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Dalla fine dell’Ottocento fino alla metà del Novecento l’Italia è stato Paese di emigrazione. È soltanto negli anni Settanta che i primi stranieri sono arrivati in Italia, nella maggior parte dei casi per motivi di asilo politico, studio e lavori domestici.

La prima legge in materia di immigrazione è stata promulgata in Italia nel 1986 (n.943/1986) al fine di regolare l’accesso degli immigrati che cercavano un impiego; questa legge considerava però il fenomeno dell’immigrazione come un fenomeno limitato e transitorio. È soltanto nel 1990 che l’immigrazione inizia ad essere concepita come un qualcosa che avrebbe fatto parte anche del futuro dell’Italia. Di fronte all’intensificarsi degli arrivi di immigrati, si è tentato di dare più organicità alle norme sull’immigrazione attraverso l’adozione di misure più incisive. Con la legge Martelli (n.39/1990) è stata introdotta una programmazione annuale dei flussi migratori. Tale legge ha convertito il precedente decreto n. 416 del 30 dicembre 1989 nel tentativo di

      

63M. Corte, I mass media, gli stupri etnici e la “sindrome di erba”, Appunti di giornalismo interculturale,

35 fare fronte all’emergenza migratoria. Si tratta del primo intervento che ha disciplinato in maniera organica la materia dell’immigrazione, introducendo disposizioni relative a ingresso, soggiorno, espulsione e diritto d'asilo; con la legge Martelli sono state previste per la prima volta norme per regolamentare i diritti e i doveri, le condizioni di soggiorno degli immigrati e la riunificazione familiare. In particolare, con tale legge viene introdotto lo strumento della programmazione dei flussi migratori per regolare l'accesso di chi vuole risiedere e lavorare in Italia. Sulla base di queste disposizioni, ancora oggi vengono fissate, per mezzo di decreti annuali, quote d'ingresso che stabiliscono il numero massimo di lavoratori ammessi sul territorio italiano, allo scopo di far fronte alle esigenze dell'economia nazionale e di favorire l’incontro tra domanda e offerta sul mercato del lavoro.

Bisognerà attendere il 1998 per un nuovo intervento in materia di immigrazione. Dopo l’emanazione di una serie di decreti per integrare o modificare la legge Martelli, è stata approvata la legge n. 40 del 6 marzo 1998, nota come “Turco- Napolitano”, che ha riorganizzato la disciplina dell’immigrazione e ha superato la logica di “emergenzialità” che aveva influenzato la normativa precedente. La legge, oltre a regolamentare l’ingresso, soggiorno ed espulsione, ha specificato i diritti e i doveri dello straniero e ha previsto inoltre l’introduzione di una carta di soggiorno di durata illimitata.

In seguito all’esigenza di armonizzare le varie norme sull’immigrazione, nello stesso anno la legge n. 40 è confluita nel decreto legislativo 286/98, noto come il “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, testo ancora oggi di riferimento in materia di immigrazione. Questo decreto corrisponde ad un corpo di norme unico, coerente e organico, finalizzato a rispondere in maniera concreta ai problemi dell’immigrazione. In questo modo è stato possibile armonizzare le molteplici norme prodotte in materia di immigrazione.

Le disposizioni del Testo Unico regolano i principali aspetti della politica migratoria in Italia. In particolare, il Testo Unico ha stabilito che possono entrare in Italia tutti i cittadini non comunitari in possesso di un visto d’ingresso e di documenti di viaggio validi, ad eccezione di coloro che sono stati dichiarati pericolosi per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato; la legge Bossi-Fini ha in seguito vietato l’accesso anche a coloro che sono stati condannati per i reati previsti dagli articoli 380 e 381 del

36 Codice di Procedura Penale o per reati inerenti il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Il Testo Unico ha disposto altresì la possibilità di richiedere il permesso di soggiorno a tutti i cittadini stranieri entrati regolarmente in Italia, prevedendo per coloro che risiedono da oltre un certo numero di anni anche il rilascio della carta di soggiorno; la legge Bossi-Fini ha stabilito che il cittadino straniero che richiede o rinnova il permesso di soggiorno venga sottoposto a rilievi “fotodattiloscopici”.

Il Testo Unico ha inoltre stabilito specifiche misure in materia di lavoro agli stranieri, ribadendo che il numero di lavoratori non comunitari ammessi in Italia resti vincolato alle quote fissate ogni anno dal decreto flussi; la legge Bossi-Fini ha previsto che tale decreto venga emanato entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello di riferimento del decreto stesso. La stessa legge ha anche istituito un nuovo ufficio in Prefettura che prende il nome di “Sportello Unico per l'immigrazione” dedicato al procedimento per l’assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato, assunti secondo i criteri stabiliti nella nuova figura del contratto di soggiorno per lavoro subordinato.

Il Testo Unico tutela e riconosce al cittadino straniero una serie di diritti in parità con i cittadini italiani, come il diritto all’unità familiare, il diritto a ricevere assistenza sanitaria e sociale e il diritto a ricevere un’istruzione; dispone inoltre alcune misure che intendono favorire l’integrazione sociale, quali l'istituzione di un Fondo nazionale per le politiche migratorie, con cui finanziare i programmi regionali o locali che sostengono l’inserimento sociale degli immigrati, e l’istituzione di una Commissione per le politiche di integrazione, che redige ogni anno un rapporto sullo stato di attuazione delle politiche a favore dell’integrazione sociale.

Al Testo Unico nel 2002 si sono aggiunte le integrazioni e le modifiche previste dalla legge n.189, meglio nota come legge “Bossi-Fini”. Ecco i principali punti della legge:

Permesso di soggiorno: viene concesso solo allo straniero che ha già un contratto di lavoro. Il permesso di soggiorno durerà due anni; se nel frattempo lo straniero ha perso il lavoro dovrà tornare in patria, altrimenti diverrà irregolare.

Quote: entro il 30 novembre il presidente del Consiglio, sentita la Conferenza unificata Stato-Regioni, pubblica il decreto con le quote flussi, cioé il numero di stranieri che possono entrare.

37  Sponsor: è abrogata la figura dello sponsor, prevista dalla Turco- Napolitano, e usata soprattutto dalle famiglie per assumere nuove colf.

Colf e badanti: sarà possibile sanare una colf a famiglia nonché un numero illimitato di badanti purchè venga certificata la presenza di anziani o disabili che ne hanno bisogno.

Ricongiungimenti: il cittadino straniero, in regola con i permessi, può chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal figlio minore, o dai figli maggiorenni purchè a carico e a condizione che non possano provvedere al proprio sostentamento.

Irregolari: l’irregolare viene espulso mediante “accompagnamento alle frontiere”.

Clandestino: il clandestino viene condotto in appositi Centri di permanenza fino a 60 giorni, durante i quali si cerca di scoprirne l’identità per poterlo rimandare in patria.

Reato di ingresso clandestino: uno straniero che rientra in Italia clandestinamente dopo un’espulsione, compie un reato.

Minori: i minori non accompagnati da nessun parente sono ammessi per almeno tre anni a un progetto di integrazione sociale e civile di un ente pubblico o privato. Avranno il permesso di soggiorno al compimento dei diciotto anni. Una volta maggiorenne sarà l’ente gestore del progetto a dover garantire e provare che il ragazzo si trovava in Italia da non meno di quattro anni, che aveva seguito il progetto di integrazione da non meno di tre, che ha una casa e che frequenta corsi di studio oppure lavora. I permessi di soggiorno rilasciati a minori ed ex minori dovranno essere sottratti alle quote d’ingresso definite annualmente.

Contributi Inps: gli immigrati per i quali sono stati versati anche meno di cinque anni di contributi potranno riscattarli ma solo quando avranno raggiunto i 65 anni.

Infermieri professionisti: fanno parte delle categorie speciali, sottratte alle norme sui flussi, vista la grande carenza di questa figura professionale nel nostro Paese.

Prevenzione: per prevenire l’immigrazione clandestina il Ministero dell’Interno potrà inviare in ambasciate e consolati funzionari di polizia esperti.

38 Secondo Franco Pittau64, le leggi sull’immigrazione hanno diversi limiti: sono incomplete (la legge del 1986 si occupa solo del lavoro subordinato, ma non di quello autonomo e del soggiorno) o in parte velleitarie (la legge del 1990 prevede solo una modestissima copertura finanziaria per la prima accoglienza e le iniziative per l’inserimento socio-culturale), a volte contraddittorie (il decreto legge del 1995, cosiddetto decreto Dini, accosta due filoni ben distinti, uno aperto all’integrazione e l’altro decisamente improntato alla chiusura), sempre caratterizzate da un supporto burocratico debole e dall’assenza di una strategia di lunga durata. Ma, soprattutto, si ostinano a non trattare il fenomeno immigratorio in Italia per ciò che realmente è: un fenomeno importante e strutturale, che richiede di essere affrontato in modo organico.

1.5. Dati statistici sull’immigrazione

Quando si parla del fenomeno dell’immigrazione un riferimento ai dati statistici viene fornito dall’Istat e dalla Fondazione Caritas Migrantes. Questa differenza tra le due fonti è dovuta al fatto che il dossier di Caritas Migrantes tiene conto anche di quanti, arrivati più di recente, non hanno ancora acquisito la residenza, per il cui ottenimento si richiede spesso più di un anno. Il “dossier Statistico Immigrazione” viene elaborato su base annuale e raccoglie tutti i dati disponibili sul fenomeno dell’immigrazione relazionandoli nel piano nazionale e in quello degli ambiti regionali e locali, occupandosi dei suoi vari aspetti e problematiche. All’esposizione statistica si accompagna l’analisi delle informazioni rilevate esposta con un apposito corredo di dettagliate tabelle esplicative e riassuntive.

I dati presi in esame sono quelli relativi al 201065. Secondo l’Istat, i cittadini stranieri residenti, dopo un aumento annuale di circa mezzo milione di unità, all’inizio del

      

64F. Pittau, in C. Mantovan, Immigrazione e cittadinanza, op.cit., p. 38.

65 In questa sede si fa riferimento al XX rapporto sull’immigrazione, disponibile in formato elettronico sul

39 2008 erano quasi 3.433.000, inclusi i comunitari: All’inizio del 2010 l’Istat ha registrato 4 milioni e 235mila residenti stranieri, ma, secondo la stima del Dossier, includendo tutte le persone regolarmente soggiornanti seppure non ancora iscritte in anagrafe, si arriva a 4 milioni e 919mila (1 immigrato ogni 12 residenti). L’aumento dei residenti è stato di circa 3 milioni di unità nel corso dell’ultimo decennio, durante il quale la presenza straniera è pressoché triplicata, e di quasi 1 milione nell’ultimo biennio.

La Lombardia accoglie un quinto dei residenti stranieri (982.225, 23,2%). Poco più di un decimo vive nel Lazio (497.940, 11,8%), il cui livello viene quasi raggiunto da altre due grandi regioni di immigrazione (Veneto 480.616, 11,3%) e Emilia Romagna (461.321, 10,9%), mentre il Piemonte e la Toscana stanno un po’ al di sotto (rispettivamente 377.241, 8,9% e 338.746, 8,0%). Roma e Milano, rispettivamente con quasi 270mila e 200mila stranieri residenti, sono i comuni quantitativamente più rilevanti, ma gli immigrati si stabiliscono anche nei piccoli centri, spesso con incidenze elevate rispetto al totale dei residenti.

La collettività romena è la più numerosa, con poco meno di 1 milione di presenze (quasi 900 mila residenti); seguono le persone albanesi e marocchine, quasi mezzo milione, mentre quelle cinesi e ucraine sono quasi 200mila. Nell’insieme, queste 5 collettività coprono più della metà della presenza immigrata (50,7%). Gli europei sono la metà del totale, gli individui provenienti dall’Africa poco meno di un quinto e quelli dall’Asia un sesto, mentre gli americani incidono per un decimo.

Le donne incidono mediamente per il 51,3%; i nuovi nati da entrambi i genitori stranieri nel corso del 2009 sono 77.148 i figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica. Sono circa 240mila i matrimoni misti celebrati tra il 1996 e il 2008 (quasi 25mila nell’ultimo anno); più di mezzo milione le persone che hanno acquisito la cittadinanza, complessivamente 541.955 di cui 59mila nel 2009; oltre 570mila gli “stranieri” nati direttamente in Italia; quasi 100mila quelli che ogni anno nascono da madre straniera; più di 110 mila gli ingressi per ricongiungimento familiare.

In tutta Europa la crescita dell’occupazione è legata ai lavoratori immigrati. Essi sono circa 17,8 milioni, dei quali circa 2 milioni in Italia. Nel 2008 è stato varato l’ultimo decreto flussi per lavoratori dipendenti (150mila persone), mentre nel 2009 è seguito un decreto flussi solo per gli stagionali (80.000 unità), e infine nel mese di settembre 2009 è stata approvata la regolarizzazione degli addetti al settore domestico e di cura alla persona

40 (295.000 domande presentate). Secondo i dati Istat, nel 2009, un anno in cui l’occupazione complessiva è diminuita di 527.000 unità, i lavoratori stranieri occupati sono aumentati di 147 mila unità, arrivando a quota 1.898.000, con una incidenza dell’8,2% sul totale degli occupati (nell’anno precedente l’incidenza era del 7,5%). Il loro tasso di occupazione, rispetto al 2008, è passato dal 67,1% al 64,5% (quello degli italiani è sceso al 56,9% dal 58,1%), mentre quello di disoccupazione è aumentato dall’8,5% (media 2008) all’11,2% (per gli italiani il cambiamento è stato dal 6,6% al 7,5%). Nel 2010, ogni 10 nuovi disoccupati 3 sono immigrati. Inoltre, tra i lavoratori immigrati è più elevata la percentuale dei non qualificati (36%), molto spesso perché sotto inquadrati (il 41,7% rispetto alla media del 18%). Il sottoinquadramento non diminuisce in modo significativo anche quando si risiede da molti anni in Italia. Rilevante anche la quota dei sottoutilizzati (il 10,7% rispetto alla media del 4,1%). Inoltre, 4 stranieri su 10 lavorano in orari disagiati (di sera, di notte, di domenica).

Le persone immigrate assicurano allo sviluppo dell’economia italiana un contributo notevole: sono circa il 10% degli occupati come lavoratori dipendenti, sono titolari del 3,5% delle imprese, incidono per l’11,1% sul prodotto interno lordo (dato del 2008), pagano 7,5 miliardi di euro di contributi previdenziali, dichiarano al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro.

«Alla luce degli effetti della crisi - si legge nel dossier - bisogna chiedersi se le persone straniere, che contribuiscono alla produzione del Prodotto interno lordo per l’11,1% (stima di Unioncamere per il 2008), siano il problema o non piuttosto un contributo per la sua soluzione. Diversi studi, tra i quali quello della Banca d’Italia di luglio 2009, hanno posto in evidenza la funzione complementare dei lavoratori immigrati in grado di favorire migliori opportunità occupazionali per gli italiani. Venendo essi a mancare, o a cessare di crescere, nei settori produttivi considerati non appetibili dagli italiani (in agricoltura, in edilizia, nell’industria, nel settore familiare e in tanti altri servizi), il paese sarebbe con ogni probabilità impossibilitato ad affrontare il futuro».

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CAPITOLO SECONDO