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Cambiamento climatico e il pensiero femminista all’interno delle Environmental Humanities

Capitolo 6. Ecofemminismo queer come risposta al cambiamento climatico

6.1 Cambiamento climatico e il pensiero femminista all’interno delle Environmental Humanities

Nel saggio del 1997 Toward a Queer Ecofeminism265, l’ecofemminista americana aveva ampliato le categorie di Plumwood per descrivere il collegamento tra eterosessimo e specismo. Nel saggio Indigenous Women, Feminism, and Environmental Humanities266 del 2014, Gaard invece fa riferimento al Master Model di Val Plumwood per addentrarsi nel tema del cambiamento climatico. Il cambiamento climatico è generalmente descritto come un fenomeno prodotto dalle nazioni più ricche, i cui effetti sono visibili nei Paesi più poveri. La produzione, il consumo e i rifiuti delle Nazioni più ricche sono il problema principale, il cambiamento climatico è il suo risultato diretto. In questo processo possiamo notare come esso rientri allo stesso tempo anche nelle questioni di genere, in quanto le categorie più colpite dal cambiamento climatico sono donne povere e ragazze. Infatti le donne nei PVS hanno una mobilità ristretta, sono associate alle attività della produzione di cibo e cura della famiglia, non possono partecipare alle decisioni riguardo al cambiamento climatico, alle emissioni di gas serra, all’adattamento e alla mitigazione. Le economie neoliberali rivelano un forte collegamento con il colonialismo nell’estrazione delle risorse, nella violazione delle vite e nella totale assenza delle norme sul lavoro a tutela di indigeni, poveri, donne, animali, queer ed ecosistemi. Gaard quindi ripropone il modello di Plumwood poiché è calzante con le pratiche di consumo, dominio e controllo.

As this economic and cultural model overtakes even our universities, threatening the survival of the humanities, environmental humanities scholars must not be tempted to become more like the master and perpetuate “business (colonialism) as usual” through “old-school” master-model versions of humanities disciplines (history, politics, philosophy, literature) that exclude or instrumentalize the voices, perspectives, and knowledge of indigenous communities, diverse women, queers, species, and ecosystems.267

264 Environmental Humanities, corrisponde alla disciplina italiana di, Studi del territorio. Tuttavia in questo

elaborato userò il termine inglese poiché più rappresentativo dell’unione interdisciplinare a cui Gaard fa riferimento.

265 Greta Gaard, Toward a Queer Ecofeminism, «Hypatia», Vol.12, No.1, 1997.

266 Greta Gaard, Indigenous Women, Feminism, and Environmental Humanities, «Resilience: A Journal of

Environmental Humanities», Vol.1, No.3, University of Nebraska Press Fall 2014.

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La posizione degli accademici e la loro scrittura può essere utilizzata quindi per esporre le cause interconnesse al cambiamento climatico. Sull’interconnessione delle cause, per esempio, le femministe hanno invocato il concetto di intersezionalità per descrivere le interazioni fra razza, classe, genere, sessualità, etnicità, età, abilità e altre caratteristiche umane che ci differenziano, per analizzare con sfaccettature diverse la comprensione del potere, del privilegio e dell’oppressione. L’ecofemminismo per opporsi al Master Model propone di identificare il sé,

self-identity, con il political animal, un approccio che riposiziona gli umani all’interno

dell’ecosistema eliminando dunque il dualismo natura/cultura. «[..]Joining a philosophical reconception of human identity with an ecopolitical exploration of economic globalization and its role in producing climate change, the environmental humanities could send a critical challenge to the technoscience discourse about mitigation and adaptation- as opposed to the

reduction and prevention arguments currently dominating responses to climate change»268. Guardando alle prospettive delle donne indigene e del femminismo, l’autrice si chiede come possano essere inserite all’interno delle Environmental Humanities, ed osserva che esiste un accordo generale nell’includere la filosofia ambientale, la storia, la politica, la letteratura e la scrittura ma esso non comprende l’inclusione di spiritualità, femminismo, studi indigeni, studi umani-animali. Gaard scrive:

My concern is that […] environmental scholars can too easily perpetuate the limitations

of the very knowledge systems we critique if our definitions and program offerings

replicate the culture/nature, mind/body, white/nonwhite, and human/animal binaries that have kept the humanities and sciences apart, and which impede our interdisciplinary collaborations in addressing the ecosocial emergencies of climate change269.

Apportare le prospettive delle donne indigene e delle femministe non è solo strategicamente conveniente ma è anche onesto dal punto di vista intellettuale. L’esperienza e l’attivismo delle donne indigene, così come l’attivismo e il lavoro delle femministe, hanno superato confini disciplinari tra studi umanistici, scienze sociali per almeno quattro decadi, prima ancora che emergesse il concetto di Environmental Humanities.

The writing and activism of women scientists and of indigenous women leaders and the knowledge produced by the interdisciplinary fields of indigenous studies and women, gender, and sexuality studies defy restrictive disciplinary categorizations – as do the

268 Greta Gaard, Indigenous Women, Feminism, and Environmental Humanities, «Resilience: A Journal of

Environmental Humanities», Vol.1, No.3, University of Nebraska Press Fall 2014.

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environmental humanities. It’s the environmentally attuned methodologies that bring us together270.

Gaard conclude il saggio dicendo che da sempre le donne indigene e le donne povere sono in prima linea contro il cambiamento climatico, le loro visioni e le loro voci devono rimanere centrali nelle Environmental Humanities.

Approdati nell’anno 2016 dell’Era Antropocene271 la crisi climatica ha portato a cercare

soluzioni interdisciplinari. A tal proposito, le Environmental Humanities hanno offerto l’approccio migliore per facilitare i rapporti tra diverse discipline volte a rispondere agli stessi temi, in quanto hanno associato gli interessi ambientali con: letteratura, giornalismo, storia, arti, scienze sociali, religione e spiritualità. Gli studiosi di scienze ambientali, visti i limiti del sistema dualistico natura/cultura che ha articolato le proposte scientifiche, politiche ed economiche, si sono rivolti agli approcci e alle strategie alternative delle Environmental Humanities poiché esse coniugano i metodi d’indagine delle discipline umanistiche per porsi le domande e i metodi scientifici ed economici per risolverle. A caratterizzare le Environmental Humanities è l’unione tra teoria e pratica, svolgendo quindi sia un ruolo critico sia di azione. Viste le analisi femministe – studi sugli animali, femminismo indigeno, ecologie queer, analisi femministe su giustizia ambientale e climatica, attivismo antirazzista e anticolonialista - si conclude che tutte questi temi devono rientrare nelle Environmental Humanities poiché da sempre il femminismo è un movimento per la giustizia sociale che ha congiunto all’attivismo all’impegno intellettuale e politico. Lo scopo delle Environmental Humanities e del femminismo è agire in risposta alle crisi eco-sociali e spingere gli umani a cambiare il loro comportamento. Per assicurare la presenza del femminismo nelle Environmental Humanities dice Gaard non basta guardare alla presenza delle diversità fisiche e delle prospettive degli accademici, ma è necessario prestare attenzione ai temi di ricerca e studio e alle metodologie di risposta. L’autrice scrive: «It is the presence and influence of postcolonial, antiracist and

270 Greta Gaard, Indigenous Women, Feminism, and Environmental Humanities, «Resilience: A Journal of

Environmental Humanities», Vol.1, No.3, University of Nebraska Press Fall 2014.

271 Il termine Antropocene è stato coniato dal chimico premio Nobel olandese, Paul Crutzen e dal biologo

statunitense, Eugene Stroermer nel 2000, per indicare una nuova Era geologica il cui inizio convenzionalmente si fa coincidere con la detonazione della prima bomba atomica nel luglio 1945 nel deserto del Nuovo Messico. In generale il termine viene utilizzato per indicare l’insieme delle caratteristiche fisiche, chimiche, biologiche, che avvengono nell’ambiente terrestre, nel quale si svolge ed evolve la vita umana, responsabile con le sue azioni degli effetti globali e locali.

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posthumanist feminist perspective and methodologies that will make the most meaningful interventions in the environmental crises of our time»272.

6.2 Cambiamento Climatico: soluzioni tecnico scientifiche vs. analisi ecofemministe