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Il diritto delle persone di età minore all’accesso ad informazioni appropriate:

Capitolo III - Diritti civili e libertà

2. Il diritto delle persone di età minore all’accesso ad informazioni appropriate:

APPROPRIA-TE: MINORENNI E MEDIA IN ITALIA

I telefoni cellulari e gli smartphone hanno rivoluzio-nato la vita delle persone e le loro attività quotidiane ovunque nel mondo, soprattutto in contesti a basso reddito. Per miliardi di persone questi dispositivi re-lativamente economici, onnipresenti e multitasking consentono una comunicazione efficace, nonché l’ac-cesso a informazioni e servizi vitali su salute, istruzio-ne, società ed economia e possono potenzialmente costituire una leva efficace per il raggiungimento dei Sustainable Development Goals16.

Lo smartphone è diventato il principale mezzo attra-verso cui pre-adolescenti e adolescenti in molti paesi industrializzati hanno accesso a Internet17. Con la dif-fusione della tecnologia si è acceso un ampio dibatti-to sulle sue implicazioni per il benessere, la salute, la socialità e i diritti, soprattutto dei più giovani. Non solo: numerose ricerche hanno indagato il rapporto tra l’utilizzo dello smartphone e le performance sco-lastiche mostrando come spesso il tempo trascorso dagli studenti sullo smartphone correli negativamente con i loro risultati scolastici18.

Il periodo di emergenza COVID-19, la conseguente crisi sanitaria e la necessità di continuare la formazione dei bambini e dei ragazzi attraverso la didattica a distanza hanno portato nuovamente alla ribalta l’importanza e il ruolo delle tecnologie digitali nella vita degli studenti e delle loro famiglie. Milioni di bambini e ragazzi si sono

16 Rotondi, V. et al. (2020), “Leveraging mobile phones to attain sustainable development”, in PNAS, 117(24), 13413-13420, https://doi.org/10.1073/pnas.1909326117.

17 Mascheroni, G. – Ólafsson, K. (2016), “The mobile Internet:

Access, use, opportunities and divides among European children”, in New Media and Society, 18(8), 1657-1679, https://

doi.org/10.1177/1461444814567986.

18 Amez, S. – Baert, S. (2020), “Smartphone use and academic performance: A literature review”, in International Journal of Educational Research, 103 (May), https://doi.org/10.1016/j.

ijer.2020.101618.

trovati a doversi confrontare quotidianamente con un mondo nuovo di attività digitali: nuovo rispetto alle nu-merose ore già trascorse davanti allo schermo per atti-vità che, in precedenza, erano soltanto marginali.

La necessità di essere connessi per far fronte ad esempio alla didattica a distanza, spesso in presen-za di genitori in telelavoro, ha evidenziato un forte di-vario digitale (o digital divide) tra le famiglie italiane, con significative disuguaglianze sia nell’accesso agli strumenti digitali e a una connessione Internet ade-guata, sia nel possesso delle competenze necessarie per utilizzare al meglio questi strumenti, per poterne cioè sfruttare appieno le potenzialità senza incorrere nei rischi di un loro uso scorretto o poco consapevole.

Poiché l’emergenza COVID-19 ha imposto la didattica a distanza a tutti gli studenti d’Italia, il digital divide è

diventato un fattore critico anche per l’accesso all’e-ducazione19. I più recenti dati ISTAT20 presentano un quadro piuttosto evidente di queste disuguaglianze.

Per quanto riguarda la dotazione tecnologica, il 12.3%

dei minori dai 6 ai 17 anni non possiede un tablet o un computer. Tale situazione non è omogenea sul territo-rio, con il Mezzogiorno particolarmente svantaggiato.

Se al Nord questa percentuale si attesta al 7.5% e al centro al 10.9%, il Meridione vanta il triste primato del 19%. Questo divario si ritrova anche nella disponibilità di connessione a banda larga che per la fruizione della didattica a distanza appare indispensabile: se il 77.9%

dei minori nella fascia 6-17 anni vive in famiglie che dispongono di banda larga, tale percentuale si riduce al 73.1% al Sud e al 64.6% nelle Isole.

Anche quando le famiglie dispongono degli strumenti digitali e della connessione, non sempre hanno un nu-mero di device sufficiente per tutti i membri della fa-miglia. Sempre l’ISTAT ha infatti calcolato che il 45.4%

degli studenti di 6-17 anni – che corrisponde a 3 mi-lioni e 100 mila ragazzi – ha probabilmente avuto diffi-coltà a seguire la didattica a distanza: o perché non ha alcuno strumento digitale a disposizione, o perché il numero di device disponibili è inferiore rispetto al nu-mero di studenti presenti nel proprio nucleo familiare.

Come abbiamo sottolineato, non è solo l’accesso a

In-19 Si veda anche oltre Cap. 7, par. “Introduzione”.

20 ISTAT, Rapporto annuale 2020: La situazione del Paese (https://www.istat.it/storage/rapporto-annuale/2020/

Rapportoannuale2020.pdf).

3. DIRITTI CIVILI E LIBERTÀ

ternet e ai device necessari per surfare il web che può causare disparità importanti. Anche la diversificazione nell’uso di Internet costituisce una nuova fonte di dise-guaglianza che, integrandosi con quelle precedenti, ne accentua la portata. Tra queste nuove forme di divario, la disuguaglianza nelle competenze digitali, l’abili-tà cioè di usare i nuovi media per perseguire i propri obiettivi, siano essi sociali, culturali, relazionali o lavo-rativi, gioca un ruolo fondamentale21. Le competenze digitali si differenziano in competenze tecniche (saper usare gli strumenti) e critiche (saper valutare la bontà e l’attendibilità delle fonti online o conoscere i rischi associati all’esposizione delle proprie scelte e carat-teristiche online). Sempre secondo i dati dell’ISTAT, in Italia solo il 29.1% degli utenti di Internet che ha un’età fra i 16 e i 74 anni possiede elevate competenze digi-tali. La maggioranza degli utenti ha competenze basse (41.6%) o di base (25.8%). Tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato Internet nei tre mesi precedenti alla rilevazione ISTAT, due su tre hanno competenze digitali basse o di base, mentre meno di tre su dieci – pari a circa 700 mila ragazzi – si attestano su livelli alti. Eppure, avere competenze digitali è fondamentale per lo sviluppo integrale degli studenti: secondo uno studio condotto su un campione di scolari del secondo anno delle superiori in Lombardia, nel complesso le competenze digitali hanno un impatto fortemente po-sitivo sui risultati scolastici. Questo effetto, inoltre, è più forte per gli studenti con scarso rendimento scola-stico iniziale o provenienti da un background familiare particolarmente svantaggiato. Tale impatto, inoltre, è particolarmente rilevante per gli studenti provenienti dalle scuole tecniche o professionali, per i quali i livelli di abbandono scolastico sono spesso molto alti22. Se quindi avere accesso alla tecnologia è importan-te, saperne sfruttare al meglio le potenzialità è fon-damentale soprattutto per non incorrere nei rischi legati a un uso scorretto23. Inoltre, se si immagina un

21 Gui, M. (2009), Le “competenze digitali”. Le complesse capacità

d’uso dei nuovi media e le disparità nel loro possesso, Scrip-taweb, Napoli.

22 Pagani, L. et al. (2016), “The impact of digital skills on educational outcomes: Evidence from performance tests”, in Educational Studies, 42(2), 137-162.

23 Si veda oltre Cap. 7, par. “Comportamenti violenti a scuola” e Cap. 9, par. “La pedopornografia”.

futuro nel quale la didattica digitale possa diventare un elemento importante dell’offerta educativa, non solo come risposta emergenziale a una crisi, ma come ele-mento permanente che integra la didattica classica, appare certamente prioritario continuare a investire nella riduzione del divario digitale descritto, che po-trebbe comportare, se non affrontato, una pericolo-sa esclusione di un’ampia fascia di ragazzi dal pieno esercizio del diritto all’istruzione.

Una sezione a parte merita la discussione sul tem-po passato dai bambini in età prescolare davanti allo schermo dei dispositivi elettronici. Uno studio pubbli-cato di recente sulla prestigiosa rivista The Lancet24 ha analizzato il comportamento dei bambini in età 0-6 anni, sottolineando come i bambini di 2-3 anni che trascorrevano più di tre ore davanti a uno schermo si dimostravano due anni più tardi – all’età cioè di 5 anni – meno inclini a svolgere attività fisica, con conse-guenze gravi in termini di aumento del rischio di mor-talità quando diventeranno adulti. Per questa ragione l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda che fino ai due anni di vita il tempo dedicato ad attività davanti agli schermi sia di zero minuti e, a partire dai due anni, non più di 60 minuti al giorno. Tali linee gui-da sottolineano un aspetto molto importante: ridurre il tempo trascorso dai bambini in età prescolare davanti agli schermi, di qualsiasi natura essi siano, è un modo efficace ed efficiente per salvaguardare e garantire il loro diritto alla salute da adulti25.

Con il DM 13 dicembre 2017, il Ministro dello Sviluppo Economico ha nominato i membri del Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori. Tale codice è frutto della volontà delle emittenti televisive pubbliche e private, sia nazionali che locali, di migliorare la qualità dei programmi de-dicati alle persone di minore età, per incentivare un uso più corretto della televisione. Il Comitato per l’ap-plicazione del Codice ha come compito quello di mo-nitorare l’attuazione del Codice stesso ed è composto da quindici membri, in rappresentanza delle emittenti

24 Bozhi, C. et al. (2020), “Associations between early-life screen viewing and 24 hour movement behaviours: Findings from a longitudinal birth cohort study”, in The Lancet Child & Ado-lescent Health, 4(3), 201-209, https://doi.org/10.1016/S2352-4642(19)30424-9.

25 Si veda anche oltre Cap. 6, par. “Minorenni e condotte di abuso”.

3. DIRITTI CIVILI E LIBERTÀ

televisive, delle istituzioni e degli utenti26.

Sin dall’inizio l’attività del Comitato si è concentra-ta sull’analisi della bozza di un nuovo Codice, che è stata approvata nella riunione plenaria del 28 febbraio 2019 e inviata al Ministero dello Sviluppo Economico ai fini dell’avvio dell’iter di recepimento, secondo quanto previsto dall’art. 34 comma 6 del Testo unico dei ser-vizi dei media audiovisivi e radiofonici (TUSMAR), al-trimenti noto come Testo unico della radiotelevisione.

In esso non sono state prese adeguatamente in con-siderazione le questioni legate al diffondersi dei nuovi media e la loro interrelazione con la programmazione televisiva. Un’occasione persa: era fondamentale che un Comitato media e minori – e non un Comitato TV e minori – si facesse carico dell’individuazione di mi-sure di autoregolamentazione per la tutela dei mino-renni. Manca inoltre un’articolazione per fasce di età;

elemento che avrebbe superato e meglio specificato la definizione generica di minore e al tempo stesso avrebbe dato criteri di valutazione più congrui. Al mo-mento della pubblicazione del presente Rapporto il Codice non è stato ancora pubblicato.

Pertanto, il Gruppo CRC raccomanda:

1. Al Ministero dell’Istruzione di attualizzare e ri-lanciare il Piano Nazionale Scuola Digitale, per allinearlo anche alle nuove esigenze che sono emerse con la crisi legata alla pandemia e ga-rantire l’accesso ai dati di monitoraggio del Pia-no Nazionale Scuola Digitale previsti dall’Azione 35, in modo da consentire a tutti i soggetti in-teressati di verificare l’avanzamento nell’imple-mentazione di questo strumento strategico;

2. Al Ministro dello Sviluppo Economico di com-pletare quanto prima l’iter di approvazione e pubblicazione del Codice di autoregolamentazi-one minori e media.

26 Codice di autoregolamentazione TV e minori: “I membri nomi-nati durano in carica tre anni e decadono qualora non parteci-pino a tre sedute consecutive del Comitato o ad almeno la metà

delle sedute nel corso di un anno solare” (https://www.mise.gov.

it/images/stories/mise_extra/codice-tv-minori-pdf.pdf; https://

www.mise.gov.it/index.php/it/ministero/organismi/area-tute-la-minori).

4. VIOLENZA CONTRO LE PERSONE DI ETÀ MINORE

1. ABUSI E MALTRATTAMENTI A DANNO DI BAMBINI E ADOLESCENTI

16.2

19. Il Comitato ONU si rammarica che non sia stato istituito un sistema nazionale di raccol-ta, analisi e diffusione dei dati e un program-ma di ricerca sulla violenza e i program-maltrattamenti nei confronti dei minorenni. Prendendo nota dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 16.2 e con riferimento al proprio Commento Generale n.

13 (2011) sul diritto del minorenne a non esse-re soggetto ad alcuna forma di violenza e alle proprie precedenti Raccomandazioni (CRC/C/

ITA/CO/3-4, par. 44), il Comitato ONU racco-manda all’Italia di:

a) utilizzando la ricerca nazionale del 2015 sui maltrattamenti nei confronti dei minorenni come punto di partenza, creare un sistema na-zionale per monitorare e raccogliere dati sulla violenza nei confronti dei minorenni, in partico-lare rispetto a tutti i casi di violenza domesti-ca perpetrati verso minorenni e sulla violenza perpetrata nei confronti di minorenni che vivono in situazioni di emarginazione e di svantaggio, e intraprendere una valutazione complessiva della portata, delle cause e della natura di tale violenza;

b) rafforzare ulteriormente i programmi di sen-sibilizzazione e di educazione – comprese le campagne – con il coinvolgimento dei minoren-ni, al fine di formulare una strategia comples-siva per la prevenzione e il contrasto della vio-lenza verso i minorenni, che comprenda l’abuso e l’abbandono;

(c) introdurre nell’ordinamento una definizione completa e precisa di violenza nei confronti dei minorenni;

(d) i ncoraggiare programmi basati sulle comunità volti a prevenire e contrastare la violenza do-mestica, l’abuso e l’abbandono dei minorenni,

anche con il coinvolgimento delle vittime, dei volontari e dei membri della comunità e for-nendo loro sostegno formativo;

(e) garantire che i minorenni vittime di violenza ri-cevano cure specialistiche, sostegno e soluzio-ni riparative adeguate.

CRC/C/ITA/CO/5-6, punto 19

La violenza sui bambini e sui ragazzi, nelle sue varie forme, appare una realtà ancora troppo sottovalutata e minimizzata nel nostro Paese, in particolare nella di-mensione conoscitiva dell’entità del fenomeno e nella consapevolezza delle conseguenze che ne derivano per i soggetti in età evolutiva. A venti anni dal primo Rapporto Supplementare redatto dal Gruppo CRC, ac-canto agli innegabili passi in avanti nella direzione di una maggior tutela dei diritti dell’infanzia, permango-no criticità che permango-non sopermango-no ancora colmate.

In primo luogo stenta ancora a decollare un’analisi esaustiva del fenomeno maltrattamento nella sua glo-balità, che dovrebbe sostanziarsi in una raccolta dati nazionale e in un’organizzazione di monitoraggio pun-tuale, con l’obbiettivo di strutturare strategie di con-trasto coordinate a livello centrale. Il Comitato ONU da tempo sollecita il nostro Paese a dotarsi di un sistema nazionale di raccolta dati sulla violenza nei confronti dei minorenni, e ha consigliato di utilizzare come pun-to di partenza un’indagine sul tema del maltrattamen-to condotta nel 20151, che ha fornito una risposta par-ziale (su 231 Comuni) ma importante, fotografando la realtà del Paese. Le stime emerse rappresentano una parte soltanto di una realtà ancora difficile da rilevare, che tuttavia appare molto preoccupante. Rispetto ai minori in carico ai Servizi Sociali, dalla ricerca emerge che sono oltre 91.000 i minorenni maltrattati in Italia:

ovvero circa 1 bambino su 5, di quelli in stato di biso-gno seguiti dai Servizi Sociali, è vittima di maltratta-mento. Circa la prevalenza si rileva che 212 per mille sono femmine e 193 per mille sono maschi, mentre i minorenni stranieri sono il 20 per mille, a fronte dell’8 per mille dei minorenni italiani.

Per quanto riguarda la tipologia di violenza subìta, il

1 AGIA-CISMAI-Terre des Hommes (2015), Indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia.

CAPITOLO 4

VIOLENZA CONTRO LE PERSONE DI ETÀ MINORE

4. VIOLENZA CONTRO LE PERSONE DI ETÀ MINORE

47.1% è vittima di grave trascuratezza, il 19% di vio-lenza assistita, il 13.7% di maltrattamento psicologi-co, l’8.4% di patologia delle cure, il 6.9% di maltratta-mento fisico e il 4.2% di abuso sessuale.

L’AGIA ha riproposto questa indagine nel 2019 se-guendo la metodologia già utilizzata su un campione significativo. La ricerca, in fase di chiusura, permet-terà di avere informazioni preziose sul maltrattamen-to ai danni dei minori di età nelle sue varie forme nel nostro Paese2.

Oltre a conoscere e monitorare l’incidenza del mal-trattamento è importante valutare i contesti e indivi-duare i fattori di rischio e di protezione, soprattutto da parte degli Enti Locali e dei Sevizi, al fine di adottare interventi precoci ed efficaci per prevenire il fenome-no. Un importante contributo in tal senso è l’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia3, che valuta come il contesto socio-economico e i ser-vizi presenti nelle varie regioni possano incidere, po-sitivamente o negativamente, sul benessere dei/delle bambini/e o, viceversa, sulla loro vulnerabilità a fe-nomeni di maltrattamento. Dal confronto tra l’indice di contesto e quello relativo alle politiche e ai servizi emerge la capacità e sensibilità delle amministrazioni locali di prevenire e contrastare questa problematica, offrendo indicazioni di policy indispensabili per eviden-ziare i punti di forza e di debolezza dei vari territori.

L’indice propone una classifica decrescente tra regioni a partire da quelle che presentano sia minori rischi di maltrattamento familiare per l’infanzia, sia un sistema di politiche e servizi territoriali adeguato a contrastare

2 Indagine realizzata in collaborazione con CISMAI e Terre des Hommes in corso di pubblicazione al momento della stesura del presente Rapporto.

3 Curata da Cesvi e sviluppata sotto la guida di un comitato scienti-fico composto da CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi con-tro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia), Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, ISTAT, MIUR, Istituto degli Innocenti, Consiglio nazionale Ordine degli Assistenti sociali. Link: https://

www.cesvi.org/notizie/indice-maltrattamento-infanzia-in-ita-lia-rischio-alto-e-amplificato-da-emergenza-covid19/. L’indice è il risultato dell’aggregazione progressiva di 64 indicatori relativi ai fattori di rischio e ai servizi offerti sul territorio, che ha dato origi-ne ai seguenti indici di dettaglio: l’indice di contesto dei fattori di rischio (relativo ad adulti e minorenni); l’indice dei servizi (relativo ad adulti e minorenni); l’indice territoriale generale per capacità (aggregazione dei fattori di rischio e dei servizi).

e prevenire il problema. A livello generale, il quadro finale dell’Indice regionale sul maltrattamento all’in-fanzia in Italia è quello di un Paese a due velocità: si conferma l’elevata criticità dei territori del Sud Italia, che rispetto alla media nazionale registrano peggio-ramenti sia tra i fattori di rischio, sia tra i servizi, pur con diversi livelli di intensità4.

Molte le aspettative nei confronti dell’Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia mino-rile, istituito con Legge 269/1998 con il compito di ac-quisire e monitorare i dati e le informazioni relativi alle attività svolte da tutte le Pubbliche Amministrazioni per la prevenzione e la repressione dell’abuso e dello sfruttamento sessuale dei minori. Nella Relazione al Parlamento del 2018, sull’attività di coordinamento di cui all’art. 17 comma 1 della Legge 3 agosto 1998 n.

269 “Norme contro lo sfruttamento della prostituzio-ne, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di schiavitù”, emergono alcuni dati degni di interesse che riguardano i reati che vedono vittime i minorenni, in particolare i reati sessuali. Il Dipartimento per le politiche della fami-glia segnala che tra le modalità che portano all’abuso sessuale trova largo riscontro l’adescamento digitale realizzato attraverso servizi di messaggistica, social network, giochi online. Nel 2018 risultano in aumen-to proprio i casi di denunce per adescamenaumen-to online, che passano da 148 nel 2013 a 390 nel 2018, dopo aver toccato il picco nel 2017 con 459 denunce di adesca-mento5.

4 Solo la Sardegna registra rispetto al 2019 un peggioramento dei fattori di rischio e un miglioramento dei servizi. Le otto Regio-ni del Nord Italia sono tutte al di sopra della media nazionale, mentre nel Mezzogiorno si riscontra un’elevata criticità: le ultime quattro posizioni dell’Indice sono occupate da Campania (20°), Calabria (19°), Sicilia (18°) e Puglia (17°). La Regione con la mag-giore capacità nel fronteggiare il problema del maltrattamento infantile, sia in termini di contesto ambientale che di sistema dei servizi, è invece, come negli anni precedenti, l’Emilia Romagna, seguita da Trentino Alto Adige (2°), Friuli Venezia Giulia e Veneto che si scambiano il terzo e il quarto posto, e Toscana, confermata in quinta posizione.

5 Per approfondimenti si veda Cap. 9, par. “La pedopornografia”.

4. VIOLENZA CONTRO LE PERSONE DI ETÀ MINORE

La dimensione della cura e la carenza della prevenzione

Nell’ultimo ventennio una moltitudine di studi6 ha evi-denziato che le forme di trascuratezza e violenza ai danni dell’infanzia, in particolare la violenza domesti-ca, rappresentano esperienze potenzialmente trau-matiche di cui oggi conosciamo bene gli esiti a breve, medio e lungo termine, sulla salute mentale e fisica, sull’aspettativa di vita e sui costi dell’assistenza so-cio-sanitaria.

Il recente rapporto di Lisa Jo Symonds sul trauma in-fantile7 sottolinea il valore dell’individuazione precoce delle condizioni di violenza che determinano il trauma psicologico e ravvisa l’urgenza di individuare strumenti di screening accurati, piani di prevenzione e protocolli d’intervento verificati nell’efficacia.

Nonostante le numerose evidenze cliniche e scienti-fiche ampiamente condivise e documentate, il quadro clinico del trauma interpersonale infantile risulta an-cora sottostimato, poco diagnosticato e poco trattato dai Servizi.

Nonostante esistano nel nostro Paese eccellenze in grado di gestire efficacemente le problematiche

Nonostante esistano nel nostro Paese eccellenze in grado di gestire efficacemente le problematiche