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CAPITOLO I PREISTORIA DI BRADAMANTE

I. 6 4 PIÚ PRINCIPESSA CHE GUERRIERA

Per procedere con le considerazioni attorno alla figura della guerriera pagana è necessario proseguire seguendo la trama della storia. Successivamente alla rivelazione della sua identità, Fanarda, tenuta prigioniera dai cristiani, viene utilizzata come merce di scambio per riavere Bradamante e Olivieri che mancano alla conta nel campo dei cristiani. Nel frattempo Salione, innamoratosi della principessa pagana, ha comunicato a tutti i suoi compagni il desiderio di averla come sposa, e quando il conflitto ricomincia spetta a Rinaldo il compito di prendere la fanciulla. A ciò si oppone, naturalmente, la regina Trafata, che ingaggia con il paladino un aspro scontro interrotto dal sopraggiungere della notte. Viste le intenzioni dei cristiani, a Fanarda non viene concesso di scendere in campo, anzi ella viene messa sotto protezione nell’accampamento:

Carmel ch’era del campo capitano dise la sera a Trafata rezina:

“S’el vien doman di fora el castellano fa star Fanarda bella e pelegrina, nel pavione, azò che quel cristiano prender non posa la bella fantina e diece milia cavalier d’intorno e steno al padiglione a far sozorno”.49

Fanarda obbedisce mestamente senza alcuna replica, tanto che quando Rinaldo, sfuggito ai colpi di Trafata e Carmelo, scappa fino a raggiungere i padiglioni, la principessa è ancora lì che attende:

Tanto s’adoperò el fi’ d’Amone che dove sta Fanarda lui zonzea e intrò soto el richo padiglione.

Trovò che armare la donna si volea, [+1] parte avia indosso de sua guarnisone:

48 Ivi, p. 538.

37 l’elmo, lo scudo, el brando non tenia. Avia d’intorno cinquanta scudieri,

Rinaldo ne ucise diece el cavaleri. [+1] E li altri si fugi<r>no per paura,

rimase sola la bella fïola. Rinaldo ch’avea tanta forza dura disse a Fanarda con la sua parola: “O vò sentir[e] da mi la morte scura, o tu te rendi, po’ che se’ qui sola, e lasate portare in la citade: Regina te farò in veritade!”

Fanarda non rispose ale parole, Rinaldo s’acostò ala donzela

e d’abrazar quella non li pesa e dole: [+1] tiròsella dinanci in su la sella,

poi si voltò fra le pagane prole, vane portando quella damigella […].50

In queste ottave Fanarda sembra perdere completamente il suo carattere di guerriera: non solo non si oppone alla decisione presa per lei dal suo pretendente e dalla madre, ma nemmeno è pronta per la battaglia; Rinaldo sopraggiunge mentre lei si sta preparando, anche se più che la vestizione di un guerriero il momento ricorda, per alcuni brevi tratti, la preparazione di una fanciulla per un bagno, tema assai diffuso nei lais medievali. Armarsi non è ancora un atto compiuto, piuttosto rimane nelle intenzioni; Fanarda è circondata da uno stuolo di scudieri che rievocano l’immagine di solerti ancelle pronte a rispondere alle esigenze della padrona; le mancano elmo, scudo e spada, ovvero le armi fondamentali per affrontare la battaglia, elencate per asindeto, come a dilungare l’elenco e allo stesso tempo rallentare il ritmo della scena che cede volentieri a questa molle atmosfera. Rispetto al motivo delle dames à la cuve mancano la descrizione particolareggiata del corpo della giovane e quella del locus amoenus che accoglie la scena, ma si veda, ad esempio, la differenza con la sequenza nella Historia di Bradiamonte in cui la fanciulla si prepara per combattere Almansore:

La vesta feminil se dispogliava e tutte le arme se vestì indosso, e Rizardetto con la [so] man l’armava. Le schiere e arnese e usbergi grosso sopra del giuparello sì s’attava, che le copriva le sue carne e osso. La coraza anchora se affibiòne tutte l’altre arme che li bisognòne.

Po’ fu apparecchiato il suo cavallo […]51

38

Si noti innanzitutto che Bradamante è descritta mentre compie le azioni, a differenza di Fanarda che, colta di sorpresa, sembra essere bloccata nell’intento, come se fosse incapace di reagire. Inoltre, nel caso del cantare dedicato alla progenitrice estense, la dama si arma fin da subito completamente («e tutte le arme se vestì indosso»). È interessante osservare che le ultime cose porte dal fratello Riciardetto sono il veloce destriero Baiardo e la celebre spada Fusberta, armamenti leggendari e prodigiosi, il cui potere è noto a tutti; mentre nel caso nella guerriera saracena ci troviamo davanti ad un più lungo catalogo di ciò che manca, rispetto a ciò che la dama ha già preso. Un’altra rilevante differenza riguarda l’azione immediatamente successiva alla vestizione: la cristiana sale in sella al suo destriero e parte alla volta di Parigi, con l’obiettivo di comunicare a Carlo Magno che accetta il duello con il pretendente saraceno, ed è in questo assai diversa dalla figlia di Trafata, di cui non ci viene raccontato il fine per cui si arma, probabilmente perché, essendo ella rapita da Rinaldo, lo scopo viene vanificato.

Bradamante, dunque, pur essendo dama-guerriera, non si trova mai coinvolta in descrizioni simili a quelle qui riportate per Fanarda e quand’anche prevalga la narrazione della sua bellezza, non si cede mai a questi toni: forse l’esotismo evocato dalla figura di Fanarda si può giustificare con la sua origine saracena, mentre per la paladina della cristianità, futura genitrice della casata d’Este, algida guerriera, non vi possono essere cedimenti.

Inevitabile notare che il carattere remissivo e debole che in questi passaggi contraddistingue la saracena si riflette anche nelle sue azioni: come non aveva replicato alla segregazione nel padiglione, ella non si dimostra ostile a Rinaldo, che la prende e la carica in sella a mo’ di pacco destinato al desiderio di Salione. In altre parole Fanarda non agisce, è agita dagli altri.