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2.3 Le determinanti degli abbandoni negli studi empirici

2.3.1 Il background socio-economico

La relazione tra risultati educativi e background individuale, famigliare e ambientale ha rappresentato argomento di studio sia in campo economico sia in ambito sociologico (Mare, 1980; Willis e Rosen, 1979). Il background famigliare influenza, infatti, le scelte di abbandono per una serie di ragioni

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legate al reddito percepito dal nucleo famigliare, al livello di istruzione e alla professione svolta dai genitori: ciascuna di queste variabili incide sulla

performance degli studenti in maniera differente. In particolare, il fattore

reddito condiziona la capacità dello studente di finanziare il percorso educativo fino al completamento degli studi, la classe sociale di appartenenza (rappresentata da istruzione e condizione lavorativa dei famigliari), oltre che influenzare le aspirazioni professionali degli studenti “definisce la

preparazione sociale e l’impegno dello studente” (Broccolini 2005a, p. 30)

nell’affrontare l’ambiente universitario, e da ciò discende il rilevante impatto sulla motivazione a completare gli studi universitari.

Si aggiunga poi, che lo status socio-economico ha delle forti implicazioni sul piano della mobilità sociale, pertanto, assicurare l’istruzione superiore anche agli individui appartenenti ad una classe socio-economica di livello medio-basso permette un più alto grado di mobilità verso l’alto per gli stessi ed evita che, laddove vi siano delle diseguaglianze, queste vengano trasferite da una generazione all’altra. Inoltre, le risorse educative ed economiche presenti presso la famiglia di origine pongono le basi per la qualità della studi sia direttamente (finanziando il percorso educativo), sia indirettamente (attraverso la trasmissione del capitale culturale).

Coleman (1988) offre un’interessante specificazione del background famigliare che, a suo dire, va distinto in tre componenti: il capitale finanziario, il capitale umano e il capitale sociale. Il capitale finanziario è misurato dalla ricchezza posseduta dalla famiglia o dalle entrate; esso fornisce agli individui le risorse fisiche necessarie per il raggiungimento degli obiettivi educativi, quindi una localizzazione stabile in cui studiare e i materiali funzionali allo studio. Il capitale umano è rappresentato dall’istruzione dei genitori ed è tale da fornire ai soggetti un ambiente cognitivo favorevole che funga da aiuto e stimolo nei percorsi di apprendimento. Il capitale sociale, infine, è ciò che valida e rende efficace il capitale umano: ossia le modalità in cui si attua il rapporto tra i genitori e i figli, nella cui relazione i genitori trasmettono le

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proprie conoscenze ai figli, oppure si adoperano per sostenerli nello studio11. Ne segue che la famiglia ha modo di influenzare la performance accademica direttamente (attraverso il capitale finanziario), ma anche indirettamente (attraverso il capitale umano ed il capitale sociale).

Gli studi che analizzano la rilevanza dei fattori socio-economici sono spesso focalizzati su singoli atenei, mentre poche analisi, tra cui Chevalier et

al. (2003) e Koucký et al. (2009) svolgono analisi su basi di dati comparative. In

particolare, Chevalier et al. (2003), sulla base dei dati dell’International Adult

Literacy Survey (IALS), hanno condotto una stima su 20 nazioni per

comprendere quanto incida il livello di istruzione del padre sulla probabilità di conseguire un titolo di studio accademico. Dall’indagine è emerso che, sebbene in 9 nazioni, tra cui il Regno Unito, si registri una progressiva riduzione delle disuguaglianze, lo stesso non può dirsi del Canada e della Svizzera dove, al contrario, le disuguaglianze sociali seguono un tendenziale aumento.

Johnes e McNabb (2004) hanno svolto, invece, un’indagine sugli abbandoni degli studenti universitari dell’Inghilterra e del Galles nell’anno 1993. Le variabili esplicative considerate nella stima riguardano fattori quali il tipo di scuola secondaria frequentata e l’occupazione svolta dal componente della famiglia che percepisce il reddito più elevato. Nella loro elaborazione, gli studiosi distinguono tra abbandono volontario e abbandono causato dai fallimenti accademici e, nell’ambito di tale differenziazione, trovano anche differenti cause determinanti la decisione di abbandonare gli studi. Con riferimento a quest’ultima variabile, riscontrano che la probabilità di abbandono è significativamente più bassa nel caso in cui lo studente provenga da una famiglia in cui i genitori svolgano attività manageriale o libero- professionale, rilevando che vi è quindi una monotonicità nelle tipologie di

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In Coleman (1988) p. S110, si legge che in una scuola pubblica degli Stati Uniti dove i libri di testo venivano acquistati dalle famiglie degli scolari, le autorità scolastiche notarono che le famiglie di immigrati asiatici avevano acquistato due copie dello stesso libro di testo e scoprirono che la seconda copia serviva alle madri affinché studiassero esse stesse, in modo da aiutare i propri figli a scuola.

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occupazione, per cui il tasso di abbandono è il più alto per gli studenti i cui genitori svolgono lavoro semi-skilled o unskilled.

Per quanto riguarda il livello di istruzione e la professione svolta dai genitori, Koucký et al. (2009) hanno effettuato un’analisi basandosi sui dati dell’European Social Survey12 (ESS) per studiare, con riferimento a 23 nazioni europee, quale sia l’andamento nel conseguimento di un titolo di istruzione universitaria in relazione all’occupazione e al grado di istruzione dei genitori. Dall’analisi è emersa nella generalità dei casi una riduzione delle disuguaglianze sociali nell’istruzione universitaria. Più precisamente, nei Paesi del nord-Europa e dell’Europa continentale-meridionale si è registrata una riduzione delle disparità sociali nel conseguimento di titoli accademici, nei Paesi dell’Est, invece, il trend non è lineare.

Arulampalam et al. (2004), basandosi sui dati rilevati a livello amministrativo dall’Universities Statistical Record (USR) riguardante la coorte di iscritti alla facoltà di medicina in Gran Bretagna tra il 1980 ed il 1992, trovano che la classe sociale di provenienza non ha un’influenza significativa sulla probabilità di abbandono. Gli studiosi, rilevano, invece, una correlazione nel caso in cui il genitore dello studente svolga una professione medica; in questo caso, infatti, dalla stima risulta una minore probabilità di abbandono degli studi.

Tra gli studi più recenti condotti per l’Italia si segnalano Checchi (2003), Checchi et al. (2006), Cingano e Cipollone (2007), D’Hombres (2007) e Belloc et al. (2010).

Checchi (2003) rileva, con riguardo all’Italia, una più forte influenza del livello di istruzione dei genitori rispetto al reddito, su quelli che saranno gli esiti dei percorsi formativi degli individui. Ancora, nel lavoro di Checchi et al. (2006) viene svolta un’analisi sulle coorti dei nati tra gli anni 1910/15 e il 1975/79 per studiare l’impatto del background familiare sui livelli di scolarità raggiunti dagli individui. Dalla ricerca risulta che, in generale, nell’arco del

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Si tratta di un’indagine volta a spiegare le interazioni tra le istituzioni europee e comprenderei modelli di comportamento delle diverse popolazioni residenti.

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secolo scorso si è registrata una riduzione dell’effetto del background famigliare sulle scelte scolastiche dei soggetti. Tuttavia, con specifico riferimento all’istruzione universitaria, si nota che i figli dei genitori non laureati ottengono meno frequentemente un titolo di studio universitario, pertanto il livello di istruzione dei genitori continua a esercitare un effetto significativo sulla probabilità di conseguire la laurea.

Cingano e Cipollone (2007) analizzano la performance studentesca servendosi di dati a livello individuale e in forma aggregata, basandosi su un campione rappresentativo di diplomati delle scuole secondarie e sui dati riferiti all’offerta universitaria in ambito locale. L’analisi si riferisce ai dati riguardanti un’indagine ISTAT condotta nel 2001 su circa 23.000 individui. Il campione (circa il 5 per cento della popolazione studentesca) riguarda coloro i quali hanno conseguito il diploma nel 1998, inoltre è abbastanza dettagliato da fornire informazioni riguardanti la professione svolta dai genitori, il titolo di studio da costoro posseduto e, addirittura, contiene informazioni in merito al possesso della laurea da parte di almeno uno dei nonni. Dalla ricerca risulta che sia il livello di istruzione dei genitori, sia l’indirizzo di scuola secondaria frequentata sono rilevanti nelle decisioni di abbandono. Nello studio viene anche svolta un’analisi di tipo cross-country con un modello Tobit, attraverso la comparazione delle informazioni riguardanti l’istruzione pregressa e il

background famigliare degli studenti italiani con dati analoghi, riferiti, però,

agli studenti di altre nazioni europee. Dall’indagine si evince che, pur essendovi un differenziale nel conseguimento della laurea da parte degli studenti delle università italiane rispetto alle altre nazioni europee, le differenze nel background e nell’istruzione spiegano solo in minima parte i maggiori tassi di abbandono che si registrano nelle Università italiane. Infatti, i dati riguardanti gli anni medi di istruzione dei genitori dei diplomati italiani sono molto vicini a quelli degli altri Paesi europei13.

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D’Hombres (2007) studia l’effetto prodotto dall’istruzione e dal lavoro svolto dal padre, concentrandosi sugli effetti della riforma dei cicli universitari in Italia, il cosiddetto 3+2. Ancora una volta, dall’analisi, condotta sulla base dei dati ISTAT riguardanti gli anni 1998, 2001 e 2004 riferiti ai diplomati negli anni 1995, 1998 e 2001, risulta che la probabilità di abbandono decresce in funzione del più alto grado di istruzione e di occupazione lavorativa del padre.

Infine, Belloc et al. (2010) svolgono un’analisi sugli studenti immatricolati alla facoltà di Economia e Commercio dell’Università “La Sapienza” di Roma, considerando l’arco temporale che va dall’anno accademico 2001/02 fino al 2006/07. Lo studio dimostra una relazione non lineare tra il reddito annuale percepito dalla famiglia di appartenenza e la probabilità di abbandono. Nell’indagine si nota che, assumendo un reddito di 10.000 euro come benchmark, ai redditi elevati (superiori a 30.000 euro) si associa una elevata probabilità di abbandono, mentre la classe di redditi media (compresi tra 10.000 e 30.000 euro) non risulta essere statisticamente significativa.