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Bilancio idrico a supporto delle analisi di bacino e delle scelte di allocazione

CAPITOLO 2 – IL CONSUMO IDRICO IN AGRICOLTURA

2.3 Bilancio idrico a supporto delle analisi di bacino e delle scelte di allocazione

La redazione di un bilancio idrico è strumentale ad una corretta gestione dei consumi idrici da parte delle Autorità di Bacino. Secondo il D.M. 28 luglio 2004, il bilancio idrico rappresenta «una componente fondamentale del modello quali-quantitativo di bacino destinato alla rappresentazione in continuo della dinamica idrologica ed idrogeologica, degli usi delle acque e dei fenomeni di trasporto e trasformazione delle sostanze inquinanti nel suolo e nei corpi idrici».

Oggetto del provvedimento è il “bilancio idrico” e non il “bilancio idrologico”: - il primo termine riferisce alla comparazione effettuata al netto delle risorse necessarie alla conservazione degli ecosistemi acquatici e la copertura dei fabbisogni per i diversi usi, esistenti o previsti. Deve essere mantenuto in equilibrio, al fine di consentire la sostenibilità nel tempo e di concorrere, con gli altri interventi previsti dal D.Lgs. n. 152/1999, al raggiungimento dei previsti obiettivi di qualità ambientale

- il secondo termine indica la comparazione, nel periodo di tempo considerato e con riferimento ad un determinato bacino (o sottobacino), superficiale e sotterraneo, tra afflussi e deflussi naturali, con esclusione, quindi, dei deflussi determinati dall’attività dell’uomo;

La componente naturale (idrologica) del bilancio si valuta sommando gli afflussi meteorici, l’evotraspirazione, l’infiltrazione nel terreno, gli afflussi sotterranei da altri bacini e i corrispondenti deflussi, i deflussi fluviali verso altri bacini, etc.

La stima del bilancio idrico, invece, richiede di aggiungere i termini dovuti agli usi antropici, quali i volumi idrici prelevati all’interno del bacino e quelli restituiti, le differenze tra i volumi invasati in serbatoi artificiali all’inizio e quelli alla fine del periodo di riferimento, ecc.

È, quindi, necessario avere a disposizione un sistema di raccolta di dati ed informazioni ingente e conoscere le principali opere esistenti e fattibili per l’approvvigionamento, la regolazione, l’adduzione e la distribuzione delle acque, nonché le strutture per il collettamento, la depurazione e lo scarico dei reflui.

La costruzione di questo modello è sicuramente una meta ambiziosa, in una realtà nella quale molti bacini idrici interessano più di una regione e, in qualche caso, più di uno Stato. Non mancano, in Italia, esempi di costruzione di bilanci idrici e successiva modellazione, già completati o in via di elaborazione, ancor prima dell’emanazione del decreto che detta le linee guida. Questi esempi attestano la possibilità di pervenire a utili risultati, ma anche la difficoltà nel raccogliere ed elaborare la gran mole di dati necessari.

2.3 a Valutazione della risorsa disponibile

Il punto di partenza per la stima delle risorse idriche naturali è una valutazione dei dati sperimentali (pluviometrici, termometrici, freatimetrici, ecc.) su base

pluriennale, data la variabilità delle situazioni naturali dalle quali le risorse stesse traggono origine; si deve pervenire a stimare un valore medio annuale e lo scostamento (statisticamente prevedibile) dalla media. Alle risorse naturali vanno aggiunte a quelle di altra origine, per esempio quelle derivanti dal riutilizzo e dagli usi in cascata della risorsa.

Le risorse così determinate non sono interamente disponibili per le diverse destinazioni d’uso, infatti, si deve tener conto di vincoli sia tecnici (possibilità di trasferire la risorsa nel luogo e nel tempo in cui è richiesta) che socioeconomici, oltre le esigenze di tutela ambientale. In particolare, per la falda sotterranea si deve rispettare la condizione che nell’anno medio non venga prelevato un quantitativo d’acqua superiore alla capacità di ricarica dell’acquifero; per i corsi d’acqua superficiali si deve tener conto della necessità di assicurare il cosiddetto “deflusso minimo vitale”. Questa entità è stata definita come la portata istantanea rilevata in ogni tratto omogeneo del corso d’acqua, necessario per garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corpo idrico, quelle chimico-fisiche delle acque nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali.

La precisa quantificazione del deflusso minimo vitale viene effettuata raramente; in ogni caso, i criteri che si adottano sono attualmente disparati e non omogenei da bacino a bacino.

Il D.M. 28 luglio 2004 precisa che, nella definizione dei singoli valori di deflusso minimo vitale, si debba tener conto sia degli aspetti naturalistici (caratteristiche ideologiche, idrogeologiche e geomorfologiche, conservazione e recupero dell’ecosistema fluviale) sia degli aspetti legati ad attività antropiche (modificazioni dell’alveo, presenza di carichi inquinanti da fonti puntuali e diffuse. Il deflusso minimo vitale deve essere prioritariamente definito per i corsi d’acqua significativi e per quelli a specifica destinazione funzionale (ad esempio, destinati alla potabilizzazione), nel senso definito nel D.Lgs. n. 152/1999 e la scelta di valori differenti nei vari periodi dell’anno può essere opportuna. Infatti, questo parametro può anche avere valori diversi da quello naturale, che in taluni casi è zero, quando il fiume va incontro a periodi di asciutta che non dipendono dai prelievi, bensì da fattori naturali.

La determinazione del deflusso minimo vitale richiede una base conoscitiva molto estesa, nella quale, oltre ai parametri morfologici, idrogeologici, idraulici e, in genere, a quelli fisici che caratterizzano il corso d’acqua, occorre rilevare anche le variabili chimico-fisiche e quelle biologiche (Indice Biologico Esteso, Indice di Funzionalità Fluviale, carica microbica totale e specifica, flora e fauna ripariale, ecc.).

Alla raccolta di queste informazioni deve, necessariamente, seguire una fase di organizzazione dei dati che attualmente non può ancora essere codificata, perchè non esiste un metodo consolidato che sia riconosciuto come il più adatto alla generalità dei casi. Esistono, infatti, metodi basati su variabili morfologiche, mentre altri si fondano su variabili idrologiche o su una loro combinazione, ed altri ancora nei quali si fa uso della statistica e che sono riferiti alla portata media giornaliera di durata 355 giorni in un anno o su intervalli temporali diversi.

dell’acqua (Molden, 1997):

• livello macro: che si riferisce alla dimensione bacino/sub-bacino

• livello intermedio: che si riferisce alla dimensione delle reti di servizi come sistemi irrigui o acquedotti municipali

• livello micro: che si riferisce alla dimensione del campo agricolo, utenti domestici, uso ambientale degli ecosistemi locali.

Quando tutte, o quasi tutte, le risorse idriche di un bacino sono state allocate per vari utilizzi si incorre in problematiche allocative.

La comprensione delle interazioni tra i diversi livelli d’analisi può migliorare la previsione delle conseguenze degli interventi. Un incremento di efficienza ad un livello “micro” può risultare in un incremento della produttività idrica a livello “macro” oppure ridurre la produttività degli utenti a valle. Soltanto quando si colloca un intervento di gestione in un contesto analitico più ampio si possono evidenziarne gli effetti.

2.3.c Componenti del bilancio idrico

Il primo passo verso l’analisi di un bilancio idrico è la determinazione dei domini d’interesse mediante l’identificazione dei limiti spaziali e temporali. La contabilità idrica identifica le componenti del bilancio e li classifica secondo l’uso e produttività di questi usi. Molte di queste componenti non sono facilmente definibili ( ad esempio i flussi in entrata/uscita dell’acqua di falda, consumo effettivo delle colture, deflussi da drenaggio, ...), nonostante ciò, anche conti approssimati possono rivelarsi molto utili a tutti e tre i livelli d’analisi.

La contabilità idrica è funzionale all’analisi delle interferenze antropiche con il ciclo dell’acqua, relazionando le tipologie di utilizzo alle quantità.

Si possono identificare 4 processi generici attraverso i quali si “consuma” l’acqua (Molden, 1998):

• mediante evaporazione dal suolo, dalle riserve idriche superficie, o per traspirazione delle piante;

• quando defluisce verso scarichi (sink), cioè verso luoghi dove economicamente è irraggiungibile per usi di consumo, come ad esempio il mare oppure falde saline;

• quando l’inquinamento la rende inutilizzabile;

• quando l’acqua è parte costituente di un prodotto, come avviene con le produzioni vegetali.

Come descritto in merito all’acqua virtuale, si può considerare l’acqua per l’ottenimento di un prodotto come la somma dell’acqua prelevata e consumata per il processo. In un processo industriale questa quota include la quantità evaporata per il raffreddamento, o trasformata in un prodotto, mentre in agricoltura rappresenta l’acqua evaporata dalle colture più quella inclusa nei tessuti delle piante.

ma non per il processo produttivo per il quale era stata prelevata. Ad esempio, in agricoltura le acque irrigue sono consumate dalla traspirazione delle piante (processo produttivo) e dall’evaporazione dal suolo e dai canali (non produttivo). Questo tipo di consumo può essere considerato benefico o nocivo, per esempio, quando le acque “perse” sono utilizzate da un ecosistema costituisce un beneficio, anche se questo non era la ragione del prelievo ed apporto.

Le acque prelevate per usi non consuntivi sono quegli usi i cui benefici non determinano un consumo, come quella utilizzata per generare energia idroelettrica.

È importante chiarire a quale categoria di consumo idrico appartiene l’acqua della quale si misura la produttività. Ad esempio, il livello d’analisi contabile dell’uso d’acqua irrigua in parcella viene spesso studiato allo scopo di aumentare la produttività, per unità di terreno e acqua, in una ottica di conservazione della risorsa. A livello del campo, le dimensioni delle componenti del bilancio idrico sono in funzione delle condizioni climatiche, del terreno, della coltura (livello di traspirazione) e pratiche agricole (tecnica irrigua). Le dimensioni di tali fattori influiscono sulle quantità defluite per scorrimento superficiale ed il livello di percolazione. Per esempio, in presenza di tecniche irrigue a goccia si avranno riduzioni della percolazione in falda, mentre vi sono alti tassi di evaporazione e percolazione in presenza di sistemi irrigui a scorrimento.

Le procedure contabili idriche cercano di tenere in conto queste differenze. Per lo studio del bilancio idrico a livello intermedio (dei servizi) i confini d’analisi di un sistema irriguo sono rappresentati dalle acque sotterranee che sottostanno le superfici irrigate, mentre per il bilancio idrico relativo alle parcelle, questo confine è considerato la zona radicale delle piante. Quindi, rispetto la dimensione riferita alla parcella, in questo livello d’analisi le porzioni di uso non consuntivo sono maggiori poichè si tiene conto delle variazioni nei volumi presenti nel suolo, nella falda e nelle acque superficiali.

Le acque dei sistemi irrigui devono inoltre garantire un deflusso per i consumi a valle. Spesso vi sono conflitti per i prelievi quando una zona a monte preleva quantità tali da compromettere la disponibilità per le zone irrigue a valle nei periodi di siccità. Perciò, i flussi in uscita da questi sistemi per percolazione o drenaggio, devono essere considerati come acque “impegnate”. Le quantità di acque disponibili a livello dei servizi irrigui corrispondono prelievi totali meno la parte impegnata.

A livello di bacino devono essere considerati diversi processi di consumo idrico, incluso gli usi non agricoli. Le acque prelevate per scopi irrigui spesso provvedono all’apporto per altri settori, come allevamenti ittici, acque potabili, ricreativi o industriali5.

Come descritto in precedenza, la maggior parte dell’apporto idrico

5

Ad esempio il Consorzio di Bonifica del Canale Emiliano Romagnolo è impegnato con la istituzione die una società denominata “Plurima, che attraverso la fornitura idrica finalizzata sia ad uso agricolo che urbano ed industriale. (CER, 2002).

complessivo è determinato dalle precipitazioni, ma deriva anche dai fiumi verso sub-bacini, comunicazioni con corpi idrici ed acque sotterranee di altri bacini. A questo livello d’analisi della contabilità è funzionale ad identificare gli effetti complessivi delle modalità d’uso dell’acqua.