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Azioni risarcitorie

CONTENUTO DEL PROGRAMMA DI LIQUIDAZIONE

2. Le singole fattispecie

2.4. Azioni recuperatorie, risarcitorie e revocatorie

2.4.1. Azioni risarcitorie

Rimane principio costante in giurisprudenza97 quello secondo il quale il curatore è l’unico soggetto legittimato ad agire ex art. 146 L. Fall.

Il suddetto articolo stabilisce al II comma che, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, il curatore esercita: a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori; b) l'azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall'articolo 2476, comma settimo, del codice civile.

Di fronte all’inerzia del curatore, né i creditori, né la stessa società possono esperire le azioni: il curatore ha legittimazione esclusiva.

Per i fatti costitutivi della pretesa dell’azione vi è l’onere della prova sancito dall’art. 2697 c.c.98; il curatore sarà tenuto a provare le circostanze al fine dell’accoglimento della domanda.

Analizzando quanto disposto dal II comma dell’art. 146 L. Fall., lett a), la giurisprudenza ha dedotto che il contenuto della pretesa dell’azione non attiene solo all’esistenza di una violazione dei tipici doveri imposti all’organo sociale, ma vi rientra tra i fatti costitutivi anche il danno pervenuto e il nesso di causalità99 tra la violazione e il danno occorso100.

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Cass. 28 aprile 1981 n. 2564, in Foro italiano, I, pag. 2199, 1981.

97

Cass. 10 giugno 1981 n. 3755 in Fallimento, pag. 899, 1981.

98 Art. 2697 c.c., comma I: “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”.

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Per la configurazione del nesso di causalità, si ritiene sufficiente che il comportamento in questione abbia assunto i caratteri della causa efficiente e determinante. Vedi Cass. n. 2335 del 2001 e Cass. 10897 del 1996.

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Da questa considerazione ne deriva che l’onere della prova, incombente sul curatore, riguarda tutti e tre gli elementi descritti101: violazione, danno e nesso di causalità tra violazione e danno.

D’altra parte, l’organo sociale convenuto sarà tenuto a fornire prova positiva, cioè dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, l’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti102

.

All’interno del programma di liquidazione vengono indicati gli atti di mala gestio rilevati e gli effetti dannosi per la società o per i creditori della stessa.

La quantificazione del danno causato risulta di facile individuazione nella situazioni in cui l’azione fa rifermento a singole operazioni103 compiute dall’organo sociale, poiché

corrisponde all’importo dissipato. Si tratta di fattispecie in cui è agevolmente riconducibile il danno alla condotta antigiuridica posta in essere e alla possibilità concreta di dimostrare il danno.

Al contrario, nei casi in cui l’azione contesta un inadempimento agli obblighi sociali protratto nel tempo non è immediata l’identificazione del danno. Le soluzioni adottate negli anni dalla giurisprudenza consistono in valutazioni di ordine equitativo, per compensare l’impossibilità di determinare il danno nel suo preciso ammontare.

Un metodo utilizzato è il cosiddetto deficit fallimentare, che quantifica il danno prodotto in base alla differenza tra l’attivo acquisito e il passivo nel corso della procedura104

. Questo metodo è stato lungamento criticato dalla dottrina, data la sua elevata dose di approssimazione105.

Un altro metodo, utilizzato nel caso di responsabilità per danni derivati alla società dal compimento di nuove operazioni in presenza di una causa di scioglimento della società,

101

CAIAFA A. (a cura di) Le procedure concorsuali, pag. 1208.

102

Cass. 24 marzo 1999 n. 2772; Cass. 24 marzo 1998 n. 3110.

103 L’esempio più semplice è rappresentato dalle condotte di natura distrattiva, oppure violazioni

tributarie, atti posti in essere in conflitto di interessi.

104

Cass. 5 gennaio 1972 n. 21; Cass. 4 aprile 1977 n.1281.

105

VITIELLO M. “non è certo che le passività coincidano con la somma delle domande di ammissione

presentate dai creditori, perché l'attivo risente necessariamente della svalutazione di alcuni beni direttamente riconducibile alla dichiarazione di fallimento”, in http://www.ilfallimentarista.it

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individua il danno come differenza106 tra il passivo al momento della causa di scioglimento e il passivo esistente alla dichiarazione di fallimento.

Ai sensi dell’art. 2484 c.c., lo scioglimento del contratto sociale produce i suoi effetti dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa. Solo a partire da questo momento scattano gli effetti a carico degli amministratori relativi al comportamento negligente.

Da rilevare che in presenza di una causa di scioglimento e fino al subentro dei liquidatori nella gestione, l’art. 2486 c.c. prevede che agli amministratori competano comunque atti di gestione, ma devono essere finalizzati unicamente alla conservazione e all’integrità del patrimonio sociale. Ne deriva che il curatore può promuovere azioni solo se gli atti posti in essere contrastano con la finalità conservativa, non potendo chiedere come danno ogni perdita di capitale derivante dalle operazioni compiute successivamente alla causa di scioglimento107.

Restano da analizzare le azioni contro i soci della società a responsabilità limitata. L’art. 146 L. Fall. disciplina tale fattispecie facendo riferimento ai casi dell’art. 2476 c.c., comma VII, prevedendo che i soci, i quali intenzionalmente hanno deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, per i soci o terzi, siano solidalmente responsabili con gli amministratori.

Questa previsione deriva dal fatto che il nuovo regime della società a responsabilità limitata stabilisce che l’atto costitutivo può attribuire ai soci della società facoltà tipiche del ruolo di amministratore108.

Da ultimo, occorre focalizzarsi sul problema di interferenza tra l’art. 146 L. Fall. e l’art. 104 – ter L. Fall., questione che nasce nell’ambito di applicazione delle regole previste dalle norme.

Ai sensi dell’art. 146 L. Fall., in sede di esercizio delle azioni di responsabilità, il curatore necessita dell’autorizzazione del giudice, sentito il parere del comitato; invece, secondo lo schema dell’art. 104 – ter L. Fall., le azioni (siano esse revocatorie, risarcitorie o recuperatorie) devono essere inserite nel programma, e di conseguenza

106

La determinazione del danno avviene anche per differenza tra il patrimonio netto al momento della causa di scioglimento e quello esistente alla dichiarazione di fallimento, cosiddetto differenziale dei netti patrimoniali.

107

Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili Programma di liquidazione , Studi e Ricerche – Diritto Fallimentare, 2011.

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assoggettate all’approvazione del comitato dei creditori e all’autorizzazione del giudice delegato per atti previsti e conformi.

Il dubbio109 deriva dal procedimento che è tenuto a seguire il curatore: ci si chiede se quando si intende proporre una azione di responsabilità ex art. 146 L. Fall., sia necessario:

- inserirla nel programma di liquidazione e prevederne anche il possibile esito in base al disposto dell’art. 104 – ter L. Fall.;

- o ci si possa limitare a chiedere l’autorizzazione del giudice ex art. 25, n. 6, L. Fall.110

; - oppure operare in entrambi i sensi, inserendo l’azione nel programma per ottenere l’autorizzazione del giudice e l’approvazione del comitato.

Non poche sono le opzioni interpretative sollevate dalla dottrina. Una prima ipotesi distingue gli ambiti di applicazione dei due articoli, definendole non interferenti, date le diverse situazioni di applicazione e i distinti requisiti.

In tal senso, l’art. 146 L. Fall. rappresenta una norma autonoma, e perciò l’azione di responsabilità promossa dal curatore deve rispondere al criterio autorizzativo previsto, escludendo la disciplina dettata dall’art. 104 – ter L. Fall111

: il giudice potrà autorizzare l’azione proposta senza che vi sia la necessità di prevederla nel programma di liquidazione.

Di altro orientamento la dottrina112 che ritiene vi debba essere una lettura comune tra le due disposizioni, per cui il curatore oltre ad espletare quanto richiesto dall’art. 146 L. Fall., è tenuto anche ad includere l’azione di responsabilità nel programma di liquidazione e ottenerne l’autorizzazione da parte del comitato dei creditori.

Quest’ultima interpretazione si ritiene preferibile113, in quanto l’art. 104 – ter è

disciplina generale, cioè di sistema, e trova applicazione anche nell’ipotesi di esercizio dell’azione di responsabilità proposta dal curatore ai sensi dell’art. 146 L. Fall.

Tali questioni sono superate114 dalla tesi che attribuisce una portata diversa alle due norme: l’art. 104 – ter L. Fall. prevedendo un iter autorizzativo di portata generale,

109

CAIAFA A. (a cura di) Le procedure concorsuali, pag. 1221.

110

Il giudice delegato autorizza il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto, come prima dell’introduzione dell’art. 104 – ter L. Fall.

111

ABRIANI N e AA.VV. Diritto Fallimentare: manuale breve, pag. 258, Seconda Edizione, Giuffrè, Milano, 2012.

112

DONGIACOMO G. Le azioni di responsabilità nel fallimento, pag. 451, in CELENTANO P. e FORGIGLIO E. Fallimento e concordati, Milano, 2008.

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dovrebbe applicarsi alle azioni risarcitorie non contemplate nell’art. 146 L. Fall., il quale, al contrario, rappresenta una norma speciale per le azioni di responsabilità in esso ricomprese, e si applicherebbe solo a quest’ultime, richiedendo un parere del comitato non vincolante.