Ciliberto afferma che il nuovo «dispotismo democratico» ha plasmato anche il lessico e di questo i mezzi di comunicazione di massa, incluso la televisione, hanno avuto una responsabilità elevata perché hanno trasmesso un linguaggio
«tipicamente dispotico nel quale si intrecciano, fino a confondersi, lemmi che esprimono, da un lato, sentimenti di pura violenza; dall’altro, una rugiada retorica dell’ “amore”. Lessico, questo, che andrebbe sottoposto ad una analisi specifica proprio per la capacità che esso ha di mettere a fuoco con nettezza caratteri e finalità di questo nuovo «dispotismo democratico» e le tecniche di cui si serve per creare il suo vasto consenso»258.
256 Cfr. Citizen Berlusconi. Riporta l’esempio dell’informazione ai cittadini italiani sulla
manifestazione avvenuta a metà Febbraio del 2003 sulla pace e contro la guerra in Iraq, in quel caso i giornalisti dovevano sostituire alla parola “pacifisti” il termine “disobbedienti”.
257 Il 18 Aprile 2002 a Sofia in una conferenza stampa Berlusconi «pare lanciare una minaccia,
anzi un ordine ai nuovi vertici di viale Mazzini: Biagi, Santoro, Luttazzi devono sparire dal video visto che hanno fatto un uso criminoso della Rai e visto che non cambieranno mai». Si veda «Il Corriere della sera», 19 Aprile 2002.
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A questo proposito vorrei soffermarmi sui caratteri e le finalità di questo nuovo «dispotismo democratico». Colpì subito il linguaggio di quest’ultimo che rompeva con il precedente modo di espressione lessicale dei politici che è stato definito: «politichese»259, un lessico comprensibile a pochi perché ricco di termini complessi. Berlusconi rompe con la tradizione e inserisce battute e barzellette nei propri comizi esprimendosi con un linguaggio comprensibile a tutti. Per esempio Augusta Forconi nel suo libro Parola da cavaliere260 afferma che nel linguaggio berlusconiano non mancano le metafore sportive, le predilette sono quelle calcistiche ma spesso adotta anche quelle nautiche, per esempio il verbo «remare» è ripetuto molte volte:
«Abbiamo bisogno che tutti remino nella stessa direzione»261. «Ho parlato di gente che rema contro, troppa gente rema contro»262. «In questo modo non si fa che remare contro l’interesse del paese»263.
Quelle calcistiche appunto sono la maggior parte, ricordiamone alcune:
«La mia missione politica è come ricostruire una squadra di calcio»264.
259 Cfr. N. Galli de’ Paratesi, "La lingua di Berlusconi" in Micromega, 1, 2004.
260 A. Forconi, Parola da cavaliere, Editori Riuniti, Roma 1997. In questo libro l’autrice prende
in esame i discorsi di Berlusconi fatti durante conferenze stampa, interviste a giornali sia italiani che stranieri, trasmissioni televisive, durate gli anni 1994, 1995, 1996 e i primi mesi del 1997.
261 Ivi, p. 44 262 Ivi, p. 45. 263 Ibidem.
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«Sono certo di aver messo insieme una squadra di persone capaci, competenti e appassionate o, per parlare con tono più ufficiale, una compagine di tutto rispetto»265.
«Il papa è un uomo straordinario, ogni suo viaggio è come un gol. Ha la stessa idea vincente del mio Milan, che è poi l’idea di Dio, la vittoria del bene sul male»266.
Alberto A. Sobrero pone l’accento sulla «concretezza» del lessico berlusconiano,
«Non si sforza di aderire a norme rigide, né di morfologia né di fonetica; non si pone problemi grammaticali o sintattici. Va avanti per la sua strada. Bada al risultato pratico. Cerca il consenso, e il linguaggio gli serve da mero tramite… Quella da lui offerte è la manifestazione più avanzata che abbia registrato la lingua, passando da mezzo di espressione a strumento per ottenere scopi concreti»267.
E ancora Claudio Rinaldi afferma che il linguaggio politico deve in qualche modo riflettere la complessità della realtà storico – sociale, Berlusconi invece «ama le semplificazioni elementari»268.
Questo ultimo elemento è stato determinante nel raccogliere consenso tra gli elettori perché ha permesso che il linguaggio berlusconiano arrivasse a tutti, anche e soprattutto a coloro che si sentivano esclusi dalla comunicazione 264 Ivi, p. 50. 265 Ibidem. 266 Ivi, p. 140. 267 Ivi, p. 6. 268 Ivi, p. 7.
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politica perché troppo astrusa, incomprensibile. Il lessico berlusconiano invece è un linguaggio che si avvicina alle persone e soprattutto si pone l’obiettivo di arrivare alla sfera emotiva degli individui per esempio adottando spesso il termine «cuore», vediamo alcuni esempi:
«Lo dico con sentimento, cioè col ragionamento che dalla mente scende nel cuore»269.
«Da parte mia viene dal cuore un richiamo a pensare alle cose da farsi»270,
oppure usando molte metafore perché alle immagini il nostro cervello reagisce meglio rispetto che ai concetti astratti.
Infatti Amadori afferma che uno dei motivi che hanno determinato il successo di Berlusconi è la sua capacità «di accedere direttamente ai codici emotivi dell’inconscio collettivo»271. I suoi strumenti sono, come ho scritto precedentemente, il mezzo televisivo che sa gestire sapientemente e in se stesso ha già «un certo potere ipnotico»272, la capacità di manipolare semanticamente la realtà, ovvero alterando il dato reale riconduce il tutto a proprio favore. Inoltre Amadori parla anche del fenomeno di «affabulazione» ed «edulcorazione» che utilizza Berlusconi nel narrare gli eventi273, il primo
269 Ivi, p. 47. 270 Ibidem.
271 A. Amadori, Mi consenta. Episodio II, Scheiwiller, Milano 2003, p. 187. 272 Ibidem.
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consiste nel raccontare favolisticamente la realtà, il secondo riguarda la «trasformazione in positivo di un fatto o elemento anche negativo»274.
L’autore sostiene che Berlusconi adotti la tecnica della fiaba nella comunicazione politica soprattutto per costruire e trasmettere i messaggi ai cittadini,
«Ha presentato dei problemi (appunto prove da superare, ostacoli da abbattere, nemici da sconfiggere) nei quali una fetta consistente di elettorato italiano, orfana dei partiti della Prima Repubblica, si è riconosciuta. E ha suggerito delle soluzioni, confacenti agli stati d’animo di questo elettorato. La propaganda berlusconiana (perché di questo si tratta, di vera e propria propaganda, di intensità militare) ha presentato problemi e soluzioni capaci di parlare alla mente dell’elettore nel linguaggio più semplice e al lui adatto, quello del desiderio»275.
Talvolta unisce parole antitetiche:
«Il mio messaggio deve arrivare nella testa e nel cuore della gente»276.
«Da quando ho deciso di scendere in campo, considero conclusa una parte della mia vita. Da adesso dedicherò testa e cuore alle cure della cosa pubblica»277.
274 Ibidem. 275 Ivi, p. 34.
276 A. Forconi, Parola da cavaliere, op. cit., p. 47. 277 Ibidem.
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Forconi aggiunge che anche i binomi aggettivali sono usati frequentemente e hanno lo scopo, secondo l’autrice, di rassicurare la platea:
«Beh, lo dico alto e forte, io faccio il presidente del Consiglio per il mio paese»278.
«Ho tentato un accordo che ho voluto definire alto e nobile»279.
«Si deve sapere alto e forte che io non ho alcuna intenzione di desistere»280.
I qualificativi sono fondamentali nei discorsi di Berlusconi e soprattutto ama usarli, afferma Augusta Forconi, «con valore iperbolico»281. Non manca mai oltre al qualificativo il superlativo assoluto ed entrambi sono usati con tono enfatico, vediamo alcuni esempi:
«Napoli ha un Palazzo Reale, come quello in cui siamo, che è strepitoso»282.
«Mia madre è una donna veramente fantastica»283.
«Ieri c’è stata una serata straordinaria, i nostri ospiti sono rimasti stupefatti, mi sono sentito, senza merito, orgogliosissimo, i nostri ospiti erano stupefatti, vi posso assicurare che è stata una serata straordinaria»284.
278 Ivi, p. 48 279 Ibidem. 280 Ibidem. 281 Ivi, p. 53. 282 Ibidem. 283 Ibidem. 284 Ivi, p. 54.
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Forconi nota che nei discorsi di Berlusconi il pronome personale “io” è ripetuto molto spesso285 e l’ “io” si identifica e simboleggia inevitabilmente il leader.
Contemporaneamente alla ripetizione del pronome personale “io” viene detto più volte l’aggettivo possessivo “mio”, quest’ultimo non è applicato solo all’ambito privato bensì anche a quello pubblico,
«la mia squadra di calcio, il mio Milan, i miei predecessori, i miei avversari, il mio paese, la mia gente, la mia Chiesa, […] il mio partito, la mia responsabilità di formare un governo, il mio obiettivo di governo, i miei candidati»286.
Il verbo che riscuote maggior successo nei discorsi di Berlusconi è «credere», che viene usato alla prima persona singolare del presente indicativo: «credo»287, alle volte viene usato nella seconda persona plurale del presente indicativo rivolgendosi alla folla con domande retoriche:
285 «Io ritengo di essere geneticamente, istintivamente un innovatore», «io sono un uomo
coraggioso e coerente», «Il leader del Polo sono io, il candidato a premier sono io», «Il candidato alla guida del paese sono io», «Il candidato leader del Polo sono io, se vinciamo a Palazzo Chigi vado io», «Io sono un ottimista, al mattino mi sveglio sempre di buonumore», «Io sono buono e bravo». A. Forconi, Parola da cavaliere, op. cit., p. 10.
286 Ivi, p. 12.
287 «Io credo fermamente nel programma di governo… credo nell’alleanza fra lo spirito civile
della gente del nord… credo che dal Polo della libertà possa venire il rilancio dello spirito riformatore», «Credo nel passo verso una completa parità tra scuola privata e pubblica», «Credo di essere il punto di riferimento di tutti coloro che vogliono un cambiamento». Ivi, p. 13.
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«Credete voi che questa classe politica che ha lasciato il sud senza strade e senza asili…debba avere ancora la vostra fiducia? Credete voi che questa classe politica debba avere la responsabilità di guidare il paese»288.
Una peculiarità del discorso berlusconiano è il parlare di sé in terza persona, l’autrice ricorda che questo era caratteristico di Giulio Cesare. Alcune citazioni che riporta Forconi:
«Se c’è qualcuno che mi ricorda la mitezza di Gandhi, quello è il signor Berlusconi»289.
«La ripresa dell’Italia si chiama Silvio Berlusconi»290.
«La commissione Napolitano è un soviet per espropriare Berlusconi, è un plotone per fucilare Berlusconi»291.
Adotta anche il plurale maiestatico «allo stesso modo del papa e dei regnanti»292, vediamo alcuni esempi:
«Noi ci siamo sempre comportati con senso di responsabilità».293
288 Ivi, p. 14. 289 Ivi, p. 65. 290 Ibidem. 291 Ibidem. 292 Ibidem. 293 Ibidem.
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«Noi sappiamo di essere presi in giro insieme a tutti gli italiani».294 «Volevamo cambiare sede per essere giudicati da un tribunale sereno».295
L’autrice afferma che Berlusconi ha interpretato vari ruoli nella scena politica: dalla figura del condottiero e del migliore:
«A me nella vita nessuno mi ha mai messo sotto»296. «Sono sicuro di vincere, ho sempre vinto»297.
«Nessuno al mondo ha mai fatto quello che ho fatto io»298. «Mi sono dato tanti traguardi e non ne ho mai mancato uno»299.
«La mia leadership in pericolo?Sorrido. Non me l’ha regalata nessuno, è stata sancita dal voto degli elettori, i quali sanno distinguere e pesare quel che una persona ha dimostrato di saper fare nella vita»300.
A quella del finto tonto:
«Lo scopro adesso, non lo sapevo»301.
294 Ibidem. 295Ibidem. 296 Ivi, p. 129. 297 Ibidem. 298 Ibidem. 299 Ibidem. 300 Ibidem. 301 Ivi,p. 130.
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«Io non ne sapevo nulla, ero totalmente all’oscuro, ripeto: non ho fatto niente e non sapevo nulla»302.
«Io sono un semplice, non conosco la politica con le sue trappole e i suoi arabeschi»303.
Passando per «L’uomo della provvidenza»304:
«Non ho scelto io la politica, mi è stata imposta dalla Storia»305.
«Credo che le leadership non si creino: uno o ce l’ha o non ce l’ha»306.
«Ah, se lei sapesse caro signore, quante cose si aspettano da me, tante, tantissime e tutte importanti»307.
Nora Galli de’ Paratesi in un articolo comparso su Micromega parla di un aspetto, a mio parere interessante, del lessico berlusconiano: il «criterio di appropriatezza»308. Quest’ultimo è chiamato così nell’ambito della sociolinguistica e consiste nell’adottare un determinato stile linguistico alla corrispondente situazione, quest’ultima per esempio può essere legata al grado di confidenza tra i vari interlocutori, al contesto formale o informale. L’autrice denuncia il mancato rispetto di questo criterio da parte di Berlusconi e sostiene 302 Ibidem. 303Ibidem. 304 Ivi, p. 134. 305 Ibidem. 306 Ibidem. 307Ibidem.
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la gravità di quest’azione perché determinate regole sociolinguistiche corrispondono a convenzioni sociali fondamentali per la struttura sociale di un paese.
Berlusconi adotta un lessico offensivo e avvilente anche nei confronti delle istituzioni perché ricorre spesso alla menzogna. Questa affermazione è confermata da Forconi la quale nel suo libro ricorda l’espressione «bugiardo matricolato»309 attribuita all’ex premier da Indro Montanelli.
Riccardo Gualdo nel libro La faconda repubblica si sofferma sul discorso della discesa in campo di Berlusconi facendo una piccola analisi. L’autore afferma che fin dall’inizio del suo discorso Berlusconi assume un «avvicinamento attanziale»310 che si esplicita nella dichiarazione di attaccamento per il proprio paese talmente forte da spingerlo ad entrare in politica per poter salvare il paese dalla “sinistra e dai comunisti”311 e questa ultima categoria ricorre spesso nei discorsi berlusconiani312.
309 A. Forconi, Parola da cavaliere, op. cit., p. 90.
310 R. Gualdo, M. V. Dell’Anna, La faconda Repubblica. La lingua della politica in Italia, op.
cit., p. 72.
311 « E ho anche la ragionevole speranza di riuscire a realizzarlo, in sincera e leale alleanza con
tutte le forze liberali e democratiche che sentono il dovere civile di offrire al Paese una alternativa credibile al governo delle sinistre e dei comunisti.», «Ma affinché il nuovo sistema funzioni, è indispensabile che al cartello delle sinistre si opponga, un polo delle libertà che sia capace di attrarre a sé il meglio di un Paese pulito, ragionevole, moderno.», « Gli orfani i e i nostalgici del comunismo, infatti, non sono soltanto impreparati al governo del Paese. Portano con sé anche un retaggio ideologico che stride e fa a pugni con le esigenze di una amministrazione pubblica che voglia essere liberale in politica e liberista in economia».
312 «Il comunismo è finito in tutto il mondo, ma in Italia i comunisti sono al potere», «Gli
amministratori rossi vogliono piegare la schiena agli imprenditori, far favori alle cooperative rosse, intercettare e spiare i cittadini», «Bossi l’ha combinata bella, ha consegnato il paese alla sinistra e ai comunisti, ai veterocomunisti, a Bertinotti». A. Forconi, Parola da cavaliere, op. cit., pp. 118-119.
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L’autore accosta queste parole iniziali di Berlusconi ai discorsi mussoliniani e riporta un breve passo del discorso pronunciato il 24 settembre 1925 da Mussolini alla riunione fascista di Asti:
«Quello che più mi sospinge , che mi fa lavorare e persistere, è un’altra ambizione, un altro amore: l’amore di vedere grande la Patria, l’amore del popolo italiano! Perché io lo amo il popolo italiano […] Il popolo sa che io lo amo e da tre anni me ne dà le prove»313.
Gualdo sottolinea il tono evangelico che trasmettono i verbi «credo» e «voglio», l’insistenza sull’opposizione vecchio/nuovo314, sulla operosità315 e sulla ripetizione del termine «libertà»316; cerca di coinvolgere gli ascoltatori
313 R. Gualdo, M. V. Dell’Anna, La faconda Repubblica. La lingua della politica in Italia
(1992-2004), op. cit., p. 72.
314 «La vecchia classe politica italiana è stata travolta dai fatti e superata dai tempi.
L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e dal sistema di finanziamento illegale dei partiti, lascia il Paese impreparato e incerto nel momento difficile del rinnovamento e del passaggio a una nuova Repubblica. Mai come in questo momento l'Italia, che giustamente diffida di profeti e salvatori, ha bisogno di persone con la testa sulle spalle e di esperienza consolidata, creative ed innovative, capaci di darle una mano, di far funzionare lo Stato.», « Ciò che vogliamo offrire agli italiani è una forza politica fatta di uomini totalmente nuovi.».
315 «Vi dico che è possibile realizzare insieme un grande sogno: quello di un'Italia più giusta, più generosa verso chi ha bisogno più prospera e serena più moderna ed efficiente protagonista in Europa e nel mondo. Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano».
316 «Qui ho appreso la passione per la libertà.», «L'importante è saper proporre anche ai cittadini italiani gli stessi obiettivi e gli stessi valori che hanno fin qui consentito lo sviluppo delle libertà in tutte le grandi democrazie occidentali».
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identificandoli con il pronome «noi»317 e con la novità, contrapponendoli a un
«loro» e al vecchio.
Identifica nel «loro» le categorie delle «sinistre» e dei «comunisti» perché ha bisogno di un simbolo nel quale identificare un avversario e dal quale è necessario assolutamente difendersi. Così la realtà appare dicotomica, composta da due fazioni: noi-loro, bene-male.
Nel discorso talvolta quando parla del «loro» adotta la figura retorica dell’anafora318,
«Non credono nel mercato, non credono nell’iniziativa privata, non credono nel profitto, non credono nell’individuo. Non credono che il mondo possa migliorare attraverso l’apporto libero di tante persone tutte diverse l’una dall’altra. […] Non credono più in niente. Vorrebbero trasformare il Paese in una piazza urlante, che grida, che inveisce, che condanna».
È interessante notare la presenza di un’altra figura retorica, chiamata enumerazione319, che caratterizza l’ultima frase del discorso320.
Fin dall’inizio del discorso adotta termini che appartengono alla sfera delle emozioni, quali «passione», «libertà», «amore». Continuando a leggere
317 «Per questo siamo costretti a contrapporci a loro. Perché noi crediamo nell'individuo, nella
famiglia, nell'impresa, nella competizione, nello sviluppo, nell'efficienza, nel mercato libero e nella solidarietà, figlia della giustizia e della libertà».
318 L’anafora consiste nella ripetizione del primo termine nelle frasi successive.
319 L’enumerazione consiste nel congiungere una serie di parole tramite asindeto o polisindeto. 320 «Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme, per noi e per i nostri figli,
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trapela l’aspetto di “missione”321, come se tutto il discorso fosse una preghiera
laica.
L’autore sottolinea il lessico semplice e l’uso delle metafore tratte dal linguaggio comune.
6.4. "La libertà dei servi" e il" Discorso"
Viroli, come ho scritto precedentemente, afferma che in Italia si è venuto a creare il sistema della corte e identifica Berlusconi nella figura del signore di corte:
«In Italia è rinata e ha messo le radici all’ombra delle istituzioni repubblicane per effetto del potere enorme di Silvio Berlusconi e dell’acquiescenza di gran parte dell’élite politica. La sua persona è al di sopra e al centro rispetto a tutti gli altri che si muovono nell’agone politico e ai normali cittadini»322.
Abbiamo visto precedentemente che la logica sottostante al sistema della corte e alla piramide sociale nel Discorso è la stessa. Entrambi i sistemi possono essere considerati le cause della condizione della servitù volontaria
321 «Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio
vivere in un Paese illiberale. […] Rinuncio dunque al mio ruolo di editore e di imprenditore per mettere la mia esperienza e tutto il mio impegno a disposizione di una battaglia in cui credo con assoluta convinzione e con la più grande fermezza».
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perché, nel caso di La Boétie, le persone delegano la propria libertà per poter esercitare un minimo di potere, mentre nel caso di Viroli gli individui decidono di perdere la propria libertà per poter beneficiare di vantaggi materiali e poter «vivere la vita come una recita in un immenso teatro guardati dal principe e dai milioni che ne sono ai margini e fuori»323.
La questione “dell’apparire” è interessante perché inevitabilmente si ricollega al tema della cura dell’immagine, caro a La Boétie, quest’ultimo scrive nel Discorso:
«I primi re d’Egitto non comparivano mai in pubblico senza portare sul capo ora un gatto ora un ramo ora del fuoco, e in tal modo si mascheravano comportandosi da ciarlatani; così facendo per la stranezza della cosa, incutevano ai loro sudditi riverenza e ammirazione»324.
Comprendiamo quindi l’importanza di alcuni elementi che possono condizionare l’obbedienza dei singoli al sovrano.
Nel libro di Viroli troviamo una breve descrizione dell’immagine perfetta che deve dare il leader di sé stesso al pubblico, scrive Viroli:
«Il sovrano […] ha due corpi, uno fisico e l’altro mistico. Il primo è visibile e mortale; il secondo invisibile e immortale. Proprio perché è visibile, il corpo fisico
323 Ivi, p. 29. 324 Ivi, p. 39.
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deve esprimere i caratteri propri della sovranità: perfezione, splendore, e forza. Per questo i sovrani hanno sempre dedicato enorme cura alla loro apparenza fisica e ornato il proprio corpo con simboli e abiti accuratamente scelti. Il signore di corte italiana li imita. Dedica una cura continua al suo volto affinché sia sempre privo di imperfezioni e dia l’idea che egli è in grado di sconfiggere il tempo»325.
Paul Ginsborg sostiene che per esempio prima delle elezioni del 2001 Berlusconi attua una vera e propria pubblicità della sua immagine, lo dimostra