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b Leibniz e il parallelismo

Parte I – Corpo e mente

I.3.1. b Leibniz e il parallelismo

È Leibniz, nelle Considerations sur la doctrine d‟un Esprit Universel Unique, a proporre l‟immagine del parallelismo fra mente e corpo, che tanta parte della critica spinoziana ha poi indebitamente attribuito a Spinoza:

“Et quant à la separation entiere de l‟ame et du corps, quoyque je ne puisse rien dire des lois de la grace, et de ce que Dieu a ordonné à l‟egard des ames humaines en particulier, au delà de ce que dit la Sainte Ecriture, puisque ce sont des choses, qu‟on ne peut point savoir par la raison, et qu‟elles dependent de la Revelation de Dieu meme; neantmoins je

ne voy aucune raison ny de la religion ny de la philosophie, qui m‟oblige de quitter la doctrine du parallelisme de l‟ame et du corps, et d‟admettre une parfaite separation.

Car purquoy l‟ame ne pourroit elle pas tousjours garder un corps subtil, organise à sa maniere, qui pourra même reprendre un jour ce qu‟il faut de son corps visible dans la resurrection, puisqu‟on accorde aux bien– heureux un corps glorieux, et puisque les anciens peres ont accordé un corps subtil aux anges”231.

231 [“E quanto alla completa separazione dell‟anima dal corpo, benché io non possa dire nulla delle

leggi della grazia, e di ciò che Dio ha stabilito riguardo all‟anima umana in particolare, al di là di quello che dice la Sacra Scrittura, poiché si tratta di cose, che non si possono conoscere affatto attraverso la ragione, e che dipendono dalla Rivelazione di Dio stesso; nondimeno, io non trovo nessuna

ragione – né nella religione, né nella filosofia – che mi obblighi ad abbandonare la dottrina del parallelismo dell‟anima e del corpo, e ad ammettere una perfetta separazione. Infatti, perché l‟anima non potrebbe

conservare sempre un corpo sottile, organizzato secondo il suo modello, che possa perfino riprendere un giorno quello che serve del suo corpo visibile, al momento della resurrezione, dal momento che noi accordiamo ai beati un corpo glorioso, e che gli antichi padri hanno accordato un corpo sottile agli angeli”; trad. mia]. G. W. LEIBNIZ, Considerations sur la doctrine d‟un Esprit Universel

Unique (1702), p. 533, in G. W. LEIBNIZ, Die philosophische Schriften, hrsg. von C. J. Gerhardt, Olms,

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Tale nozione, evocata da Leibniz a proposito della propria concezione dell‟anima e del corpo come appartenenti a serie autonome e indipendenti, ma in reciproca corrispondenza, appare decisamente vaga, e poco adeguata ad applicarsi alla precisissima delineazione spinoziana della complessità dei rapporti fra mente e corpo – che Leibniz sembra invece appiattire in una generica affermazione di inseparabilità, di cui si sforza di smorzare i punti di attrito con la dottrina cristiana della resurrezione dei corpi (nessun contesto potrebbe essere più genuinamente antispinoziano!).

La denominazione di “parallelismo” non si attaglia alla teoria di Spinoza dei rapporti mente–corpo non soltanto perché non è di matrice spinoziana, ed è quindi coniata in un altro contesto, e per definire altro genere di rapporti, ma anche – e soprattutto – perché, come si accennava, lungi dall‟essere una definizione utile ed efficace, è di per sé responsabile di una serie di fraintendimenti che portano a travisare alcuni tratti fondamentali della tesi spinoziana per cui tale nome viene invocato.

Ad esempio, riferendosi al rapporto fra corpo e mente come a un “parallelismo”, si smarrisce completamente il senso fortemente antidualistico della tesi dell‟unità fra corpus e mens, che ha invece un valore fondamentale nell‟allontanare la dottrina della mente di Spinoza da quella di Descartes – in particolare, contro la concezione cartesiana della distinzione fra volontà ed intelletto, come dimostra un passo della Prefazione di L. Meijer ai Principia Philosophiae Cartesianae:

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“Cum contra Author noster admittat quidem, in Rerum natura esse substantiam cogitantem: attamen neget illam constituere essentiam Mentis humanae; sed statuat, eodem modo, quo Extensio nullis limitibus determinata est, Cogitationem etiam nullis limitibus determinari; adeoque, quemadmodum Corpus humanum non est absolute, sed tantum certo modo secundum leges naturae extensae per motum et quietem determinata extensio, sic etiam Mentem sive Animam humanam non esse absolute, sed tantum secundum leges naturae cogitantis per ideas certo modo determinatam cogitationem, quae necessario dari concluditur, ubi corpus humanum esistere incipit. Ex qua definitione, non difficile demonstratu esse putat, Voluntatem ab intellectu non distingui, multo minus ea, quam illi Cartesius adscribit, pollere libertate; quin imo ipsam affirmandi et negandi facultatem prorsus fictitiam; autem affirmare et negare nihil praeter ideas esse; caeteras vero facultates, ut Intellectum, Cupiditatem, etc. in numerum figmentorum, aut saltem illarum notionum reponi debere, quas homines ex eo, quod res abstracte concipiunt, formaverunt, quales sunt, humanitas, lapideitas, et id genus aliae”232.

232 [“Il nostro autore ammette certamente l‟esistenza in natura di una sostanza pensante, ma nega

che essa costituisce l‟essenza della mente umana e stabilisce che, come l‟estensione non è determinata da alcun limite, neanche il pensiero è determinato da alcun limite. Perciò, come il corpo umano è, non in senso assoluto ma soltanto in un certo modo, estensione determinata secondo le leggi della natura estesa mediante il moto e la quiete, così anche la mente o anima umana non è pensiero in senso assoluto, ma soltanto determinato secondo le leggi della natura pensante mediante le idee; e conclude che essa esiste necessariamente quando il corpo umano comincia a esistere. A partire da tale definizione, pensa che non sia difficile dimostrare che la volontà non si distingue dall‟intelletto e che, ancor meno, gode di quella libertà che Cartesio le attribuisce; anzi, considera come fittizia la stessa facoltà di affermare e negare, assumendo invece l‟affermare e il negare come non altro che idee; tutte le altre facoltà, come intelletto, cupidità ecc. devono essere riposte nel numero di quelle nozioni che gli uomini hanno formato perché concepiscono le cose astrattamente, quali sono umanità, lapideità, e altre di questo genere”; trad. FM]. G, I, 131–132.

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Sostituire la nozione di parallelismo con quella di identità fra mente e corpo, che fa perno sul concetto di aequalitas inteso in senso forte, come identità233,

appunto, significa dunque rendere giustizia alla teoria spinoziana della mente, afferrando pienamente la portata dello scolio della proposizione 21 della seconda parte dell‟Etica:

“[Ostendimus] Corporis ideam, et Corpus, hoc est, Mentem, et Corpus, unum, et idem esse Individuum, quod jam sub Cogitationis, jam sub Extensionis attributo concipitur”234.

Un terreno di evidente applicazione di questa nozione identitaria del rapporto fra mente e corpo, è quello della teoria degli affetti, che costituisce la vera prova dello spirito antidualistico con cui Spinoza, dopo il lungo e faticoso affrancamento da Descartes nella delineazione della propria teoria della mente, affronta la questione nell‟Etica.

233 Il continuo ricorrere di espressioni quali “unum”, “idem”, “aequalis”, “simul” nei passi dedicati

al rapporto fra corpo e mente è ulteriore riprova della cogenza della nozione di aequalitas nel definirne la reciproca relazione (cfr., ad esempio, EII7, EII7S, EII21, EII21S). Nel corollario della proposizione 7 della seconda parte dell‟Etica, dove il cosiddetto “parallelismo” verrebbe asserito, la

cogitandi potentia e l‟agendi potentia di Dio sono appunto definite “aequales”.

234 [“Abbiamo mostrato che l‟idea del corpo e il corpo, ossia la mente e il corpo, sono un solo e

medesimo individuo, che si concepisce ora sotto l‟attributo del pensiero, ora sotto quello dell‟estensione”; trad. PC].

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