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Noi-autori, noi scienziati: uso esclusivo della prima persona plurale

3. Dai muoni alle galassie

3.1. Gli attori della comunicazione

3.1.3. Noi-autori, noi scienziati: uso esclusivo della prima persona plurale

Come ho detto prima all’altro estremo della scala di inclusione/esclusione vi è un uso esclusivo della prima plurale, che vuole riferirsi agli scienziati, agli esperti in fisica o agli autori dell’articolo.

(16) Partendo dal lavoro di altri gruppi di ricerca, il mio collaboratore Giuseppe Lodato, dell’Università degli Studi di Milano, e io abbiamo pubblicato una serie di articoli nel 2006 e nel 2007 in cui ipotizzavamo un nuovo meccanismo che avrebbe potuto produrre semi di buco nero con massa maggiore fin dall’inizio. (PBNM 2018, p.32)

(17) Abbiamo calcolato stime superiori e inferiori per l’EBL anche da galassie ancora più lontane e antiche, a spostamenti verso il rosso maggiori di 1. (TLT 2015, p.34)

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i più rari), e i falsi segnali provocati da effetti spuri (il cosiddetto «fondo») diventano via via dominanti. L’effetto è simile a quello di una persona che cerca di captare un’esile voce in una stanza piena di rumori. (PMT 2015, p.59)

(19) Il vero messaggio è che abbiamo un mistero di fronte a noi, e che non sappiamo quale sarà la soluzione. Fino a quando non la troveremo, dovremo essere aperti a una miriade di spiegazioni, compresa la possibilità affascinante di vivere accanto a una realtà parallela oscura. (IMC 2015, p.41)

Qui abbiamo degli esempi di verbi alla prima persona plurale esclusiva che si riferiscono solamente agli autori degli articoli ed hanno diverse funzioni. L’autore si riferisce a sé stesso quando presenta ulteriori ricerche, a conferma della propria competenza, oppure semplicemente nel descrivere i vari passaggi della ricerca che sta proponendo. In (16), la prima occorrenza si riferisce all’autore e ad un enunciatore subordinato specifico (sezione 3.3) e presenta alcune ricerche passate utili a confermare l’autorità epistemica di chi scrive; il secondo fenomeno, invece, è un verbo illocutorio, anch’esso al passato. In questo caso, alcune prime idee che poi verranno sviluppate in seguito, essendo il cuore dell’articolo presente, erano già state pensate ma solo come ipotesi. L’esempio (17) invece mostra un verbo illocutorio verdettivo: nella scienza, infatti, ogni risultato di un calcolo è di per sé un giudizio giustificato. Il verbo è qui usato al passato e comunica implicitamente le sue presupposizioni: se ne può inferire che ha avuto un certo effetto e che ora i ricercatori sappiano in quale range di valori si colloca il valore dell’EBL. Gli autori si riferiscono a loro stessi anche e soprattutto quando devono guidare il lettore all’interno del discorso, anticipando o richiamandosi a qualcosa che già avevano detto: è il caso dell’esempio (18), che orienta il lettore all’interno del discorso ricordandogli, in una glossa, l’argomento che era già stato trattato. Qui la funzione è anaforica e tende a ricordare una definizione data in precedenza nel testo. L’ultimo esempio (19), mi sembra interessante: ad una prima lettura potrebbero sembrare prime persone inclusive, che cioè tendono a riferirsi a tutti noi, lettori compresi. Secondo me, invece, vanno lette come prime persone esclusive di un tipo molto particolare, che coinvolge un meccanismo di rappresentanza: le azioni descritte riguardano gli scienziati (ecco perché esclusive, si rivolgono a loro e solo a loro), che però in questo momento agiscono per tutti noi come rappresentanti della specie umana e nell’interesse di noi tutti. C'è poi un aspetto esercitivo qui, perché mi pare che gli autori stiano riassumendo il succo del loro articolo: spiegano qual è "il vero messaggio", il cuore di quanto hanno scritto. Qui si gioca la loro autorità in quanto firmatari dell’articolo, non in quanto scienziati. Se poi guardiamo il contenuto del messaggio, ci sono diversi atti illocutori: due ammissioni o concessioni (non sanno quale sia la soluzione né quando la si troverà) ed un’esortazione, introdotta dal verbo dovere. Tutti questi stanno nell'elenco degli esercitivi: io credo

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che le due ammissioni possano essere attribuite agli scienziati, che sono gli unici in grado di cambiare qualcosa attraverso le loro ricerche, mentre l’esortazione, benché comunque esercitiva, vada considerata borderline, perché spesso utilizza retoricamente la prima persona plurale inclusiva. Dunque, quando la prima persona plurale è esclusiva e si riferisce agli autori, questi si mostrano come persone competenti, autorevoli in questo tipo di comunicazione e pienamente in grado di dare giudizi basati proprio sulla loro competenza. l'uso della prima persona non in performativi espliciti ammette una differenza fra l'agente-enunciatore dell'atto illocutorio e la collettività di soggetti rappresentata nell'enunciato come soggetto del verbo alla prima persona plurale.

Lo stesso uso esclusivo, però, può riferirsi non solo agli autori, ma agli scienziati in generale, gruppo nel quale gli autori si riconoscono e vogliono essere riconosciuti, aspetto che curano proprio utilizzando la prima persona e non la terza plurale.

(20) La nostra conoscenza delle polveri si basa sull’osservazione del mezzo interstellare (UP 2016, p.19)

(21) E quello che sappiamo sulla crescita dei buchi neri ci dice che questo scenario è altamente improbabile. (PBNM 2018, p.31)

(22) Le proprietà decisive di queste particelle coincidevano con quelle dei quark. Gli scienziati avevano anche dimostrato che l’interazione forte – in contrasto con l’elettrodinamica quantistica, che descrive l’interazione elettromagnetica – diventa tanto più debole quanto più in profondità si penetra nel protone. Oggi sappiamo che questa è una proprietà fondamentale di una teoria per l’interazione forte, la cosiddetta cromodinamica quantistica. (TMQ 2018, p.65)

(23) Deve esistere quindi un mattoncino ulteriore, un sistema di leggi ancora più fine di quello che conosciamo, in grado di far luce sulla fisica oltre il modello standard e offrire una spiegazione alle tante domande che attendono risposta. (CS 2017, p.20)

In (20) è la conoscenza scientifica, posseduta dagli esperti e dagli addetti ai lavori quella che viene richiamata. Gli scienziati vengono sempre presentati come fonti di sapere certe ed autorevoli, come nei tre esempi successivi, dove “sapere” (21) e “conoscere” (23) sono verbi di atteggiamento proposizionale epistemico usati in modo fattivo (22). In (21) è ben evidente questo mostrare la scienza e chi ne faccia parte come soggetto completamente autorevole, perché detentore della conoscenza diretta, di prima mano: il soggetto di “dire” è un contenuto della scienza, un enunciato cioè ritenuto vero dalla scienza, attraverso un’antropomorfizzazione.

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L’ultimo esempio vede in funzione la prima persona plurale con diversi riferimenti: si inizia descrivendo ciò che la scienza moderna cerca di fare, ovvero imitare una natura che, in termini di processi creativi, sembra avere molte più competenze di “noi” tutti esseri umani.

(24) La scienza moderna cerca spesso di imitare processi che la natura sa fare meglio di noi: il Sole brucerà tranquillamente la sua riserva di idrogeno per qualche miliardo di anni, il che ci permette di dire che la fusione è già la sorgente principale e praticamente inesauribile di energia per la biosfera terrestre! A discolpa delle nostre difficoltà possiamo dire che una stella ha il vantaggio delle grandi dimensioni: il loro effetto è di garantire il confinamento del combustibile grazie all'enorme forza di gravità e di limitare le perdite di energia in forma di radiazione elettromagnetica. (DFNC 2014, p.20)

Abbiamo dunque visto come si manifesti la presenza autoriale all’interno dei testi. Ereditando una certa prassi dagli articoli di ricerca, anche qui raramente l’autore si presenta alla prima persona singolare, evitando così di mettere la faccia in dichiarazioni e giudizio troppo pesanti e cercando di nascondersi, con un meccanismo di debrayage (2.1.2), per dare al lettore l’impressione di massima oggettività. Gli autori preferiscono esprimersi alla prima plurale, ma anche qui abbiamo delle novità rispetto al suo funzionamento studiato per la scrittura scientifica ed accademica. Si va da un “noi” più esclusivo, attraverso il quale chi scrive dichiara e conferma le proprie competenze atte a dimostrare il proprio status di comunicatore autorevole, ad un noi che include gli autori del testo nella comunità degli scienziati; a volte sono gli autori stessi dell’articolo il referente della prima plurale, altre volte è il mondo della scienza. Anche in quest’ultimo caso, gli autori vi si includono, chiamando ipotesi e teorie condivise dalla comunità scientifica a garantire le loro prese di posizione.