(A S.E. Mons. Vescovo Vincenzo Del Signore, di santa memoria)
Anche quell’anno, come ogni anno, i nostri catechisti assieme alle suore avevano preparato una recita per il Santo Natale, affidando ad ogni classe uno sketch per piccolissime, beniamine, aspiranti.
Ovviamente bimbe e ragazze erano impegnate nelle parti più im-portanti. I ragazzi sia piccoli che grandicelli erano addetti ai cori, ai canti solisti o fare le comparse. Tutti assieme facevamo un cast no-tevole, per la gioia delle suore, del parroco e dei genitori.
Alla Santa Messa dell’Immacolata il Parroco di San Marco fece un annuncio: “Il Vescovo ci allieterà della sua presenza per la recita di Natale”. Una ooohhh! caloroso rallegrò l’assemblea. Le suore arros-sirono di gioia e tra loro mormoravano: “Bisogna prepararsi bene, tutto deve essere pronto: è la prima volta che il Vescovo assiste ad una nostra recita!!!” Erano felici, euforiche, ma anche timorate che qualcosa potesse andare storto.
Frequentavo da anni le suore di San Marco. Da prima per la co-lonia estiva, indi come dopo scuola. Oltre ai compiti, le suore ci insegnavano a cucire, ricamare e ad essere brave persone. Ricordo ancora quella vigilia di Natale, quella recita che vedeva coinvolte tutte noi collegiali esterne. Le suore avevano avuto la brillante idea di fare una recita con scenette in dialetto e cori di bimbi vestiti da angioletti. L’impegno sarebbe stato notevole. La parte impegnativa del lavoro era trovare chi scriveva i copioni, chi avrebbe diretto gli attori e i cori… quali bambini scegliere per le varie parti. Bisogna-va impiantare uno spettacolo dove tutti, proprio tutti doveBisogna-vano
fa-re la loro parte. Per quindici giorni fu solo fermento e a vista d’oc-chio un vero caos, ma se da un disordine nasce un ordine, mai così profetica fu questa massima. Bisognava divertirsi e far divertire, so-prattutto il Vescovo, nella persona di Monsignor Vincenzo Del Si-gnore. Per me, beniamina, tutto era sorprendente e lo stupore delle prove era superiore alla fantasia. I piccolissimi erano fantastici nei loro abiti di angeli, con il lumicino in mano che sussurravano un dolce canto (‘… ed ora canta tu e vedrai a poco a poco scintillar quel tenue fuoco. È un incanto questa sera ed or si accende il ciel di stelle tutte’). Man mano che salivano sul palco ed entravano con la candelina accesa, il palco da buio si faceva via via sempre più lumi-noso. Sembrava che il cielo fosse sceso lì.
Tutto era pronto, allestito nei minimi particolari… il lavoro di au-tori, attori e regista era riuscito bene… così fu detto alle prove ge-nerali. Anche io ebbi una parte, assieme a Marisa: la nostra scenetta in dialetto ci vedeva erbivendola e acquirente… Una farsa, in un atto unico, dove si mischiavano storie d’amore e qualche goccetto di vino.
Uno spasso: era davvero una scenetta comica e divertente.
Tutto era pronto: al centro la poltroncina rivestita di velluto rosso, per il posto d’onore…. Finalmente giunse il Vescovo… un applau-so lo accolse. Eravamo emozionati. Il cuore batteva forte. Il palco si aprì e nel buio della sala i nostri genitori, le suore, il sacerdote del centro storico, i grandi dell’Azione Cattolica… attendevano noi nelle nostre rispettive performance. Un’atmosfera di pace, serenità e gioia ci prese tutti. La presenza del Vescovo ci aveva da prima inti-moriti, ma il sorriso e gli applausi che ci donava avevano annullato le nostre ansie. Le suore rosse in volto erano raggianti… tutto an-dava per il meglio. Il momento più emozionante furono i bimbi ve-stiti da angioletti, che illuminando il palcoscenico con le loro can-deline resero irreali anche noi. I sacrifici di giorni e giorni di prove e di preparazione stavano raccogliendo un successo insperato. Anche io e Marisa eravamo raggianti… il Vescovo volle conoscerci e
salu-tarci. Aveva riso più volte durante la nostra scenetta, per le comiche battute. Ci benedisse ponendo le sue mani sul nostro capo. Ci dette un buffetto sulla guancia e ci augurò ogni bene.
Difficile dimenticare quella gioia autentica, fatta di piccole cose, frutto di un’amicizia autentica, di un rispetto solidale, di un cristia-nesimo che non era solo parola, ma Azione.
L’Azione Cattolica del dopo–guerra era un fermento di speranza e le famiglie ne venivano coinvolte in primis. Ricordo babbo, che conosceva bene il Vescovo essendo egli stesso nelle file dell’Azione Cattolica, quando venne a sapere che ci avrebbe onorato della sua presenza disse: ‘è UN GRAN PRETE, UN GRANDE VESCO-VO’, eppure a vedersi era minuto, umile e silenzioso. La sua per-sona trasmetteva spiritualità e dolcezza. Un vero signore! Gli occhi quasi sempre abbassati, che babbo definiva riserbo. Caratteristiche che sono pregi in una figura del genere, la cui voce era poco più di un sussurro. Ma determinato quando si trattava di difendere la fede e di donare le parole guida per la vita dei suoi figli. Le suore dopo un piccolo rinfresco a base di biscottini e acqua accompagnarono Sua Eccellenza all’uscita. Era tutto finito.
Il brusio accompagnava l’ospite verso via Nolfi. Il palcoscenico vuoto, la sala vuota, l’uscio affollato… io e Marisa ci prendemmo per mano correndo verso l’uscita… troppa ressa.
Restammo sui gradini della Chiesa. Di lì potevamo vedere la folla salutare Monsignor Del Signore. Una festa riuscita, una gioia pie-na, un “pastore” fra noi. Che doni!!!
Dalla nostra postazione potevamo osservare e nulla sfuggiva ai no-stri sguardi e davvero quello era il posto giusto per osservare il tea-tro della vita.