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Barcelona, camminando, indica il cammino

Il 19 dicembre del 1950 entrò in vigore a Barcelona un aumento del prezzo del biglietto del tram. La tariffa era salita solo di 20 centesimi, ma ciò fu sufficiente a suscitare il malcontento di una popolazione che, ormai da undici anni, viveva in condizioni economiche inferiori a quelle precedenti la Guerra Civile92

. L'8 febbraio iniziarono a essere diffusi per la città dei volantini anonimi che invitavano a boicottare i mezzi pubblici il primo giorno del mese seguente. Circa il 97% dei cittadini aderì all'appello. Il 1° marzo nella capitale catalana i tram circolavano perciò praticamente vuoti, mentre le strade erano piene di persone che si dirigevano verso i loro luoghi di interesse andando a piedi93. L'elevata partecipazione alla protesta fu dovuta innanzitutto al fatto che essa era connessa a una causa concreta e determinata, ed era finalizzata a ottenere un obiettivo ben preciso condiviso dalla maggior parte della popolazione: non vi aderì infatti solo la classe operaia, ma anche la borghesia e persino alcuni settori della Falange scontenti per la politica adottata dal Gobernador94

. Bisogna considerare, inoltre, che la forma in cui venne realizzata aveva il vantaggio di non esporre nessuno alla repressione, per l'ovvia ragione che non esisteva l'obbligo di usare i tram95

. Il boicottaggio proseguì anche nei giorni successivi finché, il 6 marzo, il Ministerio de Obras Públicas ordinò al Gobierno Civil di Barcelona di tornare, almeno temporaneamente, alle tariffe precedenti.

Nella stessa data la Delegación Provincial de Sindicatos, con l'intento di ristabilire completamente l'ordine, convocò una riunione di enlaces nella quale chiese

91 Líster E., Así destruyó Carrillo el PCE, cit., p. 54.

92 Molinero C., Ysàs P., Patria, justicia y pan. Nivel de vida i condicions de treball a Catalunya, 1939-1959, Barcelona, Edicions de la Magrana, 1985.

93 Si vedano: Fanés F., La vaga de tramvies del 1951, Barcelona, Laia, 1977; Ferri L., Muixí J., Sanjuán E., Las huelgas contra Franco (1939-1956). Aproximación a una historia del movimiento obrero español de posguerra, Barcelona, Planeta, 1978, pp. 148 e seg.; Richards M., «Falange, Autarky and Crisis: The Barcelona General Strike of 1951», in European History Quarterly, n. 29 (4), 1999, pp. 543-585.

94 Volantini di origine falangista che chiamavano al boicottaggio sono riprodotti in Fanés F., cit., pp. 183-186.

95 Balfour S., La dictadura, los trabajadores y la ciudad. El movimiento obrero en el área metropolitana de Barcelona (1939-1988), Valencia, Alfons El Magnànim, 1994, p. 43.

loro di dare il buon esempio e di essere i primi a prender nuovamente i tram. Non solo tale richiesta venne rigettata, ma finì per ottenere l'effetto opposto a quello che si proponeva: gli enlaces infatti, sia quelli comunisti che i cattolici e gli indipendenti eletti nel 1950, così come alcuni falangisti, esigettero la libertà per coloro che erano stati detenuti nel corso delle manifestazioni che si erano accompagnate al boicottaggio, e approfittarono dell'occasione anche per reclamare un aumento dei salari. Nella stessa sede della OSE, dopo che i dirigenti del Vertical abbandonarono il locale, iniziarono quindi un'assemblea in cui decisero di convocare uno sciopero generale per il 12. Questo ottenne un'adesione molto elevata (oltre il 50%), si estese da Barcelona a tutte le zone industriali limitrofe e, nonostante la repressione, si prolungò fino al 15 coinvolgendo circa 300.000 lavoratori. Questi avvenimenti, pur motivati da cause sostanzialmente economiche, ebbero importanti ripercussioni di tipo politico: determinarono infatti la sostituzione, nei giorni immediatamente successivi, sia di Baeza Alegría, il Gobernador Civil della capitale catalana, sia di Claudio Emilio Sánchez, il delegato locale della OSE. Influirono inoltre in maniera determinante sulla decisione di procedere, nel luglio dello stesso anno, alla formazione di un nuovo Governo che si proponeva non solo di apportare alcune modifiche alla politica economica e di far uscire la Spagna dall'isolamento internazionale, ma anche di riprendere saldamente in mano le redini dell'ordine pubblico che, per la prima volta dal 1939, appariva fuori controllo96.

Quanto accaduto in Cataluña, del resto, costituì la prima vera protesta di massa realizzata durante il franchismo, ed ebbe l'effetto di ispirare, durante tutta la primavera, manifestazioni e scioperi in altre zone della Spagna, principalmente nel País Vasco e a Madrid97

. Un rapporto governativo, ad esempio, con riferimento alla Navarra affermava:

L'ambiente politico e sociale della provincia è stato dominato, com'è logico, dalle ripercussioni degli avvenimenti di Barcelona. Questi sono stati interpretati unanimemente come una grande manifestazione collettiva di disgusto e protesta per la forma in cui è diretta la politica economica e sociale della Spagna98

I fatti di Barcelona aprirono una nuova tappa nell'opposizione alla dittatura. Innanzitutto misero in evidenza il malcontento esistente tra la popolazione a causa delle difficili condizioni economiche: l'autarchia, a cui facevano da corollario

96 De Riquer B., La dictadura de Franco, Barcelona, Crítica/Marcial Pons, 2010, pp. 358 e seg.

97 Cfr. Ferri L., Muixí J., Sanjuán E., cit., pp. 175 e seg.

98 Resumen de los partes mensuales reservados del mes de marzo de las delegaciones provinciales de

sindicatos, aprile 1951, p. 16, in Archivo General de la Administración (AGA), Secretaría General del Movimiento (SGM), sig. (9)17.2, c. 51/19021.

l'intervenzionismo e il protezionismo e a cui si sommò la non-elargizione degli aiuti del Piano Marshall, frenò la modernizzazione dell'economia e fece sì che gli spagnoli, per tutti gli anni Quaranta e all'inizio dei Cinquanta, si trovassero a vivere in condizioni di miseria generalizzata, come ben dimostrato dal fatto che nel 1950 il consumo medio per abitante era la metà rispetto al 193099

. Le proteste barcellonesi dimostrarono che questo disagio, sebbene fosse per lo più in uno stato latente, era suscettibile di assumere da un momento all'altro dimensioni notevoli, e di manifestarsi in forme tali da preoccupare il regime. Nello stesso rapporto sovracitato, a questo proposito si può leggere:

Il panorama attuale descritto da tutti i rappresentanti delle Secciones Sociales, dagli Enlaces Sindicales e dagli stessi operai per quel che si riferisce all'angosciante situazione che attraversano i lavoratori a causa del costante aumento dei prezzi [...], è veramente preoccupante: c'è una costante inquietudine nelle fabbriche e nelle officine [...] che, improvvisamente, potrebbe scatenare conflitti i quali, pur avendo in apparenza il carattere di richieste giuste, potrebbero essere sfruttati benissimo dai nostri nemici100

Il boicottaggio dei tram e il successivo sciopero presentarono inoltre, in confronto alle precedenti manifestazioni di protesta contro la dittatura, come ad esempio quella che era stata realizzata il 1° maggio del 1947 in Vizcaya101

, una novità significativa: si svilupparono, infatti, secondo una dinamica spontanea e autonoma rispetto alle organizzazioni politiche antifranchiste. Queste, pur dando il loro contributo, non furono le promotrici degli avvenimenti, bensì agirono a rimorchio di essi. Il PSUC, dal canto suo, appoggiò il boicottaggio facendo uscire il 1° marzo un numero speciale di

Treball in cui invitava ad aderire all'iniziativa, e il 4 cercò di dare al movimento una

chiara connotazione politica diffondendo un manifesto con cui incitava le masse «a trasformare la protesta contro le tariffe tranviarie in una grande protesta contro la dittatura»102

. Questo appello, tuttavia, non raggiunse il suo obiettivo in quanto, per ammissione dello stesso partito, la maggioranza di coloro che presero parte tanto al boicottaggio quanto alle manifestazioni successive proposero esclusivamente

99 Carreras A., Tafunell X., Historia económica de la España contemporánea, Barcelona, Crítica, 2003; Del Arco Blanco M. A., «Morir de hambre. Autarquía, escasez y enfermedad en la España del primer franquismo», in Pasado y Memoria, n. 5, 2006, pp. 241-258.

100 Resumen de los partes mensuales reservados del mes de marzo de las delegaciones provinciales de

sindicatos, aprile 1951, cit., p. 2.

101 Lorenzo J. M., Rebelión en la ría. Vizcaya 1947: obreros, empresarios y falangistas, Bilbao, Universidad de Deusto, 1988; Jiménez de Aberasturi, San Sebastián K., La huelga general del 1° demayo de 1947 (artículos y documentos), San Sebastián, Centro de Documentación de Historia Contemporánea del País Vasco, 1991.

rivendicazioni di carattere essenzialmente economico. I comunisti, inoltre, non promossero in alcun modo lo sciopero generale del 12: al contrario, ne vennero colti impreparati e furono sorpresi dal suo successo103

. L'11, infatti, si era riunita la Delegación del Comité Central del PSUC e, «sulla base dei rapporti in suo possesso, giunse alla conclusione che, nonostante le voci riguardanti lo sciopero previsto per il giorno seguente, questo non si sarebbe prodotto perché non c'era abbastanza ambiente per esso»104

.

Sebbene i comunisti non avessero svolto un “ruolo dirigente” nel corso degli avvenimenti di Barcelona105

, la loro stampa gli diede un gran rilievo106

. Le proteste realizzate nella capitale catalana, del resto, furono decisive nel far sì che il PCE si decidesse a dare finalmente un deciso impulso alla sua nuova tattica, adottando quelle modalità di opposizione che fino ad allora aveva visto con diffidenza. Non a caso su

Mundo Obrero apparvero titoli come «Barcelona indica il cammino!» e «Una nuova

tappa nella lotta del popolo spagnolo»107

, e un rapporto della direzione non lasciava dubbi in proposito quando affermava:

Gli avvenimenti della Cataluña presentano in maniera nuova i problemi del lavoro del Partito non solo in Cataluña, ma in tutto il paese. Nelle presenti circostanze dobbiamo essere molto più audaci nel nostro lavoro all'interno della Spagna; dobbiamo concentrare ancora di più gli sforzi del Partito in questa direzione. Si sono create nuove possibilità per lo sviluppo del Partito e del movimento di massa in tutto il paese108

Anche Antonio Mije, in una lettera a Dolores Ibárruri, scrisse che gli eventi di Barcelona erano stati «di grandissima importanza» e che se ne potevano trarre «insegnamenti utilissimi»109

. Questi per il PCE erano sostanzialmente due, tra di essi strettamente collegati:

103 Informe sin título, 1951, p. 2, in AHPCE, Documentos, carp. 32.

104 Sobre las huelgas de febrero-mayo 1951 en España, 28-9-1951, cit., p. 7.

105 Ciò non impedì al regime di descrivere il boicottaggio e lo sciopero come frutto di un complotto comunista organizzato dall'estero, inasprendo la sua caccia ai rojos. In tale contesto le forze dell'ordine franchiste il 9 giugno disarticolarono la direzione del PSUC arrestandone il leader, Gregorio López Raimundo. Cfr. Lardín i Oliver A., Activitats comunistes clandestines. Sumari de la causa 555-IV-51 contra Gregorio López Raimundo i altres lluitadors antifranquistes, Barcelona, Edicions 62, 2006.

106 Cfr. «La gran accio de masses del poble de Barcelona. Una gran victoria i una gran lliço», «Com es desenvoluparen les grans accions de masses del poble barceloni», Treball, 15-3-1951; «¡Viva la lucha heroica del pueblo barcelones!», «Huelga general de Barcelona», Mundo Obrero, marzo 1951. Tanto Treball quanto Mundo Obrero pubblicarono inoltre dei numeri straordinari in proposito.

107 Mundo Obrero, aprile 1951.

108 Informe general, marzo 1951, p. 12, in AHPCE, Dirigentes, c. 34, carp. 23.

Convocando manifestazioni e scioperi di esplicito carattere politico non si riuscivano a mobilitare le masse, a causa sia della loro paura della repressione, sia della loro sostanziale depoliticizzazione110

. Per ottenere risultati significativi in tal senso era perciò necessario fare perno, almeno in una prima fase, su rivendicazioni di carattere economico, che avessero a che fare con gli interessi immediati e concreti dei cittadini. Ciò permetteva di ottenere l'adesione anche di strati sociali, come ad esempio la borghesia e i cattolici, che fino ad allora erano considerati come fedeli alleati del regime. Insistere principalmente sulle questioni economiche, del resto, poteva produrre rilevanti ripercussioni politiche, come dimostrato dalla destituzione di Baeza Alegría e di Claudio Emilio Sánchez, nonché dal cambio governativo;

Gli enlaces, come aveva dimostrato il fatto che la convocazione dello sciopero generale era stata decisa nella loro riunione del 6 marzo, potevano svolgere delle funzioni chiave. Essi non solo avevano l'opportunità di usufruire legalmente dei locali della stessa OSE per celebrare assemblee alla luce del sole, e alle quali quindi sarebbero potuti accorrere più partecipanti rispetto a qualsiasi incontro clandestino: potevano, grazie al loro ruolo di rappresentanti dei lavoratori, conoscerne meglio le esigenze e i bisogni e guadagnarsene la fiducia difendendo i loro interessi, in modo tale da riuscire a convogliare efficacemente il malcontento operaio in rivendicazioni economiche prima, e politiche poi.

Il PCE, dunque, da tutto ciò dedusse che era giunto il momento di mettere da parte le reticenze nei confronti dell'entrismo, e concentrare tutti i propri sforzi per conquistare le cariche elettive della OSE così da assicurarsi un legame più solido con le masse e una conseguente maggiore capacità di mobilitarle. A tale decisione contribuirono altri due fattori. Il primo era il declino del movimento guerrigliero che, come abbiamo visto, nel 1951 era ormai prossimo ad essere liquidato dalla repressione. L'altro, invece, consisteva nella fuoriuscita del regime del Caudillo dall'ostracismo che lo caratterizzava in ambito internazionale. All'inizio degli anni Cinquanta, infatti, la Spagna venne ammessa in diversi organismi delle Nazioni Unite, e le sue relazioni diplomatiche andarono incontro a una progressiva normalizzazione, come testimoniato dal ritorno a Madrid degli ambasciatori dei principali paesi111

. Occorre sottolineare

110 «La depoliticizzazione del paese fu una reazione genuina di una società che aveva tradizionalmente un’idea negativa della politica e che, dopo l’esperienza degli anni trenta, identificava politica e partiti con crisi, malessere e disordini pubblici». In Carr R., Fusi J.P., cit., p. 179.

111 Cfr. AA. VV., Del aislamiento a la apertura. La política exterior de España durante el franquismo, Madrid Comisión Española de Historia de las Relaciones Internacionales, 2006.

inoltre che, nel contesto della Guerra Fredda, gli Stati Uniti avevano cominciato a considerare la Spagna come un luogo di particolare importanza strategica: tale interesse culminò nel 1953 con la firma di un celebre Patto tra i due paesi112

. Nello stesso anno, la dittatura siglò anche il Concordato con la Santa Sede113

. Una volta che il franchismo aveva conseguito la riabilitazione internazionale, svaniva la possibilità di un suo collasso in tempi brevi su cui l'opposizione aveva sempre fatto affidamento. La lotta contro di esso, dunque, doveva essere impostata secondo una logica di lungo periodo. L'invito di Stalin alla pazienza appariva quantomai appropriato. Manuel Azcárate, allora redattore di Nuestra Bandera, nelle sue memorie descrive nei seguenti termini l'impatto che ebbe sui comunisti la fuoriuscita di Franco dall'ostracismo internazionale:

Ci obbligò, ovviamente, a una revisione della strategia. C'era bisogno di giocarsela sui tempi lunghi, e di abbandonare quindi le illusioni di un cambio rapido. Era necessario seppellire la vecchia abitudine di brindare ogni Capodanno dicendo che il seguente l'avremmo celebrato in una Spagna libera114

La decisione della direzione del PCE di dedicarsi con convinzione alla messa in pratica della nuova tattica, venne trasmessa militanti attraverso una serie di articoli e documenti interni115

. Fu la stessa Ibárruri a realizzare una critica della linea seguita dal partito fino a quel momento, individuandone ancora una volta la principale lacuna nell'insufficiente legame stabilito con le masse, e spiegando la ragione di ciò nei seguenti termini:

Questa debolezza era, in un certo senso, il risultato di uno stato d'animo refrattario

112 Il Patto si configurò come una sorta di Piano Marshall in differita. Con esso, infatti, gli Stati Uniti si impegnavano ad elargire alla Spagna aiuti economici, crediti e materie prime a prezzi ridotti. Il paese iberico, in cambio, dava la disponibilità affinché sul suo territorio venissero impiantate basi militari americane. Cfr. Edwards J., Anglo-American Relations and the Franco Question, 1945-1955, Oxford, Clarendon Press, 1999; Viñas Á., En las garras del águila. Los pactos con Estados Unidos,: de Francisco Franco a Felipe González, Barcelona, Crítica, 2003.

113 Con esso veniva rinnovato il vecchio accordo del 1851 tra i due paesi, annullato dalla Repubblica. Il Vaticano riconosceva pienamente lo Stato franchista, confermandogli così il suo appoggio anche nell'arena internazionale, mentre questo riaffermava la sua confessionalità e aumentava l'indipendenza della Chiesa al suo interno. Si trattò, sostanzialmente, di una “consacrazione bilaterale”. Cfr. Bigorda J., «El Concordato de 1953:expresión jurídica de las relaciones entre la Iglesia y el Nuevo Estado», in Urbina F. (ed.), Iglesia y sociedad en España, Madrid, Ed. Popular, 1977, pp. 283-312; Martín de Santa Olalla P., De la victoria al concordato. Las relaciones Iglesia-Estado durante el "primer franquismo" (1939-1953), Barcelona, Laertes, 2003.

114 Azcárate M., Derrotas y esperanzas. La República, la Guerra Civil y la Resistencia. Memorias, Barcelona, Tusquets, 1994, p. 337.

115 Informe de Santiago sobre la actividad del P. en el interior, 3-5-1952, in AHPCE, Dirigentes, c. 30, carp. 1.2; «Aprovechemos la experiencia de Barcelona», Mundo Obrero, 15-2-52; Ibárruri D., «Por la paz, la independencia nacional y la democracia. Informe pronunciado el 25 de octubre de 1951 ante un grupo de dirigentes del Partido», Nuestra Bandera, n. 7, febbraio 1952, pp. 13-41; «Estudiar y discutir mejor, asimilar profundamente el informe de la camarada Dolores», Mundo Obrero, 15-8-1952.

all'accettazione della sconfitta, era il risultato dell'idea infantile che il franchismo non poteva reggersi al potere, né il nostro popolo sopportare per più di qualche mese la dominazione franchista. [...]

Non abbiamo esaminato come spetta a un partito marxista-leninista ciò che significava la sconfitta, né si studiò seriamente la tattica da adottare nelle condizioni del franchismo116

La Pasionaria abbandonava finalmente la posizione di ambiguità tenuta precedentemente al riguardo, e dava “luce verde” all'entrismo117

. Un mese dopo tali affermazioni, nel luglio del 1952, il Comité Central del partito diffuse tra le sue organizzazioni un documento fondamentale, che non lasciava dubbi in proposito e indicava esplicitamente il cammino da intraprendere:

Per legarci alle masse e mobilizzare anche gli operai più arretrati si impone di combinare con il nostro lavoro clandestino l'utilizzo delle possibilità legali, per insignificanti che siano [...]. Senza smettere mai di denunciarli pubblicamente come strumenti del regime e dei padroni, dobbiamo sforzarci per penetrare nei Sindicatos Verticales, per utilizzare tutte le possibilità al loro interno per riunire gli operai, parlargli dei loro problemi e organizzare le loro rivendicazioni. Dobbiamo sforzarci per far sì che la maggior quantità di posti di enlaces sindacali sia in mano di operai coscienti e rivoluzionari118

Per far sì che la nuova tattica fosse in grado di produrre risultati, era necessario innanzitutto supplire alla scarsa strutturazione del partito all'interno della Spagna, creando un'ampia rete di direzioni e comitati collegati tra loro a livello tanto cittadino quanto nazionale. Tale riorganizzazione doveva essere cominciata a partire dalle fabbriche, perché riuscire a impiantarsi solidamente in esse era una condicio sine qua

non per realizzare un'attività sindacale efficace119

. Si precisava inoltre che i comunisti, nel loro operato quotidiano, dovevano dimostrare grande flessibilità, per conoscere e far proprie le domande e le rivendicazioni più sentite dagli operai in ogni singola impresa: era opportuno che ponessero l'accento quindi su quelle questioni vitali capaci di suscitare l'attenzione della maggioranza dei lavoratori, come ad esempio la richiesta del salario minimo, in modo da ottenere ampi consensi120

. Un'ulteriore direttrice che il PCE era intenzionato a seguire nel suo processo di ricostruzione era di orientarsi

116 Ibárruri D., Al camarada Vicente Uribe, a todos los camaradas del Buró Político, 28-6-1952, pp. 1-2, in AHPCE, Dirigentes, c. 31, carp. 13.2.

117 Morán G., cit., p. 183.

118 Carta del CC del PCE a las organizaciones y militantes del Partido, luglio 1952, p. 20, in AHPCE,

Documentos, carp. 33.

119 Reunión sobre la situación del país y del Partido, novembre 1953, p. 36, in AHPCE, Activistas, c. 92; Carta de la Dirección del Partido a los camaradas de Madrid, 1951, p. 5, in AHPCE, NyR, Madrid, j. 868.

maggiormente verso i giovani121

: in questo modo avrebbe potuto rafforzare le sue fila con militanti non ancorati agli schemi e alle modalità d'azione proprie dei tempi della Repubblica e della Guerra Civile, e quindi più adattabili alla nuova situazione spagnola e alle nuove sfide che si andavano configurando in una società che si avviava verso la modernizzazione. Carrillo, allora responsabile delle questioni organizzative, nel 1953 affermava a tal proposito:

Ciò che caratterizza i giovani è che sanno agire nella situazione attuale meglio dei nostri vecchi militanti; sono più legati con le masse, sanno meglio ciò che queste pensano [...]; si sono orientati istintivamente verso l'uso delle possibilità legali, e si sanno districare meglio nel loro utilizzo. [...] Non sono vigilati ed esposti alla persecuzione per i loro antecedenti politici122

In numerosi articoli e documenti del partito si sottolineava infine la necessità di