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Capitolo 2. Gli ecofemminismi secondo Greta Gaard

2.15 Sviluppi e dibattit

L’ ecofemminismo, sia come teoria sia come movimento, acquisì la sua identità durante gli anni Ottanta. Quello che iniziò con la Women and Life on Earth conference e la Women’s Pentagon

Action fu seguito dalla prima antologia ecofemminista di Leonie Caldecott e Stephanie Leland

intitolata Reclaim the Earth: Women Speak Out for Life on Earth135 del 1983. Sfortunatamente,

questa antologia non raggiunse un’ampia audience poiché non fu ristampata. Tuttavia rimane l’unica antologia ecofemminista a vocazione internazionale che introdusse una serie di aspetti che l’ecofemminismo sviluppò in seguito: il movimento per la pace e l’antinucleare, le corrispondenze teoretiche tra ecofemminismo e ecologia, la cura e il benessere delle donne, l’omeopatia e le tecniche per il controllo delle nascite, la liberazione animale, l’ecologia urbana e la giustizia ambientale, la deforestazione, il militarismo e le sue conseguenze sulle donne, le persone di colore e l’ ambiente, la sicurezza alimentare e l’agricoltura sostenibile. Nello stesso momento in cui l’ecofemminismo acquisiva visibilità, altre due rami dell’ambientalismo radicale prendevano piede: l’ecologia sociale e l’ecologia deep. Queste due teorie si svilupparono attraverso l’incontro e lo scontro tra loro. I dibattiti tra l’ecologia deep e l’ecofemminismo vennero documentati nelle pagine della rivista “Environmental Ethics”. L’ecofemminismo sosteneva che al posto di antropocentrismo, termine usato dagli ecologisti deep per descrivere la distruzione del mondo naturale nella cultura occidentale, fosse più appropriato androcentrismo, poiché le donne e le persone di colore erano state incluse in maniera marginale nella dominazione della natura da parte del maschio bianco. Inoltre le ecofemministe rifiutavano il concetto di sé sviluppato dagli ecologisti deep nel descrivere il loro rapporto con la natura poiché fondamentalmente narcisista, androcentrico e colonizzatore. Infine le ecofemministe criticavano gli ecologisti deep per il fatto di instaurare una connessione con la natura attraverso la pratica violenta della caccia, per omettere le analisi femministe nella costruzione delle proprie teorie, la cui funzione, favoriva un ambientalismo tipico dell’uomo bianco del ceto medio, non attento alla giustizia sociale e al vantaggio del capitalismo sia negli Stati Uniti sia internazionalmente. Gli ecologisti deep nell’appellarsi alla preservazione

134 Greta Gaard, Ecological Politics. Ecofeminists and the Greens, Philadelphia, Temple University Press, 1998,

p.47.

135 Caldecott, Léonie, Leland, Stephanie, Reclaim the earth: women speak out for life on earth, London,

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ambientale e alla salute ecologica, entrambe da ottenere attraverso la giustizia sociale, cancellarono o misero a tacere i contributi femministi e per questo le ecofemministe presero le distanze dalle loro teorie, formulando le proprie. L’autrice fa notare come è ironico pensare che una teoria come quella dell’ecofemminismo, basata sull’idea di relazione e interconnessione, abbia acquisito visibilità separandosi e dissociandosi da un’altra teoria di ambientalismo radicale.

Dalla metà degli anni Novanta il saggio accademico domina la letteratura dell’ecofemminismo e, rispetto alle origini in cui Griffin e Daly rifiutavano metodi discorsivi accademici, diventa popolare rispetto ad altre forme di scrittura, come la poesia e le antologie che sottolineavano la pluralità delle voci e la diversità delle donne coinvolte. Al saggio accademico, si affiancano la narrativa e l’intervista. Negli Stati Uniti l’ecofemminismo venne accolto in modo distaccato dalle femministe accademiche influenzate dal femminismo socialista. Una causa può essere che l’ecofemminismo socialista veda nella sfera sociale della cultura la liberazione delle donne e non quindi nella natura, anzi qualsiasi associazione tra donna e natura sia il presupposto per la maternità obbligatoria e costituisca un ostacolo alla liberazione delle donne. Queste paure non sono infondate e rivelano una diffidenza verso l’ecofemminismo. Un’altra causa per questa accoglienza fredda, può essere che l’ecofemminismo preveda più cambiamenti rispetto a quelli che le femministe sono disposte a fare, un esempio è la resistenza alla critica ecofemminista al sessismo e al suo legame con lo specismo e l’importanza della liberazione animale. La rivista accademica femminista “Signs” pubblicò un saggio, Should Feminists Be Vegetarians?136,

dove si sosteneva che le femministe non dovevano per forza essere vegetariane e ci volle un po’ per persuadere gli editori della rivista a pubblicare saggi che esponessero la disinformazione sull’argomento. Le interconnessioni tra sessismo e specismo possono essere state difficili da cogliere per alcune femministe socialiste poiché interpretano questo tipo di connessioni come una ulteriore preoccupazione per il già sovraccarico pensiero femminista. In questo caso, queste femministe, mal interpretano gli obbiettivi dell’ecofemminismo che è teso a rivelare le interdipendenze tra le numerose forme di oppressione al fine di esporre la struttura e il funzionamento della gerarchia stessa. Tuttavia Gaard ricorda che per lo sviluppo dell’ecofemminismo, le tensioni con le altre femministe devono essere risolte poiché femministe ed ecofemministe sono compagne nella stessa lotta. Infine le attiviste ecofemministe devono cercare di ampliare il proprio consenso e partecipare ad un movimento

136 Carol J. Adams, Comment on George's "Should Feminists Be Vegetarians?", The University of Chicago

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per un cambiamento sociale più ampio. Nella geografia dell’ecofemminismo Greta Gaard disegna nella parte sottostante del lago due emissari: scholarship e coalition. Il primo rappresenta la scrittura, l’educazione, il modo di diffondere le idee, l’altro invece consiste nel formare coalizioni. È cruciale per il futuro dell’ecofemminismo, secondo l’autrice, il dialogo e le alleanze tra ecofemministe, gli attivisti per la classe operaia, le ecofemministe e gli attivisti queer, le ecofemministe e gli attivisti per la giustizia ambientale. Molte ecofemministe hanno collaborato con il movimento dei Green al fine di promuovere il loro pensiero ecofemminista. Paradossalmente, all’interno del movimento dei Green, le ecofemministe si sono trovate ad affrontare gli stessi problemi che hanno avuto nel contesto femminista, ovvero una sotto rappresentanza della classe operaia, dei queer, delle persone di colore, e contemporaneamente il bisogno di formare coalizioni con queste diverse rappresentanze.

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