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Gli “amici cattolici”

Il salto qualitativo (1962-1966)

4. Gli “amici cattolici”

4. Gli “amici cattolici”

La prima fase di sviluppo delle Comisiones Obreras si è basata su di un imprescindibile asse costitutito dalla collaborazione istituita tra comunisti e cattolici all’interno del movimento operaio. Questa relazione, che appariva quantomeno peculiare agli occhi di molti osservatori, da un lato venne favorita dalla formulazione della Política de Reconciliación Nacional, e dall’altro ebbe come suo presupposto il sorgere di un’opposizione cattolica al franchismo che si manifestò innanzitutto, sin dai primissimi anni Cinquanta, nell’ambito lavorativo e sindacale197.

In Spagna, storicamente, il clero e la classe operaia erano sempre stati due mondi rigidamente separati. Si era però tentato di ridurre questa distanza creando, già nel 1946 e nel 1947, per iniziativa della gerarchia ecclesiastica, la HOAC e la JOC, organizzazioni legate alla AC che dovevano agire come longa manus della curia spagnola nel mondo operaio: all’interno di questo, le due nuove formazioni iniziarono un lavoro volto ad avvicinare i lavoratori alla dottrina cattolica attraverso il perseguimento di miglioramenti delle loro condizioni economiche. Tale obiettivo, comunque, si sarebbe dovuto realizzare senza mettere minimamente in discussione l’apparato franchista. Non solo: i vertici della Chiesa spagnola speravano, grazie all’evangelizzazione del mondo operaio, di allontanare l’ideologia comunista dalle masse.

I risultati che scaturirono dalla creazione di queste organizzazioni cattoliche, però, furono ben diversi dai propositi originari. HOAC e JOC infatti, impegnandosi nella difesa delle rivendicazioni operaie, ben presto si resero conto del carattere

196 El Partido y la organización del Estado democrático en España, 1965, cit., b. III – pp. 3-4, b. IV - p. 17, b. V - p. 3.

197 Sulla partecipazione dei cattolici al movimento operaio si possono consultare: Castaño Colomer J., La JOC en España, Salamanca, Sígueme, 1978; AA. VV., Los católicos y el nuevo movimiento obrero, numero monografico di XX Siglos, n. 22, 1994; López García B., Aproximación a la historia de la HOAC, Madrid, HOAC, 1995; Murcia A., Obreros y obispos en el franquismo, Madrid, HOAC, 1995; Berzal E., Del Nacionalcatolicismo a la lucha antifranquista. La HOAC de Castilla y León, 1946-1975, Valladolid, Facultad de Filosofía y Letras, 1999 (tesi di dottorato).

autoritario della OSE, e del fatto che essa era stata ideata proprio per evitare che tali richieste trovassero soddisfazione. Cercare di dare una tutela effettiva agli interessi dei lavoratori, quindi, portò i militanti cattolici a criticare in maniera sempre più aperta la struttura sindacale franchista. Questo processo di contrapposizione, iniziato alla fine degli anni Quaranta con la creazione dei Grupos Obreros de Estudios Sociales (GOES)

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e l'ascesa di Rovirosa nella HOAC199

, entrò in una fase decisiva a metà dei Cinquanta, quando venne elaborato il concetto di “Impegno Temporale”: con questo «si designava il necessario impegno dei cristiani nella società [...] per promuovere la giustizia nelle istituzioni e nelle condizioni di vita e di lavoro»200

. In campo lavorativo, dare attuazione alla formula dell'Impegno Temporale significava «aiutare la classe operaia a soddisfare le sue rivendicazioni in libertà»201

, in un contesto dominato, al contrario, da un sindacato unico di carattere dittatoriale.

Tra le manifestazioni più significative dell'attitudine antifranchista del nuovo operaismo cristiano possiamo ricordare la decisiva partecipazione dei militanti di HOAC e JOC allo sciopero generale di Barcelona del 1951, il Manifesto della JOC del 1956, in cui si reclamava il diritto alla libera associazione, e la lettera inviata al ministro Solís nel settembre 1960 da HOAC, JOC, HOACF e JOCF, in cui si criticava il fatto che la OSE non fosse realmente rappresentativa202. Si era prodotto dunque, come ha fatto notare Berzal, un «processo paradossale» per cui i movimenti apostolici, nati con il solo scopo di ricristianizzare la massa operaia, divennero forze di primo piano nel quadro dell'opposizione antifranchista203

. C'è da considerare, comunque, che questo orientamento dissidente andò spesso a scontrarsi con le posizioni conservatrici e filo-regime delle gerarchie ecclesiastiche, come testimoniato per esempio dalla chiusura nel 1951 di ¡Tú!, il settimanale della HOAC, e dall'espulsione di Rovirosa dalla stessa organizzazione nel 1958.

Occorre inoltre sottolineare che, dalla seconda metà degli anni Cinquanta, le critiche cattoliche alla dittatura iniziarono a superare il piano strettamente lavorativo,

198 Si vedano Ferrando E., «Los Grupos Obreros de Estudios Sociales de la HOAC», e López García B., «La formación y el análisis social en el Movimiento Obrero Católico bajo el Franquismo. Los GOES», entrambi in AA. VV., Los católicos y el nuevo movimiento obrero, cit., rispettivamente pp. 61-68 e 69-87.

199 Sulla figura di Rovirosa si può vedere l'interessante, seppur apologetico, García X., Martín J., Malagón T., Rovirosa. Apóstol de la clase obrera, Madrid, HOAC, 1985.

200 López García B., Aproximación a la historia de la HOAC, cit., pp. 111-112.

201 Malagón T., «El Compromiso Temporal y la HOAC», Boletín de la HOAC, aprile 1963.

202 Il ministro rispose duramente a questa lettera, mentre il cardinale Pla i Deniel prese apertamente le difese delle organizzazioni operaie cattoliche. Si veda: López García B., «Discrepancias entre el Estado franquista y las asociaciones obreras católicas en 1960. La correspondencia del Cardenal Pla i Deniel y el Ministro Solís», in Anales de Historia Contemporánea, 1985, pp. 259-281.

203 Berzal E., «Cristianos en el nuevo movimiento obrero en España», in Historia Social, n. 54, 2006, p. 138.

per raggiungere anche quello politico generale204

. La prima clamorosa apparizione pubblica di questa dissidenza cattolica fu costituita da una lettera aperta che, nel maggio del 1960, 339 preti baschi inviarono ai loro vescovi. In questo documento gli autori, partendo dalla considerazione che «la libertà è uno dei diritti più sacrosanti e inviolabili, che lo Stato deve necessariamente riconoscere e rispettare», e rendendosi pienamente conto che in Spagna non esistevano «né un autentico Parlamento, né libertà politica, né libertà sindacale», arrivavano a scrivere: «Crediamo sinceramente che né gli individui, né le classi, né i popoli che formano la comunità politica spagnola godano di sufficiente libertà. [...] In questi 24 anni di durata del regime, esseri umani sono stati imprigionati ‘sine die’ per mesi ed anni, [...] solo perché ebbero il coraggio di non considerare impeccabili né infallibili coloro che governano»205

.

Tale documento rivestiva un'importanza decisiva, in quanto costituiva il primo attacco sistematico e organico che dei sacerdoti realizzavano nei confronti della dittatura franchista, negandone la legittimità. Esso inaugurò, come ha scritto Anabella Barroso, la “linea della denuncia profetica”206

: a partire da questo momento, infatti, furono molti i membri del clero che dai loro pulpiti si schierarono esplicitamente contro il regime, come testimoniato ad esempio dalle dichiarazioni rilasciate dall’Abate di Montserrat tre anni dopo. L'incrinatura dei rapporti Chiesa-franchismo, a cui contribuì anche il Concilio Vaticano II, divenne così sempre più profonda. Il mondo cattolico, sostanzialmente, giocava su due fronti: da un lato continuava a dialogare con la dittatura e ad assicurarle il proprio supporto, mentre dall’altro iniziava a preparare il terreno, sia in campo sindacale che politico, per poter continuare a svolgere un ruolo da protagonista anche in una eventuale democrazia post-franchista.

Il PCE, sin dall’inizio, seguì con acceso interesse e salutò con grande favore la nascita di queste correnti cattoliche progressiste, deciso a stabilire con esse qualche tipo di alleanza nella lotta antifranchista. Già nel 1954, sull’onda della sorpresa causatagli dalla partecipazione di militanti di HOAC e JOC ai fatti di Barcelona del 1951, con il fine di propiziare tale collaborazione dimostrò una prima apertura verso la questione

204 Il tema dell'opposizione cattolica al franchismo è stato abbondantemente studiato. Tra le opere più significative segnaliamo: Díaz-Salazar R., Iglesia, dictadura y democracia, Madrid, HOAC, 1981; Id., Nuevo socialismo y cristianos de izquierda, Madrid, HOAC, 2001; Hermet G., Los católicos en la España franquista, 2 Vol., Madrid, CIS, 1985; Blázquez F., La traición de los clérigos en la España de Franco. Crónica de una intolerancia (1936-1975), Madrid, Trotta, 1991; AA. VV., Los católicos en la lucha por la democracia, numero monografico di XX Siglos, n. 16, 1993; Piñol J. M., La transición democrática de la Iglesia católica española, Madrid, Trotta, 1999.

205 «Escrito presentado a los Excmos. Sres. Obispos de Vitoria, San Sebastian, Bilbao y Pamplona con las firmas de 339 sacerdotes de dichas diócesis», riprodotto in Domínguez J., Organizaciones obreras cristianas en la oposición al franquismo (1951-1975), Bilbao, Mensajero, 1985, pp. 58, 62, 59.

religiosa: nel suo programma approvato nel V Congresso, infatti, inserì il principio della libertà di culto e si dichiarò favorevole all’elargizione, nella futura democrazia spagnola, di sussidi statali alla Chiesa. Il sorgere dell’opposizione cattolica alla dittatura fu inoltre, come abbiamo visto, uno dei fattori che spinse il PCE alla formulazione della Política de Reconciliación Nacional: quest’ultima a sua volta, proponendo di superare le vecchie rivalità che laceravano la società spagnola, diede nuovo impulso al tentativo di avvicinamento dei comunisti ai settori del cattolicesimo progressista, rendendolo una costante nella propaganda e nell’azione del partito207

.

Il PCE, del resto, era perfettamente consapevole che, senza l'aiuto degli ambienti ecclesiastici, in Spagna era pressoché impossibile realizzare un cambiamento pacifico di regime, e pertanto il loro aiuto risultava indispensabile per poter abbattere Franco senza dare inizio a una nuova Guerra Civile. Tale prospettiva veniva chiaramente esposta nei numerosissimi appelli all'unità d'azione e all'elaborazione di piattaforme comuni che il partito diffuse a partire dalla metà degli anni Cinquanta. Nel maggio del 1958, ad esempio, il Buró Político del PCE emise un documento rivolto alle gerarchie ecclesiastiche in cui affermava:

Desideriamo ardentemente che i cambiamenti politici che inevitabilmente si produrranno nel nostro paese si realizzino pacificamente, poggiandosi sulla volontà del popolo. Ci rivolgiamo a Voi, pubblicamente e direttamente, chiedendo il vostro aiuto affinché non sia frustrato l'anelito pacifico che emana da tutto il paese, impegnandoci da parte nostra, per quel che da noi dipende, a fare in modo che la necessaria trasformazione si compia pacificamente. E vorremmo che ci crediate. Che non attribuiate le nostre offerte di concordia, di pace e di convivenza civile a manovre politiche. Noi desideriamo sinceramente mettere la parola fine agli strascichi della guerra, chiudere la parentesi di odio e porre termine allo spirito di crociata, di guerra civile e di rivincita208

Per quanto riguarda nello specifico l’ambito operaio, una prima importante collaborazione tra comunisti e cattolici venne instaurata, a livello di base, nel corso dell’ondata di scioperi che investì il paese nel 1956-1958. Militanti tanto di HOAC e JOC quanto del PCE, infatti, presero parte gli uni accanto agli altri alle numerose commissioni operaie che sorsero in questa fase, e ne furono i principali promotori. I cattolici inoltre, ritenendo utile la conquista di cariche legali all’interno della OSE, già in occasione delle elezioni sindacali del 1957 arrivarono in alcuni casi a elaborare

207 Cfr. Gallego I., «¿Hasta cuando contará la dictadura con el apoyo de la jerarquía eclesiástica?», Nuestra Bandera, n. 20, marzo 1958, pp. 22-38; Claudín F., «Carta abierta a la redacción del boletín de las HOAC y, en particular, a su colaborador Alberdi», Nuestra Bandera, n. 27, luglio 1960, pp. 61-65.

208 «A las Jerarquías Eclesiásticas, a los católicos españoles», 24-5-1958, riprodotto in Nuestra Bandera, n. 21, luglio 1958, pp. 109-113.

candidature unitarie assieme ai comunisti, coincidendo con essi nelle rivendicazioni economiche essenziali209

. Occorre comunque sottolineare che in questi anni il PCE, accanto alla propaganda con cui mirava a mostrare un volto moderato e dialogante, mise in atto dei veri e propri tentativi di entrismo nella HOAC e nella JOC, con l’intenzione di dar loro dall’interno un orientamento che favorisse i disegni comunisti. Nel 1958, ad esempio, un militante di Tarrasa esponeva davanti al Comité Central del partito la seguente esperienza:

Due compagni giovani furono designati per lavorare nel seno della JOC. In principio, il loro lavoro consisteva nel captare le opinioni dei cattolici militanti e dei loro dirigenti. Più tardi passarono alla discussione aperta dei problemi economici, basandosi sull’attività legale che la stessa organizzazione svolgeva in questo senso. Questo tipo di discussioni, assieme al loro buon comportamento, fecero acquisire prestigio ai nostri compagni tra i militanti cattolici. I nostri due compagni parlano rispettosamente con loro e praticano i loro riti religiosi.

Passato un certo tempo, i dirigenti della JOC li nominano responsabili di due gruppi jocistas.

Nel seno dell’organizzazione si intavola allora una forte lotta tra l’orientamento dei dirigenti e quello dei nostri compagni i quali, nelle riunioni settimanali che tenevano con i rispettivi gruppi, esponevano le soluzioni ai problemi dei lavoratori basandosi sulla linea politica del Partito. Nella pratica questi gruppi cattolici, formati dalla JOC ma diretti dai nostri compagni, erano portavoci della nostra politica210

L’azione congiunta di comunisti e cattolici a livello di base fu poi decisiva, come abbiamo messo in evidenza nella prima parte di questo capitolo, nel corso degli scioperi della primavera del 1962211

. A partire da allora, la collaborazione tra i due gruppi costituì l’asse fondamentale che rese possibile il processo di consolidamento, stabilizzazione, estensione e articolazione delle Comisiones Obreras. I militanti delle organizzazioni operaie cristiane furono, dopo quelli del PCE, coloro che maggiormente contribuirono alla costruzione e all’affermazione delle CCOO. Nelle pagine precedenti, del resto, abbiamo visto che si aveva una significativa presenza cattolica in quasi tutte le prime Comisiones stabili. Occorre sottolineare un apporto assolutamente essenziale fornito dai cattolici al nuovo movimento operaio: essi disponevano di locali legali, soprattutto parrocchie, che permettevano di ospitare e dare copertura a riunioni ed

209 Informe de (8), dicembre 1957, in AHPCE, NyR, Asturias, j. 18; Informe de Laso, dicembre 1957, cit., pp. 7-8; intervento della Ibárruri in Pleno del Comité Central del Partido Comunista de España, 25 luglio-4 agosto 1956, cit., pp. 43, 52, 73-75; Pleno del Comité Central del Partido Comunista de España, agosto 1957, cit., pp. 34-35.

210 Pleno del Comité Central del Partido Comunista de España, agosto 1958, cit., p. 358.

211 Per l’azione dei cattolici negli scioperi del 1962 si veda Vaquero J. A., «Huelga e Iglesia: obreros cristianos, sacerdotes y obispos ante el conflicto», in Vega R. (ed.), Las huelgas de 1962..., cit., pp. 215-242.

attività clandestine. Senza tale contributo, alle Comisiones sarebbero venute a mancare risorse logistiche di capitale importanza: «è impossibile prevedere –ha affermato giustamente José Antonio Díaz- quello che sarebbe stato delle Comisiones Obreras senza la possibilità di riunirsi nelle chiese e nelle sacrestie, isole di relativa sicurezza, l’unico tetto che veniva offerto allora ai militanti operai»212

. Basti pensare che la COC barcellonese e la COP vizcayna, solo per citare gli esempi più importanti, vennero create nel corso di assemblee celebrate in locali parrocchiali.

La presenza dei cattolici, inoltre, apportava un altro indiscutibile vantaggio all’attività delle Comisiones: essi, in quanto membri di organizzazioni legali poste sotto la tutela della Chiesa, erano meno soggetti alla repressione rispetto ai militanti degli altri gruppi, e questo permetteva loro di agire con più libertà. La “protezione della sottana” era quindi un fattore che rendeva vantaggiosa la loro alleanza, soprattutto per i comunisti che, al contrario, costituivano l’organizzazione più perseguitata213

. Si pensi, ad esempio, alle campagne di solidarietà con gli scioperanti: i militanti cattolici, contando spesso sull’aiuto di sacerdoti progressisti, potevano servirsi dei canali e delle reti sociali parrocchiali sia per sensibilizzare la cittadinanza, sia per procedere alla raccolta e alla distribuzione dei fondi214.

Occorre precisare che, tra il 1962 e il 1967, la partecipazione dei cristiani al nuovo movimento operaio non si limitò alla militanza di HOAC e JOC. In alcune zone, infatti, fu particolarmente importante l’apporto fornito alle Comisiones da parte di esponenti delle Vanguardias Obreras: queste, create a metà degli anni Cinquanta per iniziativa dei gesuiti, assunsero presto posizioni di forte critica verso il sistema capitalista, e iniziarono ad agire di conseguenza per rendere le strutture economiche maggiormente conformi a quello che nella loro ottica era un ordine sociale realmente cristiano215

. Militanti provenienti dalle fila delle Vanguardias, e in misura minore da quelle della HOAC, nel 1964 crearono inoltre la Acción Sindical de Trabajadores (AST), che si configurò come un vero e proprio sindacato clandestino che partecipò alle Comisiones soprattutto a Madrid216

. Il suo caso è particolarmente significativo perché

212 Díaz J. A., Luchas internas en Comisiones Obreras. Barcelona 1964-1970, Barcelona, Bruguera, 1977, p. 52.

213 Babiano J., «Los católicos en el origen de Comisiones Obreras», in Espacio, Tiempo y Forma, n. 8, 1995, pp. 277-293.

214 Si veda ad esempio: Carrillo S., Querido Ramón, 7-10-1963, in AHPCE, Dirigentes, c. 30.

215 Domínguez J., «Las Vanguardias Obreras en la lucha por la democracia», in XX Siglos, n. 16, 1993, pp. 63-72.

216 Per i caratteri generali della AST e la sua politica sindícale si veda Laiz C., La lucha final. Los partidos de la izquierda radical durante la transición española, Madrid, Los Libros de la Catarata, 1995, pp. 50-63.

rappresentò l’unico gruppo di ascendenza cristiana che in ambito sindacale stabilì contatti con il PCE a livello ufficiale: la collaborazione di HOAC, JOC e Vanguardias con i comunisti, invece, si ebbe sempre e solo a livello dei singoli militanti di base, non compromettendo esplicitamente le organizzazioni in quanto tali.

Il quadro che abbiamo delineato fino ad ora portava la Ibárruri, nel 1965, ad affermare che la classe operaia era ispirata e diretta «non più dai socialisti e dagli anarchici, come accadeva nel passato, ma dai comunisti e dalle organizzazioni cattoliche operaie»217

. Le faceva eco Carrillo che, in un’intervista alla televisione cubana ed in un’altra a L’Unità, dichiarava: «In Spagna, oggi, si può dire che le due forze più attive, che svolgono un ruolo decisivo e che credo lo svolgeranno anche domani, sono i comunisti e queste correnti cattoliche democratiche avanzate»218

. Lo stesso segretario generale del PCE, l’anno successivo valutava in termini assolutamente positivi l’apporto dei cattolici alla crescita delle Comisiones:

Io credo, compagni, che se in questo momento le Comisiones stanno acquisendo una certa forza, una certa stabilità, non possiamo dimenticarci di una cosa: del fatto che se siamo arrivati a collocare le Comisiones a questo livello non lo dobbiamo solamente ai nostri sforzi: lo dobbiamo anche all'appoggio [...] che ci hanno dato i nostri compagni cattolici. Non potremmo fare una politica giusta se non vedessimo i meriti che hanno avuto anche i cattolici in questa situazione. Che hanno ancora più importanza perché i cattolici hanno marciato con noi in un momento in cui non lo facevano i socialisti. [...] Questo lo dico perché in nessun modo, compagni, possiamo rinunciare a conservare i cattolici come alleati in questo cammino219

Gli apparati della dittatura, da parte loro, guardavano con grande preoccupazione a questa “insolita” collaborazione tra comunisti e cattolici, che si proponeva come fine «la scomparsa del fecondo corporativismo» spagnolo e l’instaurazione della «libertà di associazione sindacale»220

. Lo stesso Franco, nel maggio del 1966, confessava al cognato di essere sbalordito dal fatto che coloro a beneficio dei quali era stata realizzata la cruzada del ’36, agivano ora fianco a fianco con i rojos:

217 D. Ibárruri, «45 años del Partido Comunista de España», Mundo Obrero, aprile 1965.

218 «Interviú del camarada Santiago Carrillo en la TV Cubana», Mundo Obrero, febbraio 1965; «Las declaraciones del camarada Santiago Carrillo a L’Unità», Mundo Obrero, marzo 1967.

219 Coloquio obrero: áctas taquigráficas, settembre 1966, cit., pp. 552-553.

220 Memoria del Gobierno Civil de Madrid, correspondiente al año 1964, cit.; Memoria del Gobierno Civil de Madrid, correspondiente al año 1963, in AGA, Ministerio de la Gobernación, sig. (8)3.2, c. 44/11461; Memoria del Gobierno Civil de Guipúzcoa, correspondiente al año 1964, in AGA, Ministerio de la Gobernación, sig. (8)3.2, c. 44/11689. Una buona analisi della visione governativa si ha in Ysàs P., cit., pp. 82-83.

Siamo in presenza di fatti sconcertanti. Coloro che li realizzano non ricordano il martirio che, in occasione della persecuzione religiosa scatenata dalla repubblica, soffrirono molti vescovi, sacerdoti, comunità religiose e persone per il semplice fatto di essere cattoliche221

Diversi fattori avevano propiziato l’incontro tra comunisti e cattolici nel movimento operaio. Innanzitutto occorre evidenziare che i militanti di forze che, come appunto le organizzazioni dell’AC, erano contrarie a stabilire patti o alleanze ufficiali con il PCE, a livello di base, ossia nelle lotte per obiettivi economici immediati, si potevano trovare a collaborare di fatto con i suoi uomini nell’ambito delle Comisiones. Gli operai cattolici, cioè, vedevano i militanti comunisti di base come “buoni lottatori”