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TRIAL FASE

5. RILEVAZIONE DELLE ALTERAZIONI GENETICHE

5.2. La biopsia liquida e il DNA libero circolante (cfDNA)

La biopsia liquida è una tecnica a ridotta invasività per la valutazione dello stato genetico del tumore basato sull’analisi del cfDNA presente in differenti fluidi corporei, quali plasma e siero. Poiché i campioni ematici sono facilmente ottenibili, la biopsia da plasma o siero è da tempo considerata come una promettente metodica non invasiva ad integrazione delle tecniche di biopsia tradizionali. Una modalità con cui i tumori forniscono informazioni sotto forma di biomarcatori, quali il DNA tumorale libero circolante (ctDNA), è attraverso la necrosi delle cellule tumorali con il rilascio di cellule morte o di detriti cellulari. Queste cellule vengono inglobate dai fagociti che processano il ctDNA, che viene poi rilasciato nel sangue sotto forma di piccoli frammenti. Il cfDNA, originato dalle cellule tumorali, ovvero il ctDNA, può essere analizzato per le stesse alterazioni genetiche che si trovano nel tumore140,141. Oltre al ctDNA, per la biopsia liquida si possono utilizzare, come fonte di DNA tumorale, le cellule tumorali circolanti (CTC) o gli esosomi (Figura 17).

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Le CTC sono cellule tumorali intatte rilasciate nel flusso ematico che possono essere utilizzate come fonte per estrarre il DNA tumorale142. Gli esosomi sono vescicole di membrana extracellulari con una dimensione tra 40-100nm che vengono rilasciate dalla maggior parte delle cellule, incluse le cellule tumorali, e pertanto possono venire utilizzate nella biopsia liquida come fonte di DNA, RNA e proteine tumorali143.

Il cfDNA nel sangue è stato scoperto per la prima volta nel 1948 ed è emerso come uno strumento diagnostico promettente per i pazienti con cancro144. Mentre la quantità totale di cfDNA nel plasma e nel siero di pazienti affetti da cancro varia da paziente a paziente, i pazienti con cancro hanno più elevati livelli plasmatici e sierici di cfDNA rispetto ai pazienti senza cancro145-147. Infatti, studi successivi hanno dimostrato che il cfDNA è presente in piccole quantità anche nel sangue di individui sani ed aumenta nei pazienti affetti da una serie di disturbi clinici come tumore, ictus, traumi, infarto del miocardico, malattie autoimmuni e complicazioni associate a gravidanza148. Nei pazienti con cancro al polmone i livelli plasmatici di cfDNA sono più elevati nei pazienti a stadio avanzato (livelli medi di cfDNA: 38 ng/mL, 95% di intervallo di confidenza (CI): 25-26 ng/mL) rispetto ai pazienti in stadio precoce (livelli medi di cfDNA: 23 ng/mL, 95% di intervallo di confidenza (CI): 18-30 ng/mL); inoltre livelli di cfDNA superiori a 100 ng/mL nel plasma si ritrovano con più probabilità in pazienti con SCLC rispetto a quelli affetti da NSCLC147. Esistono diverse ipotesi riguardo al rilascio del cfDNA nel torrente circolatorio, ma quella più accettata dalla comunità scientifica consiste nella necrosi e apoptosi delle cellule tumorali o tramite rilascio attivo da parte di esse146,149. Secondo l’ipotesi che il cfDNA venga rilasciato durante un processo apoptotico o necrotico, le cellule tumorali apoptotiche e necrotiche e filamenti di DNA che non sono fagocitati entrano nel flusso sanguineo come cfDNA146. Inoltre a sostegno di questa ipotesi, i filamenti di cfDNA presenti nel sangue sono di lunghezza simile alle 180 paia di basi che sono caratteristici del processo

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apoptotico146,149,150. Dati più recenti suggeriscono che il cfDNA non entra nel flusso sanguineo attraverso il processo apoptotico o necrotico, ma viene rilasciato attivamente dalle cellule tumorali come molecola segnale151. Infatti il cfDNA ha mostrato in diversi studi di agire come molecola di segnalazione che induce metastasi. Inizialmente, uno studio ha dimostrato che cellule NIH-3T3 murine incubate con il plasma proveniente da pazienti con cancro del colon e positivi per la mutazione nel gene KRAS sviluppavano tale mutazione152. Successivamente quando le cellule NIH-3T3 murine KRAS mutate venivano iniettate nei topi ed il tumore veniva sviluppato, nel plasma dei topi veniva rilevata la mutazione umana KRAS152. Similmente, un successivo lavoro dimostrò che cellule NIH-3T3 esposte al DNA proveniente dal siero di pazienti con mutazione KRAS sviluppavano la mutazione nel tempo e che se le cellule NIH-3T3 KRAS positive insieme al tumore del colon indotto da 1,2-dimetildrazina venivano iniettate nei topi, essi sviluppavano tumori con mutazioni del gene KRAS153. Questi studi appena riportati suggeriscono che un potenziale ruolo del cfDNA sia quello di agire come molecola di segnalazione di metastasi tumorali. In generale, in pazienti affetti da cancro, una frazione del cfDNA è di origine tumorale; infatti il ctDNA rappresenta lo 0.1-10% del cfDNA totale. I livelli di ctDNA dipendono dallo stadio, dal carico tumorale, dalla vascolarizzazione del tumore, da caratteristiche biologiche come il tasso di apoptosi, dal potenziale ruolo metastatico delle cellule tumorali e da fattori che influenzano il volume di sangue del paziente154,155. Inoltre diversi studi hanno dimostrato che la quantità di ctDNA in pazienti affetti da neoplasia correlano con la risposta alla terapia156-158. Come già anticipato, il ctDNA può venire rilasciato sia da meccanismi passivi, quali la lisi delle cellule tumorali apoptotiche e necrotiche o digestione delle cellule tumorali da parte dei macrofagi, sia da meccanismi attivi. Il ctDNA può essere isolato sia dal plasma che dal siero. Si è concluso però dopo diversi studi che il siero non è adatto a monitorare la concentrazione di ctDNA, a causa

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del grande sfondo di DNA non tumorale presente al suo interno rispetto al plasma, dovuto alla lisi dei globuli bianchi del sangue durante il processo di coagulazione159. Altra caratteristica è che il ctDNA, essendo un surrogato del tumore, presenta le stesse alterazioni somatiche del tumore stesso e pertanto può essere utilizzato per rilevare mutazioni clinicamente rilevanti come quelle presenti nel gene EGFR. Ciò è quindi molto utile quando non è disponibile la biopsia tissutale per le analisi genetiche ed in questo contesto l’EMA raccomanda il test di EGFR nella biopsia liquida per selezionare pazienti con tumore al polmone da essere eventualmente trattati con farmaci EGFR-TKI. Tuttavia, molte tecniche standard di biologia molecolare per la rilevazione delle mutazioni potenzialmente targettabili non sono idonee per l’analisi del ctDNA a causa di una loro bassa sensibilità. Infatti, siccome il ctDNA rappresenta spesso una piccola percentuale del totale cfDNA, mutazioni somatiche provenienti dal tumore possono essere presenti in frazioni alleliche estremamente basse (fino a 0.01%). Per tale motivo metodologie altamente sensibili o modificazioni di tecnologie pre-esistenti sono state sviluppate al fine di rilevare mutazioni a bassa frequenza160,161. Ad oggi numerose tecniche di biologia molecolare sono state sviluppate per l’identificazione di mutazioni geniche. In particolare, tecniche modificate di Real-Time PCR vengono ampiamente utilizzate per identificare alterazioni genetiche nel cfDNA di pazienti con cancro. Tra queste troviamo il sistema di mutazione refrattaria all’amplificazione (ARMS), Scorpion-ARMS e tecniche di PCR che arricchiscono il mutante sopprimendo l’allele normale in presenza di acido nucleico peptidico (PNA-clamp) e tramite acido nucleico bloccato (LNA-clamp)162-167. La sensibilità diagnostica di queste tecniche, rispetto al tessuto tumorale, varia dal 43% a più del 90%, mentre la specificità è di circa il 100%; due dei metodi disponibili in commercio, “Therascreen Plasma” della ditta Qiagen e “COBAS Blood” della ditta Roche, per determinare le mutazioni EGFR nel cfDNA di pazienti con cancro sono basati su queste

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tecniche. Due studi hanno sviluppato una tecnica PCR quantitativa in presenza di PNA per rilevare mutazioni sui geni EGFR, KRAS e BRAF nel cfDNA di pazienti avanzati con tumore al polmone, al colon e con altre tipologie di cancro raggiungendo una sensibilità del 75- 80% con il 100% di specificità168,169.

La PCR digitale (digital PCR, dPCR), la PCR digitale in emulsione (droplet digital PCR, ddPCR) ed il sistema di biglie, emulsione, amplificazione e magnetismo (BEAming system) costituiscono ulteriori tecniche di perfezionamento della PCR che vengono attualmente utilizzate per rilevare mutazioni nel cfDNA164,170-175. La maggior parte delle tecniche di PCR modificate sono di facile esecuzione, costano relativamente poco e hanno un tempo di esecuzione rapido, ma hanno lo svantaggio di rilevare mutazioni in un numero limitato di loci, di solito all’interno di un singolo gene169. Le tecniche di NGS possono superare i limiti delle tecnologie appena presentate e sebbene il loro utilizzo nella genotipizzazione del tessuto tumorale è abbastanza ben stabilito, la sua applicazione sulla biopsia liquida risulta essere impegnativo ed un approccio di sequenziamento altamente profondo è quindi impiegato per migliorare la sua sensibilità. Tramite l’utilizzo dell’NGS è possibile analizzare contemporaneamente sia più loci e più geni simultaneamente sia più pazienti nella stessa analisi riducendo i costi ed i tempi di analisi. L’identificazione di mutazioni nel cfDNA mediante sia tecniche di PCR modificate che di NGS non è solo utile in pazienti affetti da cancro del polmone al momento della diagnosi, ma anche nel loro monitoraggio, compresa la valutazione precoce della risposta o della recidiva che sono associati a cambiamenti del carico mutazionale di specifiche alterazioni nel cfDNA, e nel rilevamento precoce di resistenze acquisite a trattamenti terapeutici (ad esempio resistenza a farmaci EGFR-TKI dovuta alla comparsa in molti pazienti della mutazione di resistenza T790M su EGFR).

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In ogni caso, oltre alla tecnica utilizzata per il rilevamento delle mutazioni genetiche, la base per il successo nella rilevazione del ctDNA è la selezione di un metodo di isolamento che garantisce l'estrazione di una quantità sufficiente di ctDNA di buona qualità176.

Tuttavia, il confronto dei numerosi dati disponibili è spesso difficile da ottenere a causa della mancanza di procedure e metodologie di analisi standardizzate, che variano nella raccolta del plasma o del siero, nel metodo di purificazione e nel target genetico analizzato. È evidente che qualsiasi futura applicazione del plasma o del siero, per l’analisi del ctDNA per scopi diagnostici, dipenderà dalla possibilità di avere risultati affidabili e riproducibili, che richiedono l'ottimizzazione e l'equivalenza delle procedure utilizzate159. I vantaggi dell’utilizzo del ctDNA per indagini molecolari sono:

➢ può fornire le stesse informazioni genetiche ottenibili dalla biopsia tissutale. Esso contiene difetti genetici identici a quelli del tumore stesso, che possono essere mutazioni puntiformi (EGFR e KRAS), riarrangiamenti (EML4-ALK), amplificazioni (HER2 e MET) e anaeuploidia.;

➢ fonte di DNA fresco, libero da ogni sorta di conservante che potrebbe influenzare il risultato dell’analisi;

➢ tecnica non invasiva, poiché consiste in un prelievo di sangue;

➢ evita i pericoli e gli eventuali effetti avversi che possono essere indotti dalla biopsia;

➢ facilita il monitoraggio dei cambiamenti molecolari che intercorrono lungo il corso della malattia, grazie alla semplicità con cui è possibile ottenere i campioni (prelievi);

➢ consente di cogliere l’eterogeneità della malattia, in quanto i frammenti di ctDNA derivano dai vari siti tumorali all’interno del corpo del paziente.

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➢ concentrazioni di ctDNA molto basse che spesso non sono sufficienti per effettuare indagini molecolari;

➢ porzione del ctDNA che rappresenta tra lo 0.01-10% del cfDNA totale e quindi necessità di tecnologie altamente sensibili per la valutazione della presenza di alterazioni genetiche di interesse;

➢ natura del ctDNA molto frammentata che necessità di saggi per il rilevamento delle alterazioni genetiche di interesse adatti all’analisi di porzioni di DNA di circa 100-200 paia di basi.

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