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Parte I – Corpo e mente

I.1.2. b Contro il dualismo

É necessario che Spinoza rimuova dalla nozione di anima la componente “corporea”, perché gli sia possibile sgombrare il campo, contemporaneamente, dall‟equivoco dell‟isomorfismo anima–corpo – che vuole l‟anima plasmata sul modello del corpo, ovvero il corpo su quello dell‟anima – e da quello della giustapposizione sostanziale fra tali termini, e perché possa infine delinearsi una nuova sintesi fra corpo e mente che non solo non ricada nelle aporie del dualismo cartesiano, ma nemmeno, riconoscendo la priorità di un modello morfologico sull‟altro, si impigli in cavillose contrapposizioni che approdino in ultima istanza alla legittimità di una completa separazione dell‟anima dal corpo. Se l‟anima – anzi, la mente – non è in sé una sostanza, ma un modo della sostanza che si esplica sotto l‟attributo del pensiero, e se neppure il corpo è una sostanza, ma un modo della sostanza che si esplica sotto l‟attributo dell‟estensione, allora ecco che non sussiste più una contrapposizione netta fra corpo e mente, che non sono più due sostanze passibili di giustapposizioni e – perciò – nemmeno di sovrapposizioni; sono una cosa sola, e non perché plasmate secondo un unico modello. Se non possono essere separate, è solo nel senso che si tratta della stessa cosa, espressa sotto due attributi differenti, non certo perché costituiscono un sinolo più o meno inscindibile.

Da un lato, seguendo Descartes, Spinoza sottrae la sua nozione di mente all‟equivoco “corporeo” insito nella denominazione di anima come composto di facoltà vegetativa, sensitiva e razionale: dunque, al contrario di quanto sostenuto da

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Hamelin, la mente di cui parla Spinoza non coincide con la facoltà dianoetica aristotelica – cioè, non è una parte isolata da un complesso di funzioni, fisiologiche e non fisiologiche. Tuttavia, come si è mostrato tramite il passo del Tractatus de

Intellectus Emendatione, per Spinoza la critica alla corporeità dell‟anima è

contemporaneamente una critica al dualismo anima–corpo. E di questo secondo aspetto fondamentale della teoria spinoziana dell‟anima, Wolfson è a sua volta costretto a riconoscere di non riuscire a rendere conto: anche se la mens è caratterizzata dal fatto di non essere equivocabile con qualcosa di corporeo, la sua incorporeità non costituisce il presupposto per una netta dicotomia rispetto a ciò che è materiale, ma, al contrario, è la base di un‟identità indissolubile col corpo – che definisce l‟anima come l‟oggetto la sua idea.

In altre parole, l‟anima, che in Spinoza diventa mente, assume, parallelamente al carattere intellettualistico che la determina, definendola attraverso l‟attributo del pensiero, un aspetto di indissolubilità dal corpo che al suo carattere intellettualistico non contravviene affatto. Lo statuto della mente come idea di qualcosa di esteso – presente già a partire dalla KV – garantisce il mantenimento di questa doppia caratterizzazione senza implicare contraddizione fra le sue due componenti, e la garantisce proprio grazie alla connotazione “ingenua” del concetto di idea, che determina la mente. Da un lato, essendo definita dal proprio carattere rappresentativo, l‟idea ha infatti un intrinseco carattere intenzionale, che sancisce il legame con il proprio oggetto56; dall‟altro, invece, per definizione, sfugge

all‟equivoco “corporeo”, determinandosi esclusivamente sul piano del pensiero.

56 Per Spinoza, come si vedrà meglio più avanti, l‟idea ha una doppia caratterizzazione: infatti, ogni

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Un‟interpretazione in chiave aristotelica della relazione anima–corpo indurrebbe poi a cadere in un altro errore, decisamente fuorviante, ancora a proposito dell‟identità fra mente e corpo, posti da Spinoza sullo stesso piano (entrambi sono modi della medesima sostanza, che si esplica attraverso due diversi attributi): errore che consiste nell‟applicazione indebita del rapporto materia–forma alla coppia spinoziana di corpo e mente. Tale rapporto, che prevede la giustapposizione di un principio informante – attivo – e di un sostrato plasmabile – assolutamente passivo – è diametralmente contrario alla teoria spinoziana dell‟unione fra due modi della realtà (un modo dell‟estensione, e la conoscenza, ossia l‟idea, di questo modo), il cui correlato è la reciproca indipendenza causale: un netto rifiuto della dinamica causale aristotelica innescata dall‟azione della forma sulla materia.

Fin dal primo abbozzo di una definizione dell‟anima nel Breve Trattato, il rapporto fra mente e corpo ricalca, anziché quello fra materia e forma, la relazione fra l‟idea e il suo ideato – relazione che salvaguarda la reciproca distinzione dei due termini della coppia, ognuno dotato di una propria essenza formale57, mantiene le

rispettive appartenenze ai domini di attributi differenti, ma, allo stesso tempo, sventa il pericolo di cadere in una posizione cartesianamente dualista, come mostra chiaramente lo scolio della proposizione VII della seconda parte dell‟Etica:

formale in quanto, in relazione alla sua natura di entità reale, è anch‟essa una res. La dimensione formale rappresenta il carattere intrinseco dell‟idea (il gradiente di realtà e perfezione che può raggiungere).

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“Substantia cogitans, et substantia extensa una, eademque est substantia, quae jam sub hoc, jam sub illo attributo comprehenditur”58.

La sillessi del verbo – coniugato al singolare – sottolinea ulteriormente la forza dell‟unione fra corpo e mente, sottraendo l‟antropologia spinoziana alla deriva dualistica cui potrebbe condurre, come avviene per Descartes, la distinzione fra mente e corpo condotta fino alle estreme conseguenze, fino al bando dell‟anima come nozione equivocamente intrisa di corporeità. Ma, come si è accennato a proposito del passo del TIE59, è proprio ad un pregiudizio dualistico (quale è, in

sostanza, il presupposto della filosofia cartesiana), che Spinoza sembra incline a ricondurre la fictio di un‟anima corporea – ossia la nozione equivoca contro la quale, prima ancora di Spinoza, si era pronunciato appunto Descartes.

Corpo e mente, dunque, per Spinoza non possono essere appiattiti l‟uno sull‟altra perché appartengono a domini diversi, e sono quindi gli anelli di catene causali differenti. Allo stesso tempo, però, sono un‟unica e medesima cosa, che si esprime mediante attributi diversi:

“Ex. gr. circulus in natura existens, et idea circuli esistentis, quae etiam in Deo est, una eademque est res, quae per diversa attributa explicatur; et ideo sive naturam sub attributo Extensionis, sive sub attributo Cogitationis, sive sub alio quocunque concipiamus, unum,

58 [“Sostanza pensante e sostanza estesa è un‟unica e medesima sostanza, che si comprende ora

sotto questo, ora sotto quell‟attributo”; trad. mia]. EII7S; corsivo mio.

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eundemque ordinem, sive unam, eandemque causarum connexionem, hoc est, easdem res invicem sequi reperiemus” 60.

La loro, è un‟identità che non esclude l‟alterità. L‟insieme di corpo e mente deve essere pensato come un‟unità, non come una giustapposizione di due sostanze

– l‟una estesa, l‟altra pensante61.

La concezione della sostanza che Spinoza elabora non consente, infatti – a lui, che pure aveva seguito Descartes nella critica all‟equivocità del termine “anima” – di impostare il rapporto tra corpo e anima nell‟uomo in termini cartesiani, come relazione tra due diverse sostanze, regolate da leggi diverse: per Spinoza, corpo e mente sono invece due modi dell‟unica substantia, regolati dalle medesime leggi, intimamente uniti nel nesso dell‟aequalitas – tanto da poter parlare di essi come di una stessa cosa che si esprime62 in due modi diversi.

La nozione di mente che Spinoza elabora è senza dubbio debitrice a Descartes della rottura con la tradizione pregressa, che sgombra il campo dal concetto – equivoco – di anima, ma allo stesso tempo presenta una riarticolazione semantica della mens cartesiana, che si appunta in particolare sulla ridefinizione dei

60 [“Per esempio, un cerchio esistente in natura e l‟idea, che è anche in Dio, del cerchio esistente,

sono un‟unica e medesima cosa, la quale si esplica mediante attributi diversi; e dunque, sia che concepiamo la natura sotto l‟attribiuto dell‟estensione, sia sotto quello del pensiero, sia sotto qualunque altro, troveremo lo stesso unico ordine, ossia la stessa unica connessione di cause cioè le stesse cose derivanti reciprocamente l'una dall'altra”; trad. PC]. EII7S.

61 Cfr. EII21S.

62 Utilizzo questa formula spinoziana intendendola nel significato composito individuato da

Deleuze (G. DELEUZE, Spinoza e il problema dell‟espressione, tr. it. di S. Ansaldi, Quodlibet, Macerata 1999; trad. di Spinoza et le problème de l‟expression, Les Éditions de Minuit, Paris 1968, pp. 11 sgg.), che comprende in sé i due aspetti complementari dell‟explicare – sviluppare – ed involvere – implicare.

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rapporti fra corpo e mente. L‟escamotage cartesiano della ghiandola pineale come punto di contatto fra due sostanze distinte appare a Spinoza come una ricaduta nell‟equivoca vaghezza da Descartes stesso rinfacciata come difetto ai propri predecessori. E non è certo per caso che, nel polemico excursus anticartesiano della prefazione al De libertate humana, Spinoza insiste proprio su questo punto:

“Profecto mirari satis non possum, quod vir Philosophus, qui firmiter statuerat, nihil deducere, nisi ex principiis per se notis, et nihil affirmare, nisi quod clare, et distincte perciperet, et qui toties Scholasticos reprehenderat, quod per occultas qualitates res obscuras voluerint explicare, Hypothesin sumat omni occulta qualitate occultiorem. Quid quaeso? per Mentis et Corporis unionem intelligit? quem,

inquam, clarum et distinctum conceptum habet cogitationis arctissime unitae cuidam quantitatis portiunculae? vellem sane, ut hanc unionem per proximam suam

causam explicuisse. Sed ille Mentem a Corpore adeo distinctam conceperat, ut nec hujus unionis, nec ipsius Mentis ullam singularem causam assignare potuerit; sed necesse ipsi fuerit, ad causam totius Universi, hoc est, ad Deum recurrere”63.

Spinoza distrugge, con la sua nozione di mens, il pregiudizio sostanzialistico sull‟anima; e lo distrugge in due sensi.

63 EVPraef. [“Di certo, non mi meraviglierò mai abbastanza del fatto che un filosofo il quale aveva

stabilito con fermezza di non dedurre nulla se non da principi di per sé noti, e di non affermare se non ciò che percepisse chiaramente e distintamente, e che tante volte aveva criticato gli scolastici per il loro voler spiegare cose oscure in base a qualità occulte, assuma poi un‟ipotesi più occulta di ogni qualità occulta. Che cosa intende, chiedo, per unione di mente e corpo? Quale concetto chiaro e distinto, dico, ha del pensiero strettamente unito a una certa particella di quantità? Avrei davvero voluto che avesse spiegato quest‟unione a partire dalla sua causa prossima. Ma avendo concepito la mente così distinta dal corpo, da non poter individuare alcuna causa singola, né di questa unione, né della mente stessa, fu obbligato a ricorrere alla causa dell‟universo intero, cioè a Dio”; trad. PC].

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Da un lato, come si è visto, fornisce, con Descartes, una definizione prettamente intellettualistica dell‟anima, trasformandola in mente e liberandola così in un colpo solo dalle tripartizioni platonico–aristoteliche e dall‟equivoco isomorfismo col corpo.

D‟altro canto, però, supera Descartes, sancendo l‟unione – anzi, l‟identità – della mente col corpo: non una giustapposizione di due sostanze, ma modi della sostanza unica che si esplica sotto differenti attributi. Solo cancellando dalla nozione di anima la componente “corporea”, è possibile per Spinoza delineare quella nuova sintesi fra anima e corpo che aggira il dualismo cartesiano, e allo stesso tempo il pregiudizio della separabilità dell‟anima dal corpo. Infine la mente, come idea del corpo, è libera di accompagnare, in quanto momento conoscitivo, ogni esperienza dell‟uomo: compresa quella degli affetti.

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Cap. I.2 – Mente, idee, verità.

Il rapporto fra la mens spinoziana – che è, essa stessa, un‟idea: l‟idea di un corpo, il che sancisce il legame strutturale fra questi due termini, che nel perfetto rispecchiamento reciproco che li caratterizza in quanto l‟una è idea dell‟altro, sono una cosa sola – le idee, e la nozione di verità viene analizzato in una prospettiva che, proprio a partire da una seria difficoltà teoretica insita nella definizione spinoziana della mente umana, tenta di rendere conto dell‟originalità dell‟elaborazione, da parte di Spinoza, di una nozione di idea caratterizzata da una doppia determinazione, che ne fa, da un lato, una rappresentazione, e, dall‟altro, un atto di pensiero (§I.2.1.). L‟idea, per Spinoza, è conoscenza, e come tale è una componente fondamentale della sua gnoseologia – dunque, è essenziale perché si possa comprendere la portata della teoria spinoziana dell‟immaginazione – ma è nodale anche nella struttura ontologica del suo sistema.

Della nozione spinoziana di idea verranno analizzati i punti di contatto, ma, soprattutto, di contrasto con quella coniata da Descartes nelle Meditationes; il legame con la problematica teoria dell‟attività del conoscere; il rispecchiamento reciproco fra i due livelli che la definiscono (quello dell‟essenza oggettiva, e quello dell‟essenza formale). Si analizzerà poi, a proposito della problematica nozione di idea vera, la teoria spinoziana della verità, di cui si mostrerà l‟irriducibilità sia alle letture corrispondentiste di tale concetto, sia a quelle coerentiste, che tentano di espungere il riferimento alla convenientia con la cosa esterna (§I.2.2.).

Appurata tale costitutiva irriducibilità, sarà possibile apprezzare l‟originalità della teoria della verità spinoziana – che appare evidente nella sua trattazione dell‟errore, troppo spesso, a torto, criticata – tramite l‟analisi di un concetto strutturalmente interrelato alla veritas spinoziana, tanto da costituirne la denominatio

intrinseca, eppure non risolubile in essa, per via della sua natura non relazionale:

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Una volta chiarita appieno la natura dell‟idea di cui parla Spinoza, sarà finalmente possibile accostarsi al rapporto che intercorre fra mente e corpo, che sono l‟una l‟idea dell‟altro.

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