La riduzione della disponibilità di liquidità da poter utilizzare per le pensioni nel nostro paese e la scarsa informazione degli italiani in merito ai prodotti assicurativi finalizzati alla previdenza hanno favorito lo sviluppo di un sistema previdenziale privato integrativo a quello pubblico.
LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE
Essa indentifica un sistema di fondi pensione e assicurazioni private (a carattere collettivo o individuale) nate dalla metà degli anni '90 che affiancano le gestioni previdenziali pubbliche (che restano quindi obbligatorie) integrando le prestazioni previdenziali da questi erogate al compimento, di regola, dell'età pensionabile prevista nel regime pubblico obbligatorio. Obiettivo di questa forma di previdenza, la cui adesione è facoltativa per il lavoratore è, in definitiva, dare una risposta al progressivo ed inesorabile impoverimento della pensione pubblica frutto delle riforme degli ultimi decenni. Il sistema di funzionamento è piuttosto semplice: lavoratore, datore e Stato (attraverso sgravi fiscali) accantonano in un fondo specifico somme di denaro che vengono investite da operatori specializzati sul mercato finanziario sino al momento della pensione del lavoratore stesso per conseguire un rendimento aggiuntivo. Il montante ottenuto in quel momento è la base patrimoniale che verrà trasformata in rendita pensionistica complementare mediante l'uso di alcuni coefficienti assicurativi.
In queste forme di assicurazioni la rendita viene determinata, a differenza del sistema obbligatorio il cui importo dipende in larga misura dalla retribuzione o reddito percepito annualmente dal lavoratore, da tre fonti:
- la prima è costituita dall'importo versato dall'assicurato mediante il contributo personale annuale e dal versamento del TFR maturando;
- la seconda è costituita dal contributo del datore del lavoro (se presente); - la terza è determinata dai rendimenti del fondo pensione (e può oscillare in
base al profilo di rischio / rendimento scelto dal lavoratore).
Comune denominatore per questi sistemi previdenziali complementari è la presenza di un sistema a capitalizzazione nel quale, a differenza del sistema a ripartizione tipico dell'assicurazione pubblica, i versamenti dei lavoratori restano nominativi e vengono investiti dai fondi per creare la rendita futura dello stesso soggetto.
Gli organismi
La normativa vigente prevede tre tipologie di forme pensionistiche complementari a cui è possibile aderire a seconda della propria posizione lavorativa:
- i fondi pensione negoziali (chiusi) rivolti solo a specifici gruppi di lavoratori facenti parte di un determinato settore lavorativo. Sono regolati da contratti collettivi, anche aziendali, o tra accordi tra lavoratori autonomi e liberi professionisti e vengono promossi dai sindacati dei lavoratori e dei datori di lavoro nei confronti dei lavoratori che rappresentano;
- i fondi pensione aperti destinati, tipicamente, a tutti i lavoratori o gruppi di lavoratori privi di fondi pensione negoziali o trasferiti da fondi negoziali e sono promossi dalle istituzioni finanziarie abilitate per legge alla gestione dei fondi stessi banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM);
- i Piani Individuali Pensionistici di tipo assicurativo (PIP), che consistono in polizze assicurative a carattere individuale con finalità previdenziali promosse da compagnie assicurative alle quali possono aderire sia i lavoratori dipendenti che gli autonomi.
Alcuni di questi Fondi hanno una disciplina sui generis in quanto istituiti ai sensi del Decreto Legislativo 124 del 19935.
5 “L’art.1 del decreto legislativo considera i trattamenti pensionistici erogati dai fondi come trattamenti complementari del sistema obbligatorio pubblico. Tra gli aspetti da considerare vi è sicuramente quello riguardante i beneficiari, i quali possono essere sia i lavoratori dipendenti, privati e pubblici, sia i lavoratori autonomi e i liberi professionisti, organizzati per aree professionali e per territorio; poi, quello relativo alla possibilità di istituire fondi pensione aperti; e, ancora, quello concernente gli organi di amministrazione e di controllo, che devono essere composti in modo paritetico da rappresentanti dei lavoratori e del datore di lavoro. Dal punto di vista della costituzione dei fondi pensione, essi possono essere costituiti come: 1) soggetti giuridici di natura associativa non riconosciuta;
2) soggetti dotati di personalità giuridica;
3) fondi interni mediante l’accantonamento di un patrimonio di destinazione nell’ambito del patrimonio della singola società o dell’ente pubblico anche economico.
L'adesione
L'adesione a queste forme di previdenza è del tutto libera per il lavoratore ed è rivolta sia ai lavoratori dipendenti che autonomi, liberi professionisti o altri tipi di lavoratori (es. a progetto, occasionali). Possono fruire della normativa anche coloro che non svolgono alcuna attività lavorativa o che sono fiscalmente a carico di un familiare che già aderisce ad una forma pensionistica complementare. Qualora il lavoratore presti attività lavorativa in uno dei settori la cui contrattazione collettiva o aziendale (o gli accordi tra lavoratori autonomi e liberi professionisti promossi dai relativi sindacati o le associazioni di categoria) abbia individuato o istituito uno specifico fondo pensione negoziale (o aperto) presso il quale contribuire in via collettiva il lavoratore può scegliere se aderire al fondo prescelto oppure se rivolgersi presso un piano previdenziale diverso da quello indicato nel contratto di lavoro (magari perché più performante), tramite un'adesione individuale.
L'adesione collettiva (basata su specifici accordi contrattuali collettivi o aziendali con il datore di lavoro) ha il vantaggio di consentire la corresponsione, oltre del contributo individuale e del TFR maturando, del contributo del datore di lavoro ma è meno flessibile in quanto limita la scelta rispetto ad altri fondi verso i quali il lavoratore potrebbe propendere. I pubblici dipendenti hanno fondi negoziali dedicati, tuttavia non può aderirvi il personale non contrattualizzato (come i professori universitari, magistrati e forze dell'ordine) che può rivolgersi solo ad altre forme di previdenza complementare tramite un'adesione individuale.
5 … continua …
Quanto al finanziamento, i fondi pensione sono finanziati dal c.d. contributo complessivo (quello del lavoratore e del datore di lavoro), stabilito in percentuale della retribuzione assunta a base della determinazione del TFR; invece, per i lavoratori di prima occupazione successiva al 28 aprile 1993 è prevista l’integrale destinazione ai fondi pensione dell’accantonamento annuale del TFR. È prevista, inoltre, la vigilanza sui fondi pensione, che dovrà essere esercitata da un’apposita commissione istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Sul versante fiscale, ai fondi pensione si applica la disciplina fiscale dei fondi comuni di investimento mobiliare. Infine, non va dimenticato che i fondi, non potendo assumere impegni di tipo assicurativo, gestiscono le loro risorse mediante convenzioni con soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività di intermediazione mobiliare:
1) con imprese assicurative che effettuano operazioni sulla durata della vita umana e di capitalizzazione; 2) con enti gestori di forme di previdenza obbligatoria oppure mediante la sottoscrizione o l’acquisizione di azioni o quote di società immobiliari.
L’introduzione della previdenza complementare, da un lato, influenza positivamente il sistema economico ed in particolare il mercato finanziario, perché vede aumentare la consistenza dei servizi di intermediazione, dall’altro, incide notevolmente su tutte le forme pensionistiche aziendali e sui fondi già costituiti.” Fonte: http://www.diritto.it/articoli/previdenza/staiano.html (web/h)
Il contributo e il TFR
Il lavoratore dipendente che sceglie una forma pensionistica complementare ad adesione collettiva, versa una contribuzione che è formata prima di tutto dal TFR maturando. A questo importo si aggiunge in genere un contributo individuale la cui entità è stabilita dagli accordi collettivi (il lavoratore può tuttavia anche versare un importo maggiore) a cui si aggiunge il contributo del datore di lavoro.
Fondi Destinatari Adesione Contribuzione
F. Pensione Negoziali
Dipendenti (anche del pubblico impiego, tranne
personale non contrattualizzato) appartenenti a un comparto il cui CCNL6 o contratto aziendale abbia istituito un fondo pensione
specifico Collettiva (anche tacita, tranne nel pubblico impiego)
TFR maturando + contributo del datore e del lavoratore nelle misure, rispettivamente, previste dall’accordo contrattuale7. Per i dipendenti pubblici le quote di TFR
maturande vengono accantonate figurativamente presso l’INPS il quale, al termine del rapporto di lavoro, le conferisce
al fondo pensione Autonomi appartenenti ad
un comparto le cui associazioni di categoria o
sindacali abbiano istituito un fondo pensione
negoziale
Individuale Contributo del lavoratore a seconda di quanto previsto dall’accordo di categoria
F. Pensione Aperti
Dipendenti (no pubblico impiego)
Collettiva (anche tacita)8
TFR maturando + contributo del datore e del lavoratore nelle misure, rispettivamente,
previste dall’accordo contrattuale
Dipendenti (anche del
pubblico impiego) Individuale
A libera scelta del lavoratore (contributo + TFR maturando o solo il TFR maturando). Il lavoratore non ha diritto automaticamente al
contributo datoriale il quale può però decidere di contribuire volontariamente. I
lavoratori del pubblico impiego possono versare solo il contributo individuale (no TFR
e contributo datoriale) Autonomi Individuale Contributo del lavoratore
Piani Individuali Pensionistici
di tipo Assicurativo
Dipendenti (anche del
pubblico impiego) Individuale
A libera scelta del lavoratore (contributo + TFR maturando o solo TFR maturando). Il lavoratore non ha diritto automaticamente al
contributo datoriale il quale può però decidere di contribuire volontariamente. I
lavoratori del pubblico impiego possono versare solo il contributo individuale (no TFR
e contributo datoriale) Autonomi Individuale Contributo del lavoratore Trascorsi due anni dall’adesione (tre per i dipendenti pubblici), l’iscritto può chiedere il trasferimento della posizione maturata presso un’altra forma pensionistica complementare senza oneri. Prima di farlo, chi ha aderito
in forma collettiva deve verificare la possibilità di continuare a godere del contributo aziendale.
Tabella 13: Schema riassuntivo sulla previdenza complementare9
6 CCNL: Contratto Collettivo Nazionale
7 Il lavoratore può versare un contributo superiore rispetto al dovuto; è possibile versare anche solo il TFR: in tal caso il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il proprio contributo
8 Se non esprime alcuna scelta sulla destinazione del proprio TFR entro i termini previsti dalla legge 9 Fonte: http://www.pensionioggi.it/dizionario/la-previdenza-complementare (web/i)
Il lavoratore può sospendere in ogni momento la propria contribuzione (facendo però venir meno anche quella del datore di lavoro) lasciando solo il versamento del TFR maturando. Nelle adesioni individuali i versamenti sono invece generalmente costituiti solo dal TFR maturando e dall'eventuale contributo individuale (anche se il datore può liberamente scegliere di contribuire con un ulteriore importo). Il contributo per i lavoratori autonomi è costituito solo dai versamenti del lavoratore.
LA SITUAZIONE DEI FONDI PENSIONE IN ITALIA
A rilevare la percentuale di adesioni alla previdenza complementare è la Covip, (Commissione di Vigilanza sui fondi Pensione). È ormai evidente che la previdenza pubblica non può garantire più le prestazioni che ha erogato in passato. Per rendere sostenibile il sistema è passato dal metodo di calcolo retributivo (che calcolava la pensione in base al reddito da lavoro) a quello contributivo (che commisura l’importo del vitalizio ai contributi versati).
Questo, però, vuol dire che per chi avrà la pensione calcolata interamente col contributivo il rischio è di ritrovarsi con il 50% del reddito da lavoro: aderire alla previdenza complementare potrebbe aiutare quindi a colmare il gap. Tuttavia, anche se incentivata dallo Stato (che l’ha prevista come pilastro previdenziale sin dal 1993) questo strumento non è ancora decollato.
Secondo gli ultimi dati della Covip (che considera fondi pensioni e Pip), le adesioni alla previdenza complementare sono circa 7,6 milioni (dati aggiornati a settembre 2016): nel complesso aderiscono alla previdenza complementare 5,2 milioni di lavoratori dipendenti privati, 1,9 milioni di lavoratori autonomi e 174.000 lavoratori dipendenti del settore pubblico. Al netto delle uscite, la crescita dall’inizio dell’anno 2017 è pari a circa 384.000 persone (5,3%). Questo sviluppo è attribuibile per la maggior parte al meccanismo di adesione contrattuale ai fondi dei lavoratori del settore edile. La Covip rileva che rimane diffuso il fenomeno delle interruzioni contributive, soprattutto fra le adesioni individuali dei lavoratori autonomi. Nel 2015 quasi 1,8 milioni di iscritti alla previdenza complementare non ha effettuato versamenti contributivi.
Considerando quindi solo coloro che hanno versato contributi nell’anno, il tasso di adesione si attesta al 24,2% rispetto al totale degli occupati. Fra i lavoratori dipendenti del settore privato il tasso è pari al 31% e tra i lavoratori autonomi al 19%. Per i dipendenti pubblici il tasso di adesione è appena del 5,2%. Guardando alle adesioni per genere, per classe di età e per area geografica emerge un quadro abbastanza diversificato: il tasso di adesione è sensibilmente più basso tra i giovani, tra le donne e al Sud, in questo riflettendo anche i tratti caratteristici del mercato del lavoro in Italia.
Sempre secondo gli ultimi dati disponibili diffusi dalla Covip, a fine 2015 le attività delle diverse forme di previdenza integrativa (fondi pensione e contratti di assicurazione a scopo pensionistico) nei Paesi Ocse ammontano a circa 40.000 miliardi di dollari; dal 2008 si è registrato un aumento annuo del 6,8% per quanto riguarda le attività dei fondi pensione. Tuttavia ci sono forti differenze tra i Paesi: l’ammontare delle attività detenute dai fondi pensione supera il valore del rispettivo prodotto interno lordo nazionale nei Paesi Bassi (178%), in Islanda (149%), in Svizzera (125%) e in Australia (118%).
L’Italia fa parte del gruppo di Paesi in cui le risorse in gestione sono meno del 25% del valore del prodotto interno lordo. Il ruolo che la previdenza complementare svolge nei diversi Paesi è molto diversificato: varia in primo luogo in funzione della dimensione delle prestazioni offerte dalla componente pubblica. Dove tale componente ha offerto finora pensioni abbastanza generose, il sistema complementare è meno sviluppato; dove invece le pensioni pubbliche sono più ridotte, il sistema complementare ha spesso già raggiunto dimensioni di rilievo. L’Italia rientra evidentemente nella prima casistica, quella dei Paesi in cui il sistema pubblico è stato particolarmente generoso. Per il futuro, tuttavia, non sarà più così, ma è importante che ci sia una solida consapevolezza di questo, perché l’analfabetismo finanziario può alimentare il rischio di povertà dopo l’uscita dal mercato del lavoro.
Secondo Mario Padula, presidente Covip: «la riduzione dell’analfabetismo finanziario può aiutare ad aumentare l’inclusione previdenziale, anzitutto facendo
emergere l’importanza di assumere un ruolo attivo nel campo delle scelte previdenziali. In molte economie sviluppate, questo ruolo attivo si manifesta attraverso un sistema pensionistico organizzato su due o tre pilastri, in cui il primo pilastro è la previdenza di base e gli altri pilastri svolgono una funzione complementare e integrativa. In Italia, la previdenza complementare può rappresentare uno strumento molto utile per assorbire la riduzione delle prestazioni del sistema di base, che la transizione demografica ha reso necessaria»10.
Tabella 14: Risultati medi alle prove di alfabetizzazione finanziaria
Fonte: Mario Padula (riferimento completo in nota)
10 “Analfabetismo finanziario ed inclusione previdenziale nella società che invecchia”, Mario Padula, 26° Mostra Convegno Nazionale Orientamento Scuola Formazione Lavoro (24 novembre 2016)