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OBIETTIVI E METODO DELLA RICERCA

5.3 Premesse metodologiche

In ogni ricerca scientifica la scelta della metodologia come via conoscitiva, a cui consegue la scelta dei metodi e degli strumenti di indagine da applicare, è fondamentale. Essa infatti segna il passaggio dal livello dell’astrazione che si costruisce partendo dalle concezioni epistemologiche e teoriche del ricercatore, al livello della concretezza, vale a dire la relazione diretta con l’oggetto della ricerca che permette di analizzare, descrivere, spiegare e comprendere il fenomeno di suo interesse. Il termine “metodologia” deriva dal greco μίεθοδος e λογός, ovvero studio e logica del metodo; si riferisce a quella parte della logica che ha per oggetto le regole, i principi, le condizioni formali alla base della ricerca scientifica che permettono di ampliare e ordinare la conoscenza. «D’altronde, anche etimologicamente, metà hodòs indicava la marcia indietro a, il recarsi in mezzo a, l’inseguimento, la ricerca di qualcosa verso una direzione, una meta. Quando si individua un problema e si riflette su un’ipotesi di lavoro per comprenderlo e risolverlo, ci si mette in viaggio, come dice Bachelard, perseguendo vie che costituiscono ragionamenti, procedimenti, spesso in commistione tra loro, ma in vista di un determinato scopo, secondo una certa direzione. Spesso a questo fine si tratta di coniugare insieme vari tracciati del cammino, per considerare e riconsiderare sia le mete concrete sia le mete fondamentali, che sono le ragion d’essere dei metodi stessi»261.

La questione metodologica è centrale nel dibattito scientifico fino al punto che, in molti casi, le ricerche vengono identificate con il proprio impianto metodologico.

      

134 Mantovani spiega che «fare ricerca significa, in un’ampia accezione, utilizzare un metodo rigoroso per affrontare un problema molto critico»262.

L’indagine sociologica si avvale di una molteplicità di metodi e di strumenti al fine di analizzare e comprendere la realtà sociale che oggi risulta sempre più complessa e in divenire. Questo impone al ricercatore di affinare le tecniche di rilevazione ed analisi dei dati, e di metterne a punto di nuove, adeguate al cambiamento sociale in atto, anche utilizzando il supporto di nuove tecnologie. La metodologia della ricerca sociale, intesa come disciplina scientifica, non si esaurisce, tuttavia, in una serie di tecniche, come, ad esempio, quella universalmente nota dell’inchiesta, ma comprende anche una riflessione di tipo epistemologico.

Come suggerisce Corbetta263 è opportuno, in via preliminare, precisare la distinzione tra metodologia, metodo e tecnica. La metodologia della ricerca sociale può essere definita «quella parte della logica che ha per oggetto le regole, i principi, le condizioni formali che stanno alla base della ricerca scientifica e che consentono di ordinare ed accrescere la conoscenza. […] Intendiamo quindi per metodologia della ricerca un discorso sul metodo, una critica della ricerca scientifica, che non è la descrizione o presentazione dei metodi stessi, né la riflessione critica generale intorno alla conoscenza scientifica che è invece l’oggetto dell’epistemologia o filosofia della scienza». Con il termine metodo definiamo quel sistema di regole, principi, procedure che guidano l’attività del ricercatore sociale. Per tecniche intendiamo invece le specifiche procedure operative di cui una disciplina scientifica si avvale per l’acquisizione e controllo dei propri risultati di ricerca empirica. Le tecniche sono dunque “gli strumenti della ricerca scientifica”.

Il processo di ricerca sociale è di tipo circolare, e si sviluppa attraverso determinate fasi collegate ed interdipendenti, che Bailey264 individua in:

1. Scelta del problema e definizione delle ipotesi: il ricercatore individua l’oggetto di analisi e formula delle ipotesi relative al fenomeno stesso (ad es. ipotizzando l’esistenza di una relazione tra variabili)

2. Formulazione del disegno di ricerca: formulazione del piano di lavoro “sul campo”: scelta dello strumento di rilevazione (es. questionario); scelta delle procedure di rilevazione; definizione operativa.

      

262 S. Mantovani, La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Mondadori, Milano, 1995, p.2. 263 P.Corbetta, Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, 2003, p.9-13.

135 3. Raccolta dei dati: rilevazione sul campo attraverso lo strumento metodologico scelto

(ad es. somministrazione di un questionario).

4. Codifica ed analisi dei dati: organizzazione dei dati; successiva analisi statistica o di tipo qualitativo.

5. Interpretazione dei risultati: si confrontano i risultati ottenuti con le ipotesi iniziali, che possono essere confermate o riformulate.

Un altro modo di descrivere tale processo è formulato da Corbetta che distingue tra teoria, ipotesi, raccolta dei dati, analisi dei dati e presentazione dei risultati265. Anche Cipolla sostiene la ciclicità delle fasi della ricerca, definendo il “ciclo metodologico dell’informazione”266.

      

265 Teoria: definita come insieme di proposizioni organicamente connesse, che si pongono ad un elevato

livello di astrazione e generalizzazione rispetto alla realtà empirica, che derivano da regolarità empiriche e possono produrre previsioni empiriche; attraverso un processo di deduzione si passa alla fase successiva.

Ipotesi: proposizione che implica una relazione fra due o più concetti che si colloca ad un livello inferiore di

astrazione e di generalità rispetto alla teoria e che permette una traduzione della teoria in termini empiricamente controllabili. Si passa alla fase successiva attraverso il processo di operativizzazione, e cioè la trasformazione delle ipotesi in affermazioni empiricamente osservabili. Raccolta dei dati: questo processo può essere distinto in due momenti. Il primo riguarda l’operativizzazione dei concetti, e cioè la trasformazione dei concetti in variabili; il secondo ha a che fare con la scelta dello strumento e delle procedure di rilevazione. La definizione su questi aspetti porta alla definizione di quello che viene chiamato il disegno della ricerca: la definizione cioè di un piano di lavoro sul campo, che stabilisce le varie fasi dell’osservazione empirica. Analisi dei dati: terminata la raccolta del materiale empirico, si passerà alla quarta fase, quella dell’analisi dei dati, che sarà preceduta da un intervento di organizzazione dei dati rilevati.

Presentazione dei risultati. All’ultima fase si arriva attraverso un processo di interpretazione condotto nella

fase precedente. Infine il ricercatore ritorna al punto iniziale, e cioè alla teoria, mediante un processo di induzione, che a partire dalle risultanze empiriche si confronta con le ipotesi teoriche e, più in generale, con la teoria di partenza, per arrivare ad una sua conferma o ad una sua riformulazione. In P.Corbetta,

Metodologia e tecniche della ricerca sociale, op.cit., pp.81-91.

266«In generale, ogni informazione per assumere veramente tale veste, deve percorrere un ciclo,

metodologicamente definito, che si fonda su quattro passaggi operativi tra loro separabili sul piano analitico, ma di fatto spesso connessi a livello pratico. Tale percorso comporta all’inizio la trasformazione dell’elemento conoscitivo dovuto al messaggio o allo stimolo in dato osservativo o empirico (fase della

costruzione). Successivamente, il dato empirico entra in un processo di elaborazione o di trattamento che lo

connette ad altri eventi, lo compara, lo inserisce in una logica esplicativa o comprensiva, lo toglie dal suo isolamento e lo riproduce al suo contesto (fase del trattamento). Dopo tale stadio di analisi meticolosa e minuta, si entra nel periodo della interpretazione. L’informazione viene riportata ad ipotesi teoriche, viene vagliata rispetto a queste, viene in sintesi complessivamente valutata per riferimento a schemi concettuali o di senso globale. È in questa fase che l’informazione (non più ‘sola’ ovviamente) viene capita e legittimata ad un reale e complesso incremento conoscitivo. Questo, in conclusione, è il momento dell’esegesi comprensiva e della spiegazione causale, della chiarezza e della rilevazione (fase della interpretazione). Infine, la fase conclusiva del ciclo ci riporta alla diffusione dei risultati raggiunti. Ogni conoscenza va presentata e trasferita al di fuori della struttura che l’ha costruita. Tale produzione può essere immediatamente spendibile e tradursi, quindi, in immediata prassi conseguente oppure può essere sufficientemente astratta e rinviare nel tempo o in altre sedi la sua applicabilità. Ciò non modifica comunque il fatto che ogni informazione, assoggettata al percorso detto ed in tal modo “manipolata”, debba uscire da se stessa, essere esposta alle contingenze ed alle repliche del mondo. In tale ottica, la fase finale di ogni conoscenza diventa momento non marginale del suo successo e della sua efficacia pragmatica, prospettandosi come parte integrante e spesso decisiva di ogni

136 Oltre alle diverse fasi, secondo Besozzi e Colombo267 la ricerca sociale presenta carattere di processualità per altri due motivi: da un lato, essa si configura come vero e proprio processo sociale, quindi come qualcosa che, indagando nel sociale, si innesta in esso, sia in quanto lavoro conoscitivo, sia in quanto costruzione/trasformazione di giudizi, opinioni, atteggiamenti e comportamenti. In altre parole, l’osservatore, oltre che far parte di ciò che viene osservato, contribuisce a trasformare questa stessa realtà con il suo lavoro di indagine e soprattutto con la circolazione delle informazioni raccolte. Questo aspetto del coinvolgimento dell’osservatore non è esente da problemi in ordine soprattutto all’oggettività conoscitiva; dall’altro lato, la ricerca sociale deve essere assunta come processo che innesta una circolarità tra livello dell’elaborazione teorica (formulazione di concetti, teorie, generalizzazioni) e lavoro sul campo: l’iter quindi non è lineare (dalla teoria alla ricerca), bensì circolare con un’implicazione reciproca tra teoria e verifica sul campo.

Dopo l’incontro con l’oggetto di ricerca si procede con un primo livello di analisi di tipo descrittivo. Nel caso dell’indirizzo fenomenologico – ermeneutico, la specificità «consiste nel mirare all’elaborazione di resoconti scientifici definiti “descrizioni interpretative”. Come concetto teorico di base di questo approccio integrante i due versanti si può assumere l’affermazione heideggeriana secondo la quale il senso metodico della descrizione fenomenologica è l’interpretazione. Il ricercatore fenomenologic-ermeneutico mira ad acquisire una profonda comprensione di un fenomeno attraverso una penetrante descrizione del modo in cui esso è percepito dal soggetto che lo vive»268.

Il secondo livello di analisi è caratterizzato dall’interpretazione, che costituisce il cuore di una ricerca. Questo livello pone in rapporto dialettico e dinamico i dati stessi per rispondere alle iniziali domande di ricerca. L’interpretazione può essere considerata come «modo di attuarsi della comprensione»269. L’analisi interpretativa si pone ad un grado ulteriore di studio e di approfondimento e rappresenta il livello più vicino all’oggetto di ricerca. «Nel prescegliere l’interpretazione quale metodo, intendendo quest’ultimo termine nel suo significato originario di via verso la conoscenza delle dinamiche formative ed

      

percorso informativo (fase della spendibilità)» in C. Cipolla, Teoria della metodologia sociologica, Franco Angeli, Milano, 1995, pp.127-128.

267 E. Besozzi, M.Colombo, Metodologia della ricerca sociale nei contesti educativi, Edizioni Angelo

Guerini e Associati, Milano, 1998m, pp.18-19.

268 L.Mortari, Cultura della ricerca e Pedagogia. Prospettive epistemologiche, Carocci, Roma, 2007, pp.79-

80.

137 educative, la Pedagogia generale non rinnega la fertilità insita nello sperimentale, ma si apre, libera da qualsivoglia dogmatismo scientifico, alle poliedriche modalità del conoscere se stesso»270.

Fondamentale la distinzione tra ricerca quantitativa e qualitativa271. Le radici di questi approcci possono essere individuate nei due principali paradigmi sociologici, vale a dire nel paradigma neopositivista e nel paradigma interpretativo. La ricerca quantitativa è quella più formalizzata sia in termini di procedure, sia per quanto concerne la sequenza di “passi” da compiere nell’itinerario dello studio e ha l’obiettivo di analizzare campioni rappresentativi per quantificare i risultati ottenuti. Viceversa, la ricerca qualitativa tende a far risaltare l’unicità, la singolarità dell’uomo e del suo comportamento272. L’approccio quantitativo, presenta dunque un rapporto strutturato tra teoria e ricerca, mentre in quello qualitativo tale rapporto appare aperto e dinamico.

La principale differenza tra le due tipologie di indagine sta nel grado di strutturazione del disegno di ricerca. La ricerca quantitativa è caratterizzata da un disegno di ricerca strutturato, chiuso, che precede l’effettuazione dell’indagine. Obiettivo della ricerca qualitativa non è la verifica causale di asserti generali bensì la comprensione di significati; l’attenzione è dunque rivolta alla comprensione del soggetto. In ragione di ciò, il disegno di ricerca non è rigido e costruito a tavolino come nella ricerca quantitativa, ma, al contrario è aperto, destrutturato, e viene ad essere costruito dal ricercatore nel corso della ricerca. La rilevazione viene effettuata su singoli casi non statisticamente rappresentativi; lo strumento di rilevazione può variare a seconda dell’interesse dei soggetti, non tende alla standardizzazione.

Sulla base di quanto esposto sembra effettivamente plausibile sostenere la profonda diversità e l’inconciliabilità dei due approcci al punto che se ciascun approccio è la concretizzazione di un diverso paradigma, sarebbe accettabile l’ipotesi di una compresenza, all’interno della sociologia, di più paradigmi. Allo stato attuale però le

      

270 G. Sola, La Pedagogia generale e la sua curvatura epistemologica, in “Pedagogia e vita”, 4, 2004. p.45. 271 Nella ricerca sociologica il dibattito ha avuto vicende alterne. Dopo il fruttuoso confronto negli anni Venti

e Trenta, quando entrambi gli approcci fornirono prodotti di elevato valore e contribuirono notevolmente all’avanzamento della disciplina, la discussione è entrata in una fase di latenza che ha visto, negli anni Quaranta e Cinquanta e prima metà degli anni Sessanta, il dominio della prospettiva qualitativa. Negli anni Sessanta il problema è tornato alla ribalta a partire da una serie di importanti contributi teorici di affermati studiosi quali Goffman, Schutz, Glaser e Strauss, Blumer. Ma è in tempi più recenti, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, che l’approccio qualitativo ha affermato con forza la sua presenza non solo nel dibattito metodologico ma anche sul piano della ricerca empirica.

272 A. Portera, Tesori Sommersi. Emigrazione, identità, bisogni educativi interculturali, op. cit.; P. Corbetta,

Metodologia e tecniche della ricerca sociale, op.cit.; R. Boudon, Metodologia della ricerca sociale, Il

138 differenze tra ricerca qualitativa e ricerca quantitativa sono solo individuabili teoricamente. Se il confronto si sposta dal piano teorico alla concreta pratica di ricerca allora non solo si potrebbe evidenziare quanto i criteri di distinguibilità sono labili ma soprattutto che «non esiste un solo atto, una sola decisione di ricerca, che non sia un’inestricabile mix di qualità e quantità»273.