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PEDAGOGIA E EDUCAZIONE INTERCULTURALE

4. I mezzi educativi: sono gli strumenti di cui l’educatore si serve nel costruire il progetto educativo Lavagna, penna, microfono ma anche tv, computer, laboratori e

2.2 Pedagogia e società di ogg

2.3.1 Breve storia della disciplina

L’evoluzione della Pedagogia Interculturale è legata alle migrazioni del secolo scorso e alle politiche connesse92. I primi impulsi a livello teorico si possono riscontrare nei provvedimenti degli organismi internazionali, in particolar modo l’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Unesco; il preludio dell’educazione interculturale da parte di quest’ultimo si può individuare nella Conferenza Generale del 1972 a Parigi, le cui risoluzioni (1.141 e 1.142) costituiscono il punto di partenza dell’attività dell’Unesco in tema di educazione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. Negli anni Settanta negli Stati Uniti si iniziò a parlare di educazione multiculturale. Fino a quel momento il melting pot aveva evitato di affrontare le effettive diversità etnico-culturali che caratterizzavano la società americana. Negli Stati Uniti vennero adottati differenti concezioni di multiculturalismo: una promuoveva l’espansione culturale americana, senza svalutare i classici del pensiero occidentale; una seconda, ispirata al relativismo, riteneva come curriculum ideale quello che attinge alle opere di culture diverse; una terza, orientata all’etnocentrismo, proponeva la rivalutazione unilaterale della cultura delle minoranze, per svelarne l’oppressione93. Sempre negli anni Settanta anche in Canada e in Australia si iniziarono a fornire risposte pedagogiche in chiave multiculturale.

Nel Vecchio Continente, i primi Paesi che si occuparono della gestione dell’educazione dei bambini immigrati furono quelli con un passato coloniale che per primi ebbero a che fare con il fenomeno dell’immigrazione nel dopoguerra, quali Francia, Germania, Inghilterra, Belgio e Olanda. I primi interventi, legati in particolare alle strategie multiculturali adottate negli anni Settanta dal Consiglio d’Europa, ebbero uno sviluppo simile nei diversi Paesi: inizialmente la riduzione dei problemi agli aspetti linguistici, gli incentivi per l’apprendimento della seconda lingua, progetti di tipo multiculturale che avevano per obiettivo la conoscenza della diversità. Dagli anni Ottanta vennero messi in

      

92 Per maggiori approfondimenti sullo sviluppo della disciplina si vedano A. Portera, Pedagogia

Interculturale in Italia e in Europa, op.cit., A. Portera, L’educazione interculturale nella teoria e nella pratica, op.cit., G. Campani, L’educazione interculturale nei sistemi educativi europei, in F. Susi (a cura di), Come si è stretto il mondo, Armando, Roma, 1999, H.C.A. Cang, Cecchin M., L’educazione interculturale. Prospettive pedagogico didattiche degli organismi internazionali e della scuola italiana, Las, Roma, 1996.

52 campo i primi interventi di natura interculturale e nel decennio successivo nelle scuole europee si assistette ad un movimento “pendolare” tra soluzioni a carattere universalistico, che minimizzano la diversità, e soluzioni a carattere relativistico, che la esaltano94. La Francia può essere considerato il Paese a cui attribuire la paternità dell’aggettivo “interculturale” nell’ambito della Pedagogia. Ouellet e Lorreyte95 affermano che nel settore della didattica e della Pedagogia Interculturale non bisogna mettere in rilievo solamente le differenze culturali, ma occorre concentrarsi soprattutto sull’interazione dei soggetti appartenenti a cultura diversa. Fondamentale in questo senso anche l’esperienza tedesca, dove Nieke96 individua tre fasi di sviluppo della Pedagogia Interculturale: Pedagogia per stranieri come educazione compensatoria e Pedagogia dell’assimilazione (anni Sessanta); critica alla Pedagogia (speciale) per stranieri, da cui è scaturito lo sviluppo della Pedagogia Interculturale (fine anni Settanta); educazione interculturale per la società multiculturale (inizio anni Ottanta).

In Italia la questione dell’istruzione scolastica dei bambini stranieri venne affrontata verso la fine degli anni Settanta; questo consentì di prendere spunto dalle esperienze positive dei Paesi del nord Europa. Tra i precursori della Pedagogia Interculturale in Italia troviamo Luigi Secco97. Sul piano didattico, uno dei primi contributi di didattica interculturale può essere considerato quello di Favaro e Colombo, “I bambini della nostalgia”, in cui si cerca di individuare i reali bisogni e le difficoltà dei bambini stranieri prospettando opportune modalità di intervento98. Anche il libro di Durino Allegra99, “Verso una scuola interculturale”, traccia una tappa fondamentale. In questo contesto l’autrice individua cinque obiettivi dell’educazione interculturale: conoscenza di sé, disposizione a lasciarsi coinvolgere in relazioni di amicizia, capacità di vivere senza eccessive certezze, capacità di superare l’etnocentrismo, capacità di studiare ogni cultura a partire dal quadro di riferimento della stessa.

      

94 C. Alleman Ghionda, L’educazione interculturale in Francia, Germania e Svizzera, in C. Sirna Terranova

(a cura di), Docenti e formazione interculturale, Il Segnalibro, Milano, 1996, pp.107-126.

95 F. Ouellet, B. Lorreyte, L’éducation interculturelle a-t-elle une spécificité? Essai sur le contenu de la

formation des Maître, L’Harmanattan, Paris, 1991.

96 W. Nieke, Multikulturelle gesellschaft und interkulturelle erziehung, Die deutsche schule, 1986, 4.

97 Un primo momento è stato organizzato nel 1985 all’Università di Verona, con il convegno “Pedagogia

Interculturale”. In quell’occasione Secco parlò di educazione interculturale a partire dall’infanzia.

98 A questo testo occorre aggiungere G. Zanniello, Interculturalità nella scuola, La Scuola, Brescia, 1992,

S.S. Macchietti, Verso un’educazione interculturale, Irrsae Toscana, Firenze, 1992, e i numerosi contributi di A. Nanni nell’ambito della rivista “Cem mondialità” e delle pubblicazioni presso l’editrice Emi di Bologna.

53 Secondo Portera100, la Pedagogia Interculturale probabilmente ha già vissuto la sua fase di fioritura, senza ancora riuscire a divenire una “Pedagogia della normalità”. In Europa, come in tutti i Paesi industrializzati, solo se si riuscirà a porre in adeguata discussione critica i concetti di cultura e di etnia, a considerare maggiormente opportunità e limiti della Pedagogia Interculturale, solo se si riuscirà a concepire una teoria dell’educazione supportata da una sufficiente pratica educativa e ricettiva delle correzioni e critiche che ne scaturiscono, si potrà assistere a una rifioritura dei concetti pedagogici (interculturali) atti a far fronte alle molteplici sfide e alle trappole insite nella globalizzazione e nella complessità, tramutandole in reale opportunità di arricchimento per l’intera umanità.