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IL BAMBINO E L'INFANTICIDIO AL TEMPO DI GILLES DE RAIS

Nei prossimi capitoli mi vorrei concentrare su alcuni temi che collocano il nostro processo nella sua dimensione storica e lo rendono un prodotto del suo tempo. In particolare tratterò dettagliatamente la figura del bambino nel Quattrocento e il ruolo delle accuse di infanticidio. In secondo luogo tratterò delle accuse di sodomia, che ebbero un ruolo determinante ai fini del processo. In ultima istanza cercherò di definire le dinamiche del perdono e della conversione dei condannati a morte.

Il lettore del XXI secolo sarà senza dubbio sorpreso da alcuni elementi del processo a Gilles de Rais. Il fatto che gli omicidi perpetrati dal barone avessero come vittime dei bambini non sembrò influenzare particolarmente la corte, né costituì un'aggravante. Ciò per almeno due motivi: innanzi tutto perché la concezione dell'infanzia propria della società attuale era del tutto estranea all'ottica medioevale e in parte anche a quella moderna; essa avrà le sue origini solamente all'epoca dei lumi. In secondo luogo perché il reato di infanticidio era regolato da una giurisdizione particolare e, per i motivi che cercherò di esporre, colpiva soprattutto le donne. In questo capitolo tenterò di fornire un'immagine dell'infanzia e di chiarire il concetto di infanticidio tra il Medioevo e la soglia dell'età moderna, affinché si possano meglio cogliere le coordinate religiose, giuridiche e intellettuali entro le quali si iscrisse il processo.

6.1 Il sentimento dell'infanzia

loro bene e prendersene cura. Si intende la consapevolezza dell'infanzia concepita come età particolare e con bisogni propri, diversi de quelli dell'età adulta: non appena il bambino poteva fare a meno delle cure parentali, veniva assimilato all'adulto. Nel Medioevo un sentimento diverso dell'infanzia non esisteva, o perlomeno stentava ad affermarsi.

La tradizione classica rivisitata nel Medioevo suddivideva la vita in età fondamentali, ognuna con caratteristiche e funzioni peculiari. I trattati sulle età della vita abbondavano ed erano ritenuti di valore scientifico. Le classificazioni potevano basarsi sul numero dei pianeti, e allora le età erano sette, oppure sui segni dello zodiaco o sul numero degli elementi. Il latino aveva per ognuna di queste età un termine preciso; quando nel XVI secolo si iniziò a tradurre in volgare tali trattati, ci si rese conto che il francese non disponeva degli equivalenti alle espressioni latine e che spesso parole che in latino identificavano età diverse, in francese erano assunte come sinonimi: secondo quanto si può desumere dai cataloghi degli allievi del Collegio dei Gesuiti di Caen, un quindicenne era definito bonus puer, mentre un tredicenne optimus adolescens49, ed entrambe le parole erano tradotte con il termine enfant. Solamente nell'ambito del giansenismo si moltiplicarono, per riferirsi ai bambini, termini corrispondenti alle fasce di età. Nella nascente borghesia, l'idea di infanzia era legata a quella di dipendenza, così i termini per riferirsi ad essa furono presi in prestito dal lessico militare e feudale: filleul, valet, garçon. Tuttavia, nelle classi meno elevate, questa terminologia non venne per il momento assunta, e si continuava a riferirsi indistintamente al bambino, all'adolescente e al ragazzo con il termine

enfant. La concezione di infanzia come status particolare iniziava a

prendere piede nei ceti più elevati, anche se il bambino piccolo, il neonato,

49 Philippe Ariès, Padri e figli nell'Europa medievale e moderna, Editori Laterza, Bari, 1968, pag. 22.

ancora stentava a raggiungere il pieno riconoscimento. Fino a tutto il '700 tra i ceti popolari perdurò la concezione medievale del bambino piccolo come individuo sacrificabile, scarsamente importante e, se deceduto, sostituibile.

Nel Medioevo dunque non si dedicavano particolari attenzioni alle esigenze proprie delle fasi di crescita del bambino. La mortalità infantile, persino nei ceti elevati, era molto alta, per cui il neonato iniziava a essere preso in considerazione solamente dopo aver superato il periodo di sopravvivenza incerta. Al termine di questo periodo più o meno lungo, in cui alcuni bambini erano di solito tenuti a balia, essi iniziavano a confondersi con il mondo degli adulti. Ciò è testimoniato dall'iconografia, dall'abbigliamento, dalle attività ludiche e sociali.

Fino al XII secolo, l'arte medievale ignorava l'infanzia e non rappresentava i piccoli. I fanciulli infatti, come ho detto, non erano ritenuti importanti, e dunque non potevano costituire l'oggetto di rappresentazioni artistiche. Non è un caso quindi che nel Trecento i primi soggetti infantili riprodotti fossero gli angeli e il bambino Gesù: l'infanzia entrava a far parte della storia dell'arte, tuttavia, attraverso soggetti “particolari”, espressione del mondo cristiano. L'arte gotica mise in scena un altro tipo di bambino: quello nudo. In questo periodo e soprattutto nel XV secolo, si sviluppò enormemente il tema dell'infanzia divina, caricato di realismo e sentimentalismo, tanto che la Madonna e suo Figlio sempre più spesso assunsero atteggiamenti quotidiani e talvolta profani. In pieno Rinascimento, accanto all'iconografia religiosa, sorse quella laica. Nel momento in cui la trattatistica pedagogica iniziava a fiorire cercando di definire le varie età dell'infanzia, il bambino profano si inseriva nella storia dell'arte. Tuttavia, la sensibilità estetica Rinascimentale non poneva ancora il fanciullo in posizione esclusiva: era raffigurato assieme agli adulti in scene di vita quotidiana. Solamente tra il Seicento e il Settecento esso si staccò dal mondo adulto e fu ritratto da solo,

intento alle occupazioni proprie alla sua età. Il forte sentimentalismo di questa iconografia testimonia la nascita del sentimento dell'infanzia.

Nel Medioevo il bambino piccolo, sopravvissuto alla forte mortalità, veniva proiettato nel mondo degli adulti, ed è con gli adulti che veniva raffigurato: durante riunioni di lavoro, in bottega, nei giochi e in altre attività sociali. Le rappresentazioni medievali forniscono anche indicazioni relative all'abbigliamento infantile. Una volta abbandonate le fasce da neonato, e superata dunque la fase di scarsa speranza di vita, i bambini vestivano come gli adulti. I loro abiti, in tutto e per tutto uguali a quelli degli adulti, rispecchiavano anche la differenza di ceto: i poveri vestivano come i loro genitori, così come i nobili. Solamente nel Seicento i figli dei ceti elevati iniziarono ad indossare abiti propri della loro età. Le innovazioni infatti, come abbiamo visto anche nell'uso del lessico relativo alle età dell'infanzia, tardavano ad essere assimilate negli strati più bassi della società. Furono per primi i maschietti ad avere un abito riservato alla loro età: tra le donne invece, non era ancora contemplata la differenza tra bambine ed adulte. Da notare che l'abbigliamento riservato ai bambini era quello degli uomini del secolo precedente50; si iniziava a concepire l'infanzia come un mondo differenziato rispetto a quello degli adulti, ma ancora non le si riconosceva uno status particolare, da difendere e a cui dedicare cure specifiche.

Anche per quanto riguarda i giochi e le attività sociali, nel Medioevo non si faceva differenza tra le occupazioni proprie agli adulti e quelle destinate ai bambini. Abbiamo una buona conoscenza dei giochi poiché, a partire dal Quattrocento, gli artisti hanno spesso raffigurato putti e angioletti con cavalli di legno, mulini a vento... Appare evidente che questi balocchi erano destinati ai piccolissimi, non ancora entrati nella società adulta. Tuttavia è bene notare che questo tipo di giocattoli imitava le attività e i

mestieri degli adulti e non era estraneo al gusto medievale per la riproduzione in piccolo e la collezione di preziosi manufatti, che riproducevano persone o cose. Dunque lo stesso balocco era destinato sia ai bambini che agli adulti. Salvo quindi i primissimi anni dell'infanzia, dopo i quattro, cinque anni, i piccoli facevano gli stessi giochi degli adulti, o mescolandosi tra di loro, o con gli adulti stessi. L'iconografia ancora una volta può istruirci su tali attività.

In Francia i bambini giocavano a pallamaglio, pallacorda, giochi di carte e d'azzardo51, passatempi più adatti, secondo la nostra ottica, ad adolescenti e nel caso dell'azzardo agli adulti. Nel Medioevo le festività cicliche e stagionali rivestivano un'importante funzione sociale: ad esse partecipavano tutti, si rinsaldavano i legami e il senso della vita comunitaria. I bambini vi prendevano parte a pari titolo degli adulti, occupando un posto riservato loro dalla consuetudine. Per citare solo un esempio, nei giochi che prevedevano il tirare a sorte, questo incarico era spesso affidato ad un bimbo piccolo, consuetudine che si è tramandata fino ai giorni nostri, mentre quelli più grandi ricoprivano lo stesso ruolo degli adulti: gli adolescenti non erano quindi esentati dalle lunghe ore di veglia in cui si celebravano le festività. Dopo il Medioevo, con l'avvento dei collegi gesuiti e lo sviluppo della trattatistica morale e pedagogica, alcuni giochi più liceziosi, in particolare il gioco d'azzardo, furono proibiti ai fanciulli e agli adolescenti, e si procedette così verso una sempre più specializzata concezione delle attività destinate all'infanzia.

6.2 La scuola nel Medioevo e l'istituzione del collegio dei Santi Innocenti da parte di Gilles de Rais.

Se nelle società moderna e contemporanea il bambino entra e scuola

piccolissimo e vi compie un più o meno lungo iter di studi dal quale esce ormai uomo, nel Medioevo la concezione di scuola era molto diversa. A scuola non andavano i bambini poiché essa non era rivolta all'educazione dell'infanzia e non si proponeva la formazione sociale e morale. La scuola era prettamente indirizzata all'istruzione di chierici e religiosi, e solamente agli inizi dell'Umanesimo fu aperta anche ai laici. Era un'istituzione completamente diversa dalle nostre scuole, anche perché vi era del tutto assente l'insegnamento elementare. Si imparava a leggere e a scrivere per pratica, in famiglia o a bottega. A scuola si apprendevano invece il latino e le arti del trivio e quadrivio. Spesso gli studenti sapevano recitare a memoria brani di trattati di dialettica e retorica, senza essere in grado di leggerli. L'insegnamento non prevedeva la gradualità, cioè il passaggio da concetti elementari a concetti sempre più complessi, bensì la simultaneità: le materie del trivio non avevano una gerarchia, venivano insegnate contemporaneamente e gli studenti ogni anno ripercorrevano lo stesso programma. L'insegnamento di una materia si esauriva infatti nel corso di un anno, e gli studenti più esperti si differenziavano dai meno esperti poiché avevano più volte ripetuto la stessa materia. In generale, dopo un periodo più o meno lungo di studio del trivio, che poteva durare anche svariati anni, si passava allo studio del quadrivio. I'elemento più importante del sistema scolastico medievale era la non suddivisione delle classi in base all'età degli studenti. Questo perché tale scuola si configurava come un insegnamento tecnico, spesso rivolto all'istruzione del clero, e riuniva così bambini, giovani ed adulti. Si andava a scuola quando si poteva, molto presto o molto tardi, rispetto alle norme attuali. Accanto alle scuole vere e proprie, nel Medioevo ne esistevano alcune parrocchiali; tuttavia queste miravano solamente all'istruzione dei chierichetti, ai quali si insegnavano a memoria il salterio e le preghiere liturgiche. Esse costituivano dunque un corso propedeutico alla scuola di cui ho parlato, e solo in casi sporadici vi si

apprendeva a leggere e scrivere. La norma prevedeva infatti l'apprendimento mnemonico della liturgia, mentre l'alfabetizzazione era a discrezione di alcuni zelanti maestri.

Nel Quattrocento, con l'istituzione dei collegi voluti dalle municipalità, prima in Italia e poi nel resto d'Europa, derivati dagli asili per ragazzi poveri istituiti a partire dal XII secolo, il sistema scolastico subì un cambiamento notevole. Il collegio non serviva solamente ad assicurare un'istruzione a studenti poveri, ma divenne ben presto un'istituzione di borsisti. Rispetto alla scuola medievale, che prevedeva lezioni tenute nelle chiese ai piedi del maestro, la nascita dei collegi conferì al sistema scolastico una forte istituzionalizzazione. In particolare, si iniziò ad occuparsi non solo dell'istruzione, ma anche dell'educazione. Il collegio prevedeva infatti l'internato, che permetteva un maggiore controllo morale sugli studenti. Sempre nel Quattrocento ritroviamo i primi tentativi di suddivisione delle classi non per materia, ma per età degli allievi, pratica che si consolidò solamente nel Seicento. Nel Seicento si ebbe anche un'evoluzione delle scuole parrocchiali, dalle quali trae origine l'attuale istruzione primaria.

Nel Medioevo e fino al Rinascimento, il bambino che entrava a scuola era proiettato nel mondo degli adulti. Le classi infatti erano miste e non si badava all'età degli scolari. Dobbiamo ricordare che le bambine e le donne erano estromesse dalle scuole e che ricevevano una rudimentale istruzione generalmente in casa o nei conventi, e questa pratica perdurò fino all'Ottocento. Fatta eccezione per coloro i quali erano destinati ad una carriera ecclesiastica o a professioni quali il notaio o l'avvocato, i giovani rimanevano poco tempo a scuola. Verso i dodici o tredici anni la lasciavano per essere proiettati nel mondo dei mestieri o nell'esercito o nel lavoro agricolo.

dell'importanza dell'istituzione della Cappella dei Santi Innocenti di Machecoul, voluta da Gilles de Rais. Fondata nel 1435, essa prevedeva un organico permanente di circa trenta persone, tra chierici, cappellani e studenti, più circa cinquanta uomini al loro servizio52. Infatti all'apparato clericale si affiancava un collegio, retto da un maestro, in cui i bambini e i ragazzi, scelti fra il popolo e mantenuti a spese del Barone, apprendevano principalmente il canto corale, ma anche alcuni rudimenti di alfabetizzazione. Nel panorama scolastico quattrocentesco, i Santi Innocenti costituivano un'innovazione: come ho già detto, i primi collegi, legati al mondo dei municipi liberi, si rivolgevano ai laici, e offrivano un'istruzione specializzata per ragazzi e non per bambini. Vero è che, secondo la moda, molti signori coevi amavano circondarsi di un coro di fanciulli nelle loro cappelle private; tuttavia i Santi Innocenti destarono un grande clamore, sia per l'ingente organico intrattenuto a spese del Maresciallo, sia per il lusso che vi si sfoggiava, nell'abbigliamento e nei paramenti sacri. È tuttavia necessaria una precisazione: la fondazione dei Santi Innocenti non fu un tentativo illuminato di estendere l'istruzione al popolo, tanto meno un atto di benevolenza nei confronti dei ceti più bassi. Probabilmente, per Gilles de Rais essa fu soprattutto un modo come un altro per dimostrare la propria potenza economica ed accrescere il proprio prestigio. I bambini e i ragazzi che entravano nel collegio erano talvolta scelti personalmente dal barone e lo seguivano continuamente nei suoi spostamenti nei feudi. Da quanto si evince dalle carte processuali, molti non ritornarono alla casa paterna. Alle soglie del processo a carico di Gilles, le voci popolari, alle quali fece seguito l'inchiesta vescovile, affermavano che i Santi Innocenti erano in realtà un mezzo per adescare i giovani poveri, un modo per reclutare le vittime da sacrificare ai nefandi appetiti del barone. I complici di Gilles,

Henriet e Poitou, si facevano consegnare i bambini dai genitori, con la falsa speranza che avrebbero fatto parte della Cappella e sarebbero stati educati e mantenuti. Leggiamo nelle deposizioni di Henriet: “Catherine […] donna

audit Henriet […] un frère […] pour le conduire audit Gilles de Rais, pour

être de sa chapelle ou dans cette ésperance”53. Più avanti lo stesso Henriet

affermò: “quand ledit Gilles ne pouvait à son plaisir trouver d'autrs

enfants, […] pour exercer ses exécrables débauches, il les exerçait avec les enfats de sa chapelle […] interrogé s'il tua ou faisait tuer aucuns desdits enfants de sa chapelle […] répond que non, parce qu'ils tenaient ces faits secrets”54

. Le deposizioni di Poitou a tale riguardo sono sostanzialmente identiche a quelle di Henriet, per cui evito di ripeterle.

In pratica i bambini venivano reclutati nella seguente maniera: Poitou, Henriet e la Meffraye generalmente adescavano i fanciulli che chiedevano l'elemosina, probabilmente con promesse di denaro, cibo o alloggio. Questa era, a mio avviso, la via preferita per rapire i bambini, poiché la loro scomparsa non era immediatamente imputabile al barone. Altri invece erano chiesti alla famiglia o attraverso uno scambio in denaro, o sotto il falso pretesto di farne dei paggi o dei componenti del coro dei Santi Innocenti. Altri ancora erano invece invitati a palazzo per imparare un mestiere, per compiere dunque un apprendistato. I genitori affidavano volentieri i loro figli ai servitori di Gilles, poiché erano convinti che avrebbero avuto la possibilità di studiare e di avere un avvenire migliore del loro. Nelle testimonianze del processo civile leggiamo infatti che una certa Peronne aveva affidato la propria bambina a Poitou poiché “très bien il l'abilleroit et

lui feroit beaucoup de biens […] ledit Poitou lui dist, promis et jura le tenir et l'envoïer à l'escole, et donner à icelle Peronne cent souls pour une

53 Ludovico Hernandez, Le procès inquisitorial de Gilles de Rais (Barbe-Blue) cit, pag. 92. 54 Ibid. pag. 95.

robe”55. Ancora nella confessione di Poitou, resa durante il processo civile, si legge che ad un certo Tabard, probabilmente un altro servitore del barone , il quale però compare solamente in questa testimonianza, era stato affidato dal Priore di Chermeré suo nipote “pour apprendre à chanter et à escrire,

fut mis à mort ainsi que lesdits autres enfants”56. Appare evidente il riferimento al collegio dei Santi Innocenti, dove appunto si imparava a cantare e si andava a scuola. Qualora i servitori non avessero potuto reperire bambini per il barone all'esterno del collegio, Gilles si serviva di quelli del coro. Tuttavia, come abbiamo appena letto nella testimonianza di Henriet, i coristi venivano stuprati ma non uccisi. Questo perché, se i servitori potevano addurre qualche pretesto per la scomparsa dei figli ai genitori che ne chiedevano notizie, come per esempio che fossero stati messi a servizio presso fantomatici e non precisati signori o che si fossero persi, non sarebbe stato altrettanto facile giustificare la sparizione dei bambini che alloggiavano presso il collegio. Probabilmente il silenzio dei collegiali era garantito dalle minacce di ritorsioni o addirittura di morte.

6.3 La famiglia medievale; il ruolo dei genitori nel processo a Gilles de Rais.

La concezione di nucleo familiare come lo intendiamo ai nostri giorni era del tutto assente nel Medioevo. Se consideriamo per esempio l'iconografia, non si notano scene di vita familiare fino al Cinquecento. La famiglia raggruppava ciò che noi definiremmo il lignaggio: più nuclei familiari, anche lontani tra loro, sotto lo stesso tetto. Due e non di rado tre generazioni diverse condividevano tutto, persino i beni, che spesso rimanevano indivisi tra gli eredi. Questo perché, ancora nel Medioevo, era

55 Ibid. pag. 127. 56 Ibid. pag. 180.

labile l'idea della sacralità della famiglia e del vincolo matrimoniale, che restava un mero contratto.

I primi cambiamenti in questo senso, visibili attraverso l'iconografia, riguardano la celebrazione della famiglia divina, verso il XV secolo. Tuttavia, solamente dopo la definizione dei sacramenti stabilita dal Concilio di Trento, il matrimonio e la famiglia, intesa come piccola comunità cristiana retta dal padre, furono santificati dalla Chiesa cattolica. Fino a quel momento non esisteva l'idea di intimità familiare, e la vita privata era totalmente assorbita da quella comunitaria. Il sentimento della famiglia nacque tra il Quattrocento e il Cinquecento, quando all'idea di lignaggio si sostituì il legame tra padri e figli. Allora il bambino venne a trovarsi al centro della vita familiare, poiché in lui si perpetuava il ricordo del padre. Nel Medioevo e fino al XV secolo, il bambino non rivestiva un ruolo così importante. Nei ceti più poveri, appena era in grado di poter svolgere qualche lavoretto, spesso veniva mandato a servizio presso un'altra famiglia, dove svolgeva le mansioni di servitore e il suo apprendistato; nella lingua francese attuale possiamo rintracciare questa pratica attraverso il termine garçon, che significa sia ragazzo che servitore. In un certo senso, gli artigiani si scambiavano i figli: in pratica i bambini di una certa famiglia venivano inviati presso un'altra per imparare un mestiere, e la loro famiglia