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Divulgazione scientifica: aspetti testuali, morfosintattici e lessicali

1. Comunicare la scienza: questione di prospettive

1.3. Il linguaggio della divulgazione

1.3.4. Divulgazione scientifica: aspetti testuali, morfosintattici e lessicali

Come ho anticipato sopra, le analisi che presenterò partono tutte da un confronto tra il testo di divulgazione ed il testo di ricerca scientifica. Dal punto di vista testuale, morfosintattico e lessicale quest’ultimo cerca di esprimere chiarezza, massima oggettività e trasparenza. Lo fa, per quanto riguarda la testualità, rinunciando ai sinonimi (Serianni 2003) (con ricadute sui richiami anaforici), cercando unitarietà e coerenza del testo attraverso logodeittici (Gotti 1991; Sobrero 1993) (formule standard come “cfr”, “vedi”, ma anche sintagmi anaforici quali “come già scritto”), abbondando nell’utilizzo dei connettivi (Cortelazzo 1990; Serianni 2003) (utili ad indicare processi di deduzione logica, contrasto, continuità semantica, esemplificazione, certezza/dubbio), sfruttando l’azione di hedges e booster sulla forza illocutoria degli enunciati (Hyland 2002; Ierardi e Stancampiano 2018; Stancampiano 2020) (“probabilmente” / “certamente”, “suggerire” / “osservare”), eliminando i markers di deissi personale in favore di formule passive od impersonali (Gotti 1991; Sobrero 1993).

L’analisi morfosintattica rivela, nel testo scientifico, un ampio uso della nominalizzazione: lasciando al secondo capitolo di questo lavoro (§ 2.4.8.1) l’analisi del fenomeno, voglio far notare qui che la letteratura riconosce questa tendenza come comune sia nell’inglese che in italiano; essa risponderebbe al bisogno di “deagentivizzazione e condensazione” tipico dei linguaggi tecnico-scientifici, che mirano all’imparzialità ed all’eleganza(Cortelazzo 1990, p.14)13. L’uso della nominalizzazione dà la possibilità agli scienziati di allargare il potenziale semantico dei lessemi in gioco solleticando le doti di astrazione del ragionamento scientifico, attraverso il “potere metaforico” (Halliday 1998, p.195) appunto dei gruppi nominali (§ 3.6.1). Gli autori dibattono se l’uso della nominalizzazione renda la lettura del testo più semplice o più difficile: Altieri Biagi (1974) parla di semplificazione sintattica, Halliday (1998), al contrario, imputa all’uso delle nominalizzazioni la difficoltà dei testi scientifici, accessibili solo agli esperti. Molto frequente è anche l’uso dei passivi: essi aiutano gli autori nella costruzione delle frasi, con un ordine di informazioni che predilige catene di ragionamento, che trasformano il rema della frase precedente nel tema di quella

13Questa idea di Cortelazzo non mi trova del tutto concorde. Io collegherei la nominalizzazione con l'esigenza di oggettivazione: infatti i nomi richiedono un referente, quindi rendono "oggetto" di riferimento ciò che altrimenti potrebbe essere descritto o narrato da un predicato.

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successiva, tematizzando l’oggetto della prima nel soggetto della seconda (Altieri Biagi 1974; Baratta 2009; Cortellazzo 1990; Hyland 2002). Per quanto riguarda gli usi delle forme verbali, nel linguaggio tecnico-scientifico si evidenzia una netta riduzione di tempi, modi e persone verbali a favore della terza persona singolare dell’indicativo presente (Altieri Biagi 1974; Baratta 2003; Harwood 2005; Hyland 1998, 2002), con aumento delle forme implicite e nominali del verbo (gerundi e participi nominalizzati o cristallizzati in forme canoniche). Cortelazzo (1990, pp.13 e 14) nota anche la prevalenza dei verbi “semanticamente generici” (“avvenire”, “essere”, “dipendere”), o la desemantizzazione del verbo attraverso l’uso di forme composte o impersonali. Viene prediletta la paratassi.

Come tutti i linguaggi tecnico-scientifici, anche gli articoli di ricerca presentano, sotto il profilo lessicale, numerosi tecnicismi: sono lessemi monoreferenziali, privi di sinonimi e sostituibili solo con perifrasi o definizioni (Sobrero 1993). Servono a rispondere all’esigenza di questi linguaggi di trovare delle corrispondenze biunivoche tra i concetti da spiegare ed i termini usati per farlo. Questi tecnicismi posso formarsi per rideterminazione semantica di parole già presenti nella lingua d’uso, attraverso prestiti o calchi dalle lingue straniere o creando neologismi derivazionali o composizionali. Accanto ai tecnicismi “puri”, sono stati notati “tecnicismi collaterali” (Serianni 2003), ovvero quelle espressioni non necessarie alla denotatività scientifica, ma stereotipizzate ormai nell’uso tecnico. Il dialogo con le lingue straniere, in particolare con l’inglese, non si ferma al calco od al prestito di alcuni lessemi: ci sono infatti intere espressioni, che sono utilizzate costantemente negli articoli scientifici italiani perché focalizzano subito l’attenzione sull’oggetto in questione e conferiscono autorità a chi le usa (Altieri Biagi 1974; Berruto 1987; Cortelazzo 1990). È il caso di sigle ed acronimi, anche lessicalizzati e quindi autonomi dai sintagmi da cui derivano, eponimi e fraseologismi entrati ormai nell’uso dell’italiano. Cortelazzo (1990) porta anche in evidenza l’uso di derivazione e composizione, due strategie di formazione lessicali, mentre Altieri Biagi (1974) pone l’attenzione sui gruppi proposizionali, più articolati che nel linguaggio comune.

La divulgazione scientifica presenta qualche differenza rispetto a tutti e tre i piani di analisi. Dal punto di vista testuale, non essendoci un formato standard riconosciuto, si registra in questi testi una minore prevedibilità rispetto all’organizzazione testuale. Se non emergono

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sezioni centrali di maggiore importanza, come quelle dei metodi e dei risultati nell’articolo di ricerca, introduzione e discussione assumono un ruolo fondamentale (Cortelazzo 1990; Gotti 1996; Hyland 1998; Matinez-Insua 2019; Plappert 2019; Shortland e Gregory 1991): offrendosi ad un pubblico non specializzato in riviste potenzialmente multidisciplinari, i contributi dovranno cercare di catturare l’attenzione dei lettori e tenerli “sul pezzo” fino alla fine. Questo tipo di costruzione del testo incoraggia, secondo gli autori, l’uso della deissi personale, con l’uso della prima e della seconda persona singolare e plurale. Anche lo stile del discorso si avvicina a quello narrativo, perdendo la caratteristica struttura argomentativa dell’articolo di ricerca. Gotti (1996) dichiara anche l’assenza, nei testi divulgativi, della presenza di hedges e boosters, non essendo gli autori interessati a mitigare o rafforzare la forza illocutoria dei loro enunciati.

Gli autori sottolineano anche alcune differenze morfosintattiche: aumento dell’uso delle forme verbali, uso degli aggettivi ed abbandono della nominalizzazione a favore di una sintassi fondamentalmente ipotattica (Cortelazzo 1990; Gotti 1996; Shortland e Gregory 1991; Sobrero 1993). Antonini (1994), smentisce alcune di queste evidenze: nota un andamento sintattico che simula il parlato spontaneo, utile a prendere le mosse da una notizia che provoca stupore e meraviglia e crea nell’ascoltatore un sistema di attese con riferimenti specifici. La studiosa nota anche frequenti procedimenti di ellissi e nominalizzazione che aiutano notevolmente la coesione sintattica e che consentono la scansione ordinata dei nessi logici e la messa in rilievo delle informazioni rilevanti. La comprensione generale degli argomenti, secondo Antonini (1994), dipende non dalla struttura sintattica ma da quanto gli stessi argomenti siano entrati a far parte del discorso comune. Sia la studiosa che gli altri notano l’uso massiccio delle domande, soprattutto in apertura, utili a simulare un dialogo tra il lettore e lo scienziato, che sembra seduto di fronte a chi legge come in un’intervista. Gotti (1996) sostiene che il lessico della divulgazione sia decisamente meno elevato di quello dei testi di ricerca, avvicinandosi molto al lessico del linguaggio comune. Per permettere la comprensione del testo, si procede alla riformulazione dei termini specifici in un lessico d’uso nella lingua comune, li si fa seguire da una parafrasi esplicativa, laddove

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non risultassero corrispettivi nel lessico comune, oppure si sciolgono acronimi e sigle nei loro componenti14.