del sindacato si manifestava specialmente sul piano della repressione del conflitto. Dopo le lotte del 1905 e gli scioperi della primavera 1912 nel settore minerario (specialmente nel bacino della Ruhr)104, che portarono a duri interventi repressivi della polizia e a moltissime condanne penali, il governo minacciò i sindacati di introdurre una legge ancora più restrittiva in materia di sanzioni penali per lo sciopero105.

Il rovescio della medaglia era un rilevante intervento legislativo a protezione del lavoro subordinato106, che, fra le sue misure, ricomprese la

101 Ramm T., op. cit., 58.

102 Queste associazioni si riunirono, nel 1910, nelle Hauptauschuss nationaler

Arbeiterverbände, v. Apolant H.-A., Die wirtschaftsfriedliche Arbeitnehmerbewegung Deutschlands: Werden, Wesen und Wollen der gelben Organisationen, Berlin, Verlag von

Julius Springer, 1928, 27.

103 Prima di questa legge, dal momento che i sindacati venivano considerati associazioni di

tendenza secondo le legislazioni dei vari Land, erano tenuti a fornire alle autorità l’elenco dei propri iscritti e sottoposti al controllo dell’autorità nel caso in cui intendessero acquisire personalità giuridica (in base al codice civile del 18 agosto 1896). Con la legge del 1908 si introduceva un regime di impugnazioni contro l’autorità amministrativa che impedisse l’iscrizione dell’associazione al registro delle associazioni riconosciute in ragione della sua tendenza politica, sociale o religiosa. In altre parole, i sindacati non erano più di per sé impossibilitati alla registrazione in quanto organizzazioni di tendenza, ma potevano sempre incontrare il veto dell’autorità allorché venissero considerate tali. Naturalmente, però, in Germania, i sindacati di norma erano associazioni con forti tendenze politiche o filosofiche.

104 Roth K.H., op. cit., 34 ss. 105 Weber P., op. cit., 33.

106 Ad esempio sul piano della sicurezza sociale (secondo una politica pensata da Bismark

come contrappeso alla repressione sindacale), su quello della regolamentazione di durata, salute, mansioni del lavoratore (Keiserliche Erlass del 4 febbraio 1890), nonché, infine, su

concessione di embrionali forme di partecipazione a livello aziendale. Una

Gewerbeordnung, rilasciata con decreto imperiale nel 1891, permetteva la

creazione volontaria, da parte del datore di lavoro, di comitati dei lavoratori (Arbeitsnehmerausschüsse), che avrebbero potuto partecipare alla determinazione delle scelte che riguardavano l’impresa o alcuni aspetti del rapporto di lavoro (premi, pensioni, tempo della giornata lavorativa, ferie…)107. La regolamentazione imperiale tentava di dare così risposte istituzionali ai dilaganti fenomeni dell’occupazione delle fabbriche e della creazione dei primi comitati dei lavoratori spontanei108. Si continuò su questa strada anche con il successivo keiserlichen Erlass del 4 febbraio 1890 e poi con la Gewerbeordnung del 1 giugno 1891, che poneva, per la prima volta, le basi giuridiche per la creazione di una “costituzione aziendale”109. I paragrafi 134b, 134c e 134h prendevano in esame l’esistenza di consigli aziendali e le rispettive prerogative. In particolare, sarebbero stati Arbeiterausschüsse ai sensi della Gewerbeordnung varie tipologie di organizzazioni dei lavoratori (comitati, casse di mutuo soccorso…), i cui membri fossero scelti a maggioranza dalla comunità aziendale (§134h). Una delle novità della Gewerbeordnung era costituita dall’introduzione dell’obbligo per il datore di predisporre un

Arbeitsordnung sull’organizzazione del lavoro (negli stabilimenti con più di

venti dipendenti), vincolante per tutti i dipendenti e per lo stesso datore di lavoro (§134c)110. L’importanza degli Arbeiterausschüsse era da ricollegare anche alla possibilità che essi potessero incidere sul regolamento interno normalmente predisposto dal datore di lavoro (§134b). Nel caso in cui esistessero Arbeiterausschüsse, sarebbe stato possibile prevedere all’interno quello della tutela processuale dei diritti dei lavoratori (si pensa alla legge del 29 luglio 1980 istitutiva dei tribunali del lavoro).

107 Thüsing G., Betriebsverfassungsgesetz und Wahlordnungen, München, C.H. Beck

Verlag, 2006, v. Einführung, XI.

108 Come è stato scritto in proposito, «la legislazione del periodo imperiale in materia di

lavoro nell’industria fu ispirata al raggiungimento di due obiettivi: realizzare l’integrazione dei lavoratori nell’organizzazione statale e riconoscere a questi ultimi una condizione di parità con i datori di lavoro, almeno per quanto riguardava l’autogestione» (corsivo nel testo), Ramm T., Per una storia della costituzione del lavoro tedesca, Milano, Giuffrè, 1989, 61. L’autore sottolinea come lo Stato imperiale avesse accompagnato la legislazione antisocialista ad una legislazione sociale in favore della classe lavoratrice; la circostanza ingenerava un «atteggiamento di attesa da parte della classe lavoratrice nei confronti dello Stato (…). Con ciò era stata aperta la via alla creazione della costituzione del lavoro della repubblica di Weimar», Id, ivi, 67.

109 Così sarà in seguito denominata la legge sui consigli d’azienda, Betriebsverfassung. 110 Il regolamento interno avrebbe dovuto prevedere: disposizioni in materia di inizio e fine

della giornata lavorativa, regime delle pause, delle modalità e dei tempi di pagamento della