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La Baia del Re

Un frenetico bussare all’uscio interruppe mia madre mentre distri-buiva il pasto. Preoccupata, guardai la zuppiera ancora piena di gnocchi e la Nina che faceva il suo ingresso: “Ottavia, ho bisogno di un favore... mi prestate c’la fìulina? Esclamò, guardandomi ed in-dicandomi. “Prestare?” le fece eco mia madre. “Mia figlia vol gì al mare sal muros”– “E allora?” chiese mamma incuriosita. “Allora...–

riprese la Nina, passando all’italiano, forse per spiegarsi meglio – lu, el muros, la vuole portare al mare alla ‘Baia del Re’... troppo lon-tano!!” Fra gli adulti scattarono curiosi sguardi d’intesa. Mentre io, tra un misto di speranza per la novità che probabilmente mi riguar-dava e qualche gnocco rubato dalla zuppiera, attendevo gli eventi ed il prosieguo di quella strana richiesta. “Vedete – infatti continuò la Nina – non mi va che restino da soli; e pu’ lu è di Bologna e dei forestieri io non mi fido molto...” – “Ma se siete nell’osteria da una vita... e poi lo sapete che Floriano ha intenzioni serie...” ribadì an-cora perplessa mia madre, cercando con gli occhi un cenno di as-senso o di diniego da parte di mio padre, alla ‘stravagante’ (per lo meno per me) richiesta della Nina. Un breve assentire con la testa da parte di babbo tolse mamma da ogni dubbio; mi si avvicinò e mi chiese “Te la sentiresti di andare con Floriano e la Corrada? Ti por-tano al mare con loro... pensa... in Vespa!!!!” Se anche avessi avuto qualche tentennamento, e non ne avevo di sicuro, vista l’avventura che mi si stava prospettando, l’idea di andare al mare e per di più in Vespa mi rendeva euforica – “Siiiii!” – esclamai piena di gioia e con la bocca piena di gnocchi. E fu così che mamma in fretta in fretta, mi cucì un ‘pagliaccetto’ perché fossi, sì, un “terzo incomodo”,

ele-gante, però! Che mi importava di essere di troppo? Mi importava di più andare al mare e in Vespa...

E così, quel bel giorno di agosto, Floriano con la sua Vespa tutta lucida venne a prendermi. Sembrava che tutta Via Garibaldi fosse in attesa dell’evento: o fuori in strada o affacciati alla finestra, tutti a rimirare la Vespa bianca con le finiture nere, ma soprattutto, tutti a vedere noi che partivamo. Gli uomini della via ispezionavano la Vespa con molta attenzione; mentre Gino, il ciclista, defraudato di un mezzo di gloria di sua competenza, mostrava orgogliosamente il telefono appena installato e due gigantografie di Coppi e Bartali.

Le ultime raccomandazioni di mamma: niente bagno... attenta al sole... e, a quei due! Aggiunse babbo ridendo fragorosamente.

Le parole di Alessandra e Luana, due amiche più grandi di me, mi tornarono in mente: “Mamma, è vero che io sono il ‘moccolo’?”

– Chi ti ha detto questo? –

– Le figlie della Dede. – Tu sei troppo piccola per capire, ma Floria-no e Corrada hanFloria-no bisogFloria-no di te... e poi… Floria-non vai al mare!?! Ma, mi raccomando, eh!!! –

Le parole delle due amiche mi risuonavano ancora e comunque in mente: “Vedrai come si baciano, si abbracciano e si accarezzano…”

non riuscivo proprio a capire come mai avessero bisogno di me…

ah! Floriano mi fece salire sul predellino davanti, con le mani ben appoggiate sul manubrio e i piedi uniti. Com’ero orgogliosa del mio bel pagliaccetto dai colori sgargianti! Corrada con il suo pren-disole a fiorellini rossi ed il fazzoletto uguale legato sotto il mento sembrava quasi bella e Floriano con i pantaloncini corti e la camicia aperta sul petto villoso sembrava un attore del cinema. Dopo aver sistemato tra me e lui una ‘sporta’ con gli asciugamani e la merenda per me, mamma mi aggiustò il cappellino sulla testa e me lo legò, stretto stretto sotto il mento “per non farlo volare via”.

Tutta Via Garibaldi era lì a salutarci. Mi sentivo un’eroina! Partim-mo finalmente per la ‘Baia del Re’: una zona per me sconosciuta, ma dal nome da favola. Chissà com’era bella! Intanto la Vespa che

secondo me sfrecciava lungo la nazionale, aveva invece un’andatura moderata e quindi, nulla sfuggiva al mio sguardo: le poche case ai lati della strada, il treno che passava con rumore assordante, l’aria calda sul volto, il sole che splendeva… Tutto era speciale e meravi-glioso! Pian pianino mi tolsi dal petto il ‘foglio di carta’ che mam-ma mi aveva messo per paura che la troppa aria facesse “prendere freddo ai polmoni”, ma il caldo era tanto e sentivo il calore del sole dappertutto. Ero felice come non lo ero mai stata e, muta come un pesce, cercavo di ascoltare le poche frasi che si scambiavano, felici, i due innamorati: – Stringiti un poco a me – diceva Floriano, ho paura di perderti. – Floriano, sssh! C’è la piccola!– Ma io ero anco-ra più felice di loro!

Arrivati alla spiaggia, notai che c’erano poche persone e non c’erano né tende né capanni, ma il luogo era bellissimo. Floriano scelse una piccola insenatura vicino agli scogli e sistemò gli asciuga-mani sulla finissima sabbia per stenderci e prendere il sole. Da una scatolina presero un po’ di crema e me la misero sul corpo, poi co-minciarono a spalmarsela con gesti dolci e leggeri, sorridendosi. Io osservavo affascinata.

“Dai, vai a fare il bagno” mi apostrofò allegramente Floriano;

ma io non potevo, non solo perché mamma me lo aveva proibito ma anche perché… non lo sapevo… perché! Poi un “campanelli-no” e, le parole delle mie amiche mi ritornarono alla mente: vole-vano restare da soli!!! Velocemente mi alzai e corsi verso la distesa azzurra del mare, calda come l’amore, liscia come la pelle dei due innamorati! Ero felice di bagnarmi almeno un pochino, per non di-subbidire la mamma. Non avevo paura. Mi sentivo sola, in mezzo alla distesa d’acqua, libera di pensare e di sognare che anch’io, un giorno, avrei avuto un amore tutto per me. Da dove ero, non riu-scivo a vedere i due ‘morosi’, non potevo e non volevo: ero troppo felice! Il loro amore, apparteneva un po’ anche a me. Tornati a ca-sa, alla fine di quella fantastica giornata, Floriano mi mise davanti al grande specchio dell’osteria: “Guardati, sembri un gamberetto”

mi disse sorridendo e un po’ preoccupato. Quella notte, purtrop-po mi venne la febbre e per qualche giorno dovetti restarmene in casa; ma tornai diverse volte in quella spiaggia in loro compagnia, e mi sentivo amata come una sorella minore. Io, in realtà, mi sen-tivo più grande: stare insieme a loro, partecipare alla loro felicità, condividere la loro allegria avevano fatto esplodere in me una cari-ca affettiva fino allora sopita, una cari-caricari-ca che mi consentiva di cor-rere, senza remore, fra le braccia di mio padre e di mia madre, ab-bracciandoli forte forte. Ero stata l’angelo custode di un amore! E quelle giornate trascorse alla ‘Baia del Re’ mi avevano veramente aiutata a crescere.

PREMIO LETTERARIO ACCADEMIA DEI TENEBROSI

“ATTORNO ALL’AROLA” PUBBLICATO 2003