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L’analisi dell’efficienza delle istituzioni universitarie viene svolta considerando la relazione tra gli input impiegati e gli output prodotti nell’ambito del processo formativo (Hanushek, 1986). I fattori di input e di

output che entrano a far parte del processo formativo sono molto eterogenei

tra loro (Ferrari e Laureti, 2005). In particolare, gli input impiegati possono riguardare fattori strettamente legati all’istituzione universitaria, quali il numero di docenti e le dotazioni di infrastrutture (aule, laboratori, biblioteche), ma anche aspetti connessi alle caratteristiche personali degli studenti (Hanushek, 1986). Quanto all’output del processo, esso va considerato in termini di individui laureati che hanno acquisito specifici livelli di conoscenze e di competenze. Si consideri, peraltro, che ciascun soggetto laureato presenta delle caratteristiche personali, come il background formativo, il background socio-economico, le abilità possedute, che lo rendono diverso da un altro e che, per quanto esogene al processo formativo, ne influenzano gli esiti (Hanushek, 1986; Ferrari e Laureti, 2005). La misurazione dell’output, poi, può essere effettuata con riferimento alle votazioni conseguite dagli studenti, ma anche in relazione alla percentuale di iscritti, alla durata media degli studi, ai tassi di abbandono (Hanushek, 1986).

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Si aggiunga, infine, che lo studente partecipa al processo formativo nella veste di utente del servizio di istruzione e può prendervi parte in maniera più o meno attiva, condizionando, per tale via, i risultati del processo (Ferrari e Laureti, 2005). Inoltre, il processo formativo è influenzato da una serie di fattori, quali il tempo che i soggetti dedicano allo studio, le abilità possedute, la qualità degli insegnanti, e tale fattori, non essendo facilmente osservabili e quantificabili, non possono essere espressi come unità di input (Ferrari e Laureti, 2005).

Considerato che l’attività formativa universitaria si svolge attraverso l’impiego di input per la produzione di output, in relazione alla qualità e alla quantità dell’output prodotto, una università (o una dipartimento all’interno di essa) potrà essere valutata come più o meno efficiente. Ne segue che, qualora s’intenda valutare la performance di un’istituzione universitaria bisognerà considerare la capacità dell’istituzione di ottenere, a partire da un certo insieme di input, la massima quantità di output (Farrell, 1957). Per l’analisi dell’efficienza tecnica si procede, così, confrontando l’unità produttiva oggetto di analisi con uno standard efficiente che rappresenta il benchmark.

Gli approcci adottati per lo studio dell’efficienza sono brevemente presentati di seguito, mentre si rinvia al terzo capito del lavoro per una più approfondita trattazione.

Le metodologie impiegabili per la valutazione dell’efficienza tecnica possono essere di tipo parametrico e non-parametrico. Nei modelli parametrici la forma funzionale della funzione di produzione è determinata ex

ante, per cui l’analisi dell’efficienza viene svolta applicando la stessa

equazione di regressione a ogni unità produttiva oggetto di analisi e ricavando la misura dell’efficienza tecnica dai residui della stima (Murillo-Zamorano, 2004). Nelle analisi empiriche che hanno valutato l’efficienza tecniche delle università attraverso il metodo parametrico, l’approccio maggiormente adottato riguarda l’analisi della frontiera stocastica. Tale metodo di analisi prevede che la differenza tra l’output osservato e l’output teorico (efficiente)

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sia determinata da due disturbi casuali, ossia un errore stocastico, con distribuzione normale, e una misura dell’inefficienza tecnica, con distribuzione asimmetrica. Per cui, con specifico riferimento alle università, nell’analisi della frontiera stocastica, le differenze nella varianza osservata nella performance degli studenti verrebbe spiegata non soltanto dall’inefficienza del sistema di istruzione, bensì anche da altri fattori quali, l’incompleta specificazione del modello oppure l’eterogeneità degli studenti (output) osservati (Dolton et al., 2001).

Nel caso delle metodologie non-parametriche la forma funzionale della frontiera efficiente non viene determinata a priori, ma viene costruita in relazione alle osservazioni oggetto della stima (Murillo-Zamorano, 2004). Nell’analisi dell’efficienza tecnica delle università attraverso tecniche non- parametriche, solitamente, viene impiegata la metodologia Data Envelopment

Analysis (DEA). Attraverso tale metodo viene valutata l’efficienza di unità

operative omogenee nella realizzazione di un certo output, a partire da un dato insieme di input. In particolare, l’analisi DEA viene svolta determinando, per ogni unità produttiva, un valore di efficienza relativa, sulla cui base verrà effettuata una classifica (ranking) delle unità analizzate, distinguendo le efficienti dalle inefficienti.

Come già accennato, a differenza di quanto avviene nei modelli parametrici, nell’impiego della DEA non occorre specificare ex ante la funzione di produzione, e tale caratteristica rende questa tecnica preferibile all’analisi della frontiera stocastica. Infatti, posto che nel processo produttivo dell’istruzione universitaria intervengono una molteplicità di input e di output, qualora si intendesse impiegare l’analisi della frontiera stocastica occorrerebbe stimare dei sistemi di equazioni, per cui la stima sarebbe resa particolarmente complessa anche per motivi di calcolo (Agasisti e Pérez- Esparrells, 2010). Nella DEA, invece, il problema della presenza di molteplici

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di pesi tale per cui, nella stima, sarà possibile valutare l’efficienza relativa di ogni unità osservata (Agasisti e Pérez-Esparrells, 2010).

Come già accennato, nella valutazione dell’efficienza delle università, l’approccio maggiormente praticabile e la metodologia DEA. In ragione di ciò, l’analisi della frontiera stocastica è stata impiegata solo su un numero ridotto di ricerche (tra queste Robst, 2001; Izadi et al., 2002; Stevens, 2005), mentre la gran parte delle analisi è stata svolta attraverso la DEA (per citarne alcuni, Breu e Raab,1994; Beasley, 1995; Johnes, 2006; Ferrari e Laureti, 2005; Wolszczak-Derlacz e Parteka, 2011).

Nel terzo capitolo del lavoro verranno presentati nel dettaglio i risultati di un’analisi dell’efficienza tecnica svolta sugli atenei italiani, con riferimento all’anno accademico 2009/10, attraverso la metodologia DEA. Gli aspetti più significativi emersi dallo studio riguardano delle differenze nei livelli di efficienza degli atenei, sia in relazione alla natura pubblica o privata, sia in riferimento alla localizzazione geografica. Per cui, le università private sono risultate essere più efficienti rispetto alle università pubbliche, così come le università del nord e del centro hanno mostrato un’efficienza più elevata rispetto alle università del sud.