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Lo spartiacque del 1967

Azioni, reazioni, relazioni (1967-1972)

1. Lo spartiacque del 1967

Nella riunione di quadri operai del PCE tenutasi a Parigi nel settembre 1966, i presenti si erano accordati nel senso di procedere, qualora le CCOO avessero conseguito buoni risultati nelle imminenti elezioni sindacali, alla costituzione di una loro Comisión de Coordinación y Enlace su scala nazionale. Era stato stabilito anche che il nucleo madrileño, tanto per il protagonismo che aveva assunto negli ultimi anni quanto per la propizia posizione geografica, si sarebbe configurato come il centro coordinatore che, mantenendo contatti con le Comisiones di tutto il paese attraverso corrispondenza o mediante visite in loco, avrebbe preparato e sviluppato le condizioni affinché tale operazione fosse possibile,4

. Dato l’esito ottenuto nella tornata elettorale, dunque, i comunisti iniziarono immediatamente a lavorare per concretizzare tale prospettiva. A metà dicembre Carrillo, in un discorso tenuto a Mosca, dichiarava che tutte le CCOO provinciali avevano già celebrato, o stavano per farlo, riunioni in proposito5

.

Una decina di giorni dopo, il nucleo della Inter di Madrid informava la direzione del partito che, in base alle notizie ricevute e ai colloqui tenuti con esponenti delle Comisiones delle altre zone, la prima riunione finalizzata alla creazione di un organismo di coordinazione nazionale del nuovo movimento operaio era stata fissata per il 6 e 7 gennaio 1967 nella capitale6

. Ad essa accudirono delegazioni di Vizcaya, Guipúzcoa, Cataluña, Asturias, Sevilla, Levante, Galicia, Aragón, Burgos, Puertollano e, ovviamente, Madrid. In questo incontro, dopo aver esaminato la situazione delle CCOO

4 Coloquio obrero: actas taquigráficas, settembre 1966, cit., pp. 152, 529-531, 538.

5 Intervención de Santiago Carrillo en el acto de Moscú, 14-12-1966, in AHPCE, Dirigentes, c. 4, carp. 2.1.

nei vari punti del paese, venne nominata una Comisión Coordinadora y de Orientación con carattere provvisorio, integrata da 13 rappresentanti delle diverse zone: il suo compito principale consisteva nel rendere possibile quanto prima la celebrazione di una vera e propria assemblea costituente7

.

Nella riunione si stabilì anche che le varie Comisiones, ciascuna secondo le proprie possibilità concrete, avrebbero dovuto dare il loro appoggio tanto alla “giornata di lotta” convocata dalla Inter di Madrid per il 27 gennaio, quanto allo sciopero che stavano realizzando, ormai da oltre un mese, i lavoratori della Laminación de Bandas en Frío di Echevarri, nei pressi di Bilbao. Per quanto riguarda la prima, rappresentava per il PCE la resurrezione effettiva del mito dello sciopero generale contro la dittatura. Questo, sebbene si fosse riaffacciato sulla scena dopo le mobilitazioni del 1962, era stato relegato dal partito all’ambito puramente propagandistico: i comunisti, infatti, negli anni successivi non avevano promosso nessun tentativo reale in tal senso, giudicando le condizioni non ancora mature. Alla fine del 1966, però, l’alto livello raggiunto dalla conflittualità sociale, nonché il grande sviluppo sperimentato dal movimento operaio, convinsero i dirigenti del PCE che fosse giunto il momento di riprovare a convocare una giornata di lotta capace di suscitare l’adesione di un’ampia base di massa.

Occorre sottolineare che nella riedizione del jornadismo i comunisti, rispetto al 1958-1959, nel 1967 potevano contare su un elemento nuovo di importanza decisiva, vale a dire le CCOO. Fu attraverso di esse, e non in prima persona, che il partito chiamò all’azione del 27 gennaio. In questo modo non solo puntava a sfruttare la loro grande capacità di mobilitazione di cui avevano dato abbondantemente prova, e che si era vista rafforzata ulteriormente dai risultati delle ultime elezioni sindacali, ma anche a scongiurare, nascondendosi dietro la facciata della loro presunta indipendenza, uno dei pericoli che avevano determinato il fallimento della Jornada de Reconciliación Nacional e della Huelga Nacional Pacífica: l’anticomunismo. Il partito, cioé, intendeva presentare qualsiasi iniziativa del genere come un qualcosa di esterno ad esso, che emanava dal basso, e a cui aderiva ma senza esserne il promotore. Già all’inizio del 1966, quando si stava cominciando a riaffacciare l’idea di promuovere uno sciopero generale di 24 ore, Romero Marín scrisse a Carrillo:

7 Congreso de las CCOO celebrado en Madrid, gennaio 1967, in AHPCE, MO, c. 83, carp. 1; Acuerdo de las CCOO de Cataluña, Euzkadi, Galicia y del resto de los pueblos hispánicos, 18-1-1967, in AHPCE, MO, j. 155; Carta de Aurelio a Santiago Carrillo, 10-1-1967, in AHPCE, Activistas, c. 93.

Si dovrebbe riuscire a fare in modo che l’iniziativa emani pubblicamente non dal nostro P., come in altre occasioni, [...] e senza avere il carattere troppo marcato di un’azione politica contro il regime. Tatticamente, questo è conveniente per far conseguire all’idea un ampio appoggio. [...] Naturalmente le Comisiones Obreras dovrebbero realizzare a tal fine un’attività dirigente decisiva. Da esse dovrebbe sorgere in primo luogo l’iniziativa; esse dovrebbero diffonderla dappertutto8

Il PCE ritenne inoltre che, piuttosto che puntare direttamente a un’azione su scala nazionale, fosse opportuno realizzare prima una sorta di test a livello locale. Il luogo individuato a tal fine fu Madrid non solo per il grado di organizzazione che avevano lì raggiunto le CCOO, ma anche per la maggiore risonanza che avrebbe avuto una grande azione realizzata nella capitale piuttosto che in altri punti. La Inter, nei primi giorni di gennaio, diffuse il manifesto con cui convocava la jornada del 27, improntandola essenzialmente su rivendicazioni di tipo prettamente economico, quali ad esempio la protesta contro l’aumento dei prezzi e contro il gran numero di licenziamenti che stava colpendo gli operai della capitale. Il non inserire motivazioni di chiaro segno antifranchista era funzionale a far sì che l’iniziativa ottenesse ampie adesioni, dato che si era consapevoli del fatto che, come abbiamo già evidenziato nei capitoli precedenti, risultava più difficile mobilitare le masse attraverso rivendicazioni esplicitamente politiche. Il PCE comunque, dichiarando sulla sua stampa il suo assoluto appoggio alla

jornada del 27, lasciava trasparire che, nella sua ottica, essa si configurava come una

risposta delle classi popolari alla recente approvazione della Ley Orgánica.

A proposito delle modalità d’azione, il documento della Inter divideva la giornata in due momenti, affermando:

Vi chiamiamo a un’azione concreta: 1) affinché il 27 gennaio realizziamo in ogni impresa o centro di lavoro un’azione dimostrativa, come una sospensione parziale della produzione, lavoro lento, sospensione delle ore straordinarie, carte collettive alla stampa o alle autorità sui problemi operai etc. Questa parte dell’azione deve adattarsi alle circostanze e al grado di coscienza di ciascuna impresa e centro di lavoro; 2) affinché lo stesso giorno, come azione congiunta e solidale, boicottiamo i trasporti a partire dalle 3 del pomeriggio, all’uscita del lavoro, marciando a piedi, raggruppati ordinatamente, fino al punto del centro a voi più vicino tra questi: Atocha, Cruz de los Caídos, Cuatros Caminos, Plaza de Castilla e Plaza de Legazpi, per poi dissolverci pacificamente9

La mobilitazione del 27, dunque, non doveva concretizzarsi solo nella forma di scioperi veri e propri, bensì in azioni di diverso tipo nelle imprese e poi culminare in

8 Querido Santiago, 6-1-1966, pp. 2-3, in AHPCE, NyR, Madrid, j. 111.

9 «Para el 27 de enero. Las C. O. de Madrid llaman a los trabajadores», e «Hacia grandes acciones obreras», Mundo Obrero, 15-1-1967; Carta de (56), 23-1-1967, in AHPCE, Activistas, c. 93.

manifestazioni di piazza: piuttosto che imporre una formula rigida, si metteva l’accento sulla flessibilità per far sì che le proteste si adattassero al meglio alle circostanze e alle esigenze concrete di ogni luogo di lavoro. A questo fine le CCOO, a livello tanto d’impresa quanto di zona, nella preparazione della jornada cercarono di stimolare al massimo la partecipazione dal basso degli operai, in modo che questi percepissero la mobilitazione come un qualcosa di proprio, non come un’iniziativa aliena calato dall’alto. Lo strumento principe in tal senso fu costituito dalle numerose assemblee che, soprattutto a partire dal 20, vennero celebrate in tutti i principali centri di lavoro: in Marconi, ad esempio, il 24 si riunirono circa 3.000 operai per discutere le modalità d’azione da adottare. È da sottolineare che, accanto ai comunisti, le altre forze che parteciparono alle Comisiones contribuendo all’organizzazione della jornada furono la USO e la AST. Il motore e asse coordinatore di tutta l’attività preparatoria fu costituito dagli enlaces e jurados:

È stato realmente decisivo, soprattutto nella metallurgia, il ruolo svolto da enlaces e jurados, che si son posti alla testa della lotta, convocando riunioni e assemblee, spiegando il significato dell’azione ai lavoratori e mettendosi alla loro guida. L’esistenza di numerosi gruppi di dirigenti nelle imprese fondamentali, conosciuti dai lavoratori e che godono della loro fiducia, è stato l’elemento essenziale10

Il 27 gennaio, secondo il PCE, scesero in piazza oltre 100.000 manifestanti. Il Governo, da parte sua, affermò che gli aderenti all’iniziativa erano stati solamente 2.000. Entrambe queste cifre, essendo state diffuse a scopi propagandistici, sono da considerarsi esagerate, l’una per eccesso e l’altra per difetto. Babiano, incrociando diverse fonti, ha stabilito che furono circa 80.000 coloro che, all’uscita del lavoro, marciarono verso uno dei cinque punti indicati dalla Inter11. Per quanto riguarda invece le azioni previste per la mattinata a livello d’impresa, stando alle fonti interne del partito furono 10.000 gli operai che realizzarono scioperi, sospensione parziale della produzione o altre forme di protesta. L’apporto principale, tanto alle manifestazioni di piazza che alle azioni a livello d’impresa, fu ancora una volta quello fornito dalla metallurgia, confermando il significativo radicamento che il PCE e le Comisiones avevano in questo ramo della produzione. Tra gli altri settori, quelli in cui si ebbero le

10 Informe de Luis II, febbraio 1967, in AHPCE, MO, c. 89, carp. 4; «La preparación de la jornada en Madrid», Mundo Obrero, 1-2-1967.

11 Le diverse versioni si hanno in «Más de 100.000 manifestantes el 27 de enero en Madrid», Mundo Obrero, 1-2-1967; «Varios conatos de manifestaciones en Madrid», ABC, 28-1-1967; Babiano J., Emigrantes, cronómetros y huelgas..., cit., p. 243.

mobilitazioni maggiori furono la costruzione, arti grafiche e i trasporti12

.

Sergio Vilar, due anni dopo, scrisse che quella del 27 gennaio era stata la più importante azione di protesta che si era avuta nella capitale dal 193913

. Per il partito costituiva un successo: per la prima volta dalla fine della Guerra Civile era riuscito a mettere in movimento un numero consistente di lavoratori attraverso una mobilitazione che aveva pianificato direttamente e per cui aveva fissato una data precisa, mentre in passato, come ad esempio in occasione dell’ondata di scioperi del 1962, si era sempre trovato a doversi inserire nel flusso di eventi che avevano avuto una genesi essenzialmente spontanea. Evitando gli errori commessi nelle jornadas del 1958-1959, come ad esempio il caratterizzare eccessivamente le proteste con rivendicazioni esplicitamente politiche, e utilizzando le CCOO come strumento principale con cui preparare e dirigere l’azione sui luoghi di lavoro, si era dimostrato finalmente in grado di mobilitare quella massa critica alla cui germinazione aveva lavorato da oltre un decennio.

Nei giorni successivi, il PCE e le Comisiones della capitale misero in atto un’ulteriore prova di forza. Il 27 le autorità franchiste avevano realizzato numerose detenzioni, tra cui spiccavano quelle di Camacho e Ariza. I comunisti, che si aspettavano tale reazione repressiva, avevano già concordato di farvi fronte immediatamente. La sera stessa i principali dirigenti del nucleo madrileño del PCE e delle CCOO si riunirono nello studio di María Luisa Suárez, un’avvocatessa membro supplente del Comité Central del partito, per organizzare azioni finalizzate a conseguire la libertà degli arrestati. Tra il 28 e il 31 gennaio, soprattutto grazie al ruolo svolto dalla Inter in tal senso, scioperarono, totalmente o parzialmente, circa 40.000 operai. A ciò si affiancarono numerose iniziative di altro tipo, come ad esempio concentrazioni realizzate davanti al Tribunal de Orden Público (TOP) e alla Dirección General de Seguridad. Il 31, infine, 50 enlaces e jurados tennero un colloquio con Herrero Tejedor, Fiscal del Tribunal Supremo, e con José Garralda, juez de instrucción del TOP, minacciando il prolungamento indefinito degli scioperi qualora i detenuti non fossero stati rilasciati. Il giorno seguente, in effetti, coloro che erano stati arrestati il 27 tornarono in libertà, sebbene non venisse annullato il processo a loro carico14

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12 Informe de Aurelio, 8-2-1967, in AHPCE, Activistas, c. 93; Información de Madrid, gennaio 1967, in AHPCE, MO, c. 89, carp. 4; Reunión celebrada el 3-2-67. Experiencias de las acciones del día 27-1 y posteriores, febbraio 1967, in AHPCE, NyR, Madrid, j. 194.

13 Vilar S., La oposición a la dictadura. Protagonistas de la España democrática, Paris, Ediciones Sociales, 1969.

14 Reunión celebrada el día 3.2, 22-2-1967, in AHPCE, MO, c. 89, carp. 4; Informe de Luis II, febbraio 1967, cit.; Informe de Aurelio, 8-2-1967, cit.; «La victoria del 1° de febrero», Mundo Obrero, 1-2-1967. La sentenza in merito, emessa nell’aprile del 1968, condannò Camacho e Ariza a 1 anno: Tribunal de

L’esito della jornada, nonché quello delle azioni sviluppate contro la repressione a essa connessa, aveva prodotto un forte impatto sul regime. Questo, per quanto nella sua propaganda cercasse di sminuire le proporzioni delle mobilitazioni, iniziava a essere seriamente preoccupato dalle dimensioni assunte dalle CCOO. Fu Emilio Romero, direttore di Pueblo (l’organo ufficiale della OSE), a riferirlo personalmente a Camacho e Ariza in un colloquio che tennero all’inizio di febbraio, aggiungendo che, di conseguenza, il Governo era intenzionato a incrementare drasticamente le misure repressive contro le Comisiones15

. I principali dirigenti della Inter, in effetti, da quel momento vennero sottoposti a una sorveglianza poliziesca costante che, rendendo nettamente più difficoltosa la celebrazione di riunioni, per qualche mese condannò l’attività delle CCOO di Madrid all’empasse. A proposito di Camacho, è necessario sottolineare che il 28 febbraio venne nuovamente imprigionato a causa di un ulteriore procedimento giudiziario a suo carico per il quale si trovava in libertà provvisoria16

: uno delle dirigenti simbolo del nuovo movimento operaio finiva così nel carcere di Carabanchel, da cui praticamente non sarebbe più uscito, salvo per periodi brevissimi, fino alla fine della dittatura.

La jornada del 27 gennaio, per quanto le diverse delegazioni delle CCOO riunitesi all’inizio del mese si fossero accordate nel senso di promuovere nelle rispettive località mobilitazioni di solidarietà con quella prevista a Madrid, negli altri punti della Spagna ebbe una rilevanza scarsa o nulla: si registrarono solo azioni di protesta isolate, ben lontane dall’assumere un carattere di massa17

. Ciò fu dovuto principalmente al fatto che, mentre nella capitale la jornada rappresentava la culminazione di un’attività agitatoria che era andata crescendo ininterrottamente a partire dalle ultime elezioni sindacali, e che contava su una solida situazione organizzativa, nelle altre zone del paese le condizioni non erano altrettanto propizie. A Barcelona, ad esempio, le Comisiones si trovavano indebolite a causa dell’affacciarsi di quei dissidi interni al movimento che, come vedremo più avanti, sarebbero esplosi nei mesi succesivi portando a una sua spaccatura. In Asturias, invece, lo stesso 27 le autorità arrestarono tutti i principali dirigenti del nucleo comunista delle CCOO, tra cui spiccavano Gerardo Iglesias e Manuel “Otones” García18

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Orden Público (TOP), Sentencia 76/68. Tutte le sentenze del TOP a cui si fa riferimento da qui in avanti, salvo diversa indicazione, sono state consultate in Del Águila J. J. (ed.), Las sentencias del Tribunal de Orden Público, Madrid, Fundación Abogados de Atocha/Xunta de Galicia, 2010.

15 Entrevista de Camacho y Ariza con Romero, febbraio 1967, in AHPCE, MO, j. 168.

16 TOP, Sentencia 223/69.

17 Si vedano le valutazioni in proposito espresse nei vari saggi contenuti in Ruiz D. (ed.), cit.

Il País Vasco fu l’unico altro punto della Spagna in cui il 27 vennero realizzate azioni significative19

: qui l’appoggio alla giornata di lotta convocata nella capitale si intrecciava con le mobilitazioni connesse allo sciopero di Bandas. Questo era cominciato a fine novembre, come risposta a una drastica diminuzione dei bonus percepiti dai lavoratori: si trattava di una misura che si inseriva in un più generale piano di tagli salariali, con il quale l’impresa durante il 1966 aveva riportato le retribuzioni a livelli inferiori a quelli del 1962, cancellando così tutti i miglioramenti conseguiti dagli operai grazie alle lotte degli ultimi anni20

. Lo sciopero, sorto spontaneamente, venne poi alimentato da diverse organizzazioni operaie, tra cui le CCOO. Quest'ultime non solo organizzarono continuamente sia manifestazioni che assemblee in cui gli enlaces e jurados rendevano conto al resto dei lavoratori dell’andamento delle conversazioni tenute con la direzione della fabbrica: realizzarono anche una campagna di sensibilizzazione e solidarietà tra la popolazione, che permise di raccogliere notevoli cifre di denaro destinate ad aiutare gli scioperanti. A questo proposito, nel gennaio 1967 David Morin scriveva con soddisfazione a Carrillo:

Siamo riusciti a mettere in piedi una compagna di solidarietà attiva con gli scioperanti che permetterà loro di resistere fino a sconfiggere la posizione intransigente dell’impresa. [...] Sono state raccolte centinaia di migliaia di pesetas tra tutti i settori della popolazione. [...] Le collette organizzate dalle CO e dagli enlaces e jurados vengono realizzate pubblicamente all’interno delle imprese, nei caffé, per strada, nelle assemblee operaie, nelle riunioni e conferenze di intellettuali e studenti21

In quest’attività, le CCOO si videro sostenute e favorite dal fondamentale aiuto fornito loro dal clero progressista basco, dalle organizzazioni operaie cattoliche, dalla USO e dalle forze nazionaliste come, ad esempio, il Sindicato de Trabajadores Vascos (STV). Venne creata anche una Comisión Central de Solidaridad con carattere unitario22. Come stabilito nella loro riunione generale tenuta il 6 e 7 gennaio, inoltre, le CCOO di tutta la Spagna fecero quanto possibile per appoggiare gli scioperanti, soprattutto diffondendo propaganda in merito e organizzando anch’esse raccolte fondi nelle

19 «Euzkadi: las manifestaciones del 27», Mundo Obrero, 1-2-1967.

20 Mata M., La huelga de Bandas. Análisis de un conflicto laboral, Madrid, ZYX, 1967; Trabajadores de Laminación de Bandas, Nuestra huelga. 30 Noviembre 1966-15 Mayo 1967, Echevarri, 1968; Ibarra P., El movimiento obrero en Vizcaya: 1967-1977, Bilbao, Universidad del País Vasco, 1987, pp. 62 e seg.; Pérez J. A., «La huelga de Bandas: del conflicto laboral y el nacimiento de un símbolo», in Cuadernos de Alzate, n. 18, 1998, pp. 57-88; Id., Los años del acero, Madrid, Biblioteca Nueva, 2001, pp. 293-304. Per una visione complessiva da parte del PCE: Pla N., «La huelga de “Bandas en frío” de Echevarri», Nuestra Bandera, n. 54, II trimestre 1967, pp. 15-46.

21 Carta de (55), gennaio 1967, in AHPCE, NyR, Euskadi, j. 568.

rispettive località23

.

Di fronte alla protesta, l’impresa reagì licenziando 500 dipendenti. Per questa ragione il 27 gennaio, in concomitanza con la giornata di lotta madrileña, 1.500 persone si riunirono davanti la sede bilbaina della Magistratura del Trabajo per chiedere la riammissione dei licenziati. A tal fine, una commissione guidata da Morin consegnò un apposito scritto al magistrato incaricato del caso. Le forze dell’ordine arrestarono numerosi manifestanti, tra cui il membro del Comité Central del PCE, che venne poi condannato a 1 anno di prigione24

. Questo primo intervento repressivo non frenò le mobilitazioni, che vennero ulteriormente alimentate dal fatto che la Magistratura del Trabajo avallò i licenziamenti, e che culminarono in grandi manifestazioni di piazza il 3 e 4 aprile25

.

Dato che le proteste non accennavano a placarsi, il regime diede il via alla repressione di massa proclamando, il 21 aprile, lo stato d’eccezione in tutto il territorio vizcayno. A partire da questo momento, le detenzioni e le deportazioni decimarono le CCOO, tanto che qualche giorno dopo, in una lettera alla direzione del PCE, da Bilbao si scriveva:

Appena si decretò lo stato d’eccezione iniziarono le detenzioni di massa. Non hanno rispettato niente e nessuno. A qualsiasi ora del giorno e della notte sono andati a prendere tutta la gente che gli interessava. Le detenzioni superano il centinaio, comprendendo molti dirigenti del movimento operaio, i militanti di spicco delle forze di opposizione e alcuni studenti. [...] Dopo aver effettuato le prime detenzioni stilarono rapidamente le prime liste di deportati. Al momento sono 34 i confinati in diversi luoghi [...]. La maggior parte di loro sono enlaces e jurados. [...] Alcuni compagni si son visti obbligati a nascondersi. [...] Com’è facile immaginare, le forze più colpite dalla repressione son stati i cattolici e i compagni26

Alle detenzioni e deportazioni si aggiunsero i licenziamenti e la perdita, da parte di numerosi esponenti delle CCOO, della carica di enlace o jurado. In pratica si trattava, come scrivevano da Bilbao alla direzione del partito qualche mese più tardi, della «liquidazione delle ultime elezioni sindacali»27

. L’ondata repressiva portò alla fine dello sciopero. Nonostante i tentativi di mobilitazione realizzati in occasione del 1° maggio28