CAPITOLO IV BRADAMANTE NELL’ORLANDO FURIOSO
IV. 3 1 BRADAMANTE INNAMORATA
La donna amata fu da un cavalliero che d’Africa passò col re Agramante, che partorí del seme di Ruggiero la disperata figlia d’Angolante: e costei, che né d’orso né di fiero leone uscì, non sdegnò tal amante; ben che concesso, fuor che vedersi una volta e parlarsi, non ha lor Fortuna.
Quindi cercando Bradamante gía l’amante suo, ch’avea nome dal padre, cosí sicura senza compagnia,
come avesse in sua guardia mille squadre.240
Al primo canto Bradamante atterra Sacripante, passando per il bosco e altrettanto velocemente tra i versi del poeta. Solo nel secondo canto Ariosto si prende lo spazio e il tempo per presentarla: i due aspetti che ne definiscono la figura sono la famiglia – il che sembra prefigurare il ruolo dinastico affidatole – e l’amore: in particolare sono i verbi a connotare contemporaneamente le azioni e lo status della donna, poiché il participio “amata” accostato al
239 C. Montagnani, L’incantesimo del sequel: fra Boiardo e Ariosto, in Boiardo, Ariosto e i libri di battaglia, cit., pp. 51-52.
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suo nome funge anche da attributo identificativo, mentre il gerundio “cercando” stabilisce una condizione che accompagnerà la dama fino alla conclusione del poema. La prima volta che i due si ritrovano e si vanifica l’incantesimo del castello di Atlante, la gioia è molta:
Al fin trovò la bella Bradamante quivi il desiderato suo Ruggiero, che, poi che n’ebbe certa conoscenza, le fe’ buona e gratissima accoglienza;
come a colei che più che gli occhi sui, più che ’l suo cor, più che la propria vita Ruggiero amò dal dí ch’essa per lui si trasse l’elmo, onde ne fu ferita. Lungo sarebbe a dir come, e da cui, e quanto ne la selva aspra e romita si cercâr poi la notte e il giorno chiaro; né, se non qui, mai più si ritrovaro.
Or che quivi la vede, e sa ben ch’ella è stata sola la sua redentrice,
di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella sé fortunato et unico felice.241
Il lessico è tipico della descrizione di un innamoramento, con il riferimento a occhi, cuore e unicità del sentimento, ma l’idillio è assai breve: Atlante infatti rapisce il giovane per mezzo dell’ippogrifo senza che la dama possa fare alcunché. Nonostante questa nuova e subitanea separazione, la quête di Bradamante – parallela a quella di Orlando – avrà un esito positivo: infatti quand’anche Ruggero sia separato da lei, manifesta più volte il desiderio di ritornare (X 72, 97, 108), in linea con quel «di Bradamante cerca e de lei cura»242 di cui ci aveva raccontato Boiardo. Mentre i due amanti sono distanti, la guerriera si fa spiegare dalla maga Melissa come aggirare gli incanti di Atlante e si nota come in tali ottave Bradamante faccia riferimento al giovane come al “suo Ruggier”, evidenziando attraverso l’aggettivo possessivo il loro legame (XIII, 45, 46, 53, 75). Non appena ella lo vede, cade l’attributo, come se la semplice vista fosse sufficiente a ristabilire la loro connessione. D’altronde nella struttura binaria tipica dei romanzi epici o cavallereschi è proprio la loro la coppia che Fedi, riutilizzando un’espressione di Ariosto (XXII, 31), definisce «la “bella coppia” per antonomasia»243, formata da coloro che, pur essendo destinati al matrimonio fin dal principio, devono necessariamente attraversare deviazioni e storie parallele prima di poter effettivamente stare insieme. Bradamante è perfettamente consapevole di
241 Ivi, IV, 40-42.
242 Orlando innamorato, III, VI, 33.
243 R. Fedi, Coppie possibili e coppie impossibili nell’Orlando furioso, in «Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori», Poema e romanzo: la narrativa lunga in Italia, a cura di F. Bruni, Venezia, Marsilio, 2001, p. 122.
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questo destino, fin dalla prima profezia che le viene fatta nel III canto, nella spelonca di Merlino, mentre Ruggero ha un percorso diverso. Egli deve sì aspettare il VII canto, un’attesa del tutto sostenibile guardando all’ampiezza del poema, ma soprattutto avrà, rispetto alla futura consorte, meno occasioni per sviluppare la pre-conoscenza della sorte a lui riservata: è Bradamante la depositaria ufficiale, fidata e in qualche modo più autorevole, dei vaticini sulla stirpe estense, mentre a Ruggero – eroe «finora privo di reale caratterizzazione» e «senza vissuto letterario»244 – viene concesso un margine di tempo maggiore, al fine di consentirne la maturazione, fino alla visione dei ricami sul padiglione di Cassandra (XLVI, 80-99).
Tutto ciò non toglie che la vicenda dei due giovani, per quanto innamorati (e si sa che omnia vincit amor), sia travagliata: sinteticamente potremmo dire che Bradamante – eccetto gli episodi in cui combatte per difendere le donne – trascorre gran parte della storia a cercare con tenacia Ruggero, affrontare magie per liberarlo e aspettare che lui torni da lei; mentre il paladino saraceno si lascia divorare dai dubbi, segue ora il proprio dovere e dunque l’esercito di Agramante, ora il proprio desiderio – la cui destinataria non è sempre ed unicamente la bella figlia di Amone.
Proprio su questo aspetto Ariosto sembra chiudere un occhio, invitando anche il pubblico a perdonare le temporanee distrazioni del giovane eroe, «come se autore e personaggio condividessero le stesse ragioni»:245
La bella donna che cotanto amava, novellamente gli è dal cor partita; che per incanto Alcina gli lo lava d’ogni antica amorosa sua ferita e di sé sola e del suo amor lo grava, e in quello essa riman sola sculpita: sí che scusar il buon Ruggier si deve, se si mostrò quivi incostante e lieve.246
Se nel caso dell’avventura con Alcina è Bradamante stessa a giustificare tacitamente Ruggero, poiché sviato con la magia, per i pensieri che l’eroe rivolge alla principessa del Catai serve una difesa più forte, che attinga all’auctoritas classica:
Qual raggion fia che ’l buon Ruggier raffrene, sí che non voglia ora pigliar diletto
d’Angelica gentil che nuda tiene nel solitario e commodo boschetto? Di Bradamante più non gli soviene,
244 Montagnani, L’incantesimo del sequel: fra Boiardo e Ariosto, cit., p. 53.
245 M. C. Cabani, Ovidio e Ariosto: leggerezza e disincanto, in «Italianistica. Rivista di letteratura italiana», 3 (2008), p. 31.
128 che tanto aver solea fissa nel petto:
e se gli ne sovien pur come prima,
pazzo è se questa ancor non prezza e stima; con la qual non saria stato quel crudo Zenocrate di lui più continente.247
A questi episodi movimentati di Ruggero si contrappone la stasi fisica e psichica della donna: infatti quando ella riceve nella sua quête un segnale di rinforzo positivo, che si concretizza prima nella lettera con cui il paladino annuncia il suo arrivo in capo a venti giorni (XXX, 78), poi nell’accettazione da parte dell’Imperatore del duello per determinare lo sposo (XLIV, 68-71), si placa la sua azione ed ella si inserisce nella dimensione dell’attesa. Tale aspetto è particolarmente significativo, poiché consente all’autore un’introspezione psicologica maggiore: «lo sviluppo della dimensione femminile, che era assente nella figura tradizionale della donna- guerriero, è quindi strettamente correlato, in Bradamante, all’approfondimento dell’interiorità oltre i cliché tradizionali. Ne deriva una complessità psicologica che è assente negli altri cavalieri, proprio perché la vicenda amorosa rimane molto più interiorizzata, rispetto, per esempio, alle manifestazioni di Orlando folle, tradotte in azioni distruttive».248