“Der sichtbare mensch”, testo molto incisivo dello scrittore ungherese Balázs, costituisce uno dei primi tentativi di sviluppare una teoria del cinema. Ciò che emerge dalle parole dell'autore non è solo l'importanza di un dispositivo che ci consente di riappropriarci dello sguardo, ma è anche l'esplicitazione del ruolo fondamentale del cinema: il saper cogliere le molteplici atmosfere emotive che attraversano la realtà per poi rappresentarle sullo schermo.
24B. Belázs, Der sichtbare mensch oder die kultur des films, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 2001,
Andrè Bazin, uno dei più grandi teorici del cinema, sostiene che: «il cinema è il completamento temporale dell’oggettività fotografica».25 Secondo Bazin la
caratteristica principale della fotografia, antenata del cinema, è la sua oggettività: l'immagine fotografica, infatti, è l'unico metodo di riproduzione della realtà che non ha bisogno dell'intervento creativo dell'uomo. A differenza delle opere di pittura e di scultura, l'immagine fotografica nasce e si forma con un semplice “clic”. L'uomo può modificare la realtà da fotografare, può scegliere l'obbiettivo e la posizione della macchina fotografica, ma non può intervenire nel processo di creazione fisica dell'immagine: nel caso della fotografia questo processo spetta alle leggi meccaniche e chimiche su cui si basa il funzionamento dell'apparecchiatura fotografica.
All'oggettività della fotografia comunque, sempre secondo Bazin, mancava qualcosa, cioè la dimensione del tempo e del movimento. L’ invenzione del cinema ha finalmente sopperito a questa mancanza: con l'immagine cinematografica, dotata di durata e movimento, l'oggettività fotografica è divenuta finalmente completa. E così il cinema si è rivelato lo strumento più adatto, anzi l'unico strumento veramente adatto alla conservazione del passato.
Condivisibile o meno che sia tale concezione del cinema, è indubbio che una caratteristica comune al cinema e alla fotografia è quella di rispondere ad una particolare esigenza: registrare la realtà, ma registrarla nella forma più immediata e diretta, in modo che sia più “aderente” ai fatti, dal momento che è la realtà stessa che si imprime “spontaneamente” sulla pellicola.
Con la nascita del cinema sembra quasi che si siano realizzati pienamente quei principi che secondo gli antichi Greci dovevano guidare l'attività dello storico. Gli storici Greci scrivevano preferibilmente del presente, perché soltanto così potevano garantire alle loro opere autopsia e acribia.26 L'aver visto con i propri
occhi (autopsia) e l'aderenza del racconto al reale (acribia) erano le qualità necessarie di un'opera storica attendibile. Uno storico doveva parlare dei fatti di cui era stato testimone oculare o di cui era venuto a conoscenza attraverso testimonianze dirette; in secondo luogo doveva narrare i fatti con assoluta precisione, in modo tale da rendere il racconto il più possibile conforme agli eventi. E allora potremmo chiederci: quale altro strumento, a disposizione dell'uomo, può offrire una testimonianza tanto diretta quanto quella che permette l'obbiettivo cinematografico, che è in grado di registrare gli eventi nel loro accadere? E dove si può trovare un'aderenza ai fatti più minuziosa di quella della pellicola, che è stata impressionata, scritta direttamente dalla realtà?
Il cinema e la conoscenza storica sembrano dunque avere in comune alcuni principi fondamentali, come l'osservazione della realtà e la registrazione dei fatti. Non a caso la parola greca historìa deriva da una radice indoeuropea che è la stessa di “vedere”, verbo che ha molto a che fare con il cinema.
É in questo senso che cinema e storia si rivelano due forme di conoscenza che possiedono una certa identità di fini. Il cinema può essere, a ragione, considerato come strumento di conoscenza storica ed è in tal senso che diventa strumento che si pone al servizio della storia stessa.
Storici e sociologi hanno indagato il rapporto tra cinema e storia attraverso lo studio delle rappresentazioni del mondo offerte dai film e ciò che ne risulta è la profonda convinzione che i testi audiovisivi costituiscano un osservatorio privilegiato sulle dinamiche della realtà storica e sociale.
Secondo Francesco Casetti, gli studi sulla rappresentazione cinematografica del sociale attribuiscono al cinema un duplice ruolo: «Da un lato si sottolinea la capacità del mezzo di riflettere i comportamenti e gli orientamenti di una società: lo si considera un prezioso testimone dei modi di agire e di pensare presenti in una comunità; lo si pensa come uno specchio (magari idealizzato, o magari deformato, ma non per questo meno fedele) dei gesti, delle abitudini, delle aspirazioni, delle credenze e dei valori che danno corpo a una cultura. Dall’altro si sottolinea la capacità del cinema di intervenire sui processi sociali, se ne evidenzia la possibilità di rafforzare o rompere convinzioni diffuse, di fornire modelli a cui ispirarsi, di far emergere aspirazioni represse, di aggregare individui con i medesimi gusti o opinioni, di alimentare mode, di fornire occasioni di lavoro, di creare gruppi professionali compatti; se ne mette in luce insomma la funzione di agente sociale».27
Il cinema può farsi strumento di conoscenza storica secondo diverse modalità. Prendendo spunto dalle riflessioni dello studioso francese Marc Ferro, possiamo individuare almeno tre di queste modalità: cinema come fonte storica, come discorso storico, come strumento di didattica della storia.28
27 F. Casetti, teorie del cinema 1945-1990, Milano, Bompiani, 1993, p. 319. 28 M.Ferro, Cinema e storia. Linee per una ricerca, Milano, Feltrinelli, 1980.
Secondo la tradizionale classificazione del materiale di cui si serve lo storico viene identificato come fonte tutto ciò da cui è possibile trarre delle informazioni sul passato. Per questo i documenti, le fonti a cui lo storico può attingere sono molteplici. Ci sono ovviamente fonti scritte (lettere, diari, cronache, opere storiografiche), fonti orali (i racconti di chi è stato testimone di certi fatti), fonti che appartengono alla cultura materiale (gli attrezzi di lavoro, i manufatti, i resti del cibo o degli abiti, le abitazioni), fonti visive (le carte geografiche, i quadri, le fotografie). Anche i film possono rientrare in questa categoria: una qualunque ripresa cinematografica o televisiva può essere considerata dallo storico una fonte preziosa per conoscere e studiare il passato. Matuszewski, cineasta polacco, in un opuscolo pubblicato nel 1898 sollevò il problema dell'archiviazione dei film e del loro possibile uso come documenti storici in quanto considerava i film come: «documenti assoluti ossia riproduttori del reale capaci quindi di documentare e preservare il passato basandosi soprattutto sull’oggettività della macchina».29
Riguardo a ciò, gli storici apparivano molto diffidenti perché sottovalutavano l'importanza del cinema come fonte o come documento ed infatti solo negli anni trenta si riuscì teoricamente ad imporre il cinema come fonte attendibile alla pari delle altre, merito degli storici Febvre e Bloch.
Ginzburg riporta una frase di Lucien Febvre che diventò famosa: «gli storici non usano solo fonti scritte, ma anche fonti figurate, erbacce, eclissi di luna, arnesi
agricoli, ecc., e perché non anche il cinematografo?».30 Quindi le riprese
cinematografiche o anche quelle televisive possono essere considerate dallo storico una fonte preziosa per conoscere e studiare il passato. Allo stesso modo di qualsiasi altra opera di ricerca o di riflessione storica, anche un film può presentarsi come una forma di discorso sul passato, può essere considerato un tentativo di ricostruire la storia secondo un certo punto di vista, una certa ideologia, un certo metodo. Un documentario come “Notte e nebbia” di Alain Resnais (che attesta quel che restava dei campi di sterminio nel 1955), ma anche un film narrativo come “Schindler's List”, (che fornisce informazioni piuttosto dettagliate su una vicenda realmente accaduta), possono essere considerati fonti storiche.
Allo stesso modo di qualsiasi altra opera di ricerca o di riflessione storica, anche un film può presentarsi come una forma di discorso sul passato, può essere considerato un tentativo di ricostruire la storia secondo un certo punto di vista, una certa ideologia, un certo metodo. Tra i vari film che si propongono come “letture” o “interpretazioni” di un certo episodio o di un certo periodo storico possiamo citare “Il ritorno di Martin Guerre” di Daniel Vigne, grande affresco della Francia del Cinquecento, in cui viene messo in scena un episodio di cronaca che ha alle spalle una lunghissima tradizione di studi, (iniziò ad occuparsene Michel de Montaigne, fino ad arrivare a Leonardo Sciascia). Anche “Terra e libertà” di Ken Loach si presenta come un'opera di storiografia contemporanea nel momento in cui dà un'interpretazione particolare della guerra di Spagna (gli
30 C. Ginzburg, Di tutti i doni che porto a Kaisàre... Leggere il film, scrivere la storia, in (a cura di
) S. Pivato, Storie e storia, quaderno monografico dell'istituto storico della resistenza e della liberazione del circondario di Rimini, a. V, Aprile, 1983, p. 4.
stalinisti come responsabili della sconfitta della repubblica): si tratta di una lettura che tra l'altro non ha mancato di provocare contestazioni e polemiche.31
La grande capacità del cinema di documentare la realtà del passato o di ricrearla artificialmente si rivela molto utile per dare concretezza e attualità agli eventi e ai problemi storici ed è proprio per queste sue notevoli peculiarità che il cinema può e deve avere a che fare con l'attività di insegnamento della storia nelle scuole. Purtroppo, come tristemente nota Pasquale Iaccio: «la scarsa disponibilità dimostrata dalla scuola italiana ad accogliere nei programmi ordinari l'ausilio dell'audiovisivo, per non dire del cinema, è un dato largamente accertato quanto difficilmente spiegabile. Sebbene viviamo sommersi da immagini, nei programmi scolastici non si è verificata fino ad oggi una organica introduzione di strumenti, fonti, metodologie che aiutino gli studenti a “leggere” e a decodificare il flusso di immagini che li investono quotidianamente. […] Evidentemente i responsabili del ministero della pubblica istruzione non hanno mai ritenuto che il linguaggio degli audiovisivi richiedesse un'attività preparatoria inserita nella normale didattica al pari della lingua italiana o di qualsiasi altra disciplina che si insegna agli alunni. Una considerazione del genere si potrebbe fare anche per l'università che, al di fuori dell'ambito degli insegnamenti di storia del cinema e delle discipline che riguardano le comunicazioni o il teatro, non ritiene di doversi servire dello strumento cinematografico. E pensare che già dagli anni sessanta e settanta un personaggio come Roberto Rossellini aveva teorizzato e, in gran parte, realizzato un vasto programma di educazione attraverso programmi televisivi di argomento
31 Sulla tesi proposta dal film di Ken Loach e sulle conseguenti polemiche cfr. l'ampio servizio di
storico. Ma da allora, nonostante i pregevoli risultati ottenuti sia dal punto di vista artistico sia da quello squisitamente pedagogico, né la scuola, né la stessa televisione hanno continuato sulla strada tracciata da Rossellini».32
Negli ultimi anni, sorprendentemente, vi è stato un interessamento ed un avvicinamento da parte della scuola in merito all'utilizzo dell'audiovisivo in genere. Gianfranco Miro Gori in un prezioso volumetto redatto per informare gli insegnanti sulle potenzialità educative del cinema, scrive: «Da quattro o cinque lustri, il cinema si è insinuato nella scuola italiana. E oggi, non pochi insegnanti, soprattutto di lettere, lo usano nel loro lavoro quotidiano, nella maggior parte dei casi nel campo della storia».33 Gori vuole evidenziare che: «il film storico non è la
verità, ma un'ipotesi, un punto di vista».34 Egli sottolinea la necessità di un
approccio multimediale, accostando il film ad altri documenti e cerca di elaborare un metodo che non può prescindere comunque dalla conoscenza del linguaggio filmico.
Per quanto l'utilizzo del cinema nella pratica didattica non abbia ancora sviluppato tutte le sue potenzialità, e di conseguenza non sia stato ancora studiato a sufficienza, effettivamente il decreto di riforma n. 682 del quattro novembre 1996, modifica a tutto vantaggio del Novecento la scansione dei periodi storici affrontati nei programmi scolastici, ed inoltre, porta delle modifiche anche in materia di indirizzo didattico. Le novità introdotte hanno lo scopo di valorizzare
32 P. Iaccio, Cinema e storia. Percorsi, immagini, testimonianze, Napoli, Liguori Editori, 2001,
pp.14- 15.
33 G. M. Gori, Insegna con il cinema. Guida al film storico, Roma, Edizioni Studium, 1993, pp.
11- 12.
l'insegnamento della storia nella scuola e di porre in luce l'elevato potenziale formativo che esso è in grado di sprigionare grazie anche all'ausilio di una filmografia ragionata. Gli insegnanti valutano personalmente quali sono le pellicole storiche che hanno un reale interesse cinematografico e didattico, in grado di soddisfare le loro esigenze metodologiche.
Adesso possiamo solo sperare che nella pratica quotidiana dei docenti il cinema appaia sempre più come uno strumento utile, a volte indispensabile, per l'insegnamento delle varie materie e per l'approfondimento di tematiche che non rientrano pienamente nell'ambito delle discipline curricolari.
La consapevolezza sempre più diffusa della dignità del cinema come forma di espressione e di comunicazione autonoma, dotata di un proprio linguaggio, di una propria storia, di una propria capacità di produrre opere d'arte nel senso più pieno del termine, porta alla considerazione del film, non più come passatempo o effimero intrattenimento, ma come possibile oggetto di analisi e di studio. La frequenza quotidiana con cui gli allievi entrano in contatto con fonti di informazioni audiovisive e multimediali (cinema, televisione, computer, ecc.) e la familiarità che i ragazzi mostrano di avere con queste forme di comunicazione, crea nuove esigenze e nuove attese nei confronti della didattica. Il cinema si rivela, quindi, una fonte di informazione caratterizzata dalla velocità e dalla capacità di trasmettere stimoli visivi e sonori che colpiscono direttamente i sentimenti e l'immaginazione. Ė davvero importante la presenza all'interno della scuola di attrezzature e supporti didattici che consentano non solo di vedere un film in un'unica proiezione di tipo ricreativo, ma anche di studiare il film da
riflettere sugli aspetti di forma e contenuto. Il fascino del film sta nel presentarsi come vera e propria “macchina del tempo”, capace di rendere visibile e concreto qualsiasi episodio, personaggio o epoca storica. Grazie al cinema e ai film di contenuto storico il passato può risultare meno estraneo ed arricchirsi di emozioni e suggestioni. Non va comunque dimenticato che il cinema offre del passato una semplice ricostruzione, una messa in scena che non può coincidere perfettamente con la realtà vera. Non si deve cadere nell'illusione di aver catturato definitivamente il passato con la magia delle immagini in movimento. La messa in scena del passato deve essere usata soprattutto per sollevare curiosità, per suscitare domande e quindi spingere verso l'approfondimento.
L'insegnante dovrebbe definire innanzitutto il problema storico che intende trattare e successivamente dovrebbe individuare il film o il gruppo di film da analizzare. Prima della visione sarà bene chiarire agli studenti l'argomento che si vuole affrontare, motivando la scelta del film con alcune informazioni preliminari sul film stesso. La visione potrebbe essere sia continuata o in certi casi potrebbe rivelarsi utile spezzarla in più momenti, per sfruttare al meglio i limitati tempi di concentrazione degli allievi. Infine vi è l'analisi del film che è forse la parte più delicata: si tratterà di far emergere tutti gli elementi degni di interesse dal punto di vista storico, mantenendo viva l'attenzione degli allievi, rendendoli partecipi in prima persona del processo conoscitivo.