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1.2 I CODICI TOSCANI CON L’INFERNO INTERAMENTE ILLUSTRATO 1 Palatino 313 (Appendice 5)

1.2.6 Vaticano Latino 4776 (Appendice 10)

Il codice Vaticano Latino 4776 contenente la Divina Commedia con il commento Ottimo di Jacopo della Lana, esso è conservato nella Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma. 342

Si occuparono del codice delle maestranze toscane; sia per la realizzazione del testo che dell’apparato decorativo. Le decorazioni dell’Inferno sono di un artista di matrice cionesca (Bernardo di Cione) che lavorò anche nel contesto del Monastero di Santa Maria degli Angeli. 343

Il manoscritto è stato realizzato tra il 1390 ed il 1400 e lo stato di conservazione del manoscritto è complessivamente buono.

Il manoscritto è interamente illustrato, consta di ottantadue miniature nella cantica dell’Inferno mentre il Paradiso presenta diciotto disegni a penna; la cantica del Purgatorio non è illustrata. Il codice non è mai stato portato a termine nella sua totalità. 344

Il frontespizio della prima cantica è stato decorato da un altro miniatore toscano di formazione differente rispetto al Maestro Cionesco che si è occupato delle altre illustrazioni. Tutto l’apparato decorativo è del XIV secolo.

Nel manoscritto, oltre alle immagini corniciate con gli episodi salienti del poema, sono presenti le capitali figurate nella prima carta di ogni cantica; ad esempio nella c. 1r (Appendice 10A) appare all’interno della lettera N la figura della Giustizia con spada e bilancia tra le mani (simile a quella vista nel manoscritto Tempi 1, Appendice 3).345 Dalla capitale miniata parte un fregio fitomorfo che incornicia perfettamente le rubriche e i versi danteschi, le foglie sono colorate di blu, verde, arancio, rosso, rosa e oro (nella c. 1r c’è anche la presenza di un volatile fantastico simile ad un gallo, Appendice 10A). 346

I colori usati solo lucenti e sgargianti e lo si vede sia nei soggetti che nelle cornici le quali racchiudono ogni scena miniata e si vede anche nei fregi decorativi; le pennellate del Maestro Cionesco sono sottili e queste accostate al particolare cromatismo danno un effetto umido al dipinto, ad esempio il verde brillante dei serpenti che avvolgono le furie li fanno sembrare più reali e viscidi (Appendice 10G).347

339 Quindi i soggetti in questione appaiono più volte in una stessa vignetta a fine di contribuire ad una chiara narrazione degli eventi che si succedono nel testo.

340 Ciardi Duprè Dal Poggetto, Narrar Dante attraverso, cit., p. 146 341 Spagnesi, All'inizio della tradizione, cit., p.146

342 Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., p. 170 343 Ibidem, p. 171

344 Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., p. 171 345Battagli Ricci, Testo e immagini, cit., pp. 30-31

Secondo Battaglia Ricci la bilancia è un oggetto evocativo dell’equilibro universale delle cose che solo con la giustizia divina si può avere tale figura ha lo scopo di evidenziare lo spessore allegorico- morale dell’opera; la figura della Giustizia ed il contesto del monastero di Santa Maria degli Angeli di Firenze creano un contatto tra questo codice ed il manoscritto Tempi 1, analizzato in precedenza, questo punto di contatto potrebbe essere lo stesso manoscritto archetipo da cui essi discendono il quale risulta ad oggi perduto.

Nelle cc. 121r e 235r che aprono le cantiche di Purgatorio e Paradiso nella capitale figurata c’è un angelo seduto 346 Roddewig, Dante Alighieri. Die, cit., pp. 272-273

Un altro fregio fitomorfo è presente nel margine esterno della carta e incornicia tutta la pagina di apertura di ogni cantica (quello presente nella c. 1r è leggermente rovinato a causa del deperimento della legatura del manoscritto). 348

La prima vignetta dell’Inferno rappresenta Dante mentre è in atto di scrivere il suo poema, appare qui il topos iconografico di Dante nel suo scriptorium349 il quale sostituisce a partire dalla seconda metà del XIV secolo quello del Dante somniator nell’apertura della Commedia; ciò determina il fatto che si percepisce il viaggio narrato dal poeta non più come un fatto realmente accaduto, ma come fictio letteraria frutto della sua mente.350

Nel margine superiore delle prime carte di ogni cantica (c. 1r, c. 121r e c. 235r) si vedono degli stemmi gentilizi legati ai membri della famiglia romana Orsini, i committenti o forse solo i possessori del codice; la famiglia apparteneva all’aristocrazia romana di parte guelfa che sosteneva il Papa durante gli scontri del XIII-XIV secolo. Questa famiglia produsse anche due importanti pontefici nel XIII e nel XVII secolo nonché diversi cardinali e vescovi.351

Il nome del committente non è certo, molto probabilmente si tratta di Giovanni Orsini o di Francesco Orsini esponenti di spicco della famiglia alla fine del XIV secolo quando venne redatto il presente codice.

Il manoscritto entra nella Biblioteca Apostolica Vaticana sicuramente in epoca moderna anche se non è certo il secolo preciso in cui ciò avvenne. 352

Nel 1846 Colomb de Batines esaminando il codice afferma che il codice è eccellente e ben conservato, nonostante manchino dei versi della terza cantica. Riferisce che il Commento cornicia il testo della Commedia e le vignette illustrate sono collocate nel margine superiore, oppure nel bas de page o tra le colonne di scrittura.353

Descrive poi brevemente le illustrazioni e le iniziali di cantica; riferisce che si usa anche in questo codice la tecnica dell’illustrazione simultanea dei soggetti protagonisti della narrazione, perché ciò aiuta a dare continuità alla storia.354

Egli erroneamente data le vignette dell’Inferno al XV secolo, mentre i disegni del Paradiso al XVI secolo.355 Nel 1889 Moore commenta il codice rifacendosi agli studi di Colomb de Batines. Egli data correttamente il codice alla fine del XIV secolo.356 Anche Bassermann, nel 1897, data il codice alla fine del XIV secolo; per il commento dell’apparato illustrativo si rifà a Colomb de Batines.357

Nel 1962 Salmi afferma che il codice è stato illustrato da mani fiorentine e per la precisione da un artista che lavorava nelll’ambito della scuola del monastero di Santa Maria degli Angeli di Firenze.358

Nel 1967 Petrocchi afferma che il codice appartiene alla famiglia di manoscritti α; si tratta quindi di un un lavoro toscano e per la precisione fiorentino.359

348 Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., p. 171 349 Ivi

350 Ivi; L. Battagli Ricci L., Testo e immagini in alcuni manoscritti illustrati della Commedia: le pagine d’apertura, in «Studi offerti a Luigi Blasucci dai colleghi e dagli allievi pisani», a cura di L. Lugnani, M. Santagata, A. Stussi, Pisa, 1996, pp. 27-29

351 Ulteriori informazioni sono fornite nella scheda tecnica del manoscritto collocata nell’appendice catalografica del presente elaborato

352 Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., p. 171; Roddewig, Dante Alighieri. Die, cit., pp. 272-273 353 Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., pp. 170-171

354 Ibidem, p. 171 355 Ivi

356 Moore, Contributions to the, cit., p. 656 n. 71 357 Bassermann, Orme di Dante, cit., pp. 518-521 358 Salmi, Problemi figurativi dei, cit., p. 178 359 Alighieri, La Commedia secondo, cit., p. 484

Nel 1969-1970 Brieger, Meiss e Singleton analizzano il codice e confermano quanto detto precedente da Colomb de Batines, Moore, Basserman, Salmi e Petrocchi in merito all’identità dell’illustratore e alla datazione del codice alla fine del Trecento. 360

Secondo gli studiosi tre diversi illustratori si sono occupati del codice: il primo ha realizzato tutti i frontespizi delle tre cantiche, il secondo è il Maestro Cionesco che si è occupato di realizzare le vignette dell’ Inferno e il terzo illustratore si è occupato dei disegni del Paradiso (egli è comunque legato all’autore delle vignette della prima cantica361).362

Essendo queste illustrazioni frutto della mano di un artista di matrice cionesca, secondo gli studiosi queste immagini hanno punti in comune con l’affresco dell’Inferno di Bernardo di Cione presso la Cappella Strozzi di Mantova della chiesa di Santa Maria Novella di Firenze (tav. XLVII-XLVIII). Altre somiglianze si vedono con la Predella con scene dell’Infanzia di Cristo (tav. XI) e con la tavola della Vergine della Misericordia entrambe conservate presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze (tav. XII).363

Nel 1984 Roddewig analizza il codice e concorda con quanto detto dalla critica; in particolar modo concorda con Colomb de Batines e Meiss, Brieger e Singleton nell’analisi delle illustrazioni e con Moore per la datazione del manoscritto.364

Nel 1989-1990 Dal Poggetto concorda con quanto detto in precedenza dagli studiosi citati. 365

La critica è unanime in merito alla datazione, all’attribuzione dell’apparato illustrativo e alla provenienza del codice; pertanto altri studiosi che si sono occupati di studiarlo, come Battaglia Ricci (1996),concordando con quanto detto in precedenza.366

1.3 CONCLUSIONE

Analizzando questi codici della Commedia realizzati nel corso del XIV secolo si riscontra che non esiste una sola scuola di miniatori che si è dedicata alla realizzazione di questi manoscritti.

Gli artisti senesi e fiorentini che si occuparono di realizzare l’apparato illustrativo di questi codici appartengono alle più famose botteghe pittoriche del tempo; ad esempio quella daddesca, quella pacinesca, quella cionesca e quella dove operavano i fratelli Lorenzetti.

Le maestranze che operarono nei codici con frontespizio dell’Inferno miniato sono: il Maestro delle Effigi Domenicane (Ms. Trivulziano 10 80, Appendice 1), Niccolò di Ser Sozzo Tegliacci (Pluteo 40.3, Appendice 2), l’illustratore senese allievo di Niccolò di Ser Sozzo o dei Lorenzetti (L70, Appendice 3A-B) e Don Simone Camaldolese (Tempi 1, Appendice 4A). invece le maestranze che si occuparono di realizzare i codici interamente illustrati sono: un allievo del Maestro Daddesco (Palatino 313, Appendice 5), il Secondo Miniatore Daddesco (Palatino 313, Appendice 5), il Maestro Pacinesco della Bibbia Trivulziana (Palatino 313, Appendice 5), Pacino di Bonaguida (Strozzi 152, Appendice 6), quattro o cinque anonimi illustratori fiorentini operanti a Napoli (CF 2 16, Appendice 7), Giovanni Boccaccio (Riccardiano 1035, Appendice 8), 360 Brieger- Meiss- Singleton, Illuminated manuscripts of, cit., pp. 327-328

361Ibidem, pp. 329-331

Il miniatore del Paradiso è più attento a geometrismi e volumetrie e cerca di rappresentare meglio nei volti dei suoi soggetti gli stati d’animo provati; essi dicono che questi disegni sono simili ai disegni preparatori di Mariotto di Nardo (ms. Vat. n. 102, Biblioteca Apostolica Vaticana, Roma).

362 Brieger- Meiss- Singleton, Illuminated manuscripts of, cit., pp. 329-331 363 Ibidem, pp. 328-331

364 Roddewig, Dante Alighieri. Die, cit., pp. 272-273

365 Ciardi Duprè Dal Poggetto, Narrar Dante attraverso, cit., p. 87 e p. 90 366 Battagli Ricci, Testo e immagini, cit., pp. 27-31

La studiosa attesta che Dante nell’Inferno viene rappresentato nel rispetto della sua reale fisionomia che il miniatore forse aveva letto nell’opera di Boccaccio Vita di Dante.

un illustratore anonimo fiorentino con qualche influenza di stile emiliano (It. 474, Appendice 9) e il Maestro Cionesco (Vaticano latino 4776, Appendice 10). Esaminando singolarmente questi artisti si riscontra che si occupano di illustrare la Commedia capibottega o i migliori allievi dei principali atelier fiorentini e senesi del XIV secolo.

Seppur non esiste una scuola che si è unicamente occupata di illustrare la Commedia, i molti artisti poterono usufruire di un sistema di iconografie che creano un modello illustrativo; questo modello viene stabilito con i primi artisti che si sono occupati di miniare l’Inferno tra il 1337 ed il 1340 e poi viene generalmente rispettato dagli altri miniatori. Il programma illustrativo toscano dell’Inferno dantesco viene stabilito dal codice Trivulziano 1080 e dal Dante Poggiali (Palatino 313). 367

Si è riscontrato inoltre, che i manoscritti illustrati solo nel frontespizio della prima cantica sono stati realizzati da maestri che riescono a garantire sia un apparato testuale che un apparato figurativo di ottima qualità; dato che in questo caso l’illustrazione serve come sussidio alla lettura e comprensione del testo della Commedia e del commento che l’accompagna.368

In merito ai codici interamente illustrati si osserva che abilissime maestranze si sono occupate del Dante Poggiali (Palatino 313), dello Strozzi 152, del Riccardiano 1035 e del Vaticano Latino 4776. I codici più problematici a livello iconografico sono il Dante Filippino (CF 2 16) ed il Dante Estense (It. 474); le maestranze di questi codici non posso essere considerate colte perché spesso banalizzano le iconografie dei soggetti rappresentati riducendoli a semplici demoni infernali.

CAPITOLO SECONDO

367M. Salmi, La miniatura gotica fiorentina, cit., p.8 Spagnesi, Le miniature del, cit. p.33

368 Ponchia, Frammenti dell’Aldilà, cit., p. 30