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Femminismo, ambientalismo e giustizia ambientale

Capitolo 3. Giustizia ambientale, sociale e riproduttiva.

3.7 Femminismo, ambientalismo e giustizia ambientale

Il saggio Greening Feminism179, parte dalla constatazione che dagli anni Settanta in poi i

movimenti ambientalisti si sono intrecciati ai movimenti delle donne, ai movimenti per la salute e la giustizia ambientale poiché: «women’s oppression and liberation are inseparable from cultural, socioeconomic, political and ecological environments»180. Spesso si ha un’idea fuorviante degli studi sull’ambiente poiché li crediamo basati principalmente sulla fisica, mentre gli studi sulle donne e le questioni di genere – sessualità ed etnicità – basati sulle scienze sociali. Le ricerche femministe e l’attivismo, in vari settori e nel campo della scienza, hanno sfidato l’impostazione androcentrica della conoscenza e con i loro lavoro hanno preparato una base teoretica per i movimenti per la salute della donna, per la salute pubblica e la giustizia ambientale. Esse hanno messo in luce il collegamento della cosiddetta Rivoluzione Scientifica con l’appropriazione maschile delle professioni mediche come l’ostetricia e la conseguente espulsione delle conoscenze delle donne in questo ambito. Il movimento femminista ha rivendicato l’intero processo, dal concepimento alla gravidanza, dalla gestazione all’allattamento. Un altro aspetto dell’attivismo femminista per la salute ambientale è stato quello di rivendicare la correlazione tra cancro al seno e tossine. Nel 1994 ispirandosi senza dubbio al lavoro di Rachel Carson, venne creato il Silent Spring Institute, tuttora attivo sul fronte anche per dimostrare come le fasce più povere ed emarginate siano le più esposte. Una campagna del 2008 “think before you pink” ha sfidato la privatizzazione del tema del cancro al seno come causato principalmente da fattori genetici, famigliarità, stile di vita, per dimostrare l’ampia e complessa rete di fenomeni che si intrecciano ai fattori ambientali come l’esposizione a xenoestrogeni, composti endocrini, estrogeni e progestinici, radiazioni ed altre sostanze chimiche. Un’altra area di interesse per l’ambientalismo femminista è l’ecofemminismo vegano/vegetariano che percepisce la giustizia interspecie come parte integrante del femminismo e dell’ambientalismo per raggiungere la democrazia ecologica. Esso parte dal riconoscere le corrispondenze tra sessismo, razzismo, specismo all’interno di una concezione di oppressione appartenente alla logica del dominatore, insita nella cultura occidentale. Questo sistema gerarchico opera attraverso strutture di oppressione- sessismo, razzismo, classismo, eterosessimo, ageismo / discriminazione in base all’età, discriminazione verso la disabilità, specismo e antropocentrismo. Le caratteristiche invece sopravvalutate nella società sono quelle del maschio produttivo, razionale, abile, eterosessuale che si nutre di carne mentre le donne

179 Greta Gaard, Greening Feminism, (ed.) Greening the Academy, Ecopedagogy Through the Liberal Arts, Samuel

Day Fassbinder, Anthony J. Nocella II and Richard Kahn, Sence Publishers, Rotterdam, The Netherlands.

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sono dipinte come deboli, emotive, sessuali, riproduttive, irrazionali. L’ecofemminismo vegetariano enfatizza come il sistema occidentale modifichi e sfrutti la capacità riproduttiva di donne e animali femmine ed evidenzia la loro vulnerabilità nei confrondi delle tossine ambientali. Un’altra sottocategoria discriminata è la comunità LGTB ma una prospettiva ecofemminista queer svela come la natura sia interconnessa, fluida e non fissata in categorie di antagonisti.

In ambito accademico le femministe ambientaliste hanno contribuito alle trasformazioni della filosofia, della geografia, delle scienze politiche, dell’economia dei studi letterari, delle questioni di genere e studi sulle donne. Quando le donne sono entrate a far parte del settore della ricerca scientifica hanno scoperto le basi convenzionali, sessiste e razziste, sulle quali si basava la scienza. Ad esempio secondo l’associazione stereotipata in base al genere, alla donna erano attribuite caratteristiche come la cura, il nutrimento la spiritualità e la natura per giustificare il suo ruolo ristretto nella società. Per scardinare l’impostazione e la divisione in base al genere e liberare le donne dalla maternità obbligata e dal ruolo domestico, le donne hanno dimostrato le associazioni e le disgiunzioni tra donne/natura, uomo/cultura, così da svelare l’oggettività della scienza occidentale e superare la logica del dominio della scienza sulla natura. Infatti la ricerca scientifica non deve perseguire il dominio sulla natura o conseguire solo profitti economici ma essere un servizio di giustizia sociale: «By reconceiving the relations between nature/culture, male/female, and human/animal as continuites rather than opposed categories, feminist environmentalism redefines what it means to be human»181. Al di

fuori dell’ambito accademico le femministe ambientaliste sono attive internazionalmente attraverso il movimento per la giustizia climatica, movimenti contro le corporazioni e i movimenti per la promozione Fair Trade, la sicurezza del cibo, dell’acqua, giustizia di genere e la salute ambientale. Nonostante la presenza di forme di pensiero gerarchico, razzista e sessista le femministe ambientaliste e le attiviste per le questioni di genere e la giustizia ambientale si sono rifiutate di stare in silenzio, anzi le loro esperienze ed i loro punti di vista hanno apportato un contributo significativo ai dibattiti per il cambiamento climatico, la produzione di cibo e il rapporto tra sostenibilità ambientale e giustizia sociale. Le femministe ambientaliste denunciano una continua appropriazione per mano del sistema capitalistico globale della capacità riproduttiva delle donne, della vita e delle terre delle persone indigene, dei corpi e della riproduttività degli animali non umani e lo sfruttamento dei prodotti della terra. Facendo notare queste intersezioni, le femministe ambientaliste e le ecofemministe hanno

181 Greta Gaard, Greening Feminism, (ed.) Greening the Academy, Ecopedagogy Through the Liberal Arts, Samuel

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avviato dibattiti internazionali sull’economia, sulla globalizzazione, sulle strutture della politica globale e hanno creato movimenti internazionali femministi per la giustizia ambientale. Tra le più conosciute femministe dei PVS Gaard ricorda la fisica indiana Vandana Shiva la quale ha sviluppato critiche dettagliate sui danni delle biotecnologie all’agricoltura, alle donne che lavorano i campi, ai consumatori e all’economia e alla politica dei governi dei PSV. Le femministe e le ecofemministe hanno condannato le teorie sulla popolazione per le quali le donne dei PSV sono accusate di “sfornare” bambini e minacciare il pianeta, hanno dimostrato invece il collegamento tra popolazione e consumo, l’ideologia maschile per la quale la paternità non coincide con l’occuparsi dei figli, l’uso persistente dello stupro come arma di guerra e come una delle forze principali di accusa contro le donne in sistemi largamente controllati dal dominio maschile, oscurando in realtà, afferma Gaard, la vera causa del problema impedendoci di sviluppare soluzioni di ecogiustizia più incisive. Infine Gaard propone di superare la separazione tra sciences e humanities: «As an interdisciplinary and transdisciplinary perspectives, feminist environmentalism offer a strategy and an imperative for reconnecting these different ways of knowing, repairing the academic fragmentation of knowledge by placing the experiences of women, queers, and all non-dominant groups at the center of research»182

182 Greta Gaard, Greening Feminism, (ed.) Greening the Academy, Ecopedagogy Through the Liberal Arts, Samuel

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