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1. Comunicare la scienza: questione di prospettive

1.2. Alcuni spunti dall’analisi semiotica del testo scientifico

1.2.4. La divulgazione scientifica: una prospettiva semiotica

L’ultimo lavoro presente nella raccolta analizza alcuni articoli divulgativi pubblicati sui principali quotidiani francesi e sulla rivista “Nature” all’indomani delle rivelazioni della sonda Voyager I sull’aspetto di Saturno. Bastide (2001, pp. 272-293) affronta qui alcuni nodi secondo lei problematici della divulgazione scientifica: più che concentrarsi sulla perdita d’informazione o sulla trasformazione possibile dei risultati dall’esposizione scientifica al suo corrispettivo contenuto divulgato, la studiosa si concentra su quelle che ritiene tipicità del genere popolare.

La divulgazione porta con sé una pretesa, generalmente riconosciuta, ovvero la possibilità di condividere il sapere, previa una rimodulazione dei mezzi e dei linguaggi. Data la prepotente settorializzazione dei campi del sapere con la conseguente proliferazione di linguaggi altamente specialistici, Bastide (2001, p. 272) si chiede se davvero sia realizzabile questo presupposto, laddove spesso è difficile la comunicazione fra studiosi della stessa disciplina, ma con indirizzi ed interessi differenti. C’è anche la questione degli strumenti, sempre più tecnici, che richiedono, da parte dei non esperti del settore, ancora più fiducia nelle capacità degli esperti di saperli utilizzare. Anche la costruzione del pubblico di riferimento appare problematica: deve infatti essere un pubblico appartenente ad una stessa cultura, insieme completamente profano agli argomenti della scienza e massimamente curioso, tanto da accettare di venire continuamente rappresentato in questo modo e sottoposto ai contenuti divulgativi.

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Queste riflessioni si concretizzano nell’analisi della coordinata deittica dell’ego e Bastide (2001, pp.274-276) osserva tre distinte strategie. Gli articoli tratti da “Libération” mostrano una netta dicotomia tra i lettori e gli scienziati, questi ultimi messi a nudo dal giornalista stesso nella loro impreparazione davanti alle sorprendenti immagini della sonda. Tutte le strategie discorsive mirano alla costruzione di un giornalista intermediario, che non fa parte delle due categorie ma che strizza l’occhio al suo lettore: i titoli hanno il sapore dello scherno ed aumentano le costruzioni citazionali, che tentano di trasformare il discorso intercalato in discorso riportato anche quando non lo è davvero. La strategia di “La Recherche” si discosta notevolmente: qui abbondano i “si” impersonali e l’uso della prima persona plurale, dando l’impressione, più che di un articolo, di un insieme di riflessioni ed osservazioni personali, che veicolano comunque conoscenza. L’obbiettivo è quello di sovrapporre autore e lettore: non c’è una esplicita presa in carico di ruoli da intermediario. Bastide (2001, pp.275-276) colloca “Le Monde” in posizione neutra rispetto ai due quotidiani precedenti: il discorso è oggettivo, le citazioni sono rare e quasi tutte le operazioni cognitive vengono attribuite alla sonda stessa. Non viene dichiarata nessuna distanza, anzi, il tono è didattico, mostrando un enunciatore competente che si pone dalla parte degli scienziati. Analisi a parte merita “Nature” rivista inglese di alta divulgazione: appare qualche costruzione con il passivo, che avvicina enunciatore ed enunciatario, ma sparisce completamente il “si” impersonale. La prima plurale, invece, è usata qui per indicare le operazioni effettuate dagli autori nel processo della loro ricerca, descrivendo al presente i risultati della ricerca. Il “noi” qui, distingue molto bene i fautori ed espositori della ricerca ed il pubblico non specializzato. Nonostante le differenze, Bastide (2001, p. 278) nota come al pubblico sia comunemente riconosciuta un certo grado di ignoranza condivisa.

Un altro aspetto sul quale la studiosa riflette è la costruzione di questa notizia come avvenimento e tutti i processi di significazione che questo comporta. Anche in questo caso si parte dalla costruzione di un lettore tipo: idealmente, è un lettore mosso da grande curiosità, che sembra essere divorato dalla conoscenza dei minimi particolari tecnici delle scoperte, che subito gli vengono forniti, ma che accetta tali notizie solo se strutturate come dimostrazioni. L’avvenimento è credibile solo se si dimostra convincente e poiché può apparire tale solo se si è in grado di valutare il saper fare pragmatico degli autori, le loro metacompetenze, sembra quasi che il lettore che ci si aspetta sia uno specialista dello stesso

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campo degli autori. Quindi, dice Bastide (2001, p. 280), può venire il sospetto che la divulgazione sia solo il mezzo più veloce per dialogare fra esperti, mentre le vere scoperte devono ancora avvenire, mentre arrivano e si interpretano i dati. Un ruolo fondamentale nella costruzione della notizia come avvenimento lo svolge l’effetto sorpresa (il cui correlativo scientifico è l’inatteso):

L’inatteso, la sorpresa è ciò che differisce, sull’asse del tempo, rispetto a ciò che era stato previsto, in funzione dell’esperienza precedente. Il suo equivalente sul piano spaziale potrebbe essere lo strano, ciò che è situato in un altrove rispetto allo spazio quotidiano, che non si era ancora visto e che è diverso dal familiare. (Bastide 2001, p. 281)

L’elemento sorpresa viene montato anche grazie alla costruzione di resistenze, che impediscono di vedere a fondo e, quindi, di capire e conoscere a fondo: è il caso delle nebbie atmosferiche che impediscono alla sonda di fotografare tutto. C’è però una sorta di equilibrio fra l’esigenza di raccontare l’evento con toni sorprendenti e la missione divulgativa di spiegarlo al pubblico, di chiarirne i nessi logici per renderlo naturale. Questi due modi di comunicare le informazioni stimolano due tipi di curiosità (Bastide 2001, pp. 284-285): quella attiva tipica degli scienziati, che leggono l’universo come un enorme laboratorio, alla ricerca dei nessi logici che lo rendano più famigliare; quella del pubblico, basata su una forte componente emotiva, che passivamente segue i resoconti di chi se ne occupa. A questa seconda tipologia di curiosità, che è quella che più facilmente muove a sconvolgimento, gli scienziati sembrano non prendere parte mentre i giornali si interrogano e si dividono sulla sua realtà. Sicuramente ci sono due modi per comunicare le informazioni: far leva sulla mission educativa stimolando conoscenze e curiosità attiva, oppure puntare sulla sfera emotiva. Anche su quest’ultimo piano, le narrazioni dei tre giornali francesi differiscono: “Le Monde” sposa appieno lo stile del discorso fiabesco ben analizzato dalla semiotica generativa, mettendo in campo una trasformazione eroica, che pone fine ad una situazione negativa. L’eroe, nella narrazione, è sicuramente la sonda, destinata all’oblio ed al sacrificio supremo dopo la missione: frequenti antropomorfizzazioni invitano il lettore al coinvolgimento, come se Voyager I fosse il più temerario degli inviati televisivi. In “Libération”, la sfida è tra l’ignoto ed atipico Saturno e gli scienziati, che bramano conoscenze e spiegazioni: anche qui troviamo forme antropomorfizzanti, ma la sonda è più un osservatore, che filma e ruota intorno alla vera quest cognitiva. “La Recherche” mantiene

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la scelta di identificazione tra enunciatore ed enunciatario e cerca di far immedesimare il lettore con i dubbi e le angosce dei ricercatori: andrà tutto bene? La sonda continuerà a funzionare?

La “domanda” è la forma scientificamente accettabile del “mistero” […]. Il “problema” ha un aspetto rassicurante, poiché presuppone l’esistenza di una soluzione. (Bastide 2001, p. 289)

Il rapporto fra i due tipi di curiosità permane: volendo stilare una classifica dei tre giornali, l’oggetto in questione viene sempre più ingrandito, rendendolo più accessibile ed appetitoso: ma rimane importante delineare bene i confini del problema al lettore meno esperto, per il quale tutto è possibile. Bastide sembra notare (Bastide 2001, p. 293) che ai modi di vedere il lettore siano proporzionate anche le scelte linguistiche: il lettore integrato e sovrapposto agli scienziati potrà avere diritto ad essere interessato ed a porsi e porre delle domande; quello lasciato fuori, beneficerà del misterioso e della dimensione dello spettacolo. Ma come fare a mantenere alta la curiosità, sapendo che il sapere è uno sforzo continuo e, spesso, un viaggio noioso? Due strategie sono evidenziate dall’analisi, per “imparare senza fatica” (Bastide 2001, p. 294): formulare la notizia come racconto di viaggio o come reportage di una partita. Il primo sfrutta l’elemento sorpresa e la varietà degli oggetti, il secondo lo statuto della sfida e l’incertezza del risultato finale. Tutti i testi, comunque, sfruttano la dimensione polemica che si dimostra qui antidoto contro la noia.