All’inizio degli anni Sessanta, il PCE all’interno della Spagna doveva fare i conti con problemi di organico: la repressione, infatti, lo aveva privato di alcuni dei suoi dirigenti di spicco, e ne aveva disarticolato numerose organizzazioni. Nonostante ciò, si presentava come la principale forza antifranchista. L’evoluzione che aveva sperimentato nell’ultimo decennio, abbandonando le azioni armate realizzate attraverso ristretti gruppi d’avanguardia, gli aveva infatti permesso di cominciarsi a radicare tra le masse, e di far sentire sempre di più la propria presenza nelle fabbriche. Sebbene in principio il partito avesse attraversato una fase d’incertezza nell’applicazione della “direttiva Stalin”, nel corso degli anni Cinquanta pian piano comprese che la penetrazione nella OSE e l’uso delle possibilità legali gli aprivano un campo d’azione fertile, da sfruttare per fomentare l’agitazione tra gli operai e dar loro, seppur lentamente, una coscienza politica antifranchista. Già nella prima metà del decennio alla direzione comunista era diventato chiaro che l’entrismo poteva favorire enormemente lo sviluppo di un ampio movimento di opposizione, in quanto procurava dei vantaggi che, parafrasando Fishman, possono essere così sintetizzati: forniva agli attivisti e ai dirigenti del partito un foro per l’attività legale, dandogli la possibilità di stare in contatto diretto con i lavoratori; permetteva loro, conquistando le cariche di enlaces e jurados, di assumere una leadership visibile nelle fabbriche, in modo da catalizzare con più efficacia il malcontento operaio315
.
Con il lancio della Política de Reconciliación Nacional, ponendo l'accento sui mezzi pacifici di opposizione alla dittatura, il partito diede poi un ulteriore impulso alla sua politica sindacale, facendone la sua arma principe nella lotta contro il franchismo. I risultati conseguiti lavorando in questa direzione, nel giro di pochi anni furono tali da destare la preoccupazione del regime che, nel 1960, forniva alle forze dell’ordine le seguenti istruzioni per contrastare l’ascesa del PCE:
È molto importante la vigilanza negli ambienti sindacali, però non con il procedimento poliziesco normale, bensì attraverso l’utilizzo di elementi di fiducia che lavorano in fabbriche e officine. [...] Sarebbe molto utile l’edizione di qualche periodico o volantino clandestino che sembri provenire dal PC [...], per seminare confusione [...]. A questo scopo si dovrebbe usare lo stesso lessico, le stesse idee, e introdurre ogni tanto qualche istruzione contraria al fine di creare scissioni, e di suscitare diffidenza e
315 Fishman R., Organización obrera y retorno a la democracia en España, Madrid, Siglo XXI, 1996, p. 131.
disgusto316
Nello sviluppo della sua nuova linea, il PCE fu favorito dal contemporaneo sorgere delle commissioni operaie. Tra storici si è discusso se, nella visione del partito, vi fosse o meno contrapposizione tra queste e la sua politica sindacale317
. La questione è mal posta. Ammettere la prima ipotesi significherebbe ignorare che, come abbiamo visto, i comunisti considerarono da subito le commissioni come uno strumento efficace attraverso cui mettere in pratica la loro nuova tattica, e sin dall’inizio vi presero parte attivamente. Non si può accettare, però, neanche la seconda interpretazione: affermando che non vi era incompatibilità alcuna tra la politica che voleva adottare il PCE nel movimento operaio e le commissioni originarie, non si capirebbe quale fu il contributo dei comunisti nel far sì che queste divenissero poi le CCOO, con caratteristiche diverse, almeno in parte, rispetto ai loro antecedenti.
Bisogna quindi adottare un’altra prospettiva, assumendo come punto di partenza il fatto che il partito vide dal principio le potenzialità delle commissioni, ma allo stesso tempo riteneva che alcuni loro aspetti dovessero essere profondamente modificati. In questo modo si può spiegare come i comunisti, dalla seconda metà degli anni Cinquanta, lavorarono per rendere le commissioni permanenti, per coordinarle tra di loro, per legarle alle cariche elettive etc. La stessa formula dell’opposizione sindacale andava in questa direzione, costituendo un tentativo per integrare le commissioni a una politica sindacale che il PCE aveva già delineato nei suoi tratti generali. Occorre sottolineare inoltre che, come abbiamo visto, le indicazioni provenienti dalla direzione furono decisive nell’orientare i militanti di base e nel determinare il loro operato. Su quanto, e come, tutto ciò abbia portato a una modifica della natura stessa delle commissioni torneremo nel prossimo capitolo.
Se in una prima fase il PCE era stato abbastanza reticente nel promuovere azioni di massa, preferendo alla “scioperomania” il lavoro di organizzazione della base al fine di preparare le condizioni per future mobilitazioni, la riapparizione della combattività operaia a partire dal 1956 lo convinse che era giunto il momento di abbandonare le precedenti cautele, e iniziare a utilizzare le risorse accumulate negli ultimi anni per passare all’offensiva. Da allora l’attività del partito si declinò maggiormente in un’ottica
316 Proyecto de plan a desarrollar a la vista de las instrucciones cursadas por el CC del PC ibérico, 20-10-1960, p. 2, in AGA, SGM, sig. (9)17.3, c. 51/18799.
317 Le due divergenti valutazioni si hanno in Ruiz D., «De la guerrilla a las fábricas. Oposición al franquismo del Partido Comunista de España 1948-1962)», cit., e Vega R., «Las fuerzas del trabajo: los comunistas en el movimiento obrero durante el franquismo», cit.
agitatoria, sviluppandosi secondo un modus operandi che un rapporto governativo così sintetizzava:
Le istruzioni del Comité Central del Partido Comunista mirano a far sì che i suoi membri fomentino, soprattutto, l’estremismo. Non vogliono formare adepti –e ancor meno affiliati- al Partido Comunista, bensì creare un grande ambiente e una proliferazione del pensiero e delle tendenze politiche estremiste. In un’altra tappa, dopo aver ottenuto quanto sopra, arriverà il momento di raccogliere i frutti tra la massa estremista318
L’obiettivo del PCE era quello di creare una massa critica e combattiva e, allo stesso tempo, porsi come principale referente per tutto il movimento di opposizione all’interno della Spagna. Era interessato, in particolare, a presentarsi alle nuove correnti antifranchiste come l’unica tra le organizzazioni storiche che, rifiutando l’immobilismo dell’esilio, agiva concretamente per ristabilire la democrazia nel paese. La stessa convocazione delle giornate del 5 maggio e 18 giugno si inseriva in questa prospettiva finalizzata ad acquisire visibilità. Per uscire dal loro isolamento, dunque, i comunisti cercavano di conseguire la legittimazione attraverso la lotta. Questa impostazione, seppur prematura negli anni Cinquanta, nel decennio seguente permise al PCE di uscire dalle catacombe e di assumere le sembianze di un “partito di massa nella clandestinità”.
318 Secreto y muy importante. Informe de la Secretaría particular del Ministro, 1959, p. 1, AGA, SGM, sig. (9)17.3, c. 51/18799.