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Coloro i quali si sono occupati di illustrare i codici della Commedia, dal primo del 1337 opera del Maestro delle Effigi Domenicane sino all’ultimo del 1390 circa di un allievo della bottega di Nardo di Cione, hanno creato con i frontespizi figurati e con le vignette illustrate delle imagines agentes che hanno la funzione di aiutare il lettore a comprendere il poema dantesco e gli insegnamenti morali impartiti dal poeta.793

Gli illustratori della Commedia hanno usato come fonti le illustrazioni dei Bestiari illustrati noti in area toscana nel Trecento, ed analizzati nel capitolo precedente; esattamente come Dante essi possono aver usato l’Offiziolo di Francesco di Ser Nardo da Barberino come modello per la rappresentazione del Minotauro (Appendice 5G, 8C, Tav. XXVIII- XXIX- XXX) e della pena dei ladri (Appendice 5J, 6K-L-M-N, 7S-T-V, 9I-Q-R-S-T, 10M-N).

Gli illustratori dell’Inferno, come avvenne per il poeta, prendono come modello per il bestiario dantesco alcune figure presenti nel Battistero di Firenze. Le maestranze si ispirano ai soggetti presenti negli archi dei matronei e ai soggetti presenti nella volta mosaicata per rappresentare i dettagli del corpo di alcune bestie.794 Ad esempio, per la colorazione delle ali delle Arpie le maestranze utilizzano gli stessi cromatismi presenti in quelle dei cherubini collocati negli archi del matroneo est; in entrambi i casi infatti le ali sono bianche nella sommità e le punte assumono una colorazione arancio e azzurro. Pure il corpo dei cherubini si avvicina molto a quello delle Arpie dantesche perché hanno entrambi testa umana e ali da uccello (Tav. XXXV, Appendice 5H, Appendice 6H, Appendice 7O-P, Appendice10I-J). Questi cherubini sono stati realizzati dagli allievi delle botteghe del Maestro di San Gaggio e del Maestro di Santa Cecilia tra il 1300 ed il 1310. Sempre nei matronei, gli illustratori si sono ispirati alle figure affrescate di avvoltoi e draghi e per la rappresentazione sia del corpo delle Arpie che del drago incaricato di torturare i ladri del venticinquesimo canto dell’ Inferno; mentre si sono ispirati alle linci, ai leoni e ai bovini della volta mosaicata per la rappresentazione delle Fiere e del corpo del Minotauro. Le fonti di arte figurativa usate dal poeta, forse sono state utilizzate anche dagli illustratori dei primi codici decorati della Commedia (Tav. XXXVI- XXXVII, Appendice 1A, Appendice 2A, Appendice 3A, Appendice 4A, Appendice 5A-G, Appendice 6B, Appendice 8A-C, Appendice 10B).

Restando sempre nel contesto della volta del Battistero si nota che, gli illustratori hanno preso spunto dalla serpe tentatrice di Adamo ed Eva per rappresentare i serpenti che torturano i ladri (Tav. XXI) e dalle corna ricurve delle capre o degli arieti per la realizzazione delle corna poste sul capo di Caronte e Minosse (Tav. XXXVIII-XXXIX, Appendice 5C, Appendice 6C-D, Appendice 9F, Appendice 10D-E).795

Per l’iconografia dei Centauri gli illustratori hanno preferito ispirarsi al segno zodiacale del Sagittario, presente nel mosaico pavimentale del Battistero realizzato nei primi decenni del XIII secolo (Tav. XL). Un altro elemento iconografico recuperato dal pavimento in opus sectile è la coda dei Tritoni che reggono i

792 G. Fallani, Dante e la cultura figurativa medievale, Minerva italica, Bergamo, 1971 793 Battaglia Ricci, Viaggio e visione:, cit., p. 18

794 Ponchia, Frammenti dell’Aldilà, cit., pp. 70-71; Il Battistero di, cit., II; K. Weitzmann, L’illustrazione nel rotolo e nel codice, edizione italiana a cura di M. Bernabeo, CUSL, Firenze, 1992, p. 27

795 Nassar, The iconography of, cit., pp. 53-105; Barclay Lloyd, Heaven and hell, cit., pp. 18-34; Battistero di San, cit., II

clipei; a mio avviso questa iconografia è stata usata dal Maestro Pacinesco della Bibbia Trivulziana per realizzare il corpo di Gerione nel Dante Poggiali simile alla coda di una sirena (Tav. XLI, Appendice 5I)796. Boccaccio per la figura di Gerione del suo Riccardiano 1035 si ispira al drago presente nelle finte tarsie marmoree del matroneo sud-est dell’edificio (Tav. XXI, Appendice 8D).797

Gli illustratori dei codici danteschi esaminati in questo contesto, oltre ad aver studiato le stesse fonti usate dal poeta appena citate hanno preso a modello anche alcuni affreschi che trattano la tematica dell’Inferno; questi affreschi sono stati realizzati dopo l’uscita ufficiale della prima cantica del poema dantesco per mano dei figli del poeta. I pittori che hanno realizzato affreschi quindi hanno deciso di organizzare la rappresentazione del regno dei dannati prendendo a modello la divisione in gironi dantesca, la concezione delle punizioni infernali e della figura di Lucifero tricefalo della Commedia798.

L’opera dantesca quindi è ufficialmente il filo conduttore degli affreschi che a breve prendo in esame; gli artisti infatti si ispirano alla visione dantesca dell’Inferno e gli illustratori della Commedia poi si ispirano a loro volta sia ai versi danteschi che a queste pareti affrescate facilmente godibili dato che si trovavano tutte nella loro terra natale, la Toscana.

Questa nuova modalità di concepire e rappresentare l’Inferno permette di creare composizioni che diano maggior spazio al regno dei dannati; si crea così un nuovo modello iconografico infernale che avrà grande successo nell’Italia centrale in tutto il Trecento a cui si ispirano gli stessi illustratori della Commedia; questo modello vien introdotto nel Camposanto di Pisa da Buonamico Buffalmacco per poi diventare un modello iconografico che diffonderà anche in Italia settentrionale nel corso del XIV secolo.

Questo nuovo modello illustrativo permette di far vedere ai fedeli, intimoriti, tutte le punizioni infernali e i vizi diffusi nel Trecento; si vedono quindi gli avari, i bestemmiatori, i ladri, gli eretici, gli usurai, i traditori, i superbi, i tiranni ed i lussuriosi.799

796 Ivi 797 Ivi

798 L. Battaglia Ricci, Viaggio e visione, cit., p. 31

Lucifero tricefalo o a tre facce deriva da modelli francesi del XII secolo tra cui il timpano Saint Bazile d’Ètampes; questo modello iconografico viene esportato grazie alle rappresentazioni su avori ed oggetti di arte suntuaria giunti in Italia centrale con i commerci, grazie alle predicazioni di teologi francesi in Italia e agli artisti itineranti che dalla Francia venivano ad operare anche a sud delle Alpi diffondendo le loro tradizioni artistiche. Il primo Lucifero a tre bocche in Italia si vede all’inizio del 1200 nella facciata di San Pietro a Tuscania nel fregio ci sono dei demoni e Lucifero con tre bocche.

799 Battaglia Ricci, Viaggio e visione, cit., p. 31

J. Baschet, Les Justices de l’Au-delà. Les representacions de l’Enfer en France et en Italie. XII-XV siècle, Ècole française de Rome, Roma, 1993, pp. 351-358

La tradizionale rappresentazione dell’Inferno e di Lucifero su modello romanico francese nel XIV secolo si vede ancora a Pomposa (1360 circa), nella Cappella di Santa Caterina del Convento dei Domenicani a Bolzano (1340-50), nell’Abbazia degli Umiliati o Umili a Vibordone (Lombardia 1350-60), nell’Arco di trionfo dell’Oratorio di Santo Stefano a Lentate (Lombardia), nella Chiesa di Santa Anastasia e Santa Eufemia a Verona (metà 1300).

Il modello tradizionale prevede: cristo giudice al centro della parete con le città gemmate ai lati, gli Apostoli, le schiere angeliche, il Tetramorfo e i Santi. In basso il Giudizio Universale quindi a alla destra di Cristo i beati e alla sua sinistra i dannati confinati in un piccolo spazio angolare e torturati da demoni con visi deformi e nudità esposte. Lucifero è seduto sui draghi ed ha un aspetto mostruoso e possiede una testa sola. Il Giudizio sta nella parete di controfacciata delle chiese.

L’affresco che ha generato questo nuovo modo di concepire e rappresentare il regno dei dannati, alla maniera dantesca, è l’Inferno del Camposanto di Pisa.800 L’affresco è stato realizzato da Buonamico Buffalmacco nel 1336-1342 circa.801

L’Inferno si colloca nel braccio meridionale dell’edificio ed è posizionato alla sinistra di Cristo Redentore del Giudizio Universale. Lo spazio è diviso in gironi che prendono una forma leggermente incurvata, come quella del cono infernale dantesco; la divisione dei gironi coincide con la divisione dello spazio in registri pittorici, essi sono orizzontali e sono delimitati l’uno dall’altro da una fila di rocce.

Nei primi tre registri alcuni dannati vengono avvolti da serpenti verdissimi e ceraste, simili a quelle viste nei manoscritti danteschi esaminati (Tav. XLII, Appendice 6K-L, Appendice 7S, Appendice 9I, Appendice 10M); in questo caso però i serpenti non puniscono i ladri bensì torturano gli eretici, i violenti ed altri dannati di cui non si conosce il peccato commesso.802

Nell’ultimo registro a sinistra, appare un demone villoso con piedi da uccello rapace simili a quelli dei demoni danteschi ed usati in alcuni casi anche per le figure di Caronte, Minosse e Cerbero; questo avviene in particolar modo quando non si rispetta iconografia classica di questi soggetti che vengono medievalizzati e si tramutano in diavoli (Appendice 5C-D-E, Appendice 6C-D, Appendice 7G-H-I-J-K, Appendice 9E-F-G in questa Cerbero assume anche le tre teste luciferine, Appendice 10D-E).803

Interessante è la testa canina che appare nel primo registro a destra, essa divora i dannati e somiglia molto ad una delle tre teste che possiede Cerbero nel codice Strozzi 152 e nel Vaticano Latino 4776 (Appendice 6E, Appendice 10F); la testa canina dell’affresco vuole ribadire il concetto della porta degli inferi che secondo la tradizione antica ha la forma di una bocca canina mostruosa.804

Lucifero appare al centro della rappresentazione, con le tre bocche divora Nabucodonosor, Giuliano l’Apostata, Attila ed altri personaggi storici violenti (Appendice 6O, 7V-W, 9U-V, 10O-P)805.

800

Storia del camposanto in breve: Realizzato nel 1277-1278 nel lato nord della piazza tra il duomo ed il battistero. L’interno del Camposanto si struttura come un chiostro e nel prato c’erano le sepolture di uomini illustri che reimpiegavano i sarcofagi romani; nel XIX secolo sono state portate all’interno della struttura.

Nella sezione orientale, sacra, si trovano due altari usati durante le funzioni.

Negli anni ’40 del 1900 gli affreschi sono stati staccati per problemi conservativi; il più danneggiato è quello che rappresenta l’Inferno.

Nella zona sud, affacciata alla piazza, gli affreschi trattano i seguenti temi: le storie di Giobbe realizzate da Taddeo Gaddi (1342 circa). Nel braccio ovest: le storie di Ester ed Assuero fatte da Agostino Ghirlanda e Aurelio Lomi (seconda metà del XVI secolo). Nel braccio nord: la cosmografia teologica realizzato da Pietro di Puccio (1389-1391), i Santi Agostino e Tommaso d’Aquino, le Storie di Adamo ed Eva e Caino e Abele sempre dello stesso artista.

Nel lato sud-est ci sono gli affreschi di Buonamico Buffalmacco che rappresentano le scene che precedono il Giudizio Universale, si tratta degli affreschi: l’Incontro dei tre vivi con i tre morti, i Poveri che invocano inutilmente la morte, la Morte che colpisce una lieta brigata di giovani, Angeli e Demoni che si contendono le anime dei morti e sulla destra un giardino popolato da nobili cortigiani che si dilettano con passatempi dell’epoca ignari dell’arrivo della morte.

Nel Giudizio Universale si vede Cristo al centro, i beati alla sua destra ed i dannati alla sua sinistra come da tradizione. Alla sinistra del Redentore quindi si apre l’affresco dell’Inferno che occupa una porzione molto estesa della parete. Nell’ala sud si trovano: sei scene con i miracoli di San Ranieri protettore della città realizzate da Andrea di Bonaiuto (1376-1377) e Antonio Veneziano (1384-1386), le storie dei Santi Efisio e Potito di Spinello Aretino (1390-1391). 801 Baschet, Les Justices de, cit., p. 359

Egli realizza in questo contesto anche gli affreschi del Trionfo della Morte e della Tebaide

802

Colomb de Batines, Bibliografia dantesca ossia, cit., pp. 335-336

Egli attribuisce erroneamente l’opera ai fratelli Andrea Orcagna e Nardo di Cione.

G. Rosini, Letture pittoriche sul camposanto di Pisa, Firenze, 1810, 4451, 67-71 ristampa Andrea Vallerini Editore, Pisa,1976; G. Vasari, Le vite de più eccellenti architetti, pittori et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri. Nell’edizione per i tipi di Lorenzo Torrentino, Firenze, 1550, pp. 170-174 a cura di L. Bellosi- A. Rossi, Einaudi, Torino, 1986 http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/Volume_5/t129.pdf; A. Morrona, Pisa illustrata nelle arti del disegno, edizione G. Marenigh, Livorno, 1802, II, 241-243 https://archive.org/details/pisaillustratane01damo; R. Grassi, Descrizione storica e artistica di Pisa e de’ suoi dintorni, in 12, fac. 36-43, Prosperi, Pisa, 1826

https://archive.org/stream/bub_gb_UDc6GqUBSVMC/bub_gb_UDc6GqUBSVMC_djvu.txt

803 Ponchia, Frammenti dell’Aldilà, cit., pp. 69-77 804 Ivi

L’iconografia di Lucifero assomiglia vagamente a quella descritta da Dante, ma il mostro mangia dannati di diverse identità806; Buonamico Buffalmacco si ispira in maniera generale alla Commedia anche se nelle figure dei serpenti e di Lucifero c’è qualche lontananza rispetto al contenuto dei versi danteschi.

Questo modello iconografico infernale in poco tempo si diffonde anche Firenze sia grazie alle maestranze itineranti che all’influenza dei contenuti di opere letterarie di successo in città come i Romans Antiques, Trèsor di Brunetto Latini e la Commedia di Dante che descrivono il regno dei dannati in maniera molto attenta attribuendo al tutto grande pathos.807

Gli illustratori che si sono occupati di realizzare i codici interamente decorati della Commedia hanno tratto ispirazione anche dall’affresco senese dell’Allegoria del Cattivo Governo conservato presso il Palazzo Pubblico; si tratta di una parte del ciclo degli affreschi di Ambrogio Lorenzetti eseguiti tra il 1338 ed il 1339 (Tav. LVII).808 Per la realizzazione delle scene anche Lorenzetti si ispira ai contenuti dell’opera dantesca, il suo scopo è dimostrare al popolo senese quali sono i comportamenti sconvenienti che un buon governatore deve evitare per recar danno al regno.809

Al centro della rappresentazione del Cattivo Governo si vede la Tirannide il cui volto somiglia molto a quello di Lucifero per via delle zanne affilate che escono dalla bocca (Appendice 6O, 7V-W, 9U-V, 10O-P). Alla sua sinistra appaiono la Crudeltà, che minaccia un bambino con un serpente simile a quelle del canto ventiquattresimo della Commedia che tratta la condanna dei ladri (Appendice 6K-L, 7S, 9I, 10M); il Tradimento (Proditio) che ha tra le mani un agnello con coda di scorpione simbolo di menzogna ed inganno e simile alla coda del Gerione dantesco (Appendice 6I.-J, 8D, 9O-P, 10K-L); la Frode con le ali di un drago e i piedi con artigli felini esattamente come appare Gerione nello Strozzi 152, nel Riccardiano 1035, nel Dante Estense e nel Vaticano Latino 4776 (Appendice 6I.-J, 8D, 9O-P, 10K-L).

Ai piedi della Tirannide appare una capra le cui corna si possono associare a quelle di Caronte nel Dante Poggiali (Appendice 5C); a destra della Tirannide si trova il Furore con testa da cinghiale, coda da cane e corpo da centauro a cui si ispirano gli illustratori dello Strozzi 152, del Dante Estense e del Vaticano Latino 4776 per rappresentare proprio queste bestie (Appendice 6G, 9K-L, 10H).

La Divisione e la Guerra chiudono la rappresentazione, essi però non possiedono alcun attributo animale. Nel cielo, attorno alla testa della Tirannide, si trovano la Superbia, l’Avarizia e la Vanagloria vizi presenti sempre nella Commedia.810

A Firenze tre luoghi di culto presentano pareti affrescate con la tematica dell’Inferno; l’Aldilà è organizzato nel rispetto delle descrizioni dantesche. Questi affreschi hanno influenzato in maniera significativa la produzione manoscritta dei codici della Commedia interamente illustrati; questo riguarda prevalentemente i codici realizzati dagli anni quaranta del Trecento sino alla fine del secolo.811

806 Ivi

807 Battaglia Ricci, Il commento illustrato, cit., p. 616 808 Vasari, La vita de, cit., pp. 174-176

809 Donato, Dante nell’arte, cit., pp. 17-18

810 Inf., I, vv. 13-60; Purg., XIII, vv. 88-93; Donato, Dante nell’arte, cit., pp. 28-31

811 I colti committenti degli affreschi hanno letto i versi della Commedia e stabilito il programma illustrativo che gli artisti dovevano rispettare nella rappresentazione dei Giudizi Universali ed in particolar modo dell’Inferno. Alcuni artisti però conoscevano il lavoro di Dante e si erano appassionati talmente tanto alla sua opera che conoscevano alla perfezione il contenuto dei principali passi dell’Inferno e quindi senza difficoltà posizionavano nelle loro creazioni riferimenti danteschi perfettamente riconoscibili, alcuni tra questi artisti furono Giotto che conobbe il poeta e gli fu amico, Andrea Orcagna ed il fratello Nardo di Cione.

Gli illustratori dei codici della Commedia qui analizzati non erano persone colte quindi era più facile per loro usare come fonti iconografiche infernali di matrice dantesca affreschi presenti nei luoghi noti della città dove operavano e vivevano, ad esclusione del Secondo Maestro Daddesco, del Maestro Pacinesco della Bibbbia Trivulziana e di Pacino di Bonaguida che sicuramente conoscevano il contenuto dei i versi della Commedia, del Commento al testo e con l’aiuto

Il primo affresco interessante si trova nella Cappella del Podestà, o Cappella della Maddalena, presso Palazzo Bargello (attualmente sede del museo omonimo)812; la scena dell’Inferno è stata affrescata nel 1337 anche se la committenza risale al 1334, inizialmente si doveva restaurare la cappella a seguito di un incendio ed una alluvione che colpì la città ed poi i membri della bottega di Giotto la decorarono.813

Purtroppo dell’affresco resta molto poco, ma esaminando la sinopia grazie alle foto radiografiche fatte alla parete, si può percepire l’organizzazione e la composizione della scena (Tav. XLIII)814. Gli affreschi delle pareti laterali dell’aula rappresentano le storie di Maria Egiziaca, Maria Maddalena e San Giovanni Battista; il Paradiso compone la prima scena del Giudizio Universale e si trova nella zona presbiteriale dinanzi all’altare, l’Inferno si trova nella parete di controfacciata dell’aula.

Un altro particolare presente in questo ciclo di affreschi è il presunto ritratto di Dante, il poeta si trova nell’ultimo registro della scena del Paradiso nei panni di un personaggio noto della vita civica cittadina in attesa di giudizio (Tav. XLIV). 815

Quest’opera è del 1337 e secondo le fonti si tratta di una delle fonti d’ispirazione usata in tutti i codici toscani interamente illustrati, esaminati in questo contesto. Di conseguenza Lucifero tricefalo ha forme tipicamente dantesche e divora tre diversi dannati (Tav. XLIII, Appendice 6O,7V-W, 9U-V, 10O-P), è presente la ghiacciaia dove la figura dell’Arcangelo caduto si colloca, si vedono due leoni tra le gambe di Satana simili alla seconda Fiera dantesca, c’è la presenza di un Centauro minacciato da un drago nell’ultimo registro verso sinistra il quale somiglia molto al Centauro Caco torturato dal drago (Appendice 5J, 6M-N, 9Q-R-S-T, 10M-N). 816

Il secondo luogo di culto fiorentino con riferimenti danteschi è la Chiesa di Santa Croce, pervengono infatti alcuni frammenti dell’Inferno affrescato da Andrea Orcagna assieme alle altre scene del Giudizio Universale nella metà del XIV secolo.817

dei colti committenti borghesi il contenuto delle opere di letteratura classica, delle Sacre Scritture, dei Bestiari, dei Romans Antiques noti nel XIV secolo e analizzati nei capitolo precedenti; questo fatto permette di comprendere il motivo per cui in alcuni casi il contenuto delle vignette diverge da quello dei versi danteschi (da vedere le Arpie e il centauro Caco del Dante Poggiali nel capitolo precedente ad esempio).

I committenti dei codici erano membri dell’aristocrazia o della borghesia cittadina ovviamente alfabetizzata (ad esempio notai, dottori, mercanti, artigiani).

Ponchia, Frammenti dell’Aldilà, cit., pp. 81-83; Labriola, Pacino di Bonaguida, in «Dizionario biografico dei miniatori italiani. Secoli IX-XVI», ed. cit., p. 841

812 Baschet, Les Justices de, cit., p. 360 813 Vasari, Le vite de, cit., p. 147

814 La cappella di trova nel primo piano del palazzo e fu eretta dopo il 1280. La sua funzione era particolare poiché all’interno sostavano i condannati a morte prima della sentenza, questi venivano assistiti dai monaci della Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio.

Questo spiega il motivo per cui il soggetto principale degli affreschi è Maria Maddalena ossia la peccatrice pentita per eccellenza. Le scene di Giudizio Universale sono state realizzate dalla bottega di Giotto e forse il disegno preparatorio di alcune parti dell’affresco è della mano dello stesso Giotto.

Il palazzo diventa una prigione dopo il 1574 e le pareti vengono intonacate quindi gli affreschi vennero nascosti. Gli affreschi giotteschi vennero recuperati nel 1840 ed il primo frammento recuperato è quello che rappresenta il Paradiso. Dopo il recupero degli affreschi essi subirono un restauro integrativo invasivo, le aggiunte vennero eliminate nel 1937. 815 Baschet, Les Justices de, cit., pp. 359-360; Ponchia, Frammenti dell’Aldilà, cit., pp. 69-77; M. M. Donato, Dante nell’arte civica toscana. Parole, temi, ritratti, in «Gerione - Incroci danteschi», I, Milano, 2006, pp. 9-11; Vasari, Le vite de, cit., p. 147

816 Ivi

817 Baschet, Les Justices de, cit., pp. 360-361

I frammenti sono stati trovati sotto l’intonaco cinquecentesco della navata destra. Questi sono stati danneggiati dall’alluvione del 1557 e coperti dagli altari e dai monumenti funebri.

L’affresco è estremamente rovinato, si trova nel muro della navata destra della struttura ed è visibile solo un piccolo rettangolo con la rappresentazione del Trionfo della Morte e dei frammenti dell’Inferno (Tav. XLV- XLVI).818 La scena è organizzata nel rispetto del modello pisano dell’Inferno, già visto nel Campo Santo di Pisa; infatti delle colonne tortili dipinte dividono il regno dei dannati dalle altre scene del Giudizio, i gironi si articolano orizzontalmente ed ognuno di questi è definito da una fila di rocce rispetto agli altri gironi