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UN CASO AZIENDALE

5.1 INTRODUZIONE ALL’ANALISI DI SETTORE

L’origine dell’industria conciaria risale al Paleolitico, i primi metodi di concia di cui si ha testimonianza sono tre: concia a grassi (che consiste nel trattamento delle pelli secche con grassi di scarto), concia al vegetale (realizzata immergendo le pelli in acque contenenti estratti tannici provenienti dalla corteccia delle piante) e affumicatura (consiste nell’esposizione prolungata delle pelli ai fumi contenenti composti aldeici e fenolici).

Il perfezionamento e lo sviluppo di queste tecniche è stato dovuto all’evoluzione della specie umana.

Fino alla metà del XIX secolo, nonostante l’incremento della produzione, la concia delle pelli continuava ad essere realizzata con metodi tradizionali tramite il sistema dell’industria rurale a domicilio.

Un rivoluzionario cambiamento si ha alla fine del XIX secolo ed agli inizi del XX, quando gli sviluppi della scienza e della chimica cominciarono a trovare applicazione su scala industriale. Nacquero in questo periodo la concia al cromo, che vedeva l’utilizzo dei sali di cromo nei processi di concia; e concia al ferro, che prevaleva su quella al cromo considerato che almeno agli inizi non fu entusiasmante.

Vennero di seguito introdotti i bottali nel processo di produzione; questo portava enormi vantaggi sia per quanto riguarda la qualità delle pelli che per quanto riguarda i tempi di concia.

Cosi, se per millenni la produzione conciaria si è fondata sull’impiego di tecniche artigianali, in soli cinquanta anni, a seguito della rivoluzione industriale, la produzione conciaria ha assistito ad una radicale trasformazione che ha inciso notevolmente sul settore portando alla nascita dei distretti industriali e allo sviluppo dell’industria conciaria moderna. 5.2 ANALISI DEL SETTORE

Oggi, l’industria conciaria è considerata leader mondiale per l’elevato sviluppo tecnologico e qualitativo, lo spiccato impegno ambientale e la capacità innovativa in termini di design stilistico.

Il settore è composto principalmente da piccole e medie imprese (che in media impiegano dodici addetti) sviluppatesi in distretti industriali specializzati per tipologia di lavorazione e destinazione d’uso.

Non è possibile svolgere un’analisi accurata inerente allo sviluppo del settore conciario se prima non è fornita una definizione di distretto industriale.

Sono definiti distretti industriali quei contesti caratterizzati da una elevata concentrazione produttiva di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni e da una peculiare organizzazione interna.

I principali distretti che compongono il settore conciario italiano sono tre: il distretto veneto di Arzignano; il distretto toscano di Santa Croce sull’Arno e il distretto campano di Solofra. A questi si aggiungono altre regioni quali la Lombardia, ma con valori decisamente meno rilevanti. Di seguito, per avere una visione completa del settore di riferimento, verranno descritti in maniera piuttosto sintetica i tre distretti.

Il distretto conciario di Arzignano è situato nella Valle del Chiampo in Provincia di Vicenza e rappresenta uno dei principali poli europei nel

settore della concia nonché il più importante in Italia per volume di produzione e numero di addetti. Tutta la vallata del Chiampo (così chiamata per il corso d’acqua che attraversa il territorio), con i suoi 130 km2, da Crespadoro a Montebello, da Montorso a Zermeghedo, è coinvolta nella concia.

La specializzazione del distretto riguarda la preparazione e la concia di pelli a prevalenza bovine e in minima parte di vitello; le destinazioni delle pelli conciate sono rivolte al settore dell’arredamento (anche riferito agli interni delle automobili), della calzatura e della pelletteria.

Nel polo di Arzignano non sono presenti solo industrie conciarie propriamente dette, ma anche una serie di aziende specializzate in attività collaterali, il cosiddetto “indotto”, dalla meccanica dei macchinari per la lavorazione, alla chimica per i prodotti specifici, dai contoterzisti ai commercianti.

Il distretto di Santa Croce sull’Arno, situato nella Toscana centrale, si estende in un raggio di 10 km2 e conta circa 98.000 abitanti. Comprende i comuni di Castelfranco di sotto, Montopoli in Valdarno, Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte, San Miniato e Bientina nella Provincia di Pisa, e Fucecchio nella provincia di Firenze.

Il distretto di cui sopra è quello che raggruppa il maggior numero di aziende le quali si caratterizzano per l’elevato grado di artigianalità e flessibilità delle produzioni primariamente destinate all’alta moda; le lavorazioni riguardano soprattutto pelli bovine di medie e piccole dimensioni (tra cui vitelli), alcune delle quali utilizzate per la produzione del cuoio da suola che in Italia viene quasi interamente prodotto nei comuni di San Miniato e Ponte a Egola.

Come quello di Arzignano, anche tale distretto vede la presenza di contoterzisti ed aziende dell’industria chimica.

Il distretto conciario di Solofra (definita la “citta della pelle”), si estende su un territorio di circa 60 km2 nella zona sud occidentale della provincia di Avellino. Oltre al comune da cui prende il nome il distretto, ne fanno parte

Montoro Inferiore, Montoro Superiore e Serino. Tali comuni sono storicamente specializzati nella concia di pelli ovine e caprine di piccole dimensioni principalmente per l’industria della calzatura e della pelletteria. Possiamo riassumere quanto sopra esposto in una tabella:

VENETO TOSCANA CAMPANIA

Addetti 8.341 5.784 2.008

Imprese 467 534 163

Produz. (mln/€) 2.808 1.147 422 Fonte: Unic 2015 report annuale

Dal report dell’Unione Italiana conciatori a primo impatto potrebbe evincersi che il distretto più sviluppato sia quello di Arzignano, mentre quello che presenta maggiori problematiche sia quello campano di Solofra. Il primo, viene definito un “polo completo” per le attività della concia, con un mercato interno molto dinamico, esso infatti è una realtà all’avanguardia con tutte le capacità per stare al passo con i tempi e con le innovazioni.

Questo grazie alla flessibilità dei costi e alla presenza di un indotto in grado di facilitare il raggiungimento degli obiettivi tra cui quello primario relativo al raggiungimento di un elevato standard qualitativo del prodotto finito al quale inevitabilmente si lega la customer satisfaction.

Al contrario, il distretto di Solofra risulta essere il distretto meno all’avanguardia in ragione del fatto che ha difficoltà ad interagire con il mercato, c’è un minor ricorso ad intermediari specializzati e sono pochi gli accordi tra imprese per la valorizzazione e la commercializzazione del prodotto. L’unico modo che i produttori hanno per interfacciarsi con il mercato è la partecipazione a fiere e mostre.

In una posizione intermedia, più tendente verso Arzignano, collochiamo il distretto di Santa Croce sull’Arno. Esso, infatti, come Arzignano, è in grado di realizzare prodotti di elevata qualità e di stare al passo con gli

Ciò che lo contraddistingue favorevolmente rispetto al distretto di Solofra è la formazione e la qualificazione del proprio personale: vengono, infatti, offerti percorsi formativi di alto livello da consorzi e associazioni che raggruppano le imprese.

Al fine di svolgere un’accurata analisi del settore, si ritiene opportuno basare il lavoro su un arco temporale abbastanza ampio e, nello specifico, focalizzarsi sul periodo 2002-2014, poiché esso è un periodo in cui si sono susseguiti gli eventi più indicativi, in grado di circoscrivere ed inquadrare al meglio l’andamento del settore.

Procedendo per gradi analizziamo l’evoluzione intervenuta in termini di occupazione, numero di imprese, volume e valore della produzione in riferimento al periodo pre crisi, ovvero 2002-2006.

In questi anni si iniziano a notare alcuni effetti negativi indotti dalla crisi sull’industria manifatturiera, soprattutto calzaturiera e del persistente apprezzamento dell’Euro.

La situazione può essere così rappresentata:

2002 2003 2004 2005 2006

Addetti 30.040 30.563 28.585 27.860 28.313 Imprese 2.326 2.501 2.421 2.374 2.316 Elaborazione personale, basata sui dati dell’UNIC.

Subito si nota che vi è un netto divario occupazionale tra il 2002 e il 2005 (riduzione del 7,72%) seguita da un lieve rialzo del 1,62% nel 2006 rispetto al 2005.

Tuttavia, tale aumento può essere ricondotto alla crescita della domanda di MOD da parte di aziende più grandi e strutturate.

In merito alla seconda variabile si fa presente che vi è stato una graduale riduzione tra il 2002 e il 2005, a cui ha fatto seguito il 2006, anno in cui si è registrato un numero di imprese al di sotto di quelle del 2002. Tale calo lo si può imputare oltre al fenomeno fisiologico di contrazione in atto da alcuni anni, alle difficoltà reddituali di alcune lavorazioni conto-terzi. Per quanto riguarda invece la terza variabile, il volume e il valore della

• Dal 2002 al 2003: -13,6% • Dal 2003 al 2004: -6,2%

La tabella che segue mostra quanto appena detto:

Regioni 2002 2003 2004 Veneto 3.351,8 3.002,3 2.859,7 Toscana 1.664,0 1.335,8 1224,2 Campania 437,9 328,1 279,1 Lombardia 255,5 213,4 202,9 Altre regioni 469,8 464,2 448,6 Totale nazionale 6.186,0 5343,8 5.014,4 Fonte: UNIC, Valore della produzione in Milioni di Euro.

Il 2006 è stato definito come il “felice periodo pre-crisi”, esso, infatti, registra una crescita del 9,4% in valore, primo risultato positivo dopo cinque anni di cali ininterrotti, e una crescita in volume (la più alta dal 2003).

In tale anno inoltre, si registra un incremento del numero di addetti rispetto al 2005 (28.313, +1,62%) e una lieve riduzione del numero di imprese (2.316, -2.5%).

Nella tabella alla pagina seguente si può apprezzare il livello di produzione conciaria Italiana espressa prima in termini di volumi, poi di valore e, successivamente, le variazioni presentatesi nel biennio in questione.

Industria conciaria italiana 2006 Var % 2005/06 Volume Valore mln di Euro Volume Valore Produzione conc (000 m2) 176.418 5.002,8 317,5 5.320,3 +8,5% 12,9% +9,2% 13,1% 9,4% Cuoio da suola 45.882 Tot. produzione

Il 2007 si presenta come un anno di cambiamenti considerevoli rispetto al 2002. Il numero di imprese si riduce considerevolmente si passa infatti dalle 2.326 del 2002 alle 1.415.

Si assiste insieme a questo calo vertiginoso del numero di imprese, ad una caduta del numero di addetti che passano dai 30.040 del 2002 ai 17.604. Nonostante l’evidente situazione di criticità, la concia italiana, trainata dai tre distretti sopra meglio descritti, ricopre un ruolo di indiscussa leadership a livello globale. Industria conciaria italiana 2007 Var % 2006/07 Volume Valore mln di Euro Volume Valore Produzione conc (000 m2) 167.153 5.106 307 5.413 -5,3% -5,1% +2,1% -3,4% 1,7% Cuoio da suola 43.285 Tot. produzione Fonte Unic 2007

Dalla tabella si evince che: durante il 2007 l’industria conciaria ha prodotto 167 milioni di metri quadri di pelli finite e quasi 44 mila tonnellate di cuoio da suola, con un calo rispettivamente del 5,3 e 5,1 % rispetto all’anno precedente.

La rilevazione in valore, invece, mostra un lieve rialzo complessivo, principalmente imputabile all’aumento del livello medio dei prezzi delle MP tra il 2006 e il 2007.

La rilevazione annuale relativa al 2008 ha registrato una situazione abbastanza negativa: se nella prima metà del 2008 si sono registrati risultati sostanzialmente positivi, nella seconda metà non è stato così, l’andamento del settore si è allineato a quello degli altri settori che sono stati investiti

La tabella che segue mostra come si siano registrate perdite a due cifre per tutti i principali driver che sono stati oggetto di analisi.

Industria conciaria italiana 2008 Var % 2007/08 Volume Valore mln di Euro Volume Valore Produzione conc (000 m2) 143.218 4.322 243 4.565 -14,9% -17,5% -14,5% -25,6% -15,2% Cuoio da suola 39.262 Tot. produzione Fonte UNIC 2008

A fine 2009 l’industria conciaria risultava essere composta da 1.385 imprese, che complessivamente impiegano 16.994 addetti. Il calo rispetto all’anno precedente è stato di circa il 3% per entrambi gli indicatori.

Sul piano produttivo, la perdita di quest’anno è stata invece consistente: 11,9 % per il volume di mq (-17,2 % di tonnellate di cuoio da suola) e 16,1% per il valore complessivo.

Industria conciaria italiana 2009 Var % 2008/09 Volume Valore mln di Euro Volume Valore Produzione conc (000 m2) 126.215 3.631,3 189,6 3.829,9 -11,9% -17,2% -16,0% -18,2% -16,1% Cuoio da suola 32.522 Tot. produzione Fonte UNIC 2009

dell’occupazione (-7%). Tale differente intensità sottolinea i notevoli sforzi delle concerie a preservare forza lavoro e le professionalità acquisite al loro interno.

Nel 2010 si riscontra un’importante inversione di tendenza: +8,5% in metri quadri di pelli finite, +18,8 in tonnellate di cuoio da suola, +18,1 in valore complessivo. Industria conciaria italiana 2010 Var % 2009/10 Volume Valore mln di Euro Volume Valore Produzione conc (000 m2) 136.982 4.285 238 4.523 +8,5% +18,8% +18,0% +19,7% 18,1% Cuoio da suola 38.647 Tot. produzione Fonte UNIC 2010

Oltre a questa inversione di tendenza, positive sono state le ripercussioni sull’occupazione che è tornata a crescere anche se ad un ritmo modesto. Il numero degli addetti nel 2010 risulta essere pari a 18.161, mentre il numero delle imprese a 1.330 unità. Nonostante persista una certa tendenza all’utilizzo di una MOD stagionale/interinale per meglio fronteggiare i picchi di produzione, si registra comunque una ripresa delle assunzioni a tempo indeterminato.

Per quanto riguarda il numero di imprese siamo ancora in lieve calo, ma si tratta di un fenomeno strutturale per un settore, quale il conciario, formato da piccole e medie imprese.

Venendo ora al periodo che va da 2011 al 2015, analizzando i report dell’UNIC vediamo che si registra una crescita pressoché costante del fatturato settoriale. Dall’analisi emerge che il conciario ha recuperato i valori (in termini di fatturato) precedenti alla crisi del 2007-2008, ma non i volumi che sono tornati ai livelli degli anni ’70 inizio anni ’80.

In merito all’occupazione si osserva come il settore riesca a mantenere un numero di occupati costante dal periodo successivo alla crisi (circa 18.000 addetti, valore che tuttavia è nettamente minore se rapportato al 2006, anno in cui si riscontravano 28.000 addetti).

Il numero delle imprese si attesta intorno alle 1.250 unità (valore nettamente al di sotto di quello del 2006, dove se ne contavano 2.316). 5.3 ANALISI DEL CASO AZIENDALE

Come abbiamo avuto modo di vedere dalle precedenti pagine, fino al 2007 il settore conciario ha vissuto un periodo piuttosto fiorente, accompagnato da qualche lieve calo del numero degli addetti, imprese e produzione, ma non ritenuto preoccupante poiché attribuito a dinamiche congiunturali63,

quali difficoltà del settore calzaturiero e costante apprezzamento dell’euro. Dal 2007 però, a causa della crisi finanziaria tramutatasi successivamente nell’attuale crisi di tipo economico che ha avuto ripercussioni a livello globale, i consumi si sono ridotti e con questi anche le produzioni.

Molte concerie sono state costrette a chiudere o a ridimensionarsi.

Si sono susseguite in questi anni molte procedure concorsuali e molte procedure di ristrutturazione del debito.

Prima di passare ad analizzare il piano e le sue linee guida, occorre, seppur in maniera sintetica, analizzare la fattispecie in esame storicizzandola nei suoi aspetti gestionali e societari, successivamente passeremo a ricordare le cause delle difficoltà attuali attraversate dalla azienda Alfa S.r.l.64.

L’azienda Alfa è stata costituita, in forma di società a responsabilità limitata, in data 7 ottobre 1991, il capitale sociale ammontava a Lire 80.000.000 e la compagine sociale era costituita da n. 6 soci.

63 Come scrive Invernizzi: “Ogni settore può essere interessato da molteplici cambiamenti, i quali

assumono grande importanza nei processi di gestione strategica. Queste, pur influenzando momentaneamente i rapporti tra gli attori presenti in un settore, non sono in grado di modificarne le caratteristiche di base”. G. INVERNIZI “Le strategie competitive”, McGrow-Hill, Milano 2014

64 L’azienda in questione è un’azienda operante nel settore della concia che in questi giorni sta

Nel 1994 viene trasformata in società per azioni e il capitale sociale viene aumentato a Lire 500.000.000.

Ad oggi, il capitale sociale ammonta ad Euro 1.600.000 ed è interamente posseduto da un unico socio, che è anche l’Amministratore Unico.

L’organizzazione nasce per la produzione di pellame stampato ad imitazione delle pelli di coccodrillo, serpenti, lucertole e altri animali, destinato alla produzione di calzature, borse, cinture e piccola pelletteria in generale.

All’inizio dell’attività per approntare i propri prodotti, si è avvalsa della collaborazione di famosi stilisti del settore, e, in pochi anni è diventata uno dei maggiori player nel mercato delle pelli stampate con un fatturato sempre crescente che dai 6/7 miliardi di lire degli anni 1992-1993 raggiunge i 36 miliardi di lire nel 1996.

In quegli anni, l’attività veniva svolta con una forza lavoro che arrivava a contare 75 addetti, in tre stabilimenti condotti in locazione, tutti situati a Santa Croce sull’Arno.

In relazione al rapido ed importante sviluppo registrato dall’attività della società, si crea l’esigenza di avere un unico complesso conciario, moderno e funzionale, e quindi più adeguato alle necessità produttive di quegli anni. Il nuovo stabilimento viene acquistato nel 1997, e alla fine dello stesso anno tutta l’attività viene trasferita e concentrata a Ponte a Egola.

Nel corso del 2001, l’azienda raggiunge nuovamente un fatturato di 35 miliardi di Lire. In questo anno si registra l’uscita dall’azienda di n. 2 soci. Nel 2003, l’attuale socio unico acquista le quote degli altri 3 soci e quindi l’azienda diviene una Spa a socio unico.

Gli anni a seguire, anche e soprattutto a seguito della crisi finanziaria, vedono una contrazione del fatturato per le difficoltà legate ai mercati e alla concorrenza che, in un periodo di crisi, diventa sempre più aggressiva. Arriviamo quindi al 2016, dove la società viene trasformata in società a responsabilità limitata (unipersonale).

La progressiva diminuzione del volume di affari rispetto ai valori conseguiti fino ai primi anni duemila è la causa principale dei problemi di Alfa Srl.

A partire dagli anni 2007-2008, gli effetti della recessione economica generale, oltre che di settore, hanno fatto si che si manifestassero, in via conclamata, le difficoltà di cui si era avuto segnale negli esercizi precedenti in relazione al flusso produttivo e relativa commercializzazione, ma che erano stati sottovalutati dall’organo Amministrativo.

Lo stabilimento della società, infatti, è stato organizzato per una notevole produzione di metri quadri di pellame per cui, a produzione ridotta, i costi fissi incidono in maniera preminente ed eccessiva sul costo del prodotto, causando importanti diseconomicità.

Questo, va unito al fatto che la forte concorrenza sulle vendite ha impedito di scaricare sul prezzo del prodotto finito l’eccesso di costi, con il conseguente impatto negativo sulla marginalità del prodotto.

Nella speranza che la situazione di crisi di mercato registrasse una ripresa, da parte della direzione aziendale si è data molta più importanza alla ricerca di nuove vendite rispetto alla riduzione dei costi aziendali.

La società inoltre non ha rinunciato ad investire, in primo luogo nella realizzazione di un impianto fotovoltaico sulla copertura dell’opificio industriale, che, seppur lungimiranti sul piano prospettico, in quanto consentiranno nei prossimi esercizi una consistente riduzione degli oneri legati al fabbisogno energetico, essendo stati realizzati con mezzi di terzi, hanno nell’immediato appesantito la situazione della esposizione bancaria, con un peggioramento della PFN.

Ciò ha determinato un deterioramento complessivo delle condizioni di accesso al credito bancario ed un conseguente incremento della onerosità dello stesso, che ha aggravato l’economicità complessiva della gestione sociale; l’incidenza degli oneri finanziari sul fatturato è pesata dal 2,34% del 2011 al 4,14% del 2015.

La ripresa ha stentato a manifestarsi, tant’è che il volume di fatturato ha raggiunto il livello di circa Euro 8.000.000 nell’anno 2012, e tale valore non è stato più registrato negli anni successivi, sino ad arrivare al minimo del 2015 pari a circa Euro 6.400.000; il livello di indebitamento della società è stato solo parzialmente mitigato dagli apporti di capitale da parte della proprietà per oltre 1.000.000 di Euro.

Il management, insieme agli Advisors, si è impegnato nella predisposizione di un Piano che, considerata la struttura finanziaria della società (nello specifico sono stati analizzati nel dettaglio i costi fissi e i costi variabili), riesca a fornire un quadro chiaro e trasparente circa le diverse fasi del ciclo produttivo, commerciale e amministrativo al fine di comprendere dove e se è possibile attuare eventuali azioni correttive.

Questo alla luce del fatto che la situazione economica di crisi generale del mercato di riferimento non permette di sperare in un incremento del volume di affari nel breve periodo.

La società, a tal proposito ha già attuato delle riduzioni di costo, delle quali si ha una parziale evidenza considerando la situazione al 31 luglio 2016 posta a base del piano rispetto ai dati rilevati nel 2015:

Costi di acquisto materie prime:

- costi di acquisto pellame: utilizzo da parte della società, di una nuova tipologia di pellame il cui costo unitario di acquisto è inferiore, in media, del 25% rispetto a quello precedentemente utilizzato. Il risultato atteso nel 2016 rispetto al 2015 è quello di una riduzione di tali costi di circa 100.000 Euro;

- costi di acquisto dei prodotti chimici: rivisitazione della filiera dei fornitori di prodotti chimici, con concentrazione degli acquisti su un unico fornitore con il quale sono state ottenute condizioni di listino in media inferiori al 10% rispetto alle precedenti forniture; in aggiunta, la società ha deciso di abbandonare rispetto al 2015 una attività di lavorazione per conto terzi svolta in via sperimentale, evitando quindi, il consumo di prodotti extra.

Anche per questa categoria di costi, il risultato è stato un abbattimento

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