3 POLITICHE DI GESTIONE DEI CONFLITTI DI INTERESSI
3.2 I presidi organizzativi
3.2.7 Le barriere
Presidio fortemente auspicato dal CESR già dal primo Consultation Paper del 2004, anche le barriere hanno il compito di garantire l’indipendenza di quei soggetti che, assumendo decisioni, possono recare danno al cliente preponendo il proprio interesse ovvero quello della società. In realtà la proposta di questo strumento venne criticata dagli “addetti ai lavori” al punto che già nella Second Consultion il CESR dovette giustificare le sue scelte: coloro che criticavano, per garantire la flessibilità dell’organizzazione, avrebbero preferito la creazione, da parte dell’organo, di un elenco di esempi di possibili metodologie all’interno del quale l’impresa avrebbe potuto scegliere, piuttosto che la “semplice” disposizione di mantenere separate determinate aree. In risposta, il CESR replicò che il nocciolo del problema era manifestare gli intenti dei soggetti e quindi la prevenzione e la gestione dei conflitti; ciò chiarito, le politiche adottate potevano essere discrezionali e non limitate all’utilizzo dell’elenco fornito dalla norma, tenendo però a mente che le barriere informative, come le chinese walls, benché non obbligatorie, dovevano fungere da paragone per l’efficienza delle altre politiche messe in atto47.
Ad oggi, anni in cui queste barriere hanno molto successo ma non sono più gli unici presidi adoperati, la società valuta la possibilità di istituire:
barriere «di tipo informativo e procedure interne atte a prevenire o controllare lo scambio di informazioni tra soggetti rilevanti impegnati in attività che possono dare origine a conflitti di interessi;
47 CESR, CESR’s Draft Technical Advice on Possible Implementing Measures of the Directive
2004/39/EC on Markets in Financial Instruments , 1st Set of Mandates, Second Consultation
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barriere di tipo gerarchico (direzione separata delle strutture che svolgono attività tra loro conflittuali) e segregazione di funzioni.»48
Esempi di adozione di queste chinese walls sono l’impedimento alla circolazione delle informazioni tra le unità deputate alla gestione dei portafogli e quelle adibite alla negoziazione in conto proprio, ovvero la separazione tra aree di ricerca in materia di investimenti e quelle di corporate finance49; in merito poi alla separazione fisica dei soggetti
rilevanti, queste barriere implicano il divieto di scambiare informazioni, ovvero procedere ad archiviazioni separate (anche elettroniche) delle medesime.
Tali barriere, comunque, devono essere costantemente monitorate per evitare reazioni opposte; un’errata circolazione delle informazioni porterebbe alla tardiva (ovvero nulla) rilevazione delle situazioni di possibile conflitto; ciò potrebbe essere causato da un’“altezza inadeguata” delle barriere, ovvero dalla completa assenza di procedure atte a consentire, possibilmente in via eccezionale, il loro superamento.50 Una
soluzione può essere, come è previsto per la politica di gestione dei conflitti di interesse indicata dall’ASSOSIM, predisporre per la consultazione la documentazione relativa ad un eventuale conflitto, magari previa autorizzazione da parte dei superiori e grazie all’utilizzo di password ed accorgimenti simili.51
Benché oggi tali barriere siano diventate componenti fisse delle procedure per la gestione dei conflitti, il contributo apportato risulta modesto; sebbene esse limitino il flusso delle informazioni, e la recente legislazione abbia ampliato il loro peso, non riescono ad evitare
48 ASSOGESTIONI, op. cit., p. 30.
49 FUSETTI R., RECINE F., La nuova legislazione comunitaria relativa ai conflitti di interesse
nella prestazione di servizi di investimento, in Banche, servizi di investimento e conflitti di interesse, op. cit., p. 158.
50 SASSI P., Presidi organizzativi alla limitazione dei conflitti di interessi: la Funzione di
Compliance, in Banche, servizi di investimento e conflitti di interesse op. cit.,p. 191
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l’esistenza dei conflitti di interesse, né al tempo stesso riescono a ispirare un comportamento virtuoso degli addetti.52
Certo, possono evitare l’utilizzo di informazioni sensibili pervenute a favore di interessi propri o di altri clienti (che porterebbero quindi ad un comportamento illecito) ma questi sono solo una piccola parte dei conflitti esistenti. Inoltre, le informazioni rilevanti per le operazioni di investimento non sempre possono essere separate dalle chinese walls o da altre misure interne. Come può una barriera evitare che la divisione di Asset Management venga a conoscenza che la divisione di investment banking sta sottoscrivendo titoli e sta valutando se è nell’interesse dell’impresa piazzare questi titoli nei portafogli di controllo?
E che dire poi di quelle situazioni di conflitto che sono di dominio pubblico e quindi non arginate dalle chinese walls? Si può sostenere a cuor leggero che, in quanto informazioni pubbliche, l’intermediario non sfrutterà a proprio vantaggio la situazione? «Può ben farlo contando sull’ignoranza del cliente e sulla fiducia di questi nell’integrità dell’intermediario (fiducia che ben può essere mal riposta)».53
Infine, i confini non possono essere né troppo ampi (all’interno delle aree si formerebbero altri conflitti di interessi) né troppo opprimenti, poiché in tal caso non si annullerebbero i vantaggi apportati dal lavoro di gruppo54 e più in generale dalla organizzazione in conglomerati.55
52 A tale proposito sono stati anche compiuti degli studi scientifici sulla “resistenza”
delle Chinese Walls. E’ questo il caso di un articolo di ricerca firmato Lehar e Randi,
Chinese walls in German Banks, in Social Sciences Research Network Library, 2003 nel
quale si è cercato di elaborare una regressione al fine di determinare l’esistenza o meno di faglie nelle barriere. Il risultato dell’analisi è stato positivo e ha dimostrato che le barriere, le quali dovrebbero limitare il passaggio di informazioni dall’area dell’analisi finanziaria, in realtà poco svolgono la loro mansione. La presenza di queste distorsioni, secondo l’articolo, si evince in primo luogo dal fatto che le analisi su titoli di società partecipate dalle banche tedesche siano più precise rispetto alle altre; in secondo luogo, dai comportamenti strategici degli analisti, i quali cercano di dare evidenza ai report positivi e di minimizzare (o potendo, evitano di emettere) i report negativi.
53 ENRIQUES L., L’intermediario in conflitto d’interessi nella nuova disciplina comunitaria
dei servizi d’investimento, op. cit., p. 853/1.
54 BELTRAMI P., I servizi di investimento e I conflitti di interesse in Germania: un’analisi
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A proposito dello scetticismo sull’uso di questi strumenti, si riportano le osservazioni di Crockett et al. (pag. 72): «benché muraglie organizzative consistenti siano considerate da molti cruciali nel sistema di banche universali che sta attualmente emergendo negli Stati Uniti, l’opinione prevalente è che unità indipendenti dal punto di vista legale o operativo non siano effettivamente indipendenti. Esistono forti incentivi ad utilizzarle come unità integrate per sfruttare le economie di produzione congiunta piuttosto che come una squadra di unità separate. Gli studi sulle holding che controllano le unità operative, dimostrano che le politiche gestionali sono normalmente centralizzate. Inoltre, le banche universali hanno incentivi a proteggere le società controllate dal rischio di fallimento, per timore del rischio reputazionale».56