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APPENDICE 3 Codice Ms L 70, Biblioteca Civica Augusta, Perugia

H. c.30v= Dante e Virgilio incontrano le Arpie

Miniatura posta orizzontalmente nella pagina. La miniatura si trova sul margine

superiore del foglio esattamente sopra le colonne di scrittura e si estende per tutta la lunghezza di queste. Le glosse corniciano i versi danteschi ed anche le illustrazioni.

Disegno a penna poi dipinto a pennello, in questo caso il colore presente nell’ illustrazione è in un discreto stato di conservazione; i problemi di conservazione del colore stanno nella fascia dorata del cielo e nel colore del piumaggio delle bestie presenti.

Illustrazione attribuita al “secondo Miniatore Daddesco”.

Dante e Virgilio raggiunta la selva dei suicidi si imbattono prima nelle anime dei dannati che sono state trasformate in alberi secchi e rovi che hanno la facoltà di parlare e ovviamente di provare dolore (Dante spezza un ramo del rovo che appartiene a Pier delle Vigne ed egli si lamenta per il dolore); a recar fastidio e sofferenza ai suicidi sono le Arpie brutti esseri che fecero cacciare dalle Strofadi i troiani guidati da Enea derubandoli di ogni bene. Le Arpie, figlie di Taumante ed Elettra, sono esseri ibridi con il corpo d’uccello rapace, il volto femminile e la facoltà di predire i tristi avvenimenti del futuro; esse appollaiandosi sui rami secchi affondano i loro artigli nel corpo tramutato dei dannati provocando copiosi sanguinamenti. (Inf., XIII, vv.1-118)

L’iconografia delle Arpie rispetta i versi danteschi poiché presentano corpo d’uccello e volto femminile; tre Arpie sono appollaiate negli alberi secchi ed occupano la parte destra dell’ illustrazione. Le Arpie vengono dipinte con colori molto tenui e chiari come il bianco realizzato con biacca e il rosa cipria, i colori chiari usati dal miniatore sono stabiliti seguendo come fonte d’ispirazione l’Eneide dove vengono descritte come mostri dal piumaggio pallido causato dalla fame che patiscono (Aen., III, 217-218).

La flora irta e dal colore scuro si estende su tutta la scena e Dante viene rappresentato nell’atto di spezzare il ramo del rovo abitato dall’anima di Pier della Vigna per creare un connessione tra i versi danteschi e

l’illustrazione a fine di enfatizzare l’inquietudine e la sofferenza propria di questo splendido canto.

Essendo questa illustrazione opera dello stesso miniatore studiato nelle illustrazioni precedenti (cc. 11v-14r- 21r- 28r) si ripropongono ancora gli stessi tratti somatici dei volti dei due poeti, il segno pulito del disegno e l’idealizzazione delle espressioni facciali e della mimica corporea e le caratteristiche del loro vestiario. La scena è ambientata in un pendio roccioso e anche in questo caso il cielo assume la doppia colorazione a fascia blu e oro.

I. c.40r= Dante e Virgilio a colloquio con Gerione

Miniatura posta orizzontalmente nella pagina. La miniatura si trova tra le due colonne di scrittura e si estende per tutta la lunghezza di queste.

Disegno a penna poi dipinto a pennello, in questo caso l’illustrazione presenta un discreto stato conservativo difficile da leggere è solamente il volto di Gerione.

Illustrazione attribuita al “Maestro Pacinesco della Bibbia Trivulziana”.

In questa illustrazione vengono narrati i fatti che si riferiscono ai canti XVI- XVII dell’ Inferno. Appaiono Dante e Virgilio a colloquio con Gerione, Dante intimorito da questa bestia si fa prendere per mano da Virgilio (il miniatore non rappresenta la scena in cui Dante e Virgilio con l’aiuto di una corda fanno emergere Gerione dalla cascata del fiume infernale Flagetonte sino alla riva. Inf., XVI, vv. 106-136).

Gerione viene descritto come un essere ibrido di grandi dimensioni avente la faccia umana, una bella pelle, il corpo da serpente, coda aguzza con pungiglione in grado di rompere mura e armi, due zampe pelose che iniziavano appena sotto le ascelle, aveva il dorso e il petto coperto da decorazioni dipinte che riproducono nodi e rondelle colorati, emana odore puzzolente e dalla sua coda simile a quella di uno scorpione esce del veleno (Inf., XVII, vv. 1-27). Egli è personificazione della frode (Inf., XVII, v. 7).

In questa illustrazione però Gerione non segue la sua tipica iconografia classica di gigante a tre corpi e tre teste e nemmeno rispetta la descrizione dei versi danteschi. Gerione in questa specifica illustrazione prende le sembianze di una sirena con corpo umano e coda da pesce solo la particolarità del pungiglione al termine della coda viene mantenuto; il miniatore prende come fonte d’ispirazione per la figura di Gerione quello che dice il commento del canto che lo descrive come “Demonio Gerione sopra il quale passaro il fiume”. Gerione galleggia nell’acqua bruna e limosa della palude e davanti a lui Virgilio che lo convince a trasportarli nell’altra sponda infernale.

Per esaltare l’ambientazione tetra della scena il cielo è completamente di colore blu.

L’illustratore che interviene in queste miniature cambia la fisionomia del volto dei due poeti ed anche la fattezza delle loro vesti. Il miniatore usa un tratto molto fine e delicato nella rappresentazione dei volti poiché questi appaiono meno allungati ed ovali e più espressivi rispetto a quelli del “secondo Maestro Daddesco”, le gote sono sempre rosate e si nota un cloisonnisme più marcato rispetto ai contorni delle illustrazioni analizzate in precedenza.

Le vesti dei due poeti cadono rigidamente nei loro corpi non riuscendo ad esaltare la plasticità e la dinamicità dei soggetti; Dante indossa un lucco rosa, una mantella lunga ed un copricapo a sacco della stessa nuance mentre ai piedi porta un paio di stivaletti marroni, Virgilio indossa un lucco color verde scuro gessato

orizzontalmente di bianco nell’estremità inferiore, una mantella lunga di colore rosso, un cappello a sacco sempre di colore verde scuro ed un paio di stivaletti marroni ai piedi.

Illustrazione corniciata di rosso ma la cornice si presenta con un tratto più spesso e dalla forma irregolare nella parte inferiore.