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NOZIONI GENERALI E NORMATIVE DI RIFERIMENTO

2.4 ORGANISMO DI COMPOSIZIONE DELLA CRIS

2.5.1 L’AVVIO E L’APERTURA DEL PROCEDIMENTO

Il procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento è disciplinato dagli artt. da 6 a 20 della legge del 27 gennaio 2012, n. 3 ed è articolato in quattro fasi che, salvo eventi in grado di far cessare la procedura in via anticipata, si susseguono logicamente:

1) Fase di avvio;

2) Fase di raccolta dei consensi; 3) Fase di omologazione;

4) Fase di esecuzione dell’accordo.

Nella fase di avvio avviene il deposito della “proposta di accordo”, quest’ultima è di primaria importanza, poiché è in questo momento che si

instaura un primo rapporto tra debitore e giudice. Solo in un secondo, infatti, il debitore inizierà a rapportarsi con i suoi creditori, nello specifico l’inizio di tale rapporto sarà subordinato al positivo vaglio della commissione giudiziale.

La domanda allora per far si che questo avvenga dovrà contenere una serie di documenti volti ad indurre il giudice prendere la sua decisione avendo una visione completa della situazione in cui versa il debitore.

Accanto alla suddetta proposta devono, inoltre, essere inseriti dati relativi a:

• Competenza territoriale del tribunale;

• Assistenza di un organismo di composizione delle crisi che deve essere iscritto nell’apposito registro e deve avere sede nello stesso circondario del tribunale di riferimento;

• La qualificazione del debitore come soggetto in stato di sovraindebitamento, non assoggettabile a procedure concorsuali.

Inoltre, devono essere inseriti, e depositati assieme alla proposta, un elenco dei creditori e dei rispettivi crediti, un elenco dei beni del debitore che potrebbero essere volti a soddisfare tali crediti, un elenco di tutti gli atti di disposizione patrimoniale compiuti negli ultimi cinque anni dal debitore, le dichiarazione dei redditi degli ultimi tre anni, le scritture contabili sempre degli ultimi tre anni, una attestazione, fatta dall’imprenditore stesso, o meglio ancora dal professionista incaricato che assiste il debitore.

La completezza e la precisione nel fornire tutta questa documentazione richiesta sono dei requisiti essenziali per diversi motivi: il primo risiede nel fatto dalla completezza dipende l’ammissibilità al piano, il secondo che la precisione nella descrizione contribuisce a provare l’esistenza di presupposti di ammissibilità alle procedure di gestione della crisi, in ultimo alcuni documenti hanno una natura selettiva, stabiliscono cioè chi sono quei debitori che possiedono il requisito della “meritevolezza”.

La fase di raccolta dei consensi consiste nella proposta di accordo al creditore, ad oggi le modalità di perfezionamento dell’accordo sono disciplinate senza la previsione di specifici intervalli temporali.

L’art. 11 della legge 2/2012 al primo comma, dispone che il creditore deve far pervenire agli organi di composizione della crisi una dichiarazione sottoscritta del proprio consenso. La dichiarazione ha una valenza determinante, poiché nel caso in cui il creditore non presenti nulla nei giorni precedenti l’udienza fissata dal tribunale, aderisce automaticamente alla proposta di accordo. Quindi, anche se il legislatore parla esplicitamente di “consenso”, si presume che il creditore dissenziente, entro dieci giorni prima dell’udienza esprima il proprio parere motivato.

Il ruolo del creditore, nel processo di crisi aziendale può essere determinante, spesso infatti succede che alcune organizzazioni economiche siano sostenute senza particolari problemi dagli istituti di credito, ma anche con la stessa prontezza abbandonate quando si presentano situazioni di crisi.

L’ipotesi da ultimo richiamata, non si presenta come meramente teorica, possiamo infatti considerare gli eventi borsistici che hanno caratterizzato l’inizio del nuovo millennio, quando aziende molto note si trovarono sull’orlo del fallimento, con il valore dei titoli crollato e con enormi difficoltà nel riuscire ad riattivare il clima di fiducia29.

Sono molto frequenti, infatti, in situazioni di crisi fenomeni quali fuga di capitali e richieste di rientro dei fidi mosse dai creditori.

In una situazione di crisi aziendale, come scrive Umberto Bertini, “a mio modesto parere i fattori di successo sono cinque e possono essere cosi individuati:

• la lungimiranza del soggetto economico; • la vitalità del capitale di rischio;

• la qualità del management;

• la sistematicità e flessibilità dell’organizzazione

• l’orientamento strategico della gestione.”30

Qualora l’azienda nonostante la sua situazione di crisi abbia alcuni dei requisiti sopra richiamati, ad esempio un’organizzazione flessibile o un coerente orientamento strategico nella gestione, è altamente probabile che un creditore, sia esso un fornitore o un istituto di credito, veda la situazione in maniera differente e sia disposto ad accettare un eventuale stralcio dei crediti pregressi, dando parere favorevole o, addirittura, qualora ci sia qualcosa da salvare, essere disponibile a farlo.

La terza fase è quella dell’omologazione dell’accordo, in questa fase un ruolo fondamentale è ricoperto dall’organo di composizione della crisi, il quale deve accertare se la soglia di adesioni alla proposta sia raggiunta, se così non fosse, si renderebbe necessaria una sospensione della procedura preparatoria, con immediata trasmissione degli atti al giudice e, conseguente pronuncia del decreto di improcedibilità.

Tuttavia, non possiamo escludere che il giudice competente, avendo l’ultima parola, possa essere di parere contrario e riconsegni gli atti all’organismo affinché proceda comunque all’informativa dei creditori. Se invece, l’esito dei consensi è subito positivo, si procede all’espletamento della fase che è quella dell’omologazione dell’accordo, disciplinata dall’art 12 delle legge 3/2012.

Prima di procedere oltre, la disposizione di cui all’art. 10 dispone che il giudice deve verificare se sono state messe in atto iniziative volte a minare l’integrità patrimoniale dei creditori, effettuando la verifica dei presupposti dell’omologazione i quali consistono nel raggiungimento del 60% dei crediti e nella fattibilità effettiva del piano31 .

In merito alla fattibilità del piano, l’art. 7 della stessa legge prevede che il piano deve assicurare ai creditori estranei all’accordo il regolare

30 U. BERTINI, Scritti di politica aziendale, Gappichelli, Torino, pag. 109.

31 Si da atto che la medesima disposizione si ritrova anche nell’art. 11, comma 5, L. 3/2012: “l’accordo è altresì revocato se risultano compiuti durante la procedura atti diretti a frodare le

pagamento, oltre che l’integrale pagamento dei titoli dei creditori privilegiati che non hanno rinunciato all’ammontare del proprio credito. Prime facie, tra il primo e il secondo comma dell’art. 12 potrebbe esserci una incongruenza, se il primo infatti sembra subordinare gli oneri informativi dell’organismo di composizione della crisi al raggiungimento dell’accordo, il secondo rimette tale verifica al giudice. I due commi in realtà non vanno considerati separatamente, ma possono essere combinati tra di loro rendendo l’interpretazione della norma più semplice e lineare. Secondo la dottrina maggioritaria32, l’organismo di composizione della crisi deve tenere informati i creditori in merito al raggiungimento della percentuale necessaria all’ottenimento dell’accordo tramite una relazione che verrà trasmessa agli atti. Se tra la relazione dell’organismo di composizione della crisi e la trasmissione al giudice intervengono ulteriori adesioni, allora sarà necessario farne menzione in una relazione integrativa visto che è compito del giudice quello di vigilare sul raggiungimento dell’accordo, in base alle percentuali previste dalla legge.

In caso contrario si dovrebbe affermare che il raggiungimento dell’accordo è sottratto ad un eventuale contraddittorio con i creditori controinteressati, ai quali resterebbe solo lo strumento del reclamo.

L’ultima fase della procedura, poi, consiste nell’omologa dell’accordo, ed è disciplinata dall’art. 12 comma 3, della legge n. 3/2012. Anche in questa fase ruolo centrale è quello dell’organismo di composizione della crisi, il quale avrà il compito di nominare il liquidatore, che dovrà possedere i requisiti previsi dall’art. 28 della legge fallimentare, tuttavia è da considerarsi anche l’ipotesi che il giudice nomini come liquidatore lo stesso organismo di composizione della crisi.

Al secondo comma dell’art.12, inoltre, sono individuate le altre funzioni dell’organismo di composizione della crisi, esse nello specifico sono: 1. Provvedere alla risoluzione di difficoltà che possono insorgere

nell’esecuzione dell’accordo;

2. Controllare il corretto svolgimento dello stesso e comunicare ai creditori eventuali criticità.

Al giudice spettano invece, le funzioni disciplinate dall’art.13, le quali consistono nella vigilanza sulla corretta esecuzione dell’accordo; lo stesso inoltre può riservarsi anche la possibilità di sospendere la procedura quando ricorrono gravi e giustificati motivi nel caso, ad esempio, in cui l’accordo risulti iniquo verso una delle due parti in causa.

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