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b Contro il pregiudizio della natura corporea dell’anima

Parte I – Corpo e mente

I.1.1. b Contro il pregiudizio della natura corporea dell’anima

Rispetto alla componente “corporea” della comune nozione di anima, la definizione della mente da parte di Spinoza ricalca la critica cartesiana all‟ambiguità del concetto – critica espressa a chiare lettere, oltre che nella nota omessa da Balling49, anche in una lettera a Mersenne del 1641, in cui Descartes motiva appunto

la sostituzione di anima con mens effettuata nelle Rationes:

“Anima en bon latin signifie aerem, sive oris alitum: d‟où je crois qu‟il a été transféré ad significandam Mentem, et c‟est pour cela que j‟ai dit que saepe sumitur pro re corporea”50.

L‟origine “fisiologica” della parola anima rende equivoco, secondo Descartes, il significato del termine nonostante la trasposizione del significante a definire la mente – trasferimento mediato, mi sembra sottintendere Descartes, dal ruolo del linguaggio stesso, che funge implicitamente da termine medio fra

oris alitum e mens. La spiegazione etimologica dell‟equivoco sulla natura

“corporea” dell‟anima che Descartes fornisce a Mersenne appare tanto più significativa se integrata con l‟interpretazione in chiave filosofica dello stesso problema, offerta nelle Quintae responsiones alle Meditationes:

49 Cfr. supra.

50 [“Anima in buon latino significa aria, ovvero alito della bocca: da ciò credo sia stata trasposta a

significare la mente, ed è per questo che ho detto che spesso la si prende per una cosa corporea”; trad. mia]. AT, III, p. 362.

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“quia forte primi homines non distinxerunt in nobis illud principium quo nutrimur, crescimus, et reliquia omnia nobiscum brutis communia sine ulla cogitatione peragimus, ab eo quo cogitamus, utrumque unico animae nomine appellarunt; ac deinde animadvertentes cogitationem a nutritione esse distinctam, id quod cogitat vocarunt

mentem, hancque animae praecipuam partem esse crediderunt. Ego vero,

animadvertens principium quo nutrimur toto genere distingui ab eo quo cogitamus, dixi animae nomen, cum pro utroque sumitur, esse aequivocum; atque ut specialiter sumatur pro actu primo sive praecipua

hominis forma, intelligendum tantum esse de principio quo cogitamus,

hocque nomine mentis ut plurimum appellavi ad vitandam aequivocationem; mentem enim non ut animae partem, sed ut totam illam animam quae cogitat considero. Haeres, vero, inquis, an ergo existimem animam semper cogitare. Sed quidni semper cogitaret, cum sit substantia cogitans?”51.

In quest‟ultimo brano Descartes mette in luce chiaramente gli aspetti innovativi della propria nozione di mente, contrapponendola all‟“equivoca” denominazione di anima come complesso di funzioni – vegetativa (principium quo

nutrimur, crescimus), sensitiva (principium quo reliquia omnia nobiscum brutis communia sine ulla cogitatione peragimus), razionale (eo quo cogitamus) – e allo stesso tempo

51 [“Poiché per caso i primi uomini non distinsero in noi quel principio per il quale ci nutriamo,

cresciamo, e perseguiamo, senza alcun pensiero, tutte quelle attività che abbiamo in comune con i bruti, da quello per il quale pensiamo, e li chiamarono entrambi con l‟unico nome di anima; e poi, accorgendosi che il pensiero è distinto dal principio nutritivo, chiamarono ciò che pensa mente, e credettero che essa costituisse la parte principale dell‟anima. Io in realtà, accorgendomi che il principio per cui ci nutriamo si distingue completamente, per il suo genere, da quello per cui pensiamo, dissi che il nome anima, quando viene inteso per entrambi, è equivoco; e perché venga inteso in particolare per l‟atto primo, ossia la specifica forma dell‟uomo, deve essere inteso soltanto a proposito del principio per cui pensiamo, e dunque l‟ho chiamato tutte le volte che potevo col nome di mente, per evitare l‟equivoco; la mente infatti non la considero come una parte dell‟anima, ma come l‟intera anima che pensa. Sei incerto, però, dici, se io creda perciò che l‟anima pensa costantemente. Ma come potrebbe non pensare sempre, dal momento che è una sostanza pensante?”; trad. mia]. R. DESCARTES, Meditationes de prima philosophia, Quintae responsiones; AT, VII, p. 356.

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prevenendo la possibile identificazione della mens con la praecipua pars (la componente dianoetica, l‟attività discorsiva dell‟intelletto aristotelico) dell‟anima intesa in quest‟accezione “scolastica”.

Come per Descartes, per Spinoza – che, si è visto, nel TIE critica la sfumatura “corporea” cristallizzatasi ormai nel temine anima – l‟essenza dell‟anima–mente è appunto il pensiero: aspetto che emerge chiaramente, prima che nell‟Etica, già nella Korte Verhandeling, in una nota alla prefazione al secondo capitolo:

“IV. Un pensiero perfetto deve avere una conoscenza, idea, modo

del pensiero (wyze van denken), di tutto e di ciascuna cosa che realmente

esiste, così delle sostanze, come dei modi, nulla eccettuato. [...] VI. Questa conoscenza, idea ecc. di ogni cosa particolare, che realmente viene a esistere, è, noi diciamo, l‟anima (de ziel) di ogni cosa particolare”52.

Stabilita la natura mentale della ziel, la nota prosegue con una definizione destinata anch‟essa a rimanere sostanzialmente invariata attraverso la successiva elaborazione cui sarà sottoposta nell‟Etica: quella della mente come idea del corpo.

52 “4. Een volmaakte denking moet hebben een kennisse, Idea, wyze van denken, van alle, en een

ieder zaak wezentlyk zynde, zoo van zelfstandigheeden als van wyzen niet uytgezondert. [...] 6. Deze

kennisse, Idea etc. van ieder bezonder ding „t welk wezentlyk komt te zyn, is zeggen wy de ziel van dit ieder bezonder ding”. KV, II, Voor Reeden, nota (G, I, 51–2, nota). Cfr. il passo con EII48: “Mens

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“IX. Da tale proporzione di moto e quiete viene dunque a esistere anche questo nostro corpo, del quale, non meno che di tutte le altre cose, deve esservi nella cosa pensante una conoscenza, un‟idea ecc.: e così sorge anche la nostra mente” 53.

53 “9. Uyt deze proportie dan van beweginge en stilte komt ook wezentlyk te zyn dit ons licham; van‟t

welk dan, niet min als van alle andere dingen, een kennisse, Idea, enz. moet zyn in de denkende zaak, en zo voort <komt> dan ook de ziel van ons”. KV, II, Voor Reeden, nota. Cfr. EII13 (Objectum

ideae, humanam Mentem constituentis, est Corpus, sive certus Extensionis modus actu existens, et nihil aliud

[“L‟oggetto dell‟idea che costituisce la mente umana è il corpo, ossia un certo modo dell‟estensione esistente in atto, e niente altro”; trad. PPC]); EII15 (Idea, quae esse formale humanae Mentis constituit, non

est simplex, sed ex plurimis ideis composita [“L‟idea che costituisce l‟essere formale della mente umana

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